8/28/2006

Asset

Asset

Fase 1 (quella attuale)
La paura dell'inflazione è rientrata perchè è aumentato il timore di una recessione americana indotta dallo scoppio della bolla immobiliare. Questa percezione è stata incoraggiata dalla Federal Reserve che si è fermata nel rialzo dei tassi al 5,25%. Adesso il mercato obbligazionario sconta addirittura un calo dei tassi prossimo venturo, per cui il rendimento del decennale è sceso al 4,8%; quello azionario, pur avendo recuperato i due terzi delle perdite accusate dopo maggio, resta laterale, nel dubbio se si avrà un soft o un hard landing. Sui cambi, il dollaro riesce a resistere pur restando debole, aiutato dalla percezione che i giapponesi restano fermi sui tassi d'interessi il che ha fatto riprendere i finanziamenti in yen; mentre la percezione che la BCE procederà ancora a qualche ritocco all'insù dei suoi tassi sostiene l'euro, senza grande convinzione perchè ci si aspetta che poi risentirà a sua volta della recessione USA. Le materie prime restano anch'esse laterali, indecise se prevarrà l'inflazione o la recessione.

Fase 2(da settembre a fine anno)
Nella fase attuale i mercati non prendono in considerazione lo scenario di stagflazione e cioè di contemporaneo aumento dell'inflazione e riduzione della crescita, in base alla teoria semplicistica (della fed) che in caso di frenata dell'economia l'inflazione automaticamente tende a scendere.
Prevedo che nell'ultimo trimestre dell'anno ritorneranno dapprima le paure di inflazione e le attese di rialzo dei tassi americani; ciò comporterà il rialzo dei rendimenti obbligazionari e il calo delle quotazioni azionarie, in un contesto di dollaro tonico e materie prime stazionarie.
Qualora le evidenze recessive siano altrettanto forti da provocare lo stallo sui tassi (mentre però l'inflazione aumenta), avremmo anche un dollaro debole e materie prime al rialzo (oltre che rendimenti al rialzo e borse al ribasso).

Conclusioni
Vendere bond e vendere borsa, appaiono in entrambi i casi da me previsti le occasioni più redditizie.
D'altro canto se mi sbagliassi, e la paura di recessione più forte del previsto dovesse avere il sopravvento (mentre l'inflazione resta stazionaria), la vendita di borsa resterebbe vincente, e potrebbe esserci solo una negatività sulla vendita di bond; resto però convinto che quest'ultima sarebbe comunque inferiore al guadagno sulla prima.
Per perdere contemporaneamente su entrambi i fronti, occorrerebbe un calo dell'inflazione accoppiato all'emergere di un soft landing. E' uno scenario a cui assegno il 10% di probabilità, per cui vendere bond e borsa (decennale/trentennale e nasdaq100/russell 2000) sarà la mia strategia preferita.Per l'asset preferisco decennale e nasdaq100: se ho ragione si guadagna meno rispetto a trentennale e russell, ma analogamente se poi le cose vanno al contrario si perde meno.
(stop loss rispettivamente del 2-3% take profit 6-12%).

Ricapitolando
Quattro scenari possibili negli USA:


25% a) inflazione scende/costante e soft landing, attese tassi fermi:
salgono sia bond che borsa

20% b) inflazione scende/costante e hard landing, attese tassi in calo:
sale il bond ma la borsa scende (di più)

30% c) inflazione sale e soft landing, attese tassi al rialzo:
bond scende, borsa scende(di meno)

25% d) inflazione sale e hard landing, attese tassi fermi:
borsa scende, bond scende(di meno)

Ergo, vendendo bond e borsa si guadagna nei casi b) c) d) con 75% di probabilità cumulate, si perde in a) al 25% totale di probabilità.

8/26/2006

La nota sui mercati 26.8

La settimana 21-25 agosto 2006

(si comprendono le profezie solo quando si vedono avverate-
Blaise Pascal)


ECONOMIA: l'edilizia fa paura, e le banche?
Bernanke non ha detto una parola sull'attualità, solo due suoi colleghi martedì hanno lasciato intendere che la Fed al momento pensa più probabile un soft-landing con qualche rischio inflazionistico.
Ma il tema della settimana sono state le vendite di case, sia nuove che vecchie. Hanno sorpreso decisamente al ribasso, con punte record sull'invenduto, anche se per il momento i prezzi tengono (rispetto a un anno fa): hanno solo smesso di salire. Molti si aspettano che tra un pò i prezzi inizino a scendere, provocando una fase di panico tra i super indebitati acquirenti, e che il tutto si traduca in una frenata dei consumi e quindi dell'economia, tale da indurre a inizio 2007 la Fed ad abbassare i tassi.
Così i rendimenti obbligazionari continuano a scendere, mentre le azioni restano indecise: è finita la festa per la fine del ciclo di rialzo dei tassi e cominciano le preoccupazioni sull'impatto sugli utili che il sopramenzionato scenario potrà generare. Totalmente scomparsa, nel frattempo, ogni preoccupazione circa l'inflazione: si dà per scontato che non potrà non scendere nel contesto sopradescritto.

Tra le tante superficialità ed ingenuità che i mercati finanziari esprimono,
spicca anche quella relativa alla situazione delle banche americane.
L'indice delle quotazioni delle azioni bancarie sta sovraperformando gli altri indici con un guadagno del 7% da inizio anno, nonostante questo settore sia pesantemente esposto all'immobiliare. Tra l'altro nella giungla dei bilanci societari (sono venute fuori recentemente alterazioni legate alle stock option nel tecnologico) quelli bancari spiccano per la loro assoluta carenza di credibilità dovuta alla Sarbanes-Oxley.
L'avvento del marketing di massa nei mutui ipotecari dell'ultimo decennio ha introdotto una varietà di prodotti "esotici". Il più diffuso nuovo tipo di mutuo sottoscritto da milioni di famiglie negli USA è a tasso variabile e consente di scegliere tra varie opzioni: ad ammortamento pieno, a pagamento dei soli interessi e restituzione del capitale alla fine, oppure (ed è il più pericoloso di tutti) a pagamento parziale degli interessi stessi (ammortamento negativo) per i primi 5 anni. Questo significa che la dimensione del mutuo in realtà cresce nel primo quinquennio perchè la quota di interessi non pagata continua a capitalizzarsi. Molti americani li hanno scelti puntando sull'aumento dei prezzi delle case, e sul calo del tasso d'interesse, spinti a ciò dalla stagnazione dei salari reali e dall'aumento della benzina.
Adesso , con i prezzi delle case che si sono fermati e i tassi nominali in rialzo, arrivano i guai, soprattutto se si pensa che solo nel 2005 il 32% dei nuovi mutui è stato del tipo più pericoloso. A questo proposito è meglio fare uno sforzo per capire bene la situazione.
Con un tradizionale mutuo a tasso fisso trentennale il debitore paga ogni anno un trentesimo del debito più gli interessi fissi. Qualsiasi cosa succeda la sua situazione finanziaria resta quella prevista all'origine. Invece con questa nuova forma di mutui, per i primi 5 anni il debitore può pagare solo una frazione degli interessi senza neanche iniziare a restituire il capitale; poi dal sesto anno deve cominciare a pagare la quota piena degli interessi e un venticinquesimo del capitale: per cui dal sesto anno vi è un vero e proprio shock finanziario per il debitore, che deve pagare rate raddoppiate e financo triplicate rispetto ai primi 5 anni.
Molti non riescono a onorare il mutuo perchè nel frattempo gli stipendi taglieggiati dal'inflazione sono in realtà diminuiti. Il 2007 sarà il sesto anno per molte famiglie americane, e ben 2,7 trilioni di mutui dovranno adeguarsi ai nuovi tassi d'interesse. Le banche sono piene di questi crediti, ed è probabile che si ritrovino di fronte ad un impennata di incagli e sofferenze. Come prima accennato, la legge Sarbanes-Oxley fatta per arginare gli scandali finanziari dopo il caso Enron, ha in realtà creato le premesse per falsare i bilanci bancari: permette loro di costituire riserve solo a fronte di specifiche partite in sofferenza. Ergo, le banche pur di gonfiare gli utili si sono ben guardate in questi anni dall'accantonare riserve generali a fronte di una possibile crisi futura dell'immobiliare. Inoltre, poichè gran parte dei loro profitti finanziari arriva dal differenziale tra interessi a breve e a lunga, con l' inversione della curva dei rendimenti che ha portato gli interessi attivi incassati sui prestiti ad essere pari agli interessi passivi pagati ai depositanti, si è essiccata la fonte principale degli utili.
Non a caso qualche campanello d'allarme (la settima banca USA, la Sun trust ha appena dichiarato un buco da 200 milioni di dollari) sta già suonando. Il tutto fornirà un altra ottima scusa alla Fed per fermarsi sui tassi d'interesse, mentre l'inflazione avanzerà implacabile.

MATERIE PRIME : Ernesto
Arriva il primo uragano della stagione e si approssima al Golfo del Messico. Ne risente sopratutto il gas naturale che sale del 6% a 7,4 (ottobre); il comparto energetico però è stato contrastato dall'accumulo di scorte di benzina, ed il petrolio conclude poco sopra il livello di sette giorni prima concludendo a 72,4 (ottobre).
Nel settore dei metalli si sale seppur in misura contenuta con l'oro a 630(dicembre) il rame (dicembre) a 343 l'argento(dicembre) a 12,5 il platino(ottobre) a 1233 il palladio(settembre) a 345.
L'indice generale CRB(settembre) a 337(+1%).
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

CAMBI: il dollaro tiene
I dati pessimi sull'edilizia avrebbero dovuto indebolire il dollaro, che invece ha tenuto ed anzi conclude la settimana in lieve guadagno. La forza del dollaro al momento rispecchia soprattutto la debolezza dello yen, affossato dall'indice dei prezzi al consumo risultato inferiore alle attese (ma è stata cambiata la metodologia di calcolo, e con la vecchia il "core" sarebbe stato +0,6% invece dello 0% ) e che ha portato la moneta nipponica oltre 117 e a quota 150 con euro. Quest'ultimo è stato a sua volta influenzato da un pessimo indice zew tedesco: l'eurodollaro scad. settembre partito da 1,29 è sceso non riuscendo a capitalizzare sulle momentanee debolezze del dollaro post dati USA e conclude a 1,277.
L'indice generale del dollaro a 85,3(settembre)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso contro tutti
Posizione di medio termine: dollaro laterale
Posizione asset: nulla

OBBLIGAZIONI: curva sempre più invertita
Il future sul tasso a tre mesi scad.dicembre è sceso di 3 cts. al 5,41% negli USA , mentre il 2 anni scende di 2 cts. al 4,85% il quinquennale di 4 cts. al 4,75 il decennale di 6 cts. al 4,78 il trentennale di 5 al 4,93.
In Europa il Bund decennale scende al 3,79% ed in Giappone il decennale scende al 1,7%; il tasso sul debito dei paesi emergenti è però salito di circa 10 cts mediamente.
Negli USA il credito bancario continua a inflazionarsi e viaggia a +11% annuo. Nel mondo, le riserve internazionali (escluso l'oro) viaggiano a +20% annuo (è una misura dell'aumento della liquidità).
I rendimenti scendono a causa dell'incombente crack immobiliare, ma la verità è che per molti settori, mercati ed economie fortemente inflazionati, rendimenti al ribasso non fanno altro che esacerbarne l'inflazionamento. Non è chiaro in che misura e in che tempi questo evidente disordine monetario con tutte le sue contraddizioni destabilizzanti precipiterà nel caos la fragile struttura debitoria globale.
Ma è sicuro che al caos si arriverà.
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

BORSE: Wally si ferma
Il Nasdaq100 scad.settembre, partito da 1575 ha ritestato 1590 per poi scendere fino a 1550 e concludere a 1560(-1,2%).
Il Dow a 11284(-0,9%) lo sp500 a 1295(-0,5%) il nasdaq a 2140(-1,1%).Tra i settori, trasporti (-3,4%) il Russell (-1,7%) i semiconduttori(-2,7%) le biotech (+0,2%) i broker/dealer(-4%) le banche(-1,3%).
Tokyo scende a 15938(-1,4%) di nikkey, in Europa dax tedesco a 5811(-0%) il footsie inglese a 5878(-0,5%), il cac francese a 5111(-0,3%) e l'Italietta senza la benchè minima speranza è l'unica che sale per l'euforia sulle banche: l'SPmib a 37720(+0,5%) ed il Mibtel a 28817(+0,7%).
A proposito di italietta, adesso è arrivato il suo turno nell'implacabile processo di concentrazione monopolistica globale, teso a uccidere la libera concorrenza: si inizia dal settore che sta più a cuore ai padroni del vapore, quello bancario con la fusione tra Intesa e S.Paolo.
Negli USA, durante gli ultimi due anni le aziende quotate nello S&P500 hanno ricomprato azioni proprie per la cifra record di 630 miliardi di dollari.
Posizione di lungo termine: al ribasso generale
Posizione di medio termine: al ribasso generale
Posizione asset: nulla

PREVISIONI: più spunti
Dopo una settimana di calma, il menù della prossima promette più spunti operativi, e possibili rotture dei recenti ranges. Dagli USA martedì arriva la fiducia dei consumatori ad agosto e soprattutto in serata i verbali della Fed; mercoledì si avrà la seconda stima del PIL nel secondo trimestre, mentre giovedì arrivano redditi e spese personali a luglio, indice di Chicago di agosto e ordini alle fabbriche a luglio; gran finale venerdì con i dati sul mercato del lavoro , l'indice del michigan e l'ISM manifatturiero, tutti su agosto. Da questi dati si dovrebbero avere indicazioni su eventuali ricadute dell'edilizia sui consumi, e soprattutto sull' inflazione. Secondo me già la lettura dei verbali potrebbe far tornare sotto ai riflettori inflazione e possibile rialzo dei tassi americani.
Venerdì poi sarà un giorno cruciale per la contemporanea uscita dei dati sopracitati, prima del lungo week-end festivo(Labur day lunedì 4 settembre).
Dal punto di vista europeo arriva la riunione della BCE del 31 agosto: non toccherà i tassi ma nella conferenza stampa potrebbe far capire che intenzioni ha per il prossimo futuro (le attese sono per un rialzo a fine settembre).
Possibili movimenti anche sul fronte nipponico : mercato del lavoro, consumi e produzione industriale potrebbero ridare vita all'ipervendutissimo yen.

ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, dopo aver pagato le commissioni, è a +4250 euro (con 19 operazioni effettuate su eurodollaro+ 3 sul nasdaq+1 su gas naturale+1 su eurosvizzero+2 su oro+1 su argento+2 su bond+1 su euroyen); il rendimento complessivo, tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato, è pari al +5,5% ed equivalente al +7,75% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 0% ed il 100% è in conto corrente al 2,19% netto (3% tasso iwbank).

8/24/2006

Speciale Medicina ed Economia

Speciale Medicina ed Economia


Un influenza può essere di due tipi: virale o batterica. Quando è virale, non occorre prendere antibiotici: basta idratare e far riposare l'organismo mentre gli anticorpi attaccano il virus (producendo il surriscaldamento della temperatura corporea, la febbre). Quando invece è dovuta ad un infezione batterica (e questo vale per qualsiasi organo del corpo venga infetto, dai polmoni, ai reni, etc.) occorre supportare gli anticorpi con uno specifico agente anti batterico, definito antibiotico, perchè uccide anche gli anticorpi, ed indebolisce l'organismo; ma il gioco di norma vale la candela, perchè la priorità è eliminare l'infezione, dopodichè l'organismo inizia il suo recupero dalla debilitazione. A questo riguardo è fondamentale sia identificare l'antibiotico adatto al tipo di batterio che si combatte, sia fornire la dose giusta. Una mini dose si rivela in genere controproducente, perchè non riesce a eliminare il battere, che anzi si attrezza a contrastarlo a sua volta e diviene più resistente. A nessun medico verrebbe in mente di combattere ad esempio un infezione renale somministrando mini dosi di antibiotico. Naturalmente se facesse così, otterrebbe inizialmente il plauso del paziente: quest'ultimo infatti non subirebbe gli effetti depressivi provocati dall'antibiotico e potrebbe illudersi di continuare la sua attività come nulla fosse. Poi però si accorgerebbe che l'infezione aumenta fino a farlo soccombere. Molto meglio dunque subìre gli effetti negativi dell'antibiotico, pur di riuscire a debellare l'infezione salvando l'organo affetto e l'organismo intero(prima della scoperta degli antibiotici, le infezioni erano una delle più diffuse cause di morte).

L'inflazione è la perdita di potere d'acquisto dell'unità monetaria, e si verifica quando aumenta la disponibilità di massa creditizia in misura superiore alla coeva disponibilità di beni e servizi.
Può essere di due tipi: virale o batterica.Quella virale dipende da uno squilibrio specifico tra domanda ed offerta riferita in genere a uno specifico mercato; l'organismo economico dispone degli anticorpi, rappresentati dalla legge della domanda e dell'offerta, che funziona sempre purchè si sia in regime di concorrenza. Se il prezzo di un bene sale troppo, i produttori aumentano l'offerta perchè lo trovano conveniente, e al contempo i consumatori riducono la domanda per lo stesso motivo. La coeva pressione di maggior offerta e minore domanda provoca un calo del prezzo che ritorna al livello di equilibrio.
Il medico, in questi casi non deve fare assolutamente niente, come con l'influenza virale.
L'inflazione può essere però anche un infezione batterica che attacca l'organismo economico, quando è causata da un generale eccesso di potere d'acquisto(moneta + credito), che è un bene sottoposto al monopolio delle banche centrali, a prezzi amministrati. Qui la legge della domanda ed offerta in libera concorrenza non funziona (l'anticorpo), ed anzi inizia una rincorsa senza fine tra domanda ed offerta di credito, ed occorre che il monopolista intervenga eliminando il batterio alla fonte. Come? riducendo la quantità di potere d'acquisto in circolazione. L'aumento del tasso d'interesse è al contempo causa ed effetto di questa restrizione, ma quello che conta è il tasso reale al netto dell'inflazione: ad esempio, se il tasso nominale aumenta nella stessa misura dell'inflazione , il tasso reale resta fermo.
Qualora si adotti una vera cura antibiotica, l'organismo pagherà il prezzo della lotta all'inflazione passando per un periodo di "riposo" cioè di minor attività , la famigerata recessione.
Greenspan e soci invece si sono inventati la cura delle mini dosi di antibiotico(tassi d'interesse reali), ottenendo il plauso generale perchè così non hanno distrubato l'attività dell'organismo economico che anzi si è sbizzarrito in un iper attivismo globale, e ciò perchè questo è uno dei classici sintomi dell'inflazione batterica. Il problema è che non solo non hanno eliminato il battere, bensì lo hanno rinforzato, ed adesso ci vorrebbero dosi da cavallo (aumenti di un punto alla volta, per almeno tre o quattro volte) di antibiotico per riuscire ad uccidere il malefico morbo. Loro invece non solo non intendono farlo, bensì già si apprestano a sospendere la cura antibiotica, perchè una parte dell'organismo (l'immobiliare) dà segni di affaticamento.
Il paziente non ha capito ancora niente. Ha fiducia nei medici, registra che lo aiutano ad attivarsi, non lo obbligano a riposare, e si beve tranquillamente la balla che l'infezione è "sotto controllo". Certo, vede anche che la febbre (aumento dei prezzi) persiste ed anzi aumenta, ma per ora si fida, del resto come potrebbe pensare che i medici (banche centrali) agiscono proprio per farlo ammalare?
A pensar male farebbe peccato, anche se spesso ci si azzecca, come ama dire un personaggio diabolico (Andreotti).

Mi piace fare questo parallelo medico-economico, semplificando, anche se potrà far storcere il naso agli scolastici, perchè rende bene la sostanza della situazione, e serve per spiegare come la penso circa la politica seguita dalle banche centrali,che sarebbe meglio definire "serial bubbler" cioè centrali seriali di bolle inflazionistiche. Dopo aver creato la mega bolla azionaria del 2000 , per contrastare le conseguenze dello scoppio puntualmente arrivato hanno creato un altra mega bolla immobiliare che adesso sta per scoppiare; per contrastarne le conseguenze stanno già fabbricando la prossima mega bolla , sui beni e servizi. Vale a dire la grande infllazione generalizzata, da loro voluta per svuotare in termini reali il mega debito nel frattempo accumulato.
Nel far ciò, devono cercare di recitare bene la commedia dei "guardiani dell'inflazione", perchè se la massa capisce che stanno facendo esattamente l'opposto di quello che sarebbe il loro compito istituzionale , la baracca si sfascia (rendimenti alle stelle, borse alle stalle, etc.). Insomma devono togliere il potere d'acquisto al popolo senza che questi se ne accorga, e per questo motivo ci deliziano con le varie giravolte retoriche che ben conosciamo, in cui un giorno danno un colpo alla botte e un altro al cerchio.
Il parallelo medico-economico mi è venuto in mente riflettendo sulla strumentazione che si sono inventate per produrre inflazione, facendo finta di fare il contrario. Vale a dire la moda lanciata dal mitico Greenspan di fare dei mini rialzi del tasso d'interesse ufficiale nominale, mentre al contempo si lasciano aperti al massimo i rubinetti del credito, creando inflazione internazionale grazie al meccanismo di difesa del cambio del dollaro.
L'inflazione che avremo nei prossimi anni sarà spaventosa, e quando decideranno alla fine di fermarsi, scopriranno come Aladino che se il genio esce fuori dalla lampada ci vogliono lacrime e sangue per riuscire a rimetterlo dentro.

8/20/2006

Speciale Bancarotta

Speciale Bancarotta

La parola "bancarotta" viene spesso usata male. E' comune sentire qualcuno dire che "tizio è in bancarotta" quando in realtà ciò che si vuol significare è che "tizio non può pagare i suoi conti".In quest'ultima situazione si dovrebbe piuttosto parlare di "insolvenza". L'insolvenza può anche riflettere una situazione in cui il patrimonio di tizio , se non disponibile immediatamente, non è in grado di pagare tutti i debiti di tizio.
Si tratta di un importante distinzione.
Mi spinge a scrivere sulla bancarotta un recente rapporto di Laurence Kotlikoff, economista a Boston. Questo signore giunge a una conclusione : il governo USA è in bancarotta perchè non sarà capace di pagare i suoi creditori, che come egli scrive "sono la generazione attuale e quelle future a cui il governo USA ha esplicitamente o implicitamente promesso pagamenti futuri di vario tipo. A meno che gli USA non cambino radicalmente e velocemente il proprio comportamento fiscale, la bancarotta sarà inevitabile. Il modo opportuno di considerare l'insolvenza di una nazione è quello di esaminare il peso fiscale affrontato durante la vita dalle generazioni attuale e future. Se questo peso eccede le risorse disponibili per queste generazioni, la politica della nazione sarà inostenibile e può portare alla bancarotta nazionale."

Kotlikoff definisce gap fiscale netto, il valore attuale della differenza tra il reddito futuro del governo e le sue spese, calcolato usando le ipotesi più ottimistiche, e senza considerare disastri naturali o guerre.
I numeri che usa sono la somma dei conti che misurano lo standard di vita della nazione: pagamenti per interessi, operazioni governative, previdenza sociale, difesa nazionale, sanità, etc. cioè tutti quegli elementi del bilancio statale che permarranno fino a quando esisterà un governo degli USA. La somma delle passività nazionali calcolata così, raggiunge la cifra di 65 trilioni di dollari (circa il 500% del PIL), e differisce da quella di 87 trilioni che riporto io alla fine di questo Speciale, utilizzando le cifre prese dal sito federalbudget.com.
Ma, gli USA possono considerarsi realmente in "bancarotta"?
Vi sono implicazioni del debito e del potenziale fallimento futuro del governo che vanno al di là del semplice governo che non è in grado di pagare i suoi conti nei tempi promessi (quella che è più corretto definire insolvenza). Vediamo allora di esplorare alcuni termini e di rivisitare un pò di storia.

La costituzione USA richiede espressamente che il Congresso abbia una legge sulla bancarotta; negli USA oggi, la bancarotta è una creazione dello statuto federale noto come "US Bankrupt code", con relative procedure e regole associate. Poichè la bancarotta è un processo governato dalla legge, nessuno può essere definito in bancarotta fino a quando succedono un certo insieme di cose in una Corte americana appositamente nominata.
Quanto avviene oggi negli USA è l'evoluzione moderna di un lungo processo storico.
Fin dai tempi di Roma, il processo per bancarotta ha creato le condizioni per cui una società può bilanciare la necessità di eliminare o moderare il debito di un debitore con la protezione dai creditori a cui il debito è dovuto. In altre parole, la bancarotta è , ed è sempre stata, una forma di accomodamento legalmente sanzionato tra debitore e creditori.
La percezione comune è che con la bancarotta il debitore può evitare di ripagare i creditori.Ma la bancarotta è anche intesa essere un modo con il quale i creditori possono recuperare dal debitore quanto più possibile di ciò che è a loro dovuto. Ovviamente un processo ordinato di bancarotta è necessario per la crescita del commercio, anche se è associato al fallimento finanziario personale e di impresa. Idealmente, attraverso la bancarotta, i debitori possono essere fermati dall'accumulare altri debiti, e i creditori fermati dall'accumulare altri crediti di dubbia qualità. E' importante che le risorse economiche di una nazione vadano ad un miglior uso, in un sistema razionale, rispetto a quello di allungare la agonìa di un cattivo debitore.
Ma la bancarotta viene anche intesa , spesso, come un sistema per consentire al debitore di "ripartire"; questo perchè , in molti casi, i procedimenti possono eliminare gran parte dei debiti. Il che però implica che vi è una perdita irrimediabile da parte dei creditori(vedasi il recente caso della bancarotta argentina).
Le attuali società civili, accettano questa possibilità che spesso viene sfruttata dai debitori in mala fede.

La parola bancarotta viene dal latino: bancus ruptus. Nell'antica Roma, il bancus era un posto nel quale quasi tutte le transazioni venivano condotte, e la relativa moneta scambiata. Un vecchio bancus si può osservare visitando le rovine di Pompei, essendosi mantenuto da due mila anni nonostante le eruzioni. La parola ruptus significa letterlamente rotto, perchè all'epoca quando avveniva il fallimento di questo intermediario, il tavolo veniva proprio rotto.
Con le leggi dell'antica Roma, quando un mercante era in difficoltà finanziaria, i suoi creditori potevano andare dalle autorità locali e affermare di avere dei crediti non pagati; dopo un indagine, l'autorità determinava se il mercante era o non era in grado di pagare i suoi debiti.Se la conclusione era che il mercante non poteva pagare, una parte terza era nominata dai creditori o da un magistrato romano se i creditori non si accordavano. Questa parte terza agiva come un fiduciario, veniva chiamato il curator bonorum (curatore dei beni), e aveva il potere legale di sovrintenedere agli affari quotidiani del mercante; se non vi erano speranze di ritornare alla solvibilità, poteva letteralmente fermarne l'attività appunto rompendogli il banco come dichiarazione pubblica
del suo fallimento: da qui la parola bancus ruptus. Dopodichè il curatore veniva incaricato di disporre delle proprietà del mercante a beneficio dei creditori. Metteva all'asta i beni per ricavarne il massimo, e stabiliva le priorità e le quote, mentre il mercante veniva lasciato con niente e spesso venduto come schiavo insieme con la sua famiglia.
Le radici antiche del concetto e del termine di bancarotta riguardano esclusivamente il fallimento finanziario personale e commerciale. Non ci sono invece radici storiche per il fallimento finanziario di uno Stato sovrano. Quando Alarico e i successivi barbari saccheggiarono Roma, ad esempio, fecero ben più che romprere il banco dei mercanti: ridussero la nazione a brandelli. Pertanto l'uso della parola bancarotta in riferimento ad obbligazioni finanziarie del governo americano può essere non adatto. Sarebbe meglio definire la situazione americana atttuale come insolvenza, ma vediamo ancora un pò di storia.

Roma conquistò le isole britanniche fino alla Scozia e le leggi romane restarono in vigore anche dopo la caduta dell'impero romano. Proprio le procedure di bancarotta nella Bretagna medioevale erano mutuate da Roma. Non risulta per oltre 450 anni che sia stata codificata una legge per la bancarotta dalla giurisprudenza anglosassone; vuol dire che con quella romana si trovavano bene. Nel 1542 in Inghilterra, i creditori imposero il primo statuto moderno per la bancarotta. La legge aveva a che fare con il concetto di spergiuro o di menzogna verso le autorità, e lo statuto aveva lo scopo di prevenire le frodi da parte dei debitori. Il debitore veniva chiamato di fronte un cancelliere su domanda dei creditori, ed era esaminato fin nei minimi dettagli. Se il cancelliere stabiliva che il debitore era incapace di far fronte al credito ricevuto lo mandava in prigione. La legge venne perfezionata nel 1570 durante il regno di Enrico ottavo. La ragione pratica della revisione della legge fu il fatto che le prigioni erano stracolme di debitori, e ciò stava creando un problema nazionale. Così, anche se la pena della prigione restava, furono creati rimedi aggiuntivi, ma alcuni oggi sarebbero considerati barbari: ad esempio si poteva tagliare un orecchio (Shakespeare illustrò questa situazione nel suo magistrale "il mercante di Venezia"). Nel 1705 sotto la regina Anna i debitori potevano anche essere condannati a morte.

La prima legge americana seguì esattamente quella inglese, e fu disponibile fin dai primi giorni della colonizzazione. Lo Stato della Georgia fu fondato come una colonia di "debitori" dove venivano mandati dall'Inghilterra piuttosto che tenerli in prigione. La natura religiosa dei primi insediamenti giustificava ogni sorta di disprezzo per i debitori, in base al famoso verso biblico "il ricco comanda sul povero e il debitore è schiavo del creditore". I debitori insolventi finivano in servitù coatta ai creditori. Il più famoso fu il giovane Benjamin Franklin, che non a caso divenne un sostenitore della necessità di onorare i debiti.
E' interessante chiedersi cosa sarebbe successo nella fase iniziale dell'esplorazione e dello sviluppo del nord america se la Francia avesse seguito analoghe regole in materia di bancarotta. La Francia pure aveva molti poveri e molti debitori insolventi, ma invece di mandarli nel nuovo mondo, li teneva a casa in prigione o li mandava nell'esercito, mandando nei suoi territori oltreoceano preti gesuiti.
In pratica nel 17mo e 18mo secolo l'Inghilterra inviava i debitori disonorati, la Francia preti e qualche colono, con poche donne al seguito. Dopo un secolo di questo diverso modello di immigrazione la Francia si ritrovò a confrontarsi con un popoloso gruppo di gente che parlava inglese,e con floride colonie inglesi a sud dei suoi territori canadesi (Quebec, Ontario) e oltre il Michigan ed il Wisconsin; gli inglesi si espansero fin dentro i territori francesi e quando il conflittò scoppiò (guerra dei sette anni tra il 1756 ed il 1763) , i francesi nonostante si fossero alleati con alcune tribù indiane ebbero la peggio nei decenni successivi: la manod'opera e le risorse inglesi prevalsero su quelle francesi e molti debitori riconquistarono la libertà a fronte dei servizi offerti al re inglese durante il conflitto con i francesi.
Alla fine anche il Canada divenne inglese . Nel 1770 e 1780 la monarchia francese (che si trovava alla vigilia della propria definitiva scomparsa nella madre patria) tentò di supportare i coloni inglesi che nel frattempo si erano ribellati al dominio del re e chiedevano l'indipendenza.
Proprio gli sforzi fatti in america contro gli inglesi contribuirono alla fine della monarchia francese, ed il fatto di aver tenuto i debitori nelle proprie prigioni invece di mandarli all'estero si rivelò un boomerang perchè questi avevano tutto da guadagnare dalla rivoluzione contro la monarchia, che infatti se li ritrovò nelle strade durante il 1789.
La rivoluzione francese fu l'esito del bisogno del governo di contenere il debito pubblico. E fu realmente un esempio dell'antico concetto romano di bancu ruptus. Il debito divenne insostenibile, per gli sprechi della monarchia e per i costi dell'impero, a cui si unì l'errore strategico di tenere nelle patrie galere decine di migliaia di debitori, invece che di usarli come avevano fatto gli inglesi( ma i francesi erano troppo superbi per copiare gli inglesi). Anche Napoleone si trovò in difficoltà di fronte alla mancanza di fondi e alla situazione indifendibile in nord america. Così vendette la Louisiana ai neonati Stati Uniti di America, guidati da Jefferson. Il prezzo fu di 3 cents per acre, una vera e propria vendita in bancarotta.

Ma ora basta con i riferimenti storici, che tanto mi piacciono e mi auguro siano graditi. Torno a bomba al tema iniziale: la situazione debitoria USA che ha già superato il punto dell'insolvenza e che pertanto costringe le autorità a produrre inflazione nel tentativo di ridurne il valore reale.
Infatti quello nominale è impressionante ed è il seguente (dati fine 2005):
Debito del governo federale : 8,2 trilioni
Debito dei governi locali : 1,9 trilioni
Debito della sicurezza sociale(stima): 7 trilioni
Debito sanitario (stima): 37 trilioni
Debito pensionistico federale/ locale(stima): 4 trilioni
TOTALE SETTORE pubblico : 54 trilioni

Debito delle famiglie: 11,5 trilioni
Debito delle imprese: 8,3 trilioni
Debito settore finanziario: 12,5 trilioni
Debito pensionistico privato(stima): 1,8 trilioni
TOTALE SETTORE privato: 33,6 trilioni

TOTALE GENERALE : 87,7 trilioni
di cui Totale debito verso l'estero: 9,3 trilioni
Quest'ultimo totale delle passività finanziarie detenute da stranieri include il 50% del debito federale, il 13% delle azioni il 27% dei corporate bonds, e il 13% del debito delle agenzie governative ipotecarie (ma circa un terzo del debito di Fannie Mae è stato venduto all'estero).
Questi 9 trilioni di debiti con l'estero, aumentano al ritmo di quasi un trilione l'anno e sono quelli che più preoccupano ai fini di una possibile bancarotta , o insolvenza.
Ricordo che il PIL 2005 è a quota 12 trilioni. Ricordo anche che nel 2005 il governo federale ha speso 352 miliardi per i soli interessi sul debito degli 8,2 trilioni e che quest'anno si va verso i 400 miliardi (5% circa tasso medio). Cioè i cittadini americani devono pagare tasse per 400 miliardi solo per ripagare gli interessi sul debito del governo federale, e circa la metà di questi soldi prendono il volo verso l'estero(li intascano, giapponesi, cinesi, etc.). La cifra è enorme ed è seconda solo alla spesa totale per la Difesa che è di poco superiore; ma ad esempio l'istruzione assorbe 61 miliardi, i Trasporti 56, la NASA costa 15 miliardi, e così via.
Non solo, mentre queste cifre potranno essere tagliate, la spesa per interessi potrà solo che aumentare, non tanto perchè aumenta il tasso d'interesse, quanto perchè ogni anno cresce il totale del debito sottostante di circa 500 miliardi l'anno: ed infatti questo significa che i 400 miliardi di interessi del 2006 saranno pagati facendo nuovi debiti per lo stesso importo: è lo schema PONZI o PARMALAT che dir si voglia di cui ho già scritto più volte.
Poichè questa situazione non ha soluzioni, si capisce perchè prima di arrivare a dichiarare una bancarotta che come abbiamo visto per gli Stati non esiste, o una insolvenza stile argentino, gli USA cerchino disperatamente di creare inflazione (e svalutazione del dollaro per quanto concerne l'estero): ad un tasso effettivo del 10% in 7 anni il debito si dimezza in termini reali; naturalmente affinchè il giochino funzioni è necessario che i tassi d'interesse non salgano più di tanto, altrimenti la crescita a palla di neve sarà inevitabile; ed è necessario che i gonzi (i creditori) restino tali per vari anni.

8/19/2006

La nota sui mercati 19.8

La settimana 14-18 agosto 2006

ECONOMIA: manipolazioni
Analisi superficiale (Fed in buona fede- dati credibili)
Vittoria (di Pirro?)della Fed. I dati di questa settimana sono stati interpretati senza esistazioni dai mercati esattamente nella direzione indicata dalla Fed. Contrariamente alle mie attese, l'inflazione ha dato la sensazione di un rallentamento a luglio, mentre l' edilizia è stata più negativa del previsto, confermando l'idea di una recessione prossima ventura. Più precisamente, adesso il dubbio del consensus - rimosso il problema inflazione - è se vi sarà un atterraggio morbido (soft landing) o uno brusco(hard landing).
I sostenitori della seconda ipotesi comprano obbligazioni nella convinzione che la Fed dovrà presto iniziare ad abbassare i tassi.
I sostenitori della prima comprano azioni, nella convinzione che il soft landing servirà a contenere l'inflazione senza compromettere i profitti delle imprese, e comunque i tassi non saliranno più.
L'ottimismo generale è tale che il dollaro pur venduto, si è mostrato resistente.Risentono di questa convinzione anche le commodities vendute sull'idea che la recessione fa premio sul rischio inflazionistico.
MA se si vanno a guardare i dati di questa settimana che hanno originato il tutto, vi sono parecchie perplessità. Innanzitutto, gli indici dei prezzi. Quello alla produzione ha registrato un sorprendente -0,3 mensile, senza considerare energia ed alimentari; però su base annua resta a +5,1%. Inoltre, premesso che si tratta di un indicatore storicamente volatile, esso è il frutto di una media tra tre sub indici: materie prime,beni intermedi e prodotti finiti. Vi possono essere molte spiegazioni statistiche che non sto a elencare, ma quello che conta è che è un dato singolo molto poco affidabile. E andiamo all'indice dei prezzi al consumo: quello globale è uscito in linea con le attese, cioè +0,4 mensile, il che porta l'inflazione ufficiale degli ultimi 12 mesi al 4,1% (era a 3,2% a luglio 2005, 3% a luglio 2004 2,1% a luglio 2003 e 1,5% a luglio 2002: la progressione implacabile pare chiara); quello senza energia ed alimentari è risultato +0,2 (invece che +0,3 atteso) il che porta la somma degli ultimi dodici mesi al 2,7% (livello più alto dal 2000 quando i tassi erano al 6,5%). Ma se si va a guardare il dettaglio si scopre che il decimale in meno di crescita dipende esclusivamente dall'abbigliamento e questo perchè a luglio è stata stagione di saldi. Inoltre se si conteggiano gli ultimi 6 mesi e li si moltiplica per due abbiamo un tendenziale del 3,6% su base annua.
Fatta questa analisi, può sorprendere che i mercati abbiano reagito con tanta convinzione, anche perchè sul fronte della crescita a parte il calo delle licenze e dei cantieri edili a luglio (dato anch'esso volatile) i sondaggi sul manifatturiero nell'area di Filadelfia hanno sorpeso al rialzo, mentre la produzione industriale resta in traiettoria ampiamente positiva (+0,4%) anche se la capacità utilizzata è stata rivista al ribasso.
Dunque non vi è un quadro univoco che autorizzi a pensare ad una recessione imminente, tanto più che il PIL del secondo trimestre è molto probabile venga rivisto al rialzo rispetto alla prima stima. Solo venerdì, quando comunque ormai i mercati si erano già lanciati , è arrivato un preliminare della fiducia dei consumatori -così come rilevato dall'Università del Michigan- decisamente basso (cui contribuisce il fatto che i consumatori si aspettano tra un anno un punto in più di inflazione).
Nè infatti si è autorizzati a pensare che l'inflazione sia in calo.
La reazione dei mercati si può capire solo considerando che restano drogati dall'enorme ammontare di credito in circolazione, e da un effetto amplificatore derivante dalle coperture dei ribassisti. Ma il punto è se si tratta di una tendenza destinata a durare o a risultare effimera.
Io resto convinto di quanto scritto sette giorni fa :
la recessione tarderà a venire, al massimo vi sarà un pò di soft landing, ma l'inflazione proseguirà al rialzo e presto si ricreeranno attese di rialzo dei tassi.
Naturalmente come operatore finanziario, non posso però aspettare in perdita che si ricreino le condizioni da me previste; quindi ho dovuto stoppare non appena è stato definitivamente chiaro (e cioè dopo la reazione ai prezzi al consumo di mercoledì) che al momento i mercati tendono in direzione opposta. Vi sarà tutto il tempo per rientrare e recuperare.
Analisi in profondità (Fed killer - dati taroccati)
La fed vuole creare inflazione, e la mossa di questa settimana è perfetta in questo senso: ha manipolato gli indici di luglio(sulle tecniche che usano rileggersi il mio Speciale Manipolazioni) perchè non poteva permettersi di essere smentita dopo pochi giorni, e vuole poter inflazionare il sistema indisturbata.
Del resto in questo modo ha la possibilità di tenere fermi i tassi anche a settembre: solo un paio di giorni prima verranno pubblicati gli indici dei prezzi di agosto ed anche se lì consentisse un riaggiustamento della manipolazione operata sul luglio, potrà mantenere inalterato il comunicato. Insomma ha guadagnato tempo nella difesa della propria credibilità, e soprattutto continua a sviare l'attenzione dalla questione principale: l'esistenza di una struttura finanziaria malata che crea bolle in serie e squilibri economici cumulati. Tutti si concentrano sul falso dibattito tra hard landing e soft landing, e nessuno si preoccupa del
retroterra finanziario destabilizzante con le sue incentivazioni strutturate per gonfiare le bolle: ovvio, l'attuale boom in qualche modo può essere così perpetuato, ma non si potrà evitare e anzi si aggraverà il crollo finale.

MATERIE PRIME : Tra recessione e cessate il fuoco
La settimana è cominciata con il cessate il fuoco in Libano, e per quanto precario possa essere, soprattutto a medio termine, questo evento ha favorito il clima generale togliendo una stampella speculativa agli energetici; quanto sopramenzionato circa la convinzione del momento che si vada verso un soft landing senza inflazione, ha contribuito a deprimere i corsi delle materie prime. Sul petrolio inoltre ha inciso anche la scadenza del contratto di settembre(termina martedì prossimo): così vi è stata una continua caduta delle quotazioni (sulla scadenza ottobre) da 75 a 71 con un lieve recupero solo nel finale di venerdì per cui conclude a 72. Adesso ci si ritrova sulla parte bassa del range, ma ancora sopra un importante trend line di lungo periodo che transita in area 68 dove c'è anche la media mobile a 200 giorni (punto ideale di acquisto perchè si può posizionare una stop loss sensata due-tre punti sotto).
Il gas naturale ha oscillato tra 7,2- 6,6 concludendo a 6,9 (scad. ottobre).
Nel settore dei metalli vi è stato un profilo analogo a quello del petrolio, espressosi sull'oro con caduta da 642 fino a 616 e chiusura a 622(dicembre).Si conclude con il rame (dicembre) a 340; l'argento(settembre) a 12 il platino(ottobre) a 1223 sale solo il palladio(settembre) a 334.
L'indice generale CRB(settembre) a 333(-4%).
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

CAMBI: la Cina alza i tassi
Movimento del dollaro sui dati come da manuale, ma è stato poi contrastato nel finale, risultato piuttosto confuso dalla decisione della Cina di procedere ad un rialzo di 27 cts. dei suoi tassi. Rifacendomi a quanto scritto nel recente Specialino sulla Cina, questa mossa pare alternativa ad una rivalutazione dello yaun per cui il dollaro paradossalmente ne ha beneficiato.
L'eurodollaro scad. settembre partito da 1,275 ha fatto il massimo dopo i dati di mercoledì a 1,294; dopodichè per l'ennesima volta è rientrato nel range con puntata fino a 1,28 sulla decisione cinese e conclusione a 1,285.
Lo yen è stato sempre più debole dell'euro arrivando fin quasi 149, e solo nel finale dopo la decisione cinese ha un pò recuperato concludendo a 148,5. Ciò vuol dire che sono ripresi alla grande i carry-trade in yen, tipici delle fasi di bolla sugli asset come l'attuale.
L'indice generale del dollaro a 85(settembre)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso contro tutti
Posizione di medio termine: dollaro laterale
Posizione asset: nulla

OBBLIGAZIONI: curva sempre più invertita
Il future sul tasso a tre mesi scad.dicembre è sceso di 5 cts. al 5,44% negli USA , mentre il 2 anni scende di 10 cts. al 4,87% il quinquennale di 12 cts. al 4,79 il decennale di 13 cts. al 4,84 il trentennale di 12 al 4,98.
In Europa il Bund decennale scende al 3,9% mentre in Giappone il decennale sale al 1,85% ed il tasso sul debito dei paesi emergenti è sceso di circa 7 cts mediamente.
La reazione del bond ai dati macro ha messo in crisi la mia posizione.
Ho pertanto stoppato a 106,65 il bond decennale venduto a 105,9 con una perdita di 600 euro a contratto (conclude a 106,85), ma non finisce qui.
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

BORSE: Wally si esalta
Come sopra accennato, le ricoperture hanno amplificato la festa sui dati e questo nonostante varie notizie societarie negative.
Il Nasdaq100 scad.settembre, partito dal mio prezzo a 1500 non ha fatto altro che salire arrivando fino a 1590 dove conclude(+6% saldo settimanale); ho stoppato mercoledì dopo i dati a 1550 con 800 euro di perdita a contratto.
Il Dow a 11381(+2,6%) lo sp500 a 1302(+2,8%) il nasdaq a 2164(+4%).Tra i settori, trasporti (+6%) il Russell (+4,8%) i semiconduttori(10%) le biotech (+5,7%) i broker/dealer(+4,6%) le banche(+1,8%).
Festa in tutto il mondo. Tokyo sale a 16105(+3%) di nikkey, in Europa dax tedesco a 5817(+3,8%) il footsie inglese a 5903(+1,8%), il cac francese a 5135(+3%) e l'Italietta senza la benchè minima speranza: l'SPmib a 37550(+2,8%) ed il Mibtel a 28622(+2,1%).
Circa gli indici americani vi è una cosa importante da notare: durante tutto il mercato rialzista degli ultimi 4 anni le piccole capitalizzazioni avevano fatto sistematicamente meglio delle grandi; adesso per la prima volta stanno facendo peggio.Anche questo rimbalzo lo ha confermato, e per me si tratta di un segnale ribassista di medio termine, perchè coerente con il contesto di maggior rischio, mentre le grandi capitalizzazioni vengono vissute come bene rifugio oltre a beneficiare anche degli energetici.
Posizione di lungo termine: al ribasso generale
Posizione di medio termine: al ribasso generale
Posizione asset: nulla

PREVISIONI: riparla Bernanke
Dal punto di vista dei dati c'è poco e niente che possa rimettere in discussione l'attuale ottimismo (a parte eventuali sorprese geopolitiche).
Dagli USA avremo solo gli ordini di beni durevoli e le vendite di case mercoledì e giovedì.Dall'Europa invece arrivano parecchi dati che possono influire sull'euro per ora sostenuto dalle attese di altri due rialzi dei tassi da qui a fine anno: la bilancia commerciale, l'indice zew e quello ifo tedeschi, i prezzi al consumo di agosto.
Parleranno però due esponenti Fed martedì, e la settimana si concluderà con un discorso di Bernanke alle 16 di venerdì: naturalmente non mi aspetto che possa dire qualcosa che disturbi i mercati, ma non si sa mai; anche involontariamente come già successo, o se dovesse ritenere che i rendimenti a lungo sono scesi troppo, basta che torni a mettere l'accento sull'inflazione per provocare un ribaltone; da confermare eventualmente la settimana successiva quando saranno resi noti i verbali dell'ultima riunione Fed, il PIl sarà rivisto al rialzo, ed il mercato del lavoro e l'ISM potrebbero sorprendere.
Dunque il vento in poppa per i primi giorni dovrebbe restare anche se tecnicamente la situazione non è convincente (sia sui bond che sugli indici azionari), ed il minimo che si può dire è che vi è spazio per una correzione dall'ipercomprato, anche corposa. Più in generale l'attuale rialzo dei corsi azionari e obbligazionari va ancora visto come un ritracciamento all'interno dei rispettivil trend ribassisti; questo tipo di ritracciamenti sono in genere limitati per estensione e durata, sebbene spesso imprevedibili. Da questo punto di vista dunque a 107-107,2 di decennale e a 1600-1625 di nasdaq100 occorrerebbe rientrare in vendita. Volendo però essere più prudenti è meglio aspettare che rispunti anche il catalizzatore dal punto di vista fondamentale, sacrificando un pezzo di strada (cioè magari si dovrà rientrare a 106 o a 1500 ma con maggior convinzione).


ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
venduto un bond decennale scad. settembre a 105,9 chiuso a 106,65(- 750$);
venduto un mini-nasdaq scad. settembre a 1500 chiuso a 1550(-1000$)
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, dopo aver pagato le commissioni, scende a +4250 euro (con 19 operazioni effettuate su eurodollaro+ 3 sul nasdaq+1 su gas naturale+1 su eurosvizzero+2 su oro+1 su argento+2 su bond+1 su euroyen); il rendimento complessivo, tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato, è pari al +5,45% ed equivalente al +7,7% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 0% ed il 100% è in conto corrente al 3% lordo (tasso iwbank).

8/14/2006

Specialino sul Barile

Specialino sul Barile

Nel 1997 il mondo consumava circa 74 milioni di barili al giorno. Nel 2002 era arrivato a 78 milioni. Quest'anno siamo a 86 : mille barili al secondo. Insomma la crescita della domanda di petrolio avanza di circa 2 milioni di barili al giorno. Ogni anno.
La Cina incide per il 23% di questa crescita e il resto dell'Asia per un altro 18%. Gli USA per l'11%. Al ritmo attuale, si dovrebbe arrivare a 100 milioni di barili al giorno in meno di 10 anni.
Cira la metà del consumo mondiale di petrolio finisce nei serbatoi di benzina. In Cina , ogni 10% di crescita del PIL provoca il 9% di aumento della domanda di petrolio, per il mondo nel suo insieme siamo al 4%.
Se nel prossimo decennio la crescita del PIL mondiale resta mediamente in linea con la media di lungo termine, sarà di circa il 40% in dieci anni e se il coefficiente di dipendenza dal petrolio resta a 40 questo significa che la domanda di petrolio crescerà del 16%, superando quota 100 milioni di BARILI AL GIORNO PRIMA DEL 2016.
La domanda è: possiamo trovare altri 14 milioni di barili al giorno mentre si rimpiazzano i pozzi ormai vecchi? Cosa succede se non ce la si fa?

Il medesimo livello di crescita nella produzione di petrolio è improbabile. Si stanno già oggi toccando i limiti; vi sono certamente alcune nuove fonti produttive, l'Iran e l'Iraq potrebbero raddoppiare la loro produzione, il Venezuela, Nigeria e Russia hanno ampie riserve, così come ce ne sono nelle steppe asiatiche , ma si tratta di zone geopoliticamente instabili.
Ed anche mettendo da parte quest'ultimo aspetto, può la produzione tenere dietro alla domanda nel lungo termine?

Secondo un recente rapporto fatto dagli ingegneri dell'esercito americano, NO.
Il rapporto si intitola "trends energetici e loro implicazioni per le istallazioni dell'esercito USA".
Vi si legge:
"vi sarà una carenza nella produzione mondiale di petrolio dell'1-2% nella prossima decade; il quadro dell'offerta sta cambiando in modi che non rientrano più nella norma. In generale, tutte le risorse non rinnovabili seguono una curva dell'offerta naturale. Cioè nalla fase iniziale la produzione aumenta rapidamente, poi rallenta, raggiunge un massimo e infine diminuisce (ad un ritmo rapido simile a quello dell'aumento iniziale). La grande domanda per il petrolio non è se la produzione raggiungerà il massimo, ma quando. Vi sono molte stime in materia e la conclusione è che la produzione mondiale di petrolio può toccare il picco massimo entro pochi anni, dopo di chè inizierà il declino.Una volta che ciò succede, i precedenti storici sulla domanda e sul prezzo finiscono di rappresentare un punto di riferimento, perchè si entra in un periodo in cui la produzione sistematicamente è inferiore alla domanda.Fino a oggi il prezzo non è aumentato eccessivamente perchè l'OPEC ha avuto margini di incrementi nella produzione ed ha potuto dunque controllarlo.L'Arabia Saudita ha ancora degli eccessi di capacità produttiva, ma non è lontana dall'esaurimento. La produzione già diminuisce negli USA e molti paesi non-Opec hanno già raggiunto il punto di massimo.".

Penso non vi sia bisogno di altri commenti.

8/12/2006

La nota sui mercati(12.8)

La settimana 7-11 agosto 2006

ECONOMIA: il bluff
La Fed ha scelto di fermarsi sui tassi, nel modo così previsto nella scorsa nota. "3)Si ferma, ma dice che potrebbe essere una pausa momentanea e che molto dipenderà dai dati futuri. In questo caso le reazioni potrebbero essere ancor più limitate, perchè l'incertezza resterebbe sovrana."
Sempre nella scorsa nota, così concludevo:
"Indipendentemente dalle eventuali complicazioni geopolitiche di cui nel recente Specialino sulla Guerra, la mia idea è che durante agosto-settembre i dati macro americani sorprenderanno al rialzo e soprattutto l'inflazione continuerà la sua implacabile ascesa, e ciò perchè il credito continua a essere sovrabbondante.Pertanto prima o poi si riformeranno attese di rialzo dei tassi USA e le conseguenti reazioni sui mercati (borse e bond al ribasso soprattutto) saranno più intense , perchè i fatti smentiranno Bernanke, e la fiducia nella Fed risulterà sempre minore."
Ad appena 3 giorni dalla Fed pare siamo già su questa strada.
Voglio rielaborare il tutto in base ai due livelli di analisi, quello di superficie e quello in profondità, così come promesso.

Analisi superficiale (cioè la Fed è in buona fede)
La fed ha annunciato che si aspetta un netto calo dell'economia, tanto da annullare l'inflazione in futuro. Ma i dati di questa settimana hanno già iniziato a smentirla: produttività in forte calo e costo del lavoro al rialzo; vendite al dettaglio in luglio e mutui ipotecari in ripresa.
Il mercato si è diviso.Una parte si è già spostata verso le attese di un rialzo dei tassi a settembre, ed ha ripreso a comprare dollari, vendere bond e borsa. Un altra parte, tra cui famosi personaggi come il re dei bond Bill Gross, o l'economista Nouriel Rubini con un citatissimo articolo sul Financial Times, continua invece a pensare che la fed non solo non rialzerà più i tassi, ma dovrà abbassarli perchè si va velocemente verso una profonda recessione (causata dalla crisi immobiliare). Di conseguenza vendono dollari e comprano bond, ma anche loro sconsigliano le azioni.
E' come guardare una partita di tennis, ogni nuovo dato manda la pallina nel campo dell'uno o dell'altro a seconda del tipo di segnale che dà.
La cosa buffa è che , nonostante ormai si parli apertamente anche di stagflazione (io iniziai a farlo in assoluta solitudine oltre un anno fa), in fondo ci si rifiuta di prendere in considerazione quello che è lo scenario più probabile, appunto quello stagflattivo, e solo perchè la Fed lo esclude a priori. D'altro canto non si può negare vi sia una curva invertita dei rendimenti, che quasi sempre nel passato ha anticipato la recessione; ma la Fed dice che questa volta è diverso: è il famoso "enigma" su cui fiumi d'inchiostro sono stati versati.
Allo stesso tempo non si può negare che l'inflazione stia accelerando vistosamente, quale che sia la misura che si usa. La fed afferma che il 2%dell'indice al netto di petrolio ed alimentari non va superato. Ebbene è stato superato alla grande, siamo al 3%. La Fed adesso cambia le carte in tavola e dice che il 2% si riferisce all'inflazione futura, e loro prevedono che -data la recessione prossima ventura- lì si tornerà.
Al contempo però afferma che se si dovesse sbagliare sarà pronta a intervenire, per cui i mercati restano nell'incertezza e sempre più continuano a dipendere dai singoli dati.
Sta di fatto che per ora segni di recessione non se ne vedono, e soprattutto il credito al consumo si è raddoppiato tra maggio e giugno arrivando (dato di lunedì) a superare quota 10 miliardi, livello che non si vedeva dal 2004. Negli ultimi 3 mesi i prestiti al consumo sono aumentati di 26,5 miliardi: gli americani continuano a indebitarsi e a spendere allegramente, del resto così sollecitati dal complesso bancar-finanziario.
Molti fanno il parallelo con la situazione del 2000 quando la fed ancora alzava i tassi, e nel giro di pochi mesi l'economia invece precipitò in recessione(poi amplificata dall' 11/9). MA nel 2000 i tassi erano al 6,5% con un inflazione "core" all'1,5% ; lo stesso differenziale implicherebbe oggi tassi al 7%. Nel 2000 le commodities erano in calo, i differenziali creditizi erano ampi, il dollaro era forte e la la crescita della velocità monetaria era negativa. Oggi le commodities sono ai massimi, il dollaro è ai minimi, i differenziali creditizi sono bassi e la velocità della moneta sta crescendo più del normale. Paragonare la situazione del 2000 con quella attuale è dunque un clamoroso errore, anche senza tenere conto della massa di debito estero ed interno che nel frattempo si è più che quadruplicata.
L'unico argomento a favore del partito della recessione, resta lo scoppio della bolla immobiliare.
Se i prezzi delle case iniziano a scendere, con i tassi aumentati, la massa che si è indebitata ( in gran parte a tassi variabili, così consigliati a suo tempo proprio da Greenspan!) certamente si troverà in forti difficioltà , e con i prezzi della benzina ai massimi, dovrà prima o poi tirare la cinghia.
Su questo non ci sono dubbi, personalmente è da oltre un anno e mezzo che lo scrivo; il problema è che non si vedono segni imminenti di resa dei conti, anche se la grande scommessa è proprio questa: quando arriverà lo scoppio? per ora i differenziali indicano che continua una forte domanda per titoli ipotecari, e le banche restano felici di finanziare l'immobiliare. Soprattutto, con l'espansione enorme di Fannie e Freddie, gran parte della finanza ipotecaria americana è stata in pratica nazionalizzata; e con comportamenti come quello della Fed (che appunto al primo stormir di fronde si ferma sui tassi d'interesse nonostante siano nulli in termini reali), il sistema si sente protetto e può andare ancora avanti per qualche tempo, sorprendendo.
Ecco perchè - restando sul piano dell'analisi superficiale, cioè quella che parte dal principo che la Fed sia in buona fede -continuo a restare convinto che il film che vedremo sarà di questo tipo:
la recessione tarda a venire, mentre l'inflazione prosegue al rialzo, ergo la Fed deve riprendere ad alzare i tassi, e solo quando li porterà al 2-3% in termini reali, stringendo anche i cordoni del credito, solo allora avremo l'implosione.

Analisi in profondità (la Fed killer per conto della Cupola)
La fed vuole creare inflazione, e la mossa di questa settimana è perfetta in questo senso: i tassi dovrebbero essere già oggi al 7% ed invece li ferma al 5,25% lasciando solo intravedere un eventuale ulteriore rialzino futuro se proprio sarà costretta dalle evidenze statistiche. Peccato che le evidenze ci siano già oggi. Adesso la Fed sostiene che il tasso di inflazione è un indicatore ritardato. Non è vero. Vi è anzi così tanta inflazione futura nella pipeline, che i suoi effetti si vedranno per anni e anni. Ma la fed vuole impedire che questa amara realtà venga compresa dai più, proprio perchè sa che l'inflazione è l'unico modo per attenuare la bancarotta degli USA: la quantità di debito verso gli stranieri è così elevata che il ripagamento della stessa è letteralmente impossibile, ed il solo far fronte agli interessi sul debito presto diverrà insostenibile. Dunque svuotare il debito tramite l'inflazione è l'unica via d'uscita rimasta (e tra l'altro serve ad arricchire i suoi padroni, ai danni del popolino che non riesce a percepire l'inflazione come una tassazione occulta e perversa). Perciò, dopo aver creato la bolla immobiliare, adesso la prende come scusa per prevedere una recessione, e continuare a inflazionare il sistema.
Ecco perchè- sul piano dell'analisi in profondità- sono convinto che la Fed continuerà ad ignorare l'evidenza inflazionistica, anche se ogni tanto "farà finta" e farà magari qualche altro rialzino dei tassi, ma senza mordere.
La domanda da 64 trilioni a questo punto è solo una:
quando i mercati capiranno il bluff?
difficile da prevedere, ma è certo che quando lo capiranno, avremo una grande tempesta finanziaria ed economica.

MATERIE PRIME : Tra attentati e riserve
Sul mercato energetico, dopo un iniziale impennata dovuta a un netto calo delle riserve americane, ha tenuto banco soprattutto lo spettacolare tentativo di attentato sui cieli inglesi; ciò ha portato ad una caduta delle quotazioni per timore di minori consumi di carburante aereo, il che si è sposato per il momento con il gran parlare di recessione prossima ventura (e che dunque farebbe scendere i consumi di energia). Da un impennata del gas naturale arrivato fino a 8 e del crudo a 79 si è ridiscesi a 7,4 e a 76 dove si conclude (entrambi scad. ottobre).
Nel settore dei metalli vi è stato un profilo analogo, espressosi ad esempio sull'oro con puntata a 666 e successiva violenta caduta a 636 amplificata anche dal recupero del dollaro.Si conclude con il rame (settembre) a 347; l'oro(dicembre) a 644 l'argento(settembre) a 11,9 il platino(ottobre) a 1254 e il palladio(settembre) a 322.
L'indice generale CRB(settembre) a 345(-2%).
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

CAMBI: dollaro in recupero
Pare che vi siano stati interventi delle banche centrali per impedire al dollaro di andare a carte quarantotto sulla decisione della fed. Dopo averlo bloccato in quella fase, i dati successivi hanno aiutato rilanciando attese di futuro rialzo dei tassi, ed il gioco è stato facile.
L'eurodollaro scad. settembre ha fatto il massimo dopo la fed a 1,294; dopodichè è stato bloccato tra 1,28-1,29 per poi nel finale di venerdì dopo i dati sulle vendite al dettaglio crollare a 1,275. Probabile quindi che continui a restare nel range in essere degli ultimi tre mesi(1,25-1,30), e adesso se i dati spingeranno ancora verso il rialzo dei tassi fed a settembre, potremmo rivedere la parte bassa del range.
Lo yen ha mollato ancor di più nel finale, perchè la riunione della BOJ si è conclusa con un nulla di fatto e gli ultimi dati sul PIL hanno deluso.
Conclude sul dollaro ben sopra 116, e con l'euro è tornato a 148 cioè sui minimi pluriennali.
L'indice generale del dollaro a 85,4(settembre)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso contro tutti
Posizione di medio termine: dollaro laterale
Posizione asset: nulla

OBBLIGAZIONI: risalgono i rendimenti
Il future sul tasso a tre mesi scad.dicembre è salito di 6 cts. al 5,49% negli USA , e come saldo settimanale, il 2 anni sale di 6 cts. al 4,97%
il quinquennale di 8 cts. al 4,91 il decennale di 7 cts. al 4,97 il trentennale di 10 al 5,10.
In Europa il Bund decennale sale al 3,98% mentre in Giappone il decennale scende al 1,83% ed il tasso sul debito dei paesi emergenti è sceso di circa 8 cts mediamente.
La reazione del bond alla pausa della Fed ha reso giustizia alla mia posizione. Ai primi dati indicanti forza economica ed inflazione, nonostante quello che va dicendo il re dei bond, sono stati venduti e adesso scontano circa il 50% di probabilità di un rialzo a settembre. Anche se la fed dovesse mantenere i tassi ufficiali fermi , se le evidenze statistiche andranno in senso contrario, è probabile che i rendimenti continuino a salire, magari fino ad annullare l'inversione della curva (5,20-5,25% potrebbe essere un obiettivo di breve per la posizione in asset, cioè 104 circa con l'1,5% circa di rendimento di guadagno).
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: venduto bond decennale

BORSE: Wally scende
Nonostante la pausa sui tassi e qualche risultato aziendale favorevole Wally conclude in calo; dopo la fed - come da programma- sono rientrato in vendita di nasdaq100 a 1500.
Il Nasdaq100 scad.settembre, dopo un minimo a 1480 era risalito fino a 1525 grazie alle comunicazioni considerate positive di Cisco, ma è poi velocemente tornato a scendere concludendo a 1496 (-1,1% rispetto a sette giorni prima).
Il Dow a 11088(-1,4%) lo sp500 a 1266(-1%) il nasdaq a 2057(-1,3%).Tra i settori, crollano le linee aree per l'effetto Londra e dunque i trasporti (-5,4%) il Russell (-3,2%) i semiconduttori(-1,4%) le biotech (-3,7%) i broker/dealer(-3,8%) le banche(+2,4%).E se anche il finanziario inizia a mollare.....
Tokyo invece si difende e sale a 15565 di nikkey, mentre in Europa si scende di circa 2% con il dax tedesco a 5628 il footsie inglese a 5820, il cac francese a 4985 e l'Italietta senza la benchè minima speranza, che per salvare quattro politici corrotti ha varato l'INSULTO: l'SPmib a 36644 ed il Mibtel a 28000.
Posizione di lungo termine: al ribasso generale
Posizione di medio termine: al ribasso generale
Posizione asset: venduto nasdaq100

PREVISIONI: Tocca all'inflazione
Arrivano i dati sull'inflazione americana di luglio: martedì i prezzi alla produzione e mercoledì soprattutto quelli al consumo. La fed ha in qualche modo messo le mani avanti dicendo che il passato non conta, però dubito fortemente che i mercati restino indifferenti se si osserva un rialzo : l'inflazione globale è attesa al 4,2% mentre quella "core" al 2,8% e già la conferma di questi livelli continuerà a lasciare tutti i discorsi aperti; solo un calo potrebbe provocare una festa (bond-borse al rialzo). Staremo a vedere. Sul fronte del dollaro conteranno anche i flussi di capitale(martedì), e su quello della crescita arrivano mercoledì i nuovi cantieri e la produzione industriale. Mercoledì alle 14,30 sarà un momento cruciale con la contemporanea uscita dei dati su inflazione ed edilizia: qualora andassero entrambi nella stessa direzione è molto probabile una forte escursione delle quotazioni su tutti i mercati. La volatilità è comunque garantita, perchè potrebbe avvenire anche che l'edilizia sorprende al rialzo compensando un eventuale stazionarietà dell'inflazione, oppure al contrario un rialzo di quest'ultima potrebbe essere contrastato da un calo dell'edilizia. Io mi aspetto ovviamente inflazione al rialzo ed edilizia migliore del previsto e dunque una netta caduta di borsa e bond, ma anche in caso contrario non credo che la reazione avversa al mio posizionamento possa durare ed andare molto lontano: una rondine non fa primavera.
Giovedì sarà il turno dell'inflazione europea e della sua produzione industriale mentre dagli USA arriva il Philly Fed di agosto e parla Fisher della Fed.Venerdì si conclude con l'indice del michigan di agosto.

ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
venduto un bond decennale scad. settembre a 105,9 chiude a 106,03(minus 130$);
venduto un mini-nasdaq scad. settembre a 1500 chiude a 1495,5
(plus 90$)
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, dopo aver pagato le commissioni, è a +5650 euro (con 19 operazioni effettuate su eurodollaro+ 2 sul nasdaq+1 su gas naturale+1 su eurosvizzero+2 su oro+1 su argento+1 su bond+1 su euroyen); il rendimento complessivo, tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato, è pari al +6,8% ed equivalente al +10,9% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 3,5% ed il 96,5% è in conto corrente al 3% lordo (tasso iwbank).

8/05/2006

La nota sui mercati 5.8

La settimana 31 luglio-4 agosto 2006

ECONOMIA: la partita sui tassi
La BCE ha fatto un altro passetto sui tassi, portandoli al 3%.
Troppo poco e troppo tardi, comunque meglio di niente. In termini reali, cioè al netto dell'inflazione ufficiale che è al 2,5% siamo sempre ad un misero mezzo punto; ed infatti Trichet nella conferenza stampa ha fatto capire che si procederà ancora. Non si capisce perchè non si sia proceduto a rialzi di almeno mezzo punto alla volta che adesso significherebbe avere un tasso ufficiale al 4%, cioè in linea con la crescita dei PIL nominali europei, e dunque appena neutrali e ben inferiori a quelli inglesi ad esempio che proprio questa settimana sono stati portati al 4,75% (Australia al 6%), SE non si tiene in mente quello che scrivo da tempo: fanno finta, in realtà perseguono una politica inflazionistica per togliere risorse ai risparmiatori e trasferirle ai debitori(in primis governi e multinanzionali). Non a caso i mass-media (di proprietà dei grandi debitori) si sono affrettati a mettere in evidenza il maggior costo sui mutui a tasso variabile, facendo passare il rialzo dei tassi come un impoverimento delle famiglie. Niente di più falso. Le famiglie, come aggregato macroeconomico, sono ampiamente creditrici nette: la quantità di mutui a tasso variabili e di prestiti al consumo sono di gran lunga inferiori ai depositi bancari e ai titoli di Stato in loro possesso, per cui ogni rialzo dei tassi ha per le famiglie effetti ben positivi. Ma appunto questa disinformazione, fa parte della partita sopra descritta.

Sul fronte americano, la settimana ha visto evolvere le attese dei mercati sul prossimo meeting della Fed verso la convinzione che la Banca cemtrale USA si fermerà sui tassi. In realtà i primi dati relativi a luglio non vanno in questa direzione, a ben guardare: il settore manifatturiero ha sorpreso al rialzo, quello dei servizi resta in espansione con prezzi pagati in crescita, la spesa per costruzioni è salita; ed il dato più atteso - sul mercato del lavoro - ha mostrato una crescita lievemente inferiore alle attese ma sempre superiore alle cento mila unità, ed un trend crescente dei salari orari che viaggiano ormai al 5% annuo. L'interpretazione ufficiale è che quest'ultimo aspetto (pericoloso per l'inflazione da costi) non è grave perchè la produttività continua a crescere (cosa in realtà tutta da verificare); ed invece l'incremento costante di oltre centomila unità al mese di nuove buste paga non è sufficiente a sostenere la crescita, dunque attesa decelerare e con ciò -automaticamente, secondo la credenza di bernanke- contenere l'inflazione futura.

Le reazioni sui vari mercati sono state sostanzialmente improntate a questo modo di ragionare, e la manifestazione più irrazionale si è avuta nel comparto obbligazionario che ha visto i rendimenti sul decennale bucare quota 5% arrivando fino al 4,9%. Poichè i tassi a 3 mesi rendono il 5,5% adesso la curva si è invertita in modo signifcativo e manda il suo messaggio inequivocabile: chi compra decennali al 4,9 (e trentennali al 5%) ritiene che non solo la Fed si fermi sugli attuali livelli del 5,25% bensì anche che nel prossimo futuro li abbasserà tanto da rendere nell'arco dei dieci anni più conveniente investire al 4,9% già oggi quando è invece possibile spuntare oltre mezzo punto in più sulle scadenze brevi.
Inutile dire che questo significa non soltanto prevedere una recessione prossima venutura, bensì anche un calo corposo dell'inflazione.
Per me si tratta di una cantonata, destinata a rientrare, per cui mantengo la posizione in vendita del decennale; ma -avendo coscienza di quanto è drogato il mondo obbligazionario- rispetterò senza esitazioni la stop-loss prestabilita.
Meno irrazionale il comportamento di Wall Street dove gli indici azionari hanno cercato di salire festeggiando la fine del ciclo di rialzo dei tassi, di cui sono tutti arci convinti, ma non ce l'hanno fatta perchè come ho più volte ricordato se anche fosse vera l'idea dei bond, e cioè di una recessione prossima ventura, questo significa utili aziendali in calo nel prossimo futuro.
Perfettamente logico invece il comportamento del dollaro che è stato venduto soprattutto contro sterlina ed euro, riflettendo le divergenti attese sui tassi d'interesse; ed altrettanto logico quello dei metalli al rialzo, perchè sentono odore di tassi reali nulli.

Indipendentemente dalle eventuali complicazioni geopolitiche di cui nel recente Specialino sulla Guerra, la mia idea è che durante agosto-settembre i dati macro americani sorprenderanno al rialzo e soprattutto l'inflazione continuerà la sua implacabile ascesa, e ciò perchè il credito continua a essere sovrabbondante.
Pertanto prima o poi si riformeranno attese di rialzo dei tassi USA e le conseguenti reazioni sui mercati (borse e bond al ribasso soprattutto) saranno più intense , perchè i fatti smentiranno Bernanke, e la fiducia nella Fed risulterà sempre minore.

MATERIE PRIME : Tra Chris e Libano
Sul mercato energetico, ha tenuto banco soprattutto l'evoluzione di Chris partito come uragano minaccioso per la zona caraibica e dunque petrolifera; ciò ha portato ad un impennata del gas naturale arrivato fino a 8,3 e del crudo a 76; poi Chris ha perso forza ed è stato classificato semplice depressione, così il gas è ridisceso a 7,3 dove conclude e il crudo è ridisceso sotto 75 (entrambi scad. settembre).
Naturalmente sullo sfondo resta sempre la guerra in corso, anche se al momento il mercato pare non vi faccia gran caso; solo un coinvolgimento dell'Iran e/o eventuali attentati agli oledotti la riporteranno in cima ai pensieri di tutti. Il Petrolio infatti dopo l'iniziale shock che lo portò a sfiorare quota 80 a inizio luglio ha poi subìto un corposo ripegamento tornando fino a 72, ed adesso oscilla a metà strada. Il trend resta rialzista, e nelle fasi di ripiegamento conviene sempre comprarlo, cosa che mi appresto a fare fin dalla prossima settimana.
Nel settore dei metalli vi è stato un profilo analogo, espressosi ad esempio sull'oro con puntata a 680 allo scoppio della guerra, successiva violenta caduta a 616 e nuova fase rialzista adesso in corso favorita dalla poltica inflazionistica annunciata da Bernanke e conseguente svalutazione del dollaro; si conclude con il rame (settembre) a 363; l'oro(dicembre) a 656 l'argento(settembre) a 12,5 il platino(ottobre) a 1256 e il palladio(settembre) a 327.
L'indice generale CRB(settembre) a 351.
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

CAMBI: dollaro ai minimi
L'eurodollaro scad. settembre ha avuto il vento in poppa grazie alla dinamica delle attese sui relativi tassi d'interesse (a proposito, la Banca d'Italia- meglio tardi che mai- ha annunciato una riduzione delle riserve in dollari dall'84 al 63% a favore della sterlina inglese, che è stata la star della settimana anche grazie all'inatteso aumento dei suoi tassi)per tutta la settimana facendo il primo massimo già lunedì a 1,283, alternato da lievi storni, cui sono seguiti un altro massimo giovedì dopo la BCE a 1,287 e poi quello finale di venerdì dopo i dati sull'occupazione a 1,294 (conclude a 1,291). Finora comunque è restato nel range in essere degli ultimi tre mesi(1,25-1,30) e che durante luglio è stato percorso due volte prima al rialzo e poi al ribasso ed ora infine nuovamente al rialzo. Per la prossima settimana si profila , dopo la decisione Fed, la possibilità di un test sui massimi dell'anno sopra 1,30 (casi 2)-3) delle Previsioni), che proietterebbe in una nuova fascia (1,34-1,29).Ma data la mia idea sui dati di agosto-settembre, anche se resto profondamente ribassista sul dollaro a lungo termine, non penso la manterrà a lungo.
Lo yen pur avendo guadagnato come tutti sul dollaro scendendo sotto 115, è restato più debole delle altre valute, e con l'euro è tornato oltre quota 147 a seguito delle dichiarazioni nipponiche tese a smorzare aspettative di nuovi rialzi dei tassi a breve (a differenza della BCE). Ciò nonostante, si avvicina il periodo di chiusura dell'anno fiscale (settembre) quando in genere avvengono rimpatri di capitali, ed inoltre resta sempre probabile una rivalutazione dello yaun cinese.
L'indice generale del dollaro a 84,4(settembre)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso contro tutti
Posizione di medio termine: dollaro laterale
Posizione asset: nulla

OBBLIGAZIONI: crollano i rendimenti
Il future sul tasso a tre mesi scad.dicembre è sceso di 2 cts. al 5,43% negli USA , e come saldo settimanale, il 2 anni scende di 7 cts. al 4,91%
il quinquennale di 8 cts. al 4,83 il decennale di 9 cts. al 4,90 come il trentennale al 5.
In Europa il Bund decennale resta invece al 3,90% mentre in Giappone il decennale scende al 1,87% ed il tasso sul debito dei paesi emergenti è sceso di circa 10 cts mediamente.
Dal punto di vista tecnico il prezzo del bond decennale è proiettato a salire ulteriormente; solo il sorpasso però di quota 107,20 mi obbligherebbe a stoppare con l'1% circa di rendimento di perdita.
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: venduto decennale

BORSE: Wally ferma
Nonostante tutta la volatilità e il clima ottimistico Wally conclude la settimana poco variata.
Il Nasdaq100 scad.settembre, che avevo lasciato a fine giugno in area 1600, dopo la caduta della prima metà di luglio fino a 1460 ha recuperato fino a 1536 toccati proprio venerdì dopo i dati sul lavoro, concludendo però a 1516 che equivale a -0,4% rispetto a sette giorni prima.
Il Dow a 11240(+0,2%) lo sp500 a 1279(+0,1%) il nasdaq a 2085(-0,3%).Tra i settori, trasporti (-0,8%) le utilities(+0,1%) il Russell (+0,2%) i semiconduttori(-0,3%) le telecomunicazioni (-2,5%)
i broker/dealer(+2,2%) le banche(+0,9%).Il finanziario continua dunque a sovraperformare(vedasi quanto scrivevo nella Nota post-ferie).
Tokyo invece incassa l'1% e sale a 15500 di nikkey, ed anche in Europa si sale di circa l'1% con il dax tedesco a 5723 il footsie inglese a 5890, il cac francese a 5040 e l'Italietta senza la benchè minima speranza, che per salvare quattro politici corrotti ha varato l'INSULTO: l'SPmib a 36900 ed il Mibtel a 28258.
Posizione di lungo termine: al ribasso generale
Posizione di medio termine: al ribasso generale
Posizione asset: nulla

PREVISIONI: Tocca alla Fed
Adesso la Fed ha tre possibilità nella sua decisione delle 20,15 di martedì prossimo, in cui comunque sosterrà quanto già anticipato da Bernanke : i rischi su crescita ed inflazione sono bilanciati ed equivalenti.
1) Aumenta ancora una volta i tassi al 5,5%, dicendo però che ritiene concluso il ciclo di rialzo(anche se dovrà tenere conto dei prossimi dati, numerosi prima del 22 settembre data del prossimo meeting). In questo caso vi sarà una delusione momentanea dei mercati che hanno scommesso sullo stop immediato ai tassi, ma poi tenderanno a resistere scommettendo che la Fed abbia ragione, e che dunque questo è l'ultimo rialzo; naturalmente ciò significa che tutto dipenderà dai dati futuri.
2)Si ferma , lasciando il tasso al 5,25%, dicendo anche che ritiene concluso il ciclo di rialzo, a meno di sorprese sui dati futuri. In questo caso vi sarà un festeggiamento sui mercati, ma non credo che andrà molto in là: in parte perchè è già scontato, ed in parte perchè ci si renderà conto che la Fed si sta giocando la faccia e se poi verrà smentita, saranno dolori.
3)Si ferma, ma dice che potrebbe essere una pausa momentanea e che molto dipenderà dai dati futuri. In questo caso le reazioni potrebbero essere ancor più limitate, perchè l'incertezza resterebbe sovrana.

Naturalmente esiste una quarta possibilità, e cioè che alzi i tassi continuando a dire come in passato che ulteriori rialzi possono essere necessari, ma è da escludere non tanto perchè si tratterebbe di una clamorosa ennesima smentita a Bernanke (è già successo), quanto perchè la Fed sa bene che ciò provocherebbe un crollo delle azioni, un impennata dei rendimenti e del dollaro.
Sia come sia, dunque, la vera partita nei prossimi due mesi si giocherà sui dati; come la penso l'ho già spiegato all'inizio, e dunque mentre resterò comunque in vendita di decennale, mi appresto anche a vendere la Borsa, nei casi 2) e 3).
La settimana quindi verterà sulla decisione fed, ed in agenda vi sono molti dati nipponici, e pochi americani ma importanti: martedì la produttività e il costo del lavoro, giovedì il deficit commerciale di giugno, e venerdì le vendite al dettaglio di luglio.

ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
venduto un bond decennale scad. settembre a 105,9 chiude a 106,6(minus 700$);
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, dopo aver pagato le commissioni, è a +5650 euro (con 19 operazioni effettuate su eurodollaro+ 2 sul nasdaq+1 su gas naturale+1 su eurosvizzero+2 su oro+1 su argento+1 su bond+1 su euroyen); il rendimento complessivo, tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato, è pari al +6,15% ed equivalente al +10,5% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 0,5% ed il 99,5% è in conto corrente al 3% lordo (tasso iwbank).

8/03/2006

Specialino sulla Cina

Specialino sulla Cina

La crescita della Cina continua a dispetto delle (timide) manovre restrittive intraprese dai suoi dirigenti. Anche qui però occorre fare attenzione: il tanto pubblicizzato tasso di crescita "reale", dell'11,3% nel secondo trimestre (un punto in pù rispetto al primo), è reale solo nella misura in cui si crede al deflatore dei prezzi con cui viene calcolato. Ci vogliono far credere che l'incremento dei prezzi del PIL è rallentato nel secondo trimestre al 2,9% annuo dal 3,5% precedente, anche se ogni altro indicatore dei prezzi mostra un chiaro trend al rialzo. Non me la bevo, piuttosto penso che ormai gli americani hanno fatto scuola, pure lì.
Se ci si riferisce al PIL nominale , la crescita pur in aumento negli ultimi nove mesi, è più modesta di quanto suggerito dai numeri"reali"(cioè corretti per l'inflazione ufficiale). Ad esempio la crescita nella produzione elettrica, mediamente sta procedendo allo stesso livello del 2005; la crescita delle importazioni, addirittura sta decelerando.
Pur restando a livelli elevati, sia il PIL nominale che gli investimenti fissi restano sotto i picchi registrati nel biennio 2003-04. Il vero trend della crescita sarà difficile da leggere nei numeri ufficiali, anche perchè vi è stato un cambiamento al vertice dell' Istat cinese. Il vecchio capo, è stato sostituito e il suo successore pare più propenso ad adottare metodi all'americana.
Ma una possibile spiegazione è anche che se il regime cinese vuole mostrare la sua capacità di frenare l'economia, adesso ha interesse a gonfiare i numeri del primo semestre per poi avere un raffronto comodo.
Comunque punto più o punto meno, resta il fatto che l'economia cinese continua a galoppare ed è probabile che continui così fin quando non scoppierà la bolla USA. Gli investimenti sono pompati dai funzionari ansiosi di fare buona impressione prima della prossima tornata di promozioni prevista per metà 2007, e restano troppo elevati ed eccedenti.
Se prevede un rallentamento corposo e strutturale nel 2007, è possibile che il governo non voglia stringere troppo quest'anno: in tal caso non vi saranno altri rialzi dei tassi o interventi sulle riserve bancarie (l'ultimo a luglio). I prestiti bancari effettivamente paiono già in decelerazione e se ciò fosse confermato anche ad agosto e settembre, il governo potrebbe fermarsi, lasciando spazio magari solo a un altra mini-rivalutazione dello yaun per far contenta la comunità internazionale.
Però i prezzi raccontano un altra storia (a parte l'indice del PIl) e cioè che l'economia sta generando inflazione, e quest'ultima è molto probabile continui ad aumentare anche in Cina, come nel resto del mondo. E se scapperà di mano, allora potrebbe provocare in seguito ulteriori rialzi dei tassi d'interesse, indipendentemente da ciò che succede negli USA.

In conclusione, è difficile già capire la realtà dalle statistiche dei paesi occidentali, figuriamoci da quelle cinesi; ma una cosa è certa: con la situazione attuale , un petrolio sopra i 100 dollari infliggerà una ferita profonda al gigante giallo, e sarà molto interessante vedere la sua reazione geopolitica.

8/02/2006

Specialino sulla Guerra

Specialino sulla Guerra

Si va verso il conflitto globale in Medioriente.
Iran (con Siria Palestinesi resistenza irachena,etc.) contro USA
(con Israele). E' un conflitto pianificato da tempo, non a caso ne
parlo dal 2002(cioè da prima dell'invasione americana in
Iraq).Naturalmente non era chiaro come ci si sarebbe arrivati
materialmente. La scusa di Al Quaeda prima e quella del nucleare
iraniano poi (analoga a quella usata con Saddam Hussein), non sono
parse sufficienti, a fronte di un opinione pubblica occidentale
sfiancata dalla strage quotidiana in Iraq(50 morti al giorno,
tuttora, oltre 30mila morti dall'inizio);ed a fronte di un esercito
americano indebolito.
Ecco dunque il coinvolgimento di Israele che dispone della lobby più
potente negli USA: quella che letteralmente decide cosa devono fare
i Presidenti americani, democratici o repubblicani non importa, nei
campi che contano (estero,economia,finanza,ambiente, etc.).
Lo scopo del conflitto è quello richiamato nello Speciale Memoria e
Identità: un implosione del sistema, da ottenersi portando il
petrolio ben oltre i 100 dollari, in grado di danneggiare i
creditori in dollari (in primis gli asiatici) e di migliorare la
posizione relativa degli USA ormai alla bancarotta(ci tornerò in
apposito Speciale).Gli ebrei che comandano il mondo (oggi sempre di
più a seguito del portentoso processo di concentrazione industriale
in atto), hanno deciso che gli USA restano la loro portaerei
preferita, e non vogliono cambiare nave anche adesso che sta
affondando sommersa dai debiti. Da qui la necessità di salvare la
barca, innescando appunto il sopramenzionato conflitto.

Questa interpretazione collima con i fatti che conosciamo.
Proprio quando sembrava che la questione israelo-palestinese si
avviasse pur faticosamente verso un miglioramento(ritiro unilaterale
dai territori occupati, elezione di Hamas in Palestina), ecco invece
che di fronte ad un analogo processo nei confronti dell'Iran, lo si
è ritrovato come il cavallo di Troia ideale per far procedere gli
eventi nella direzione desiderata.
A fronte di un banale rapimento di un soldato israeliano, si è
scatenata una guerra convenzionale di proporzioni tali da
coinvolgere nel prossimo futuro tutta l'area mediorientale, perchè
attizza i sentimenti di odio già elevati.
L'interpretazione ufficiale è che sia stata l'Iran (tramite gli
hezbollah ) a provocarla. La mia è opposta, come si sarà capito.
Quella ufficiale serve per preparare l'opinione pubblica al prossimo
passo che sarà appunto l'attacco all'Iran, e conseguente esplosione
del petrolio, necessario per quanto sopra illustrato, e che verrà
comodo anche ai russi e agli altri produttori di energia; solo i
cinesi hanno tutto da perdere, ed infatti loro sono l'obiettivo
strategico di lungo termine di tutta la manovra, che potrebbe non a
caso sfociare alla fine nella tanto attesa terza guerra mondiale
contro la Cina.

I mercati finora hanno reagito in modo molto misurato: lieve rialzo
del petrolio e dell'oro, lieve calo dei rendimenti e delle borse;
movimenti finora mostratisi pronti a rientrare al primo stormir di
fronde circa un cessate il fuoco.
In parole povere, neanche lontanamente sospettano quello che è in
pista.
Ma qualcuno sa: e compra oro-petrolio ad ogni ribasso, vende azioni
ad ogni rialzo. E questo comportamento guarda caso è quello idoneo
anche indipendentemente dallo scenario bellico, per la situazione
macroeconomica ben nota.
Pronti per l'asset.