5/29/2012

Abolire le tasse

L’umanità è andata avanti solo quando qualcuno ha immaginato ciò che fino ad allora era inimmaginabile, venendo preso per pazzo dai contemporanei. Dalla scoperta del fuoco, a quella del volo: si possono fare migliaia di esempi, non li farò, dando per scontato tale ovvia verità non necessiti ulteriori illustrazioni. Preferisco invece cimentarmi subito nel tentativo di immaginare un'altra possibilità oggi inimmaginabile, ben sapendo sarò preso per pazzo: Abolire le tasse. Che vuol anche dire abolire le spese dello Stato. E’ concepibile che una comunità possa vivere e prosperare senza tasse, e dunque con una forma di Stato privo di spese? Oppure ridotte ad un minimo indispensabile (magistratura, etc.) che non superi ad esempio il 10% del PIL, da finanziare con lotterie e donazioni su base volontaria? Secondo me non solo è possibile, in linea teorica, ma addirittura auspicabile perché produrrebbe una serie enorme di benefici per la stragrande maggioranza della popolazione, per vari motivi.
1)Le tasse deprimono lo sviluppo. Sono state inventate per mantenere una minoranza a spese della maggioranza. Infatti le tasse esistono fin da quando sono comparse le prime forme di potere gerarchico organizzato (già i Sumeri duemila anni prima di Cristo avevano elaborato un sistema fiscale, così come poi egiziani, greci, romani, etc.). che con la forza si appropriavano delle risorse dei sottoposti, finanziandoci eserciti e polizie con cui rafforzare la propria capacità impositiva, senza neanche bisogno di giustificarle con la fornitura di “pubbliche utilità” come è stato poi fatto nelle civilizzazioni più avanzate, dove questo furto legalizzato è stato parzialmente compensato con quelli che oggi chiamiamo servizi pubblici. Subito dopo la caduta dell’impero romano d’Occidente (tra l’altro determinata proprio dall’eccessiva tassazione) tra il quinto ed il sesto secolo vi sono state zone franche non soggette a poteri altrui, in cui le tasse non si sono pagate, e sono state zone ad alto sviluppo (per l’epoca). Con l’avvento del feudalesimo, fin dall’impero carolingio dell’ottavo secolo d.C. le tasse hanno assunto di nuovo il loro ruolo originario: un pizzo imposto dai potenti che a loro capriccio potevano imporlo con mille scuse e varianti, innanzitutto la “protezione” che il potente assicurava. Esattamente come il pizzo mafioso: anch’esso viene richiesto a fronte del servizio protettivo. Si esercitava a cascata: i duchi pagavano al re, e si facevano pagare dai marchesi e dai conti, i quali a loro volta si rifacevano sui baroni , che infine tassavano i loro abitanti. La concessione del feudo comportava proprio la concessione dell’esercizio impositivo, ed il feudatario poteva farsi le sue leggi. Nel medioevo al sottoposto veniva consentito di mantenere il minimo per la sussistenza tutto il resto veniva sequestrato (tassato), e non a caso furono secoli di stagnazione. La sostanza non è poi cambiata di molto nei secoli successivi,anche se all’allentamento del giogo fiscale è corrisposto sempre un maggior sviluppo economico. I moderni sistemi tributari e fiscali, integrati da quelli monetari (cui spetta tassare tramite inflazione) vigenti in tutto il mondo senza eccezioni, restano forme di rapina mascherata da parte di una oligarchia, solo in parte compensate da servizi pubblici quasi sempre molto più costosi ed inefficienti rispetto a quanto si otterrebbe da fornitori privati sottoposti a concorrenza effettiva sul libero mercato. Questa è la spiegazione dell’ azione depressiva sull’economia. Ergo: abolendo le tasse si starebbe meglio.
2) Abolendo le tasse vengono meno i costi dell’enorme apparato amministrativo esistente al solo scopo di acquisire le tasse e di spenderne il ricavato. In una parola , il 90% dello Stato verrebbe automaticamente meno. E da cosa sarebbe sostituito? Semplicemente , in un sistema economico moderno basato sulla libera concorrenza, ad ogni domanda corrisponderebbe l’offerta, al miglior rapporto prezzo qualità ottenibile (e ve ne sarebbero diversi gradi). Esempio: l’istruzione (ma lo stesso vale per la sanità,opere pubbliche, etc.). Oggi viviamo con la grande menzogna che l’istruzione pubblica è “gratuita”. Falso, perché è ottenuta al prezzo delle tasse necessarie a coprire stipendi e strutture necessari per tale istruzione. Solo che ciò avviene in maniera centralizzata, rigida, inefficiente, sotto tutti i profili del costo e della qualità. In un paese senza tasse, i cittadini ovviamente avrebbero salari, stipendi, rendite, profitti, etc. di gran lunga maggiori, esattamente nella misura in cui non si pagano tasse(ad esempio uno stipendio di 30 mila euro lordi, sarebbe pari a 30 mila euro netti invece degli attuali 20/15, dai quali poi bisogna togliere il peso delle imposte indirette su ogni euro speso per benzina, etc.). Con questa massa di maggior potere d’acquisto, ognuno, e solo quando gli serve effettivamente, potrebbe pagare le rette proposte dalle scuole private in concorrenza tra loro, specie per quanto concerne la qualità degli insegnanti. Meccanismo funzionante ad esempio nel caso delle università americane. E le scuole private (come gli ospedali, etc.) avrebbero la capacità di offrire borse di studio gratuite per quella minoranza priva dei mezzi economici necessari, il cui sostegno può essere anche a carico di quel 10% del PIL(oggi in Italia 160 mld. annui) in ricavi statali derivanti da donazioni e lotterie. (segue)
michele.spallino@email.it