ECONOMIA: arrivano i pignoramenti
La settimana si è conclusa con la notizia che negli USA le vendite di case esistenti a Febbraio (contratti stipulati tra dicembre e gennaio) sono salite ben più del previsto, nonostante il prezzo medio risulti in calo ancora solo dell' 1.3% rispetto a un anno fa.Nel frattempo però le case invendute continuano ad accumularsi e il tempo medio di vendita sale a 6,7 mesi.Il vero problema è che devono ancora arrivare i pignoramenti: l'anno scorso sono stati 400mila e per il 2007 stime prudenziali li calcolano in almeno il doppio.Questo significa che lo stock di case in vendita aumenterà di circa il 15-20%, almeno, solo per l'effetto pignoramento: di norma ci vogliono circa sei mesi prima che la procedura di vendita forzosa porti l'unità sul mercato, per cui l'ondata di recenti sofferenze abbattutasi sui subprime, arriverà verso fine anno.Se si prova a calcolare l'impatto di 800 mila nuovi pignoramenti si può ragionare su un importo medio di circa 200 mila dollari, e dunque un totale di 160 miliardi, su cui ipotizzare una perdita media del 20% (prezzo minore rispetto a quello originario), pari a circa 30 miliardi. Può sembrare una cifra piccola, (anche se per gli intermediari specializzati sarà un bel colpo ,già in 44 hanno chiuso) ma coinvolge quelle istituzioni (fondi pensione, etc.) che hanno investito in titoli garantiti da mutui che ora vanno in pignoramento. Si può sostenere che gli importi in questione non sono tali da creare particolari fastidi, solo una riduzione dei rendimenti. In altre parole, se tutto finisse qui, si parla di qualche decina di miliardi di perdite che possono benissimo essere sopportate dal sistema, per lo più frazionate su più entità. Il probema è che c'è dell'altro.Questa settimana il Congresso ha ufficialmente convocato la Fed per chiedere conto e ragione di quanto sta succedendo. La Fed ha cercato di sminuire, ma non ha potuto non ammettere che avrebbe potuto vigilare di più. Insomma, adesso il giro di vite sui sistemi di concessione dei prestiti è inevitabile, come accennavo nella scorsa Nota, e si estenderà dai subprime ai cosiddetti Alt-a che sono mutui di qualità intermedia tra i prime e i subprime. In tal modo si arriverà al 20% del mercato totale, anche perchè è credibile che una parte pure dei prime lasci a desiderare. Dunque stiamo parlando di una contrazione del mercato dei mutui ipotecari americano nell'ordine del 20% abbondante. A questo va aggiunto il venir meno della domanda speculativa in immobili ed il contesto di rallentamento economico. Per farla breve, visti anche i precedenti storici , è molto realistico ipotizzare un calo di circa un terzo della domanda di case nel prossimo futuro. E ci sono altri settori dell'iperbolla credizia che mostrano segni di stress, dai prestiti per le auto fino agli spread per i debiti aziendali . In sintesi, le probabilità di una improvvisa contrazione del credito, dopo decenni di abusi, sono molto elevate.
Ecco perchè, la FED, pur continuando a cercare di sminuire i problemi (anche per coprire le sue responsabilità passate) ha annunciato questa settimana che è pronta ad abbassare i tassi.Nonostante un inflazione crescente, e che continuerà a crescere, la Fed farà l'unica cosa che sa fare in questi casi: abbassare i tassi. Degna di nota la contraddizione con la frase precedente all'annuncio, presente nel comunicato: prima si dice che la maggior preoccupazione resta l'inflazione, e subito dopo si annuncia la fine dell'orientamento restrittivo. Proprio questa clamorosa contraddizione fa capire come la Fed sia pronta ad abbassare i tassi.Che poi il calo dei tassi possa servire a evitare, ancora una volta, lo scoppio della bolla, è tutto da dimostrare. Ma stando al recente passato, è ovvio che lo si creda anche se ormai l'evidenza mostra che quando si riesce a rimandare la crisi con un altra dose di droga, è solo questione di tempo (sempre meno) e la crisi si ripresenta, sempre più potenzialmente grande.
Ecco perchè, la FED, pur continuando a cercare di sminuire i problemi (anche per coprire le sue responsabilità passate) ha annunciato questa settimana che è pronta ad abbassare i tassi.Nonostante un inflazione crescente, e che continuerà a crescere, la Fed farà l'unica cosa che sa fare in questi casi: abbassare i tassi. Degna di nota la contraddizione con la frase precedente all'annuncio, presente nel comunicato: prima si dice che la maggior preoccupazione resta l'inflazione, e subito dopo si annuncia la fine dell'orientamento restrittivo. Proprio questa clamorosa contraddizione fa capire come la Fed sia pronta ad abbassare i tassi.Che poi il calo dei tassi possa servire a evitare, ancora una volta, lo scoppio della bolla, è tutto da dimostrare. Ma stando al recente passato, è ovvio che lo si creda anche se ormai l'evidenza mostra che quando si riesce a rimandare la crisi con un altra dose di droga, è solo questione di tempo (sempre meno) e la crisi si ripresenta, sempre più potenzialmente grande.