12/30/2006

Ultima Nota 2006

La settimana 26 - 29 dicembre 2006

ECONOMIA: esportata la barbarie
Gli ultimi giorni del 2006 sul fronte macro USA hanno portato dati favorevoli alla teoria dell'atterraggio morbido, con le vendite di case andate meglio del previsto così come la fiducia dei consumatori e perfino l'indice manifatturiero di Chicago. Ciò è servito a far rialzare un pò i rendimenti e a tenere il dollaro in range, mentre l'euro continua la sua galoppata contro tutti, in scia ad un espansione di moneta e credito ben superiore alle previsioni (oltre il 9% il massimo da 17 anni) che promette nuovi rialzi dei tassi a breve.

Ma in questa ultima Nota dell'anno è bene rivedere il film del medesimo.
La Bolla creditizia- anche se ha avuto una puntura di spillo a maggio quando vi fu la percezione , poi rivelatasi errata, di una restrizione monetaria- ha dominato imperterrita ed ha riversato sufficiente liquidità per inflazionare i mercati finanziari, provocando distorsioni in tutta l'economia planetaria.
Direi che il 2006 ha fatto capire anche ai più restii che non è la bolla immobiliare americana a fomentare gli squilibri globali, bensì esattamente il contrario. E' il sistematico eccesso creditizio a coltivare prima le bolle tech-telecom e poi quella immobiliare, insieme alla miriade di altre bolle come quelle della securitization, delle fusioni e aquisizioni , del private equity e degli arbitraggi creditizi, per citare solo le principali. Ve n'è ad esempio una specifica nel mondo dell'arte: quando il "Ragazzo con la pipa" di Picasso fu aggiudicato per 104 milioni di dollari in un asta da Sotheby nel 2004, si parlò di record ineguagliabile. Oggi David Geffen ha venduto in un paio di mesi opere per oltre 500 milioni , tra cui "N.5,1948" di Jackson Pollock per 140 milioni, e non se ne parla neanche ( i prezzi dell'arte negli USA sono stimati in crescita del 27% mediamente durante il 2006 come riferisce Artprice. com).

Il 2006 avrebbe dovuto segnare il punto di svolta nel ciclo creditizio americano: lo scoppio della bolla immobiliare avrebbe dovuto portare a una contrazione degli eccessi creditizi e della liquidità, e alla riduzione dell'iper consumismo; avrebbe cioè dovuto vedere l'inizio del processo di aggiustamento da tempo atteso, con almeno qualche moderazione negli squilibri globali.
Invece, gli eccessi sono proseguiti ed hanno più che compensato la riduzione dello specifico settore del credito ipotecario; anzi, ironicamente, l'ovvia fragilità economica e finanziaria associata alla vulnerabile bolla ipotecaria ha creato una particolare voglia speculativa di posizionarsi per un ribasso dei tassi, e questo orientamento ha lavorato (assieme ad altre dinamiche chiave, soprattutto quella del riciclaggio dei dollari) nel senso di mettre un tetto basso ai rendimenti obbligazionari.
Ciò, nonostante emergessero pressioni inflazionistiche anche nei tradizionali e taroccati indici dei prezzi al consumo, al netto del petrolio; ma i mercati, quest'anno più che mai, hanno sposato la tesi che la globalizzazione sarà per sempre un antidoto all'inflazione.

In realtà, a mio avviso, l'espansione illimitata della finanza globale e il conseguente disordine monetario stanno mettendo le basi per un inflazione epocale, già visibile nei valori mobiliari.
Con i rubinetti della liquidità aperti al massimo, la rivoluzione asiatica finanziaria ed industriale ha accelerato durante il 2006; in particolare, l'investimento nella capacità produttiva ha provocato un boom in Cina ed in India, il che ha mantenuto per ora un freno ai prezzi dei beni manufatti. Ma ha creato effetti inflazionistici acuti sulle materie prime. Non a caso è stato - nonostante il finale ribassista - l'anno dei metalli industriali(variazione dei prezzi in dollari): nickel +150% zinco +127% piombo +57% argento +45% rame +41% ed alluminio +25%. L'oro ha finito l'anno con un solido +23%. Il petrolio dopo il picco a 80 di metà luglio è sceso, e conclude l'anno in pari, ma chissà cosa sarebbe successo se vi fossetro stati altri uragani o eventi geopolitici. Il caso Amaranth ha dimostrato che esiste anche il rischio di perdere al ribasso (gas naturale) in modo clamoroso, in mercati speculativi e caratterizzati dal disordine monetario.
La storia dell'anno , comunque , è stata quella dei rialzi dei titoli di carta. Da dove comincio il giro del mondo? Parto dall'estremo oriente:
con le loro economie immerse nella liquidità, e con gli immobili già alle stelle, i cinesi si sono buttati sulle azioni: +130%!!! E poi...
Hong Kong + 34% Taiwan +20% Singapore +27% Vietnam +144%(!!!)
Indonesia +55% Malesia +22% Filippine +42%. Solo il Giappone (+7%) il Sud corea (+4%) e la Tailandia per i noti motivi (-6%) hanno fatto poco.
Spostandosi verso occidente si trova l'India (+47%) e un pò più in basso l'Australia (+19%) e la Nuova Zelanda(+ 20%).
Arriviamo così alla vecchia Europa : Inghilterra +10% Italia e Svizzera +16%, Francia +17,5% Germania +22% Spagna +31% . Tra i mercati periferici spiccano il Portogallo, Norvegia e Lussemburgo tutti con +33% l'Irlanda +28% , l'Austria +22%. Fanalini di coda Danimarca e Olanda con +13%. Nell' Europa dell'est altri incrementi da capogiro: Russia +70% Croazia +60% Polonia +41% Bulgaria +48% Ukraina +41%. Unico mercato in calo quello della Turchia(-1,7%) mentre la Grecia ha fatto +20%.
Scendendo in Africa troviamo: Botswana +74% Marocco +56% Namibia +46% Kenya +42% Nigeria+38%.
Unica eccezione mondiale sono stati i mercati mediorientali (che però erano saliti a 3 cifre in precedenza): Arabia saudita -52% Emirati -43% Giordania -32% Qatar -35%.
Attraversando l'Atlantico si ritrovano rialzi clamorosi: Messico +48% Brasile +32% Argentina +35% Cile +37% Venezuela +156%(!!!) Perù +168%(!!!) Costa Rica +77%
Ed infine gli USA: Dow +16% SP500 +14% Russell 2000 +17%
Nasdaq +7%.Tra i sottoindici il migliore è stato quello delle telecomunicazioni con +27% seguito dai broker/dealer con +23%; il peggiore quello dei semiconduttori(-2,4%)

Il boom dell'azionario mondiale ha supportato ed è stato a sua volta supportato dal boom delle fusioni ed acquisizioni, che hanno raggiunto l'incredibile cifra di 4 trilioni di dollari, oltre il 20% in più del record precedente, guarda caso stabilito nel 2000; il private equity ha toccato quota 750 miliardi raddoppiando rispetto al 2005.
Le emissioni obbligazionarie totali sono aumentate del 14% arrivando a quota 7 trilioni...risparmio le specifiche.

La morale della favola è che la più grande economia mondiale, custode della valuta di riserva internazionale, ha raggiunto uno stadio in cui solo una continua enorme crescita del credito e della finanza a leva può mantenere la bolla esistente e un espansione economica.
Tutto questo sta fomentando un crescente disordine monetario globale.
Il dibattito sul soft-hard landing non ha senso(serve solo per fare trading infragiornaliero sui vari mercati). E' vero che immobiliare, automobili e parte del manifatturiero americano sono in recessione, ma i servizi e la finanza che dominano l'economia sono fermamente in preda a dinamiche da bolla.
E dunque il solito amletico dubbio:
Quanto è sostenibile ?
Non c'è dubbio che è durato nel 2006 come nel 2005.
Ma a quale costo?
Il rallentamento nell'immobiliare residenziale USA ha solo spostato risorse maggiori per costruire supermercati, hotel, casino, e simili.
Gli eccessi della liquidità rampante si vedono di nuovo all'opera anche nel vecchio tech-telecom. Piuttosto che iniziare a temere l'inevitabile fase di restrizione creditizia, la moneta ultra facile ha inondato il sistema imbarcandosi nella più grande espansione dei prestiti rischiosi che si sia mai vista.
A quale costo? per ora circa 900 miliardi di deficit dei conti con l'estero che fomentano flussi speculativi senza precedenti inondando letteralmente di liquidità il mondo intero.
A dispetto del differenziale di tassi a suo favore, il dollaro però mostra segni di sofferenza. L'anno si chiude con una dicotomia problematica: da un lato vi sono percezioni ottimiste sulla capacità di tenuta e sulle prospettive dell'economia , per cui non si contano gli ottimisti e le previsioni di ulteriori rialzi nel 2007 dei mercati azionari; dall'altro lato però c'è questa debolezza del dollaro, il quale esibisce i segni di erosione derivantigli da un altro anno di espansione dei suoi debiti improduttivi indotti dalla madre di tutte le Bolle.
PS:
L'anno si chiude anche con un evento simbolico: l'esecuzione di Saddam, con la gran soddisfazione della famigliola Bush che è riuscita dunque ad esportare come aveva promesso la sua democrazia, cioè la barbarie.


MATERIE PRIME : petrolio giù Oro sù
Il petrolio conclude debole e dopo un minimo a 60 chiude a 61 (scadenza febbraio) trainato dal gas naturale che conclude a 6,5 sulla scad.marzo(-5%) dopo essere stato a 6,3.Non c'è dubbio che è in atto un inverno particolarmente mite a causa degli effetti climatici indotti dal surriscaldamento del pianeta, man mano che l'american way of life viene adottato dai nuovi consumatori asiatici.
L'Oro invece si rafforza guadagnando il 3%.
Si conclude con :
l'oro a 638(febbraio) il rame a 287 (marzo) l'argento a 12,9(marzo);
il platino a 1144(aprile) il palladio a 338(marzo).
L'indice generale CRB(marzo) a 307,5
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

CAMBI: finale in range
Eurodollaro 1,32 dollaroyen 119 euroyen 157 eurosvizzero 1,61:
sono questi i cambi spot principali con cui si chiude il 2006, che ha dunque visto gran vincente l'euro e gran perdente lo yen, con il dollaro in calo di 8% come indice medio ponderato generale. Le valute che hanno guadagnato di più rispetto al dollaro sono state quelle dei paesi dell'est(corona slovacca +22% contro il +11% dell'euro).
Eurodollaro scad. marzo nell'ultima settimana è stato in stretto range muovendosi tra 1,325 e 1,315 con i dati USA che hanno favorito il dollaro, mentre le notizie sui disinvestimenti arabi lo hanno depresso; l'euro dal canto suo ha beneficiato della domanda crescente attizzata nel finale dall'esplosione di M3 per cui si conclude a 1,325.
L'indice generale del dollaro a 83,4(marzo)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso
Posizione di medio termine: dollaro laterale
Posizione asset: nulla

OBBLIGAZIONI: rendimenti al rialzo
Ci sono voluti gli ultimi giorni dell'anno per far sbriciolare le recenti certezze circa un imminente calo dei tassi americani, e far dunque rivedere rendimenti un pò meno folli su tutta la curva. Il decennale conclude al 4,7% appena 20 cts. in più di dove si trovava un anno fa.
Negli USA come saldo settimanale il future sul tasso a tre mesi scad.dicembre 2007 sale di 13 cts. al 4,95% , il 2 anni di 9 cts. al 4,81% il quinquennale di 12 al 4,69% il decennale di 8 cts. al 4,7%
il trentennale di 10 al 4,81%.
In Europa anche il Bund decennale sale di 13 cts. al 3,94% ed in Giappone il decennale sale di 2 cts. al 1,68%; il tasso sul debito dei paesi emergenti sale di 2 cts, concludendo un anno record. In particolare sono stati i bond del sud america a registrare gli incrementi mondiali maggiori, anche perchè le esportazioni record di materie prime hanno permesso di ridurre gli indebitamenti (negli ultimi 5 anni si sono raddoppiati mediamente di valore, cioè i rendimenti si sono dimezzati).
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

BORSE: si chiude bene
L'anno si è concluso con le sequenti quotazioni (le variazioni % sono per la settimana) : il Dow a 12463(+1%) lo sp500 a 1418(-0,5%) il nasdaq a 2415(+0,6%), il nasdaq100 a 17754(+0,5%), il Russell2000
(+0,9%).
Tokyo sale a 17225 (+0,7%) di nikkey, in Europa dax tedesco a 6596
(+1,4%) il footsie inglese a 6220(+0,5%), il cac francese a 5541(+2%) mentre nell'Italietta senza la benchè minima speranza, l'SPmib a 41434(+1,4%) ed il Mibtel a 31892(+1,3%).
Finale sensazionale per la Cina +14% seguita da India e Russia +3%.
Dunque ultima settimana all'insegna del rialzo, ma gli indici USA continuano a mostrare segni di formazione di un massimo: ipercomprato, divergenze, nasdaq sottoperformante, vix al rialzo. Con gennaio dovrebbe arrivare una corposa correzione. L'sp500 scad. marzo nell'ultima seduta dopo aver ritoccato i massimi in apertura a 1437 è caduto nel finale concludendo a 1428. Ora si trova a circa 20 punti dalla media a 50 giorni, al cui test già il primo put spread si potrà chiudere in utile; ma il bello verrà poi se questa media viene bucata e si scende sotto quota 1400.
Posizione di lungo termine: al ribasso
Posizione di medio termine: al ribasso
Posizione asset: doppio put spread scad. gennaio sullo sp500

PREVISIONI: parte il 2007
Si ricomincia martedì ed il calendario prevede gli indici manufatturieri di dicembre sia in Europa che negli USA; qui il precedente era sceso sotto quota 50 e questa volta potrebbe rimbalzare: se lo farà in modo convincente avvalorerebbe gli ultimi dati usciti e l'idea che l'economia sta tenendo.Mercoledì sarà il giorno dei verbali Fed del 12 dicembre: il comunicato fu interpretato nel senso di una maggior preoccupazione per la crescita, ma non sarebbe la prima volta che la lettura dei verbali provoca sorprese. Giovedì sarà il il turno degli indici dei servizi sia in Europa che negli USA sempre a dicembre, ma l'attenzione sarà già rivolta al classico appuntamento con il mercato del lavoro USA di venerdì, cui seguirà in serata un discorso di Bernanke.
Il pacco di dati non manca dunque nella prima settimana del 2007 che potrebbe riservare movimenti corposi per le nuove prese di posizione tipiche dell'inizio anno nuovo. Se dati macro e Fed dovessero far venire meno il timore di un rallentamento marcato e dunque cassare l'ipotesi di
calo dei tassi, in linea con la tendenza dell'ultima settimana del 2006, ed anzi far emergere l'ipotesi opposta: bond giù, dollaro sù e borsa giù.

ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
operazioni aperte:
-comprato un put sp500 1385 scad. gennaio a 12 chiude a 3,5 (-425$)
-venduto un put sp500 1365 scad. gennaio a 7,5 chiude a 2 (+275$)
-comprato un put sp500 1430 scad. gennaio a 15 chiude a 14 (-50$)
-venduto un put sp500 1410 scad. gennaio a 8,5 chiude a 7 (+75$)

Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, dopo aver pagato le commissioni, è a +4300 euro ( in totale circa 60 operazioni di cui la metà effettuate su cambi, un quarto su indici azionari e obbligazionari,un quarto su materie prime);

il rendimento complessivo, netto di capital gain, tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato al netto della ritenuta fiscale, è pari al +5,7% per l'anno 2006; come liquidità impegnata, i margini sui futures e i premi su opzioni assorbono 0,5% ed il 99,5% è in conto corrente al 2,54% netto (3,50% tasso iwbank).

Dalla prossima nota ricomincia il conteggio per il 2007, e si riparte da zero e dalle quotazioni qui indicate per le opzioni in essere la cui minus complessiva di 0,1% è stata addebitata al 2006.

12/29/2006

Speciale Previsioni 2007

Speciale Previsioni 2007

Non è per pigrizia, ma quest'anno il mio classico documento di previsioni per l'anno che viene, è un copia incolla di quello dell'anno scorso. Rileggendolo infatti l'ho trovato sottoscrivibile , non saprei che altro dire, resta tutto valido. Ed è interessante confrontare quanto prevedevo dodici mesi fa con quanto si è poi in realtà realizzato.
Mi limiterò pertanto ad aggiungere tra parentesi qualche variante relativa al 2007.

Come diceva Churchill, un economista deve essere in grado di fare delle previsioni e soprattutto deve essere in grado di spiegare perchè non si sono verificate.
Perfettamente in linea con questo assunto, nella conclusione delle previsioni ddel 2005, scrivevo:
"Se tutto questo non avviene, vorrà dire che prevale lo status quo e che si rimanda la sistemazione degli squilibri (essi però nel frattempo si saranno aggravati) al 2006. In tal caso la previsione è facile , avremo una replica nel 2005 del 2004, sia per la crescita mondiale che per l'andamento dei mercati finanziari, punto più punto meno.Io concedo al massimo il 25% di probabilità a questo scenario alternativo, che è poi quello della stragrande maggioranza dei previsori."
Ebbene il 2005 ha centrato quel 25% di probabilità che davo allo scenario della prosecuzione della Grande Bolla Mondiale, ed in effetti l'andamento del 2005 ha replicato grosso modo quello del 2004, con l'importante eccezione dello sganciamento dell'oro dal dollaro.
Per il 2006 , io continuo ad assegnare solo un 25% di probabilità allo scenario della prosecuzione della Grande Bolla (nel qual caso prevedo un andamento dei mercati sostanzialmente in linea con quello del 2005).
Confermo quindi che al 75% ritengo probabile lo scoppio della Grande Bolla (la maggiore della Storia valutabile in circa 15 trilioni di dollari) e dunque la crisi del dollaro, dei mercati azionari ed obbligazionari.
Se rileggo quanto scrissi in Speciale Previsioni 2005 , lo trovo perfettamente attuale, e confermo quelle previsioni nel caso di scoppio della Grande Bolla.

(si è dunque ancora verificato quel 25% di probabilità; vedremo se sarà lo stesso anche nel 2007)

Nel presente documento, descriverò il "pallone" che il 2005 ci consegna in eredità, ed analizzerò gli "spilloni" che possono bucarlo.

Il Pallone
IL 2005 termina con un largo consenso tra i partecipanti al mercato finanziario circa il fatto che si è raggiunto un "equilibrio di nash", una nuova simbiosi tra il deficit estero record e crescente degli USA e coloro i quali lo finanziano. La Cina è considerato il più volenteroso partecipante a questa simbiosi: gli americani comprano i prodotti fatti in Cina e in cambio la Cina compra i titoli del tesoro stampati a Washington.
Superficialmente, questo scambio sembra un grande affare per entrambi: fornisce ai consumatori americani il sussidio in tassi d'interesse necessario per sostenere la loro spesa crescente, ed aiuta la Cina a limitare un apprezzamento dello yaun che altrimenti danneggerebbe le sue esportazioni.
I mercati sono convinti che questa situazione non cambierà, e proseguirà ancora nel 2006, perchè fanno una pericolosa razionalizzazione ex-post degli squilibri globali. Naturalmente vi sono degli sprazzi di verità nella nozione di una nuova simbiosi internazionale: i crescenti flussi commerciali e di capitali che provengono dalla connettività interfrontaliera della globalizzazione, creano un crescente senso di codipendenza nell'economia globale. Il ruolo del dollaro come moneta di riserva aggiunge fiducia alla nozione di un blocco valutario in espansione.
Ma non credo che questa situazione sia desiderabile o sostenibile proprio dal punto di vista degli interessi di entrambi i due principali protagonisti di questa simbiosi, Cina ed USA, che peraltro dal punto di vista geopolitico restano in rotta di collisione verso l'inevitabile scontro militare (ma ci vorranno alcuni anni prima di arrivarci).

I problemi dei cinesi derivano in gran parte dall'eccesso di valuta estera accumulata: solo quest'anno vi è stato un incremento del 50% e il raggiungimento del livello assoluto giapponese, e ciò ha forzato i cinesi a massicci acquisti di assets denominati in dollari, per evitare una rivalutazione troppo rapida della propria moneta. Poichè in Cina manca un mercato interno obbligazionario ben sviluppato, la Cina può solo sterilizzare una piccola porzione di questi acquisti; il resto, cioè la gran parte, rifluisce nel suo sistema finanziario interno, portando ad eccessi di liquidità e alle conseguenti bolle sugli assets. La manifestazione più evidente di queste bolle è quella immobiliare sulla costa, con epicentro a Shangai. Inoltre , poichè il 70% delle riseve in valuta estrera è in dollari, una significativa svalutazione del biglietto verde rappresenterebbe una grande perdita per l'economia cinese. Infine, un altro risultato di questa simbiosi insana è che il crescente squilibrio bilaterale con gli USA aumenta le frizioni commerciali e protezionistiche tra le due nazioni.

Anche dal punto di vista americano vi sono problemi non da poco. Nella misura in cui gli acquisti esteri di assets denominati in dollari rapprensentano l'equivalente funzionale di un sussidio ai tassi d'interesse USA, i mercati beneficiano di un supporto artificiale. Il risultato è una crescita dei valori immobiliari che molti americani adesso percepiscono come una nuova e permanente fonte di guadagno. Il che, a sua volta, ha un profondo impatto nel rimodellare le strategie di risparmio e di consumo. In sintesi: i modelli di consumo basati sul reddito sono stati rimpiazzati da quelli basati sull'aumento di valore dei cespiti patrimoniali. Le ripercussioni di questa trasformazione sono profonde:
non si risparmia più niente dei propri redditi, ed anzi si spende in eccesso (il tasso di risparmio negativo ha un solo precedente storico, nell'anno 1933 quando si era nella Grande depressione). Nel contempo, gli americani possono usare nuovo potere d'acquisto , letteralmente "mangiandosi le case", cioè indebitandosi su di esse. Ed è qui che i debiti entrano nell'equazione: il debito complessivo del settore famiglie è arrivato a superare il 20% del PIL negli ultimi 5 anni, cifra pari a quanto fatto nei precedenti 20 anni; ne consegue che il costo degli interessi su tale debito crescente ha raggiunto il record storico, nonostante i tassi d'interesse tenuti ai minimi fino a pochi mesi fa.
Il risultato è una vulnerabilità dei consumatori americani, senza precedenti, sia sul fronte del risparmio che su quello del debito.

Nonostante la solare evidenza di questa analisi, i sostenitori della simbiosi non si preoccupano. Dopo tutto, sono precisamente gli eccessi - sia quelli della Cina che degli USA - che vengono ribilanciati dalla globalizzazione. Un anno fa, quando vi erano diffuse preoccupazioni su questi squilibri globali, il dollaro non è andato in crisi, anzi nel 2005 si è ripreso: per cui queste preoccupazioni sono scemate. Fin quando il mondo sostituirà con i propri risparmi la carenza di quelli americani, non c'è alcuna ragione per preoccuparsi.
Insomma il consensus si bea in un senso di falsa sicurezza, credendo che gli squilibri resteranno un no-problem per l'economia globale ed i mercati finanziari mondiali.

Io credo che questa opinione molto probabilmente sarà messa a dura prova già nel 2006, anche se - come la Storia delle bolle insegna- non ci si deve sorprendere nel caso in cui resista ancora. Le bolle scoppiano quando meno ce lo si aspetta. Nel 1990 le librerie erano piene di libri sul diverso modello giapponese e proprio allora iniziò lo scoppio della bolla nipponica, i cui effetti devstanti sono durati oltre 10 anni; nel 1996 la Banca Mondiale presentò uno studio sul miracolo delle cinque tigri del
sud est asiatico, le stesse che furono travolte dalla crisi l'anno successivo; nel 2000 era appena emerso il concetto del nuovo paradigma, quando il Nasdaq crollò da 5mila a meno di duemila. La Storia è piena di esempi di coloro che pensavano che le bolle non erano bolle, ma trasformazioni strutturali che sarebbero durate per sempre. L'attuale bolla, che in realtà è la madre di tutte le bolle per le dimensioni senza precedenti e per la sua estensione globale, scoppierà anch'essa quando meno ce lo si aspetta.
E per ora nessuno se lo aspetta. Fin quando l'inflazione resta bassa, le banche centrali non la faranno certo scoppiare; e considerando l'eccesso di capacità produttiva mondiale, particolarmente in Cina, è difficile che l'inflazione dei prezzi dei beni al consumo - senza petrolio ed alimentari- possa impennarsi. Pertanto, lo scoppio potrebbe essere innescato da uno shock, magari dovuto alle fragilità interne delle economie.Quella USA in testa, seguita a stretta distanza dalla Cina.

La previsione più facile è che gli squilibri globali peggioreranno nei prossimi 12 mesi, aumentando le tensioni tra USA e Cina.
(confermo per il 2007)
Nel caso americano, si intensificherà la pressione sul mercato immobiliare, cui tutto il sistema finanziario è pesantemente esposto. C'è chi sostiene che ancora non si è creata una vera e propria bolla. Fatto sta che a fine 2005 le 40 principali aree metropolitane stanno sperimentando un inflazione dei prezzi delle case di oltre il 20% annuo; a livello statale in ben 25 Stati l'inflazione supera il 10%; per cui anche se non ogni singola casa americana è in piena bolla, mi pare evidente che tale definizione sia appropriata. E poichè i consumi degli amerciani dipendono ormai dal valore delle loro case.....
Poi c'è il grande problema del risparmio negativo. In un clima di prezzi energetici alle stelle, è probabile che le famiglie difendano il proprio tenore di vita, indebitandosi ancora di più; inoltre le prospettive per il deficit federale sono al peggioramento. Il risultato è un ulteriore deterioramento del tasso di risparmio netto nazionale, attualmente al minimo storico dell'1,5% del PIL; il che significa che gli USA importeranno sempre di più risparmi dall'estero, ampliando il loro deficit che quest'anno ha già raggiunto quota 7% del PIL.
Questo trend americano metterà sempre più pressione sull'economia cinese, già squilibrata. Maggiore il buco nero del risparmio americano, maggiore la necessità che venga colmato con il risparmio cinese.Il che offrirà supporto alla crescita dell'export cinese, così come agli investimenti derivanti dal settore esportatore, ma così facendo si amplieranno ulteriormente proprio gli stessi due settori che sono già in situazione di eccesso.
Al contempo, vi sono buone ragioni per credere che la maggior parte dei creditori esteri degli USA, siano razionali alla fin fine; ed è dunque probabile che eserciteranno una crescente cautela nel gestire i loro già eccedenti portafogli in assets denominati in dollari. Il che metterà altra pressione sulla Cina affinchè compensi ogni eventuale deflusso dal dollaro, specialmente se vorrà continuare ad evitare la rivalutazione dello yaun.
Nel 2005 (e nel 2006) si è solo sprecata un occasione per iniziare la difficilissima opera di riequilbrio globale; e adesso il 2006 (2007) si trova davanti la stessa esigenza, solo ancora più grande. L'apprezzamento del dollaro ha portato molti a ritenere che i mercati finanziari sono perfettamente capaci di gestire gli squilibri: io credo che questo senso di falsa sicurezza verrà messo a dura prova nel 2006. Il risultato prima o poi sarà una brusca caduta del dollaro, e un aumento dei tassi di interesse reali americani, e questo sviluppo coglierà di sorpresa la maggioranza degli investitori, particolarmente quelli in valori azionari.


Gli spilloni
Gli spilloni che possono bucare il pallone, sono essenzialmente tre:
la caduta dei consumi americani (innescata a sua volta dallo scoppio della bolla immobiliare e/o dall'impennarsi del petrolio sopra i 100 dollari),
il rallentamento cinese, la crisi del dollaro e delle banche centrali.

I consumatori sono stati la spinta fondamentale di un decennio di crescita USA, ed il consensus ora crede che i consumi siano impermeabili agli shock esterni dopo le numerose prove passate. Nel 2006 però tale convinzione verrà sfidata. Poichè è privo di sostegno da parte del reddito da lavoro, il consumatore super indebitato e dipendente dai cespiti patrimoniali, potrebbe infatti venire messo in crisi dalla pressione gemella esercitata dal caro-petrolio e dalla frenata del mercato immobiliare. In effetti il 2005 si chiude già con dei segnali in tal senso: la crescita dei consumi al netto dell'inflazione (pur sottostimata) è stata pressocchè nulla nel quarto trimestre. E ora nel 2006 dovrebbe iniziare a sentire il morso del rialzo dei tassi a breve che impattano i costi pagati per interessi sul debito accumulato, in gran parte a tasso variabile.

Dopo anni di scetticismo, il mondo adesso considera la Cina come una storia di crescita permanente, in grado di andare al ritmo perpetuo del 9%. In realtà, sula base di informazioni attendibili provenienti da esperti della realtà cinese, risulta molto probabile una brusca franata dei prestiti bancari nel 2006, a seguito del passaggio da un sistema centralizzato ad uno più commerciale, voluto proprio per frenare gli eccessi creditizi. Inizia a emergere un sistema più orientato verso la redditività e gli azionisti, e dunque non più facilmente tollerante : ne dovrebbe conseguire un forte rallentamento nella crescita degli investimenti, non più finanziati a manetta; sviluppo del resto auspicato dallo stesso governo timoroso di un eccesso di capacità produttiva che possa un domani portare alla deflazione. Tutto questo avrebbe un impatto notevole sul mercato delle materie prime (come ad esempio nel caso del rame), e potrebbe avere effetti di contenimento anche sul prezzo del petrolio (ma questo è molto più incerto).

Con la fine del ciclo di rialzo dei tassi USA il tema del differenziale dei tassi scemerà di importanza nel guidare i tassi di cambio, e se persisterà giocherà a sfavore del dollaro. Ma soprattutto è probabile che l'attenzione torni a focalizzarsi sul deficit americano, e magari sulla ripresa giapponese. Se quest'ultima accelera, lo yen potrebbe divenire la moneta vincente del 2006; comunque il dollaro dovrebbe riprendere il suo trend svalutativo di lungo periodo, contro tutte le valute. L'effetto spillone però ci sarà qualora a questo sviluppo si accompagni una perdita di credibilità delle banche centrali.La grossa incognita è data dal cambio di guardia alla Fed: Bernanke è stato accolto molto bene a prima vista, ma è indubbio che di fronte a situazioni difficili gli mancherà il supporto della fiducia "cieca" che i mercati avevano in Greenspan. Tra l'altro vi è il precedente storico che ogni nuovo governatore all'inizio si trova investito da una crisi grave (a Greenspan toccò quella del 1987). La credibilità della BCE è inoltre traballante già da tempo, ed io sospetto che tra le troppe voci, tra la sottomissione ai politici, e tra le contraddizioni intrinseche del sistema europeo, non potrà che scendere ancora. Infine in Giappone si parla apertamente di un conflitto con il governo, che potrebbe per via legislativa, ridurre l'indipendenza della BOJ.

Il petrolio è lo spillone più pericoloso,per i suoi intrecci geopolitici e l'anno inizia con la mossa Russa sul gas naturale che non promette nulla di buono; il sorpasso durevole di quota 100 dollari (così come quest'anno è avvenuto con quota 50) impatterebbe direttamente i mercati finanziari, oltre ai consumatori americani. Solo quando prenderà piede uno scenario di rallentamento marcato in Cina e/o negli USA, il petrolio potrebbe anche scendere e dare una mano alla tenuta del quadro complessivo, e questo difficilmente avverrà nella prima parte dell'anno.


Le banche centrali
Nel 2006 vi saranno movimenti ad opera delle banche centrali.
Nel 2005 la Fed ha alzato i tassi dal 2,25% al 4,25%; invece la BCE ha tenuto i tassi ad un livello innaturalmente basso alzandoli dal 2 al 2,25% solo a inizio dicembre. Così facendo, la BCE è divenuta la fornitrice di liquidità eccedente, spingendo la quantità di moneta globale ad un record nei confronti del PIL.Naturalmente l'eccesso di liquidità ha mantenuto i rendimenti ai minimi, così come i premi al rischio, sostenendo le borse azionarie. Queste condizioni finanziarie lassiste hanno sostenuto anche l'economia globale, dal punto di vista congiunturale; ma l'hanno affossata da quello strutturale. Il differenziale nei tassi a breve tra dollaro ed euro è passato da 0,25 al 2%, ed ha consentito al dollaro di rivalutarsi di circa il 15%.
Per il 2006, i cambiamenti di prospettiva delle banche centrali altereranno di nuovo la composizione dell'eccesso di LIQUIDITà GLOBALE. E' probabile che la BCE continui ad alzare i tassi, seguendo con un anno di ritardo la Fed e scimmiottandone il processo di piccoli e continui rialzini. E' anche probabile che la BOJ dichiari terminato il periodo di emergenza deflazionistica: non è chiaro però se la fine del regime di pompaggio monetario, si accompagnerà anche ad un rialzo dei tassi, evento che potrebbe essere rimandato. La FED ha già segnalato con il cambio di comunicato a dicembre l'intenzione di fermarsi nel suo processo di rialzo dei tassi. I tassi a termine prevedono ancora uno-due aumenti di 0,25 quindi fino al 4,75%, ed addirittura l'inizio di un calo dei tassi verso la fine dell'anno, in ciò incoraggiati dall'inversione avvenuta sul fronte dei rendimenti obbligazionari dove il 2 anni ha superato il 5 anni ed è pari al 10 anni. Su questo fenomeno, che sempre storicamente ha anticipato una recessione, pesa però l'effetto anomalo degli acquisti cinesi per i motivi simbiotici sopra illustrati.

(in realtà la Fed è poi arrivata al 5,25% prima di fermarsi, la BCE è arrivata al 3,5%, la BOJ allo 0,25%; per il 2007 mi aspetto una Fed ferma,la BCE al 4% e la BOJ all'1%)

Profilo dei mercati
Prescindendo dall'eventuale scoppio della bolla, poichè l'inflazione ufficiale verrà mantenuta bassa, le banche centrali continueranno a drogare l'economia globale nello stallo degenrativo della simbiosi sopra illustrata, così consentendo ai propri governi di aumentare i deficit statali, a spese dei detentori di titoli pubblici.
In linea generale, per i tassi è prevedibile un andamento ancora al rialzo solo nel primo trimestre, seguito da una fase di stallo per quelli USA mentre dovrebbero proseguire stentatamente al rialzo quelli europei ed eventualmente iniziarlo quelli giapponesi; nel secondo semestre dell'anno, dovrebbe esserci l'inizio di attese al ribasso per i tassi USA, e conseguente stallo per quelli europei e giapponesi, in coerenza con il rallentamento dell'economia USA che dovrebbe passare dal 3,5-4% di crescita al 2,5-2% e con la tenuta di quella europea e giapponese che dovrebbero invece continuare a migliorare (rispettivamente intorno al 2 ed al 3%).
Il dollaro pertanto perderà la stampella del differenziale crescente, sia nei confronti dell'euro che dello yen. Per l'eurodollaro i rischi al ribasso saranno solo nella fase iniziale dell'anno, anche se è possibile che il minimo di questa fase di rimbalzo del dollaro si sia già visto; dopodichè dovrebbe riprendere la svalutazione di lungo periodo, e quantomeno tornare a gravitare in area 1,30 (con lo yen area 100).
Il differenziale tra bund e bond dovrebbe restringersi, tornando verso il mezzo punto percentuale dall'attuale 1%, a fronte di una curva europea che si appiattisce e di una americana che torna a irripidirsi man mano che prendono forza le attese di un calo dei tassi a breve.
In questo contesto il profilo delle borse, dovrebbe ricalcare quello degli ultimi due anni: un picco rialzista all'inizio, seguito da una fase di calo pronunciata e da una lateralizzazione, con possibile minimo dell'anno verso ottobre; infine la solita impennata dell'ultimo bimestre che nel 2006 festeggerebbe l'inizio del calo dei tassi americani.
Tra le materie prime, l'oro dovrebbe in ogni caso proseguire la sua ascesa in dollari, mentre in euro potrebbe rallentare qualora vi fosse un forte apprezzamento della valuta europea su quella americana; i metalli industriali, invece dovrebbero subire una fase di correzione dopo l'escalation dell'ultimo anno, in coerenza con il sopra citato rallentamento economico, soprattutto se avvenisse in Cina.

(per il 2007 il profilo che immagino, è sostanzialmente simile, sempre che non scoppi il caos che per me resta sempre molto probabile.
Dollaro in calo con un paio di scatti ogni sei mesi e poi lateralità ampia nell'intervallo, e per fine anno dovremmo ritrovarci in area 1,40
BUON ANNO

12/28/2006

Repetita Juvant 2

Risparmio e sviluppo (da IL Re è nudo)
Durante il medioevo il progresso economico subì
una pesante involuzione. Il commercio attraverso l’Europa, così come
le infrastrutture e la crescita economica, crollarono rispetto
all’epoca dei Romani.
Perché, date le conoscenze acquisite, l’Europa
medioevale non migliorò rispetto al commercio dell’epoca romana?
Una ragione primaria era la mancanza di capitale e una mancanza di
volontà nell’intraprendere. La classe dominante (re, duchi,
cavalieri, baroni) prendeva quello che poteva dai contadini
sudditi, lasciando loro il minimo per la sopravvivenza. In pochi
posti costruiva ponti o strade, e non si impegnava mai in
investimenti duraturi, come invece avevano fatto i romani. Ciò che
non era usato per guerre, crociate, o per il mantenimento delle
corti, era consumato in acquisti di cose lussuriose, dando feste, e
spendendo in altri modi più vari per essere stimati e impressionare i
sudditi e gli altri della classe signorile. Il consumo era la regola
del giorno tra la classe dominante.L’aspettativa di vita era di 30 anni,a 40 un uomo era considerato vecchio, i bambini non risultano menzionati nella letteratura
dell’epoca; carestìe, alluvioni, guerre, malattie e altro
contribuirono a creare un mondo di grande incertezza. In questo
clima, perché preoccuparsi di altro che non fosse l’immediato futuro?
Ora, pur riconoscendo che vi era una grande sfiducia e che la voglia
di lavorare oltre la sussistenza era stata congelata dalla società e
dalla Chiesa dell’epoca, l’assenza di risparmio fu
la causa fondamentale; senza risparmio non potevano esserci
investimenti capaci di assicurare flussi di reddito futuri, e dunque
crescita economica come dimostra anche l’osservazione delle società tribali.

William Defoe, con il suo impareggiabile Robinson Crusuoe scritto nel
diciottesimo secolo, ha rappresentato l’etica protestante del
risparmio e del consumo morigerato che sta alla base dell’eccezionale
sviluppo capitalistico moderno: chi non ricorda come il suo naufrago
comincia ad accumulare tutto ciò che può nell’isola deserta, e
quando trova la possibilità di iniziare a coltivare dei chicchi di
grano se ne guarda bene dal mangiarsi subito il raccolto; bensì lo
risparmia e lo ricoltiva, e solo dopo averne accumulato a sufficienza
inizia – sempre morigeratamente –a consumarlo; alla fine la sua
piantagione sarà in grado di sfamare molte persone .


Oggi, anche se vi è certamente un clima economico e sociale diverso
da quello medioevale, gli USA, hanno creato una società dove il
consumo sfrenato è la regola di vita. Gli americani vivono come dei
Re finchè possono, perché come ha spiegato magnificamente Erich Fromm
dal punto di vista del “carattere sociale” , l’oralità insita nell’atto del consumo li fa sentire vivi: consumo dunque sono , e sono quello che consumo, perciò voglio
consumare sempre di più e sempre meglio. Tutto ciò è
negli interessi dell’apparato industriale, che per produrre ha
bisogno di chi consumi i suoi prodotti,ed in un sistema politico plutocratico, quale quello attuale, prevalgono tali interessi.
Ma – esattamente come nel
medioevo- anche oggi ciò che viene consumato non può essere
investito. Se il seme viene mangiato, non ci sarà mai la pianta.
Comprando una macchina nuova, una casa più grande, un nuovo vestito o
iscrivendosi al club del golf, mangiando in modo sempre più ricercato
o bevendo vini pregiati, non si migliora la propria salute; questi
consumi sono parte della qualità della vita e hanno il loro posto,
ma alla fine risulteranno fonti di maggiore incertezza, sia a livello
personale che nazionale, se vengono effettuati a scapito del
risparmio o, ancora peggio, indebitandosi oltremisura. Infatti è
sempre e solo una questione di msura: il debito non è un male in sé,
lo diviene sopra un certo limite al di sotto del quale può essere positivo;
idem per il consumo e dunque per il
risparmio: se per assurdo si risparmiasse solo e sempre, senza mai
consumare, avremmo stagnazione. Ma non c’è dubbio che
nella giusta misura, il risparmio, e dunque l’accumulazione di
capitale, aiuta invece a creare un futuro più certo. Come per quelli
che vissero mille anni fa, non risparmiare conduce a grandi
difficoltà: gli USA hanno superato il limite dei
debiti e dei consumi.Sono l’eccesso fatto nazione. Riescono a proseguire perché importano il risparmio del resto del mondo, che a sua volta si gode le molliche che arrivano da questi eccessi. Peccato, poi sarà costretto a pagare anche il conto.

Con l’inizio del terzo millennio d.C., per la prima volta in più di 50 anni dalla fine della seconda guerra
mondiale, il mondo è stato nelle grinfie di un rallentamento economico
globale sincronizzato.
Questa situazione ha un precedente nella storia del secolo scorso: la Grande
Depressione degli anni 30. Il più evidente fattore, comune ad
entrambi i periodi, è il ruolo dominante dell’economia USA nell’espansione
che li ha preceduti così come nella susseguente contrazione.
Ma esiste una cospicua differenza tra i due casi di predominio
economico globale americano: negli anni 20 gli USA facevano credito
al resto del mondo, agendo come prestatore di ultima istanza, mentre
negli anni 90 è stato il resto del mondo a fare credito agli USA,
divenuti per contro il consumatore di ultima istanza con un eccesso
di consumi senza precedenti. I due episodi di boom sono stati simili
nella loro predisposizione verso la spesa in consumi, ma gli eccessi
di indebitamento e di spesa degli anni 90 hanno superato grandemente
quelli degli anni 20.
Un altra differenza di importanza cruciale è lo stato della bilancia
dei pagamenti: negli anni 20 gli USA avevano un avanzo dei conti
correnti, un surplus della bilancia commerciale; oggi, sono il più
grande debitore del mondo, con un mostruoso deficit di conto corrente
che provoca l’accumulo di trilioni di debiti verso l’estero.

Un vecchio argomento di discussione tra economisti americani ed
europei concerne il momento in cui la banca centrale americana dell’epoca fece i suoi
errori decisivi di politica che causarono la prolungata depressione
degli anni 30.
Fu l’eccesso di espansione monetaria prima del crack
di Wally? Questa è l’opinione europea, fortemente influenzata dalla
scuola austriaca. O fu l’eccessiva rigidità monetaria dopo il crack,
durante gli anni 30? Questa è l’opinione americana, influenzata sin
dagli anni 60 dalle teorie monetariste di Milton Friedman .

La scuola austriaca , spiega come la severità e la lunghezza delle
depressioni dipende in modo
cruciale dal tipo di ampiezza degli squilibri e delle cattive
allocazioni che si sono sviluppate nell’economia e nel sistema
finanziario durante il precedente boom. Si tratta di una teoria
estremamente logica che ha dalla sua l’esperienza storica. Chi valuta
la situazione economica attuale negli USA osserverà che per anni è
stata esposta al maggior eccesso creditizio , disordinato per giunta,
della storia. Per un lungo periodo di tempo
gli USA sono stati la classica economia-bolla, definita come un
economia dove inusuali rapidi incrementi dei prezzi delle attività
provocano indebitamento e spese straordinarie o delle imprese
o dei consumatori .
La scuola austriaca ha una misura precisa per il credito eccessivo:
tutto quello che eccede i risparmi disponibili dal reddito
corrente. L’effetto economico essenziale di questi risparmi è
rendere disponibili risorse produttive ai debitori che possono usarle
per gli investimenti, e dunque il credito proporzionato al volume dei
risparmi è la misura giusta. Infatti, tradizionalmente, il ciclo del
credito è stato sempre associato con il ciclo degli investimenti.

L’espansione del credito negli ultimi tre anni negli USA ha marciato
al ritmo annuo di circa 2 trilioni di dollari, arrivando al 20% del
PIL, anche se invece – dall’altra parte- il volume dei risparmi
disponibili è crollato ad un misero 2% del PIL. La discrepanza tra
queste due grandezze sfida la più audace immaginazione di un
economista ragionevole.

Ebbene, oggi, i politici e gli economisti americani apparentemente
non trovano nulla di sbagliato in questa situazione. Meno che mai
pensano che una simile espansione del credito possa danneggiare
l’economia e il sistema finanziario.
L’ assenza di inflazione negli ultimi anni testimonia ai loro occhi l’eccellente
stato di salute dell’economia: l’ implicita convinzione è che
essa giustifichi un espansione del credito virtualmente illimitata.
Purtroppo però la creazione di
credito in eccesso al risparmio disponibile tende a danneggiare l’economia molto di più che l’inflazione perché incoraggia spese che essenzialmente distorcono l’allocazione
delle risorse. Naturalmente il boom dei consumi degli ultimi anni
negli USA ha sostenuto la crescita; come quota del PIL è arrivato
all’82,6% tra il 1995 e il 2001, contro un livello storico di circa
il 66%. Ma ciò è avvenuto a scapito del risparmio, e della bilancia
dei pagamenti. Infatti quando la domanda interna cresce costantemente
in eccesso alla produzione interna, si forma il deficit con l’estero
che è passato dai 139 miliardi del 98 ai 417 del 2001 e adesso è
lanciato verso i 550. Questi deficit annui si cumulano e formano il
debito estero del paese che è passato da una posizione attiva nel
1980 pari al 13% del PIL ad una passiva attualmente pari al 25% del
PIL, il che significa un peggioramento pari al 38% del PIL in meno di 25 anni.

L’inevitabile risultato per gli USA è un economia malamente
divisa in due: la parte al servizio del consumatore e protetta
dalla competizione estera (i servizi) ha avuto il boom con forte
crescita dei profitti, mentre i settori che servono agli investimenti
capitali e sono anche esposti alla competizione estera sono stati
messi in crisi e hanno visto i profitti collassare. Lo testimonia la
divergenza estrema nella performance dei due settori(manifatturiero e
servizi): ancora nel 1997, l’industria manifatturiera aveva utili per 195
miliardi contro i 64 dei servizi; dopo 5 anni la situazione è
completamente ribaltata.
Ecco un esempio da manuale delle distorsioni strutturali che la scuola austriaca enfatizza come le conseguenze negative di un eccesso creditizio.

Valutando le prospettive dell’economia americana, questa schizofrenia
è certamente di grande importanza. Considerando che si è formata
durante anni, non può essere etichettata come “ciclica”. E’ chiaro
che è un guasto strutturale e con il rallentamento economico si
aggrava drammaticamente. L’attuale ripresa economica.
può venire solo dai consumatori, i quali però devono
fare i conti con i debiti che hanno accumulato e con il risparmio
previdenziale che- ancora non hanno capito- dovranno creare,
risparmiando. Prima o poi i consumatori tireranno la cinghia.

12/24/2006

Repetita juvant
“La semplice esposizione del corso degli eventi, sia pure su scala mondiale, di rado giova a comprendere meglio le forze in gioco nel mondo di oggi: se non abbiamo al tempo stesso , cognizione dei cambiamenti strutturali di fondo. Ciò che anzitutto ci occorre è una prospettiva nuova, e nuovi termini di riferimento. Sono questi che il presente lavoro tenterà di fornire”
(Geoffrey Barraclough, 1964)

La Storia umana è piena di fasi di espansione e contrazione.
Grandi civiltà e grandi città sono sorte, arrivate all’apogeo e poi sono
sparite, spesso lasciando poche tracce. Le cause potevano essere le
più svariate, dalle epidemie alla mancanza dell’acqua o di
terra coltivabile. La città o la civiltà diventavano così vincenti che la loro popolazione cresceva senza limiti e alla fine esauriva le proprie risorse. In quasi ogni situazione, troviamo che la determinante ultima è stata il venir meno della capacità di generare risparmio, ed infatti in sua assenza le civiltà e le nazioni non riescono neanche a decollare, vedasi lo stesso mondo sottosviluppato a noi contemporaneo.
La Storia pone quindi alcune domande:
può l’economia americana senza risparmi continuare a svilupparsi ? può il suo debito estero crescere senza limiti? può finanziare una espansione della sua superiorità militare?
In questo lavoro, cui sforzo primario sarà mettere anche i non “esperti” in condizione di capire, si cercherà di rispondere, ripercorrendo il modo in cui le cose hanno funzionato durante la Storia, comprendendo l’essenza dei meccanismi dell’economia e della finanza, e sottoponendo ad analisi critica la “dottrina” della banca centrale americana su cui si reggono le attuali illusioni.
Si inquadrerà la caduta del risparmio americano nel più ampio contesto delle modifiche strutturali in corso nel globo; si proseguirà con le grandi lezioni del passato, e con l’analisi di alcuni discorsi particolarmente rivelatori tenuti di recente da esponenti della Federal Reserve; si passerà poi all’anatomia della Superbolla finanziaria venutasi a determinare; si analizzeranno le tante trappole che circondano Wall street; si finirà con qualche notazione geopolitica.
In questo percorso si cercherà di dimostrare:
come gli Stati Uniti d’America siano nella fase iniziale di decadenza a causa della perdita di capacità nel generare risparmio, finora compensata –moderno conte Dracula – dal risucchio dei risparmi altrui;
come questa compensazione sia destinata inevitabilmente ad esaurirsi perché fallirà il “grande esperimento” in corso ad opera della Federal Reserve: voler trasformare- moderna alchimista – i debiti in ricchezza, drogando l’economia reale attraverso un processo di liquefazione finanziaria senza precedenti.
Inoltre proprio in questo momento in cui non se lo possono permettere, gli USA stanno cercando di estendere il loro raggio di azione militare. A tal proposito va ricordato quanto documentava negli anni 80 Paul Kennedy in “Ascesa e declino delle grandi potenze” mostrando i ripetuti esempi di imperi globali che alla fine sono sempre caduti: dalla dinastia cinese dei Ming, alla Spagna , a Napoleone, all’Impero britannico, per non parlare dell’ Impero romano.
Infine la Società nella Storia ha prosperato solo quando morale ed economia, pur con tutti i limiti politici, sono riuscite ad andare nella medesima direzione (dall’antica Roma, all’etica calvinista base del successo nel capitalismo). Oggi morale ed economia stanno divergendo sempre più: i campanelli d’allarme squillano a vari livelli.
Indurre le persone a credere che in Borsa si guadagni sempre e comunque, è un azzardo morale . Indurre la gente a spendere più di quanto guadagni, anche. Invece di insegnare le virtù del risparmio, si preferisce illudere : i debiti dei privati, delle imprese e della nazione nei confronti dell’estero, non contano.
L’etica calvinista viene sostituita dall’etica del tardo impero; si torna alla corte di Versailles fra mollezze ed agi, convinti che la Bastiglia non verrà mai presa.
Per quanto tempo la maggioranza continuerà a credere che il Re sia vestito, senza rendersi conto che il Re invece è nudo? Forse per molto, perché il potere degli interessi in gioco è tanto; perchè ai piani alti si guarda al prossimo trimestre, non ai prossimi dieci anni; perché ai piani bassi l’ignoranza e la voglia di casinò sono sempre più diffuse. Ma prima o poi arriverà la resa dei conti e tanto più ci si sarà spinti nell’azzardo, tanto più salato sarà il conto finale da pagare.
(dall' Introduzione a IL RE è NUDO)

12/23/2006

La Nota sui mercati 23.12

La settimana 18 - 22 dicembre 2006

ECONOMIA: arriva Babbo Natale
Nella spensieratezza più assoluta, il mondo economico e finanziario si accinge a festeggiare un grasso Natale.
Intanto il negoziato USA- Cina non ha avuto un buon esito, per cui lo sperpero delle risorse prosegue indisturbato. Lo ha dimostrato il dollaro che, nonostante dati per lo più negativi, si è anzi un pò rafforzato; in base al Filo giallo, la conferma si è avuta dai rendimenti tornati un pò a salire, e dalle borse un pò a scendere, mentre dal fronte materie prime vengono segnali negativi sulla crescita futura (soprattutto dal rame).
Nello stucchevole dibattito tra soft e hard landing relativo all'economia americana, i dati della settimana sono stati per lo più "hard" , anche se i mercati non hanno reagito in coerenza proprio perchè, secondo me, nel vuoto prenatalizio ha prevalso la ritirata del PPT conseguente al fallimento con i cinesi.
Tra i dati più negativi quelli sull'edilizia con la sola eccezione dei nuovi cantieri in ripresa, ma questo può essere letto come un ulteriore problema prospettico (le nuove costruzioni arriveranno su un mercato già stracolmo di invenduto). Per il resto, i mutui sono in calo del 10% ,
vi sono segnali molto negativi sulle sofferenze del settore ed i consumi non brillano pur tenendo, mentre gli ordini di beni durevoli vanno male ancora una volta. Il Pil del terzo trimestre è stato rivisto al 2% finale, e nel frattempo il Philly Fed diventa negativo scendendo per il terzo mese consecutivo a dicembre. Esponenti della fed continuano a manifestare invece apparente preoccupazione per l'inflazione: sui prezzi alla produzione vi è stato un impennata, ma il cosiddetto "core" dei prezzi nella spesa al consumo è stato in calo.

La Casa Bianca ha ammesso che la guerra in Iraq sta andando male e ha chiesto più truppe: questa guerra ormai sta superando per durata la seconda guerra mondiale, e sta costando trilioni di dollari oltre che decine di migliaia di vite umane. I mercati dovrebbero considerare le conseguenze a lungo termine di queste spese e del relativo indebitamento finora finanziato dai gialli; quanto a lungo i rendimenti possono restare ai minimi storici con i costi finanziari di questa guerra in continuo aumento? Normalmente la guerra provoca un aumento dei tassi di interesse per finanziare lo sforzo bellico, il che però toglie risorse agli scopi prettamente economici. Sappiamo che il flusso circolare dei fondi dai consumatori a wal-mart, da questa alla Cina e dalla Cina ai titoli americani spiega l'enigma. Se qualcuno dieci anni fa avesse scritto un romanzo in cui descriveva la più popolosa nazione comunista del mondo finanziare il capitalismo nella sua guerra al terrore contro le forze islamiche, sarebbe stato deriso e considerato lunatico.
Comunque la guerra è un abbuffata per il complesso militar-industriale, specialmente la ricerca di sempre più sofisticate armi super tecnologiche, ed è stata un aiuto al recupero dalla modesta recessione del 2001.
Ma il conto prima o poi qualcuno deve pagarlo.

In Europa continuano ad arrivare segnali congiunturali positivi , in scia all'onda lunga delle esportazioni, nonostante l'euro forte,che giustificano il tono duro della BCE i cui rialzi dei tassi d'interesse dovrebbero quindi continuare.
Invece in Giappone prosegue la letargìa della BOJ anche se i dati non sono negativi, e ciò continua a provocare un aumento della liquidità internazionale dovuto agli indebitamenti in yen a tasso zero:
la valuta nipponica continua a fare nuovi minimi negativi contro tutte le valute. Lo spostamento record dell'euroyen arrivato a 156 (+20% in un anno e mezzo) è anche frutto della diversificazione dal dollaro delle riserve valutarie , soprattutto del Giappone che non ha alternative all'euro e alla sterlina.

MATERIE PRIME : deboli
Il petrolio conclude sui minimi del recente range tra 64 e 62 (scadenza febbraio) complice il clima particolamermente caldo di questo inverno. Perde infatti il gas naturale che conclude a 6.8 sulla scad.marzo(-10%).
Scende alla grande il rame che ha bucato il supporto in area 300 e lascia il 7%: qui si scommette su una recessione prossima ventura.
L'Oro( ma non l'argento) invece resiste sul supporto e conclude con un lieve incremento.
Si conclude con :
l'oro a 622(febbraio) il rame a 285 (marzo) l'argento a 12,6(marzo);
il platino a 1132(aprile) il palladio a 326(marzo).
L'indice generale CRB(marzo) a 309,5
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

CAMBI: in range
La settimana scorsa scrivevo: " c'è poco spazio al ribasso se il nuovo range ha da essere; probabile che nei prossimi giorni vi sia invece una gamba rialzista di circa un paio di figure. Adesso si entra però in una fase molto particolare perchè la prossima settimana è quella prenatalizia e poi vi sono gli ultimi giorni dell'anno: periodo tipicamente illiquido, che può quindi dare luogo a movimenti anomali". E così è stato: eurodollaro scadenza marzo ha iniziato al rialzo salendo da 1,31 fino a 1,326 ma questo livello lo ha più volte respinto provocando una caduta anomala nel finale di venerdì a 1,315 (conclude a 1,318). Ho dunque potuto guadagnare (+560 $ a contratto)sul call 1,32 scadenza gennaio preso a fine settimana scorsa, cui ho accoppiato anche un dollaro canadese soddisfacente sia per guadagno(+800$) che per timing (è durato un giorno e poco dopo la mia chiusura è tornato indietro).
Nel finale di settimana ci sarebbe dovuta essere una prosecuzione rialzista , ma non ero molto convinto; così ho acquistato una strutturata (future + call venduto) in grado di guadagnare anche in caso di stazionarietà; poi la caduta di venerdì mi ha indotto a chiudere il tutto con lieve perdita(-175$ a coppia) grazie alla protezione offerta dal call venduto.
L'indice generale del dollaro a 83,7(marzo)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso
Posizione di medio termine: dollaro laterale
Posizione asset: nulla

OBBLIGAZIONI: rendimenti al rialzo
Il decennale conclude sopra al 4,6% che resta sempre un rendimento molto basso, ma almeno è sopra di circa 20 cts. rispetto ai minimi di inizio mese. A fare effetto è stato soprattutto il venir meno del sostegno del PPT in relazione alla questione del dollaro, come si è potuto vedere particolarmente nel finale di venerdì, quando nonostante dati deboli, vi è stata una continua onda di vendite. Il future scad. marzo conclude comunque poco sopra 108, quindi la famosa put se tenuta fino a scadenza sarebbe espirata ssenza valore.
Negli USA come saldo settimanale il future sul tasso a tre mesi scad.dicembre 2007 sale di 6 cts. al 4,79% , il 2 anni di 5 cts. al 4,72% il quinquennale di 4 al 4,57% il decennale di 3cts. al 4,62% il trentennale di 5 al 4,71%.
In Europa anche il Bund decennale sale di 2 cts. al 3,81% ed in Giappone invece il decennale scende di 3 cts. al 1,66%; il tasso sul debito dei paesi emergenti scende di 2 cts.
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

BORSE: si chiude male
Già lunedì è stato uno di quei giorni che ad occhi allenati indicano debolezza: il mercato generale è stato in calo con la sola eccezione delle blue chips. Martedì c'è stato poi un tentativo di recupero diffuso, ma Mercoledì sono state le blue chips a cedere anticipando il calo generale che è poi seguito giovedì e soprattutto venerdì, con pessima chiusura nel finale: l'sp500 scad. marzo ha bucato in chiusura l'importante supporto di 1425 ed il nasdaq 100 ha preso una legnata di circa il 3% nella settimana. IL VIX è salito ben oltre 11.
Poichè aspettavo qualcosa del genere martedì ho costruito un altro put spread sull'sp500 con scadenza gennaio che in chiusura di settimana inizia a mostrare un utile seppur lieve. E adesso ho in programma un altro put spread sullo sp50 per coprire l'area 1410-1390 (in modo da avere tutto l'arco tra 1430 e 1365, circa il 5%) e una strutturata ribassista sul nasdaq 100 che mi pare sia il più pronto a mollare. Il ribasso potrebbe partire anche subito, ma le maggiori probabilità è che arrivi con i primi del nuovo anno: se ho ragione, dovrebbe essere tra il 5% ed il 10%.
Per la settimana si conclude : il Dow a 12343(-0,8%) lo sp500 a 1410(-1,2%) il nasdaq a 2401(-2,3%), il nasdaq100 a 1764(-3%), il Russell2000 (-1,5%). Unica eccezione Tokyo sale a 17104 (+1,1%) di nikkey, in Europa dax tedesco a 6503(-1,3%) il footsie inglese a 6190(-1,1), il cac francese a 5453(-2,6%) mentre nell'Italietta senza la benchè minima speranza, l'SPmib a 40841(-1,4%) ed il Mibtel a 31431(-1,2%).
Posizione di lungo termine: al ribasso
Posizione di medio termine: al ribasso
Posizione asset: doppio put spread scad. gennaio sullo sp500

PREVISIONI: fine anno
Per quanto sia vero che i mercati tra natale e s.silvestro sono più che dimezzati come volumi, è anche vero però che continuano a muoversi e possono fare delle sorprese. Tanto per cominciare, martedì 26 gli USA sono aperti, e mercoledì affronteranno il dato sulle vendite di nuove case, seguito giovedì dalle vendite di case esistenti, oltre che all'indice di fiducia dei consumatori e a quello di Chicago entrambi per dicembre, mentre Venerdì 29 ultimo giorno lavorativo del 2006 ci sarà solo l'M3 europea.
Non è da escludere quindi che vi possano essere scossoni se i dati particolarmente importanti sulle case presenteranno forti scostamenti, o se dovesse esserci qualche novità geopolitica(attentati, etc.).

ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
-comprato un call 1,32 su eurdollaro scad. gennaio a 0,056 venduto a 0,101(+562,5$)
- comprato un canadese scad.marzo a 0,8690 venduto a 0,877(+800$)
-comprato un eurodollaro scad. marzo a 1,32 venduto a 1,317(-375$)
-venduto un call eurodollaro scad. gennaio a 0,70 comprato a 0,054
(+200$)

operazioni aperte:
-comprato un put sp500 1385 scad. gennaio a 12 chiude a 6 (-300$)
-venduto un put sp500 1365 scad. gennaio a 7,5 chiude a 3 (+225$)
-comprato un put sp500 1430 scad. gennaio a 15 chiude a 19 (+200$)
-venduto un put sp500 1410 scad. gennaio a 8,5 chiude a 11,5 (-150$)

Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, dopo aver pagato le commissioni, è a +4300 euro (con 27 operazioni effettuate su eurodollaro+ 6 sul nasdaq+2 su gas naturale+2 su eurosvizzero+2 su oro+1 su argento+6 su bond+1 su euroyen+1 su canadese+5 su petrolio+4 su s&p500+1 su dowjones+1 su cacao); il rendimento complessivo, netto di capital gain, tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato al netto della ritenuta fiscale, è pari al +5,75% ed ormai al +5,75% per l'anno 2006; come liquidità impegnata, i margini sui futures e i premi su opzioni assorbono 0,5% ed il 99,5% è in conto corrente al 2,54% netto (3,50% tasso iwbank).

AUGURISSIMI DI BUON NATALE, IN SERENITA’ CON I VOSTRI CARI

12/17/2006

La Nota sui mercati 17.12

La settimana 11 - 15 dicembre 2006

ECONOMIA: il negoziato in Cina
A proposito della "quadra" con i cinesi di cui ho scritto nella Nota sul Filo Giallo, pare proprio che non ci sia, da come si è comportato il dollaro. Il negoziato è ancora in corso mentre scrivo, e si capirà meglio nei prossimi giorni, ma è già filtrato un incidente con Bernanke. Quest'ultimo nel suo discorso di venerdì aveva scritto che il cambio dello yaun equivale a un sussidio alle esportazioni cinesi; questa definizione ha irritato parecchio i gialli (anche perchè aizza i protezionisti americani verso i dazi doganali) e pare che il ministro Paulson abbia tirato le orecchie al capo della Fed, il quale è corso a modificare il termine "sussidio" con quello più carino di "incentivo", ma il testo scritto del discorso era stato già divulgato (Bernanke ha poi sentito il bisogno di dire che la sua è stata una correzione "spontanea", confermando così che invece è stato rimproverato). Nel frattempo la borsa cinese metteva a segno un rialzo anomalo (+8% nella settimana) ed il dollaro si rafforzava nonostante fosse uscito un dato sorprendente sull'inflazione USA in calo.
Non deve essere un caso che la ripresa del dollaro sia iniziata fin da venerdì 8/12 dopo l'intervista di Paulson alle ore 18, e sia stata prevalente per tutta la settimana, con l'accelerazione finale, nonostante sul fronte dei dati non vi siano state motivazioni convincenti.
Martedì, poteva esserlo il deficit commerciale USA in calo a 58 mld., ma la scomposizione del dato mostra che i deficit con i cinesi, giapponesi ed europei continuano a crescere, le esportazioni languono, e la contrazione è dovuta solo alla caduta delle importazioni di petrolio. Ed infatti il beneficio per il dollaro è stato minimo e momentaneo; poi in serata la FED si è comportata esattamente come atteso, e l'unica parola del comunicato che ha inserito (l'aggettivo "sostanziale" , riferito al rallentamento immobiliare) ha anzi convinto i mercati che le preoccupazioni sulla crescita futura siano aumentate, per cui il dollaro si è indebolito, anche se non di molto. Mercoledì è invece uscito un dato sorprendente sulle vendite al dettaglio risultate in crescita dell'1%, in tutte le componenti, che aveva provocato sul momento un ribaltone delle attese sul calo dei tassi per il 2007; ma a ben guardare si scopre che per la prima volta da due anni e mezzo è stato cambiato il campione di calcolo delle vendite al dettaglio, il che insospettisce anche perchè nelle note a piè di pagina il margine di errore col nuovo campione viene definito superiore all'1%; e resta il fatto che l' apparente boom della statistica ufficiale non corrisponde con quanto vanno dichiarando le grandi catene di distribuzione ( a cominciare da Wal Mart) le quali lamentano vendite stagnanti, e soprattutto con le entrate fiscali sulle vendite che sono in calo. In ogni caso, dai dati sui flussi dei fondi emerge che le famiglie americane stanno vendendo i propri asset finanziari per compensare i minori rifinanziamenti sulle case, e quindi la tenuta dei consumi eventuale si spiega con un risparmio netto negativo, il che non è certo un bel segnale: si stanno mangiando i risparmi.
Infine Venerdì il già citato calo dell'indice dei prezzi al consumo (con il "core" tendenziale sceso al 2,6%) che avrebbe dovuto indebolire il dollaro e far scendere i rendimenti, come è stato MA solo per un ora.
Si consideri inoltre che dal lato europeo e giapponese i dati sono stati positivi, con i banchieri europei che continuano a parlare di prossimi rialzi dei tassi.

Morale della favola.
Anche se dal punto di vista tecnico una correzione del dollaro dopo la recente caduta era attesa ( personalmente l'aspettavo la settimana prima, quando sarebbe stata più logica in funzione dei dati usciti), il recupero del 2,5% nel giro di 6 giorni lavorativi, a mio avviso non può essere imputato ai dati (che al massimo fanno una patta, tra Fed più preoccupata ed inflazione debole da un lato, e deficit e vendite al dettaglio in apparente miglioramento dall'altro).
Secondo me ci sono i gialli dietro a questo recupero, i quali stanno contrastando la manovra americana mentre c'è il negoziato; non a caso vi è stato il clamoroso rialzo dell'indice di Shanghai, ed anche i rendimenti hanno avuto un profilo analogo al dollaro.
Nel frattempo la Borsa continua a vivere il suo nirvana e a salire sempre e comunque, ma lì ormai l'imminenza del fine anno favorisce il lavoro del PPT che continua evidente. A proposito del PPT e della borsa, va notato come il rialzo sia iniziato ad agosto guarda caso un mese dopo la nomina di Paulson a ministro del Tesoro; Snow, il precedente ministro, fu licenziato proprio perchè non era stato in grado di attivare il PPT a maggio, quando la caduta improvvisa della borsa del 10% in pochi giorni deve avere creato qualche problema a chi comanda. All'epoca si era immediatamente dispiegato il Filo Rosso classico: dopo la svalutazione del dollaro di fine aprile, la contrazione della liquidità colpì i mercati nel giro di un paio di settimane. Questa volta invece con la nuova svalutazione del dollaro si è voluto dispiegare il Filo Giallo, gestito da Paulson e dal suo PPT, per i motivi spiegati NELLA NOTA DI DUE SETTIMANE FA. Ma serve l'accordo con i cinesi, altrimenti il dollaro fa marcia indietro, e qui torniamo all'immediata attualità di cui sopra.

MATERIE PRIME : deboli i metalli
Il petrolio conclude tornando a insidiare la resistenza di 64,5 sulla scad. febbraio dopo aver fatto un minimo settimanale a 62. Le quotazioni sono state sostenute dall'annuncio di un altro taglio produttivo dell'Opec, dalla riduzione delle scorte e da nuove tensioni mediorientali. La sensazione è che si stia preparando a una gamba rialzista, che compenserebbe (accordo tra americani e arabi-russi) un dollaro debole. Invariato il gas naturale che conclude a 7,5 sulla scad.marzo.
Scendono invece i metalli e qui ci sono due chiavi di lettura: da un lato la classica correlazione inversa con il dollaro; dall'altro l'idea che si va verso un periodo di recessione, e con un inflazione apparentemente in calo.
Sta di fatto che proprio venerdì pomeriggio sono avvenute delle brusche rotture soprattutto sull'argento, ed il rame è tornato sul recente minimo di quota 300. L'oro è su un importante supporto di breve, raggiunto venerdì quando ha perso di colpo dieci dollari l'oncia.
Si conclude con :
l'oro a 619(febbraio) il rame a 301 (marzo) l'argento a 12,9(marzo);
il platino a 1104(gennaio) il palladio a 324(dicembre).
L'indice generale CRB(marzo) a 313,5
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

CAMBI: nuovo range?
La settimana scorsa scrivevo: "Tecnicamente, al rialzo l'eurodollaro ha fatto un triplice top a 1,337 che adesso diventa una resistenza importante; al ribasso se 1,31 dovesse cedere, il pavimento sarà in area 1,29-1,30 che era la vecchia resistenza. Vedremo quanto dura, e se dura, la permanenza nel nuovo range che ha uno spazio di circa 4 figure come quello precedente (1,25-1,29) dove la sosta è durata 6 mesi".
Resta perfettamente attuale: la settimana si conclude con l'eurodollaro sceso nel finale fino a 1,306 (equivalente a 1,3115 della scadenza gennaio) e quindi fa presumere che c'è poco spazio al ribasso se il nuovo range ha da essere; probabile che nei prossimi giorni vi sia invece una gamba rialzista di circa un paio di figure. Adesso si entra però in una fase molto particolare perchè la prossima settimana è quella prenatalizia e poi vi sono gli ultimi giorni dell'anno: periodo tipicamente illiquido, che può quindi dare luogo a movimenti anomali. Tenendo conto di ciò, ho ritenuto opportuno comprare call 1,32 scadenza gennaio che da un lato assicura una stoploss accettabile(56 tiks) e dall'altro - se c'è nel frattempo il rimbalzo che aspetto, e che potrebbe anche essere una nuova ondata svalutativa se si fa l'accordo con i cinesi - può consentire un buon utile.
L'indice generale del dollaro a 83,8(marzo) (+1%)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso
Posizione di medio termine: dollaro laterale
Posizione asset: comprato call eurodollaro 1,32 scadenza gennaio

OBBLIGAZIONI: come il dollaro
Nella prima parte della settimana vi è stata una ripresa del ribasso dei rendimenti e quando mercoledì nonostante le vendite al dettaglio sorprendentemente forti ho visto che il decennale teneva, ho preferito chiudere in pari le put, sbagliando , perche la reazione nel senso auspicato è arrivata il giorno dopo e avrei potuto guadagnarci; d'altro canto il gain sarebbe evaporato venerdì dopo l'inflazione al consumo salvo ritornare nel finale quando - in tandem con il recupero del dollaro, la flessione della borsa e la caduta dei metalli - si è registrato un anomalo rialzo dei rendimenti, che a mio avviso è spiegabile proprio con il Filo Giallo. In teoria, di fronte ad un inflazione in calo, dollaro e rendimenti sarebbero dovuti scendere, e la borsa salire, semmai solo i metalli avrebebro potuto risentirne ma limitatamente per effetto del dollaro calante; invece dopo un iniziale reazione in linea con la teoria, è avvenuto l'opposto, come se vi fosse stata una contrazione della liquidità (effetto della recente svalutazione del dollaro?); ma è inutile applicarsi troppo al movimento di un singolo venerdì pomeriggio prenatalizio.
Negli USA come saldo settimanale il future sul tasso a tre mesi scad.dicembre 2007 sale di 6 cts. al 4,79% , il 2 anni di 5 cts. al 4,72% il quinquennale di 4 al 4,57% il decennale di 4cts. al 4,59% il trentennale di 5 al 4,71%.
In Europa anche il Bund decennale sale di 7 cts. al 3,79% ed in Giappone invece il decennale scende di 3 cts. al 1,66%; il tasso sul debito dei paesi emergenti scende di 2 cts.
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

BORSE: valutazioni esagerate
Charles Dow diceva che è impossibile dire in anticipo la durata di un movimento primario, ma più esso dura più grande la reazione quando arriva: da qui le maggiori probabilità di guadagnare sulla reazione....e descriveva tre fasi di un ciclo rialzista: 1) il rimbalzo dal precedente ribasso, in cui si torna a valutazioni normali; 2) la fase più lunga che è quella del rialzo netto vero e proprio e che si accompagna a valutazioni sempre più alte; 3) la fase finale in cui si esagera, ed in cui la gente compra azioni solo perchè le vede andare sù, non in base ad una razionale valutazione.
Con l'sp500 che quota 18 volte i recenti utili record, è chiaro che siamo nella terza fase. Un multiplo di 18 è già elevato storicamente, e lo è soprattutto se si tiene conto che negli ultimi tre anni gli utili sono arrivati a livelli record- anomali per i ben noti motivi; tutti i vari rapporti (prezzo/utili, prezzo/ricavi, prezzo/dividendi, prezzo/patrimonio) sono sballati: siamo al doppio della normalità storica.
Se si rapportano le attuali quotazioni alla media degli utili dell'ultimo decennio, siamo a 25, esattamente come nel 2000. Chi compra queste valutazioni scommette che i profitti attuali restino permanenti, il che non sembra molto razionale come 6 anni fa. Con la differenza che all'epoca l'esagerazione era concentrata sulla tecnologia, oggi è diffusa a tutti i settori guidati dal finanziario
Per la settimana gli indici generali concludono alla grande nonostante la flessione delle ultime ore di venerdì, ma a Wally molti settoriali mostrano segni negativi: il Dow a 12445(+1,1%) lo sp500 a 1427(+1,2%) il nasdaq a 2457(+0,9%), il nasdaq100 a 1829(+1,3%), il Russell2000 (+0,1%); tra i settori, trasporti(-0,4%) i semiconduttori (-0,3%) le biotech (-1,1%) i broker/dealer(-0,5%) le banche(+2,6%).
Tokyo sale a 16914 (+2,9%) di nikkey, in Europa dax tedesco a 6588(+2,5%) il footsie inglese a 6260(+1,7), il cac francese a 5589(+2,9%) mentre nell'Italietta senza la benchè minima speranza, l'SPmib a 41419(+1,8%) ed il Mibtel a 31805(+1,7%).
Tra le borse mondiali: Brasile +1,4% India -1,3% Cina +8,6% Russia +0,2%.
Posizione di lungo termine: al ribasso
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: put spread scad. gennaio sullo sp500

PREVISIONI: settimana pre-natalizia
Lunedì il saldo dei conti correnti americano e l'indice delle case; ma soprattutto dovrebbe emergere se si è trovato l'accordo con i cinesi o meno. Martedì usciranno l'indice ifo tedesco di dicembre, e dagli USA
i prezzi alla produzione, le nuove licenze ed i nuovi cantieri edili a novembre.
Mercoledì non c'è niente.Giovedì il dato finale del PIL USA nel terzo trimestre, ed il Philly Fed di dicembre. Ed infine Venerdì il gran finale che inizierà fin dalla notte con i verbali della BOJ, seguito dai dati sull'inflazione al consumo tedesca a novembre e gli ordini industriali europei ad ottobre; dagli USA usciranno redditi e spese delle famiglie a novembre con i relativi deflatori dei prezzi, insieme agli ordini di beni durevoli anch'essi per novembre, e conclusione con l'indice del michigan di dicembre. Dopodichè sarà Natale e se ne riparla il 27 per gli ultimi tre giorni operativi del 2006 dove non mancherà qualche dato importante.

ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
-comprato un put sp500 1360 scad. dicembre a 4,4 scaduto a 0(-220$)
-comprate 5 put 108 sul bond scad. dic. a 0,0625 vendute a 0,0625
(+0$)
operazioni aperte:
-comprato un put sp500 1385 scad. gennaio a 12 chiude a 4 (-400$)
-venduto un put sp500 1365 scad. gennaio a 7,5 chiude a 2,5 (+250$)
-comprato un call 132 su eurdollaro scad. gennaio a 0,056 chiude a 0,056(+0$)

Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, dopo aver pagato le commissioni, è a +3550 euro (con 25 operazioni effettuate su eurodollaro+ 6 sul nasdaq+2 su gas naturale+2 su eurosvizzero+2 su oro+1 su argento+6 su bond+1 su euroyen+5 su petrolio+4 su s&p500+1 su dowjones+1 su cacao); il rendimento complessivo, netto di capital gain, tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato al netto della ritenuta fiscale, è pari al +5% ed equivalente al +5,2% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures e i premi su opzioni assorbono 0,6% ed il 99,4% è in conto corrente al 2,54% netto (3,50% tasso iwbank).

12/10/2006

La Nota sui mercati 10.12

La settimana 4 - 8 dicembre 2006

ECONOMIA: il dibattito congiunturale
Occhi puntati come sempre sull'economia americana. I dati di questa settimana hanno mostrato che - mentre il settore manifatturiero, è in recessione - il settore dei servizi ancora tira. L'Ism dei servizi infatti è risultato ancora robusto a quota 58, e la componente occupazionale dei servizi riesce a più che controbilanciare l'emorragìa in corso nel manifatturiero(+172 mila occupati contro i -42mila).
Il dibattito su cosa verte?
da un lato ci sono coloro che ritengono tale compensazione in grado di funzionare anche per il futuro: è lo scenario dell'atterraggio morbido, in cui la FED non ha bisogno di abbassare i tassi, garantendo così anche il controllo dell''inflazione; in questo scenario le famiglie pur oberate dai debiti, ed in difficoltà a causa della contrazione immobiliare, riescono comunque a mantenere i propri consumi grazie al sostegno dei redditi e dell'occupazione derivante appunto dalla tenuta dell'economia dei servizi. Nel frattempo la fase negativa dell'immobiliare passa, e si riprende poi anche il manifatturiero.
Sono le previsioni ufficiali di Bernanke, insomma, che questa settimana hanno trovato anche l'avallo di Trichet (che lo ha dichiarato nell'apposita conferenza stampa post rialzo tassi BCE al 3,5%), ed è a loro che si affidano i compratori di azioni.

Sull'altro versante ci sono coloro che ritengono ( e pertanto sono compratori di obbligazioni) imminente il contagio della recessione manifatturiera al settore dei servizi: è lo scenario dell'atterraggio duro, in cui la Fed avrà bisogno di mettersi ad abbassare i tassi nel 2007; in questo scenario, l'attuale tenuta dei servizi e dell'occupazione viene spiegata con il ritardo fisiologico nel tipico ciclo economico, per cui è normale che siano gli ultimi a risentirne, mentre la recessione manifatturiera è l'indicatore che anticipa il futuro corso dell'economia globale. Per costoro, la crisi immobiliare è appena agli inizi e deve ancora far sentire i suoi effetti più negativi, soprattutto sull'occupazione; dopodichè anche la borsa si convincerà ed inizierà a scendere, e ci vorrà un robusto calo dei tassi per cercare di arginare la crisi. Alcuni sostengono, infatti, che date le dimensioni delle bolle in essere, il taglio dei tassi non sarà sufficiente a impedire la crisi, che si estenderà a livelo mondiale data la centralità dell'economia americana.

I dati di questa settimana hanno dato fiato alla prima scuola di pensiero: così i rendimenti sono tornati a rialzarsi, la borsa ha festeggiato e financo il dollaro ha nel finale un pò recuperato.
Ma, naturalmente, la partita è aperta, e il prevalere dell'una o dell'altra evidenza determinerà gli andamenti delle prossime fluttuazioni, che non mancheranno.
Da un lato infatti la potenza distruttiva dello scoppio della bolla immobiliare nella iperindebitata struttura americana è molto elevata; dall'altro, però, l'enorme espansione di moneta e credito (che secondo me fa parte di una ben precisa manovra illustrata nel Filo giallo della scorsa nota) ancora una volta potrebbe allontanare il redde rationem.

Nel frattempo non una parola viene detta, da entrambe le parti, sulle cose che realmente contano:
il dollaro che non vale la carta su cui è stampato, gli iceberg occulti dei debiti pensionistici e sanitari, i bilanci falsi alla Enron o alla Parmalat delle grandi entità a cominciare dai giganti della finanza ipotecaria (Fannie Mae), i rischi sistemici dell'esplosione incontrollata dei derivati,....quando proprio qualcuno se ne occupa vengono derubricati
a fastidiosi dettagli di importanza secondaria.

La verità è che il dibattito congiunturale resta alla estrema superficie delle cose; spesso ho usato la metafora del Titanic: ebbene è come se lì ci si fosse appassionati a discettare delle condizioni meteorologiche e dunque sulla velocità di avanzamento, mentre la struttura portante era in realtà irrimediabilmente lesionata e il dibattito avrebbe dovuto vertere su quanto tempo ci sarebbe voluto per l'inabissamento.

E' un classico storico: i padroni del vapore che sono anche i padroni dei mass media e delle grandi istituzioni finanziarie, depistano la massa, facendola appassionare ai falsi problemi; quando il Titanic affondò, i passeggeri di prima classe si salvarono, a morire furono gli altri. Chi comanda sa che a pagare saranno le seconde e terze classi planetarie.

Questa settimana, mentre alle aste da Christies si sono continuati a battere record astronomici, negli USA sono iniziati i primi fallimenti di intermediari finanziari specializzati in prestiti ipotecari.
So bene che come nella storiella di Al lupo Al lupo, chi mi legge da tempo rischia ormai di non crederci più; ma alla fine il Lupo arriva....

MATERIE PRIME : deboli
Il petrolio non è risucito a passare la resistenza di 63,5 sulla scad. gennaio e nel finale è sceso concludendo a 62. Debole il gas naturale che perde il 10% circa concludendo a 7,7 sulla scad.marzo. L'Opec dovrebbe annunciare un altro taglio di produzione per sostenere i prezzi, ma l'inverno al momento si presenta particolarmente mite.
Si arresta anche la marcia dei preziosi con l'Oro che perde il 3%:
siamo comunque nell'ambito di un normale ritracciamento dopo la recente corsa.
Si conclude con :
l'oro a 631(febbraio) il rame a 311 (marzo) l'argento a 13,9(marzo);
il platino a 1107(gennaio) il palladio a 334(dicembre).
L'indice generale CRB(marzo) a 313,5
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: al rialzo
Posizione asset: nulla

CAMBI: correzione finale
C' è voluta la chiusura di Londra alle 18 di venerdì, e una dichiarazione (del resto ovvia) del ministro del Tesoro americano(il dollaro forte è nell'interesse degli USA), per innescare l'attesa correzione del dollaro , che lo ha portato a concludere a 1,32 con euro e 116 con yen. Se la correzione era dovuta, la motivazione è apparsa fragile: Paulson ha inserito la frase di rito a sostegno del dollaro, in un intervista alla Cnbc in cui ha detto che sta per andare in Cina a chiedere la rivalutazione dello yaun (cioè la svalutazione del dollaro). Comprensibile però: i pochi trader rimasti a quell'ora ne hanno approfittato per far scattare le stoploss, un classico. In realtà la correzione sarebbe dovuta avvenire prima , in base ai dati congiunturali che hanno rispostato il pendolo verso la tesi della FED(tassi stabili) come sopra menzionato.
Ed anche Trichet , pur non lamentandosi troppo dell'euro forte, e pur mantenendo l'orientamento al rialzo sui tassi europei, ha fatto intendere che non c'è fretta e per i prossimi due-tre mesi i tassi resteranno fermi. Probabile che anche qualora nei prossimi giorni vi sia una prosecuzione al ribasso (1,31) sia di breve durata. Tecnicamente, al rialzo l'eurodollaro ha fatto un triplice top a 1,337 che adesso diventa una resistenza importante; al ribasso se 1,31 dovesse cedere, il pavimento sarà in area 1,29-1,30 che era la vecchia resistenza. Vedremo quanto dura, e se dura, la permanenza nel nuovo range che ha uno spazio di circa 4 figure come quello precedente (1,25-1,29) dove la sosta è durata 6 mesi.
Quando ho visto che l'eurodollaro restava tenacemente sopra 1,33 nell'imminenza della BCE e dei dati di venerdì ho preferito chiudere il calendar spread in pari; ed è stato un bene perchè alle 16 di venerdì quotava 1,3360. In precedenza avevo invece fatto un operazione positiva e a basso rischio sull'euro contro franco svizzero(+500 fr.sv. a contratto).
L'indice generale del dollaro a 83,3(dicembre) (+1%)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso
Posizione di medio termine: dollaro al ribasso
Posizione asset: nulla

OBBLIGAZIONI: marcia indietro
Per i motivi sopramenzionati, settimana di marcia indietro per i rendimenti obbligazionari statunitensi che si sono rimangiati il ribasso dei precedenti sette giorni. Questa tendenza potrebbe durare ancora un pò e dare soddisfazione al put sul decennale che ho messo in posizione.
Negli USA come saldo settimanale il future sul tasso a tre mesi scad.dicembre 2007 sale di ben 20 cts. al 4,73% , il 2 anni di 15 cts. al 4,67% il quinquennale di 14 al 4,53% il decennale di 11 al 4,55% il trentennale di 11 al 4,66%. La curva per contro è tornata ad invertirsi.
In Europa anche il Bund decennale sale di 6 cts. al 3,72% ed in Giappone il decennale sale di 9 cts. al 1,69%; il tasso sul debito dei paesi emergenti invece scende di 4 cts.
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: comprato put 108 sul decennale scad. dicembre

BORSE: effetto fiscale
Se proprio non vengono forzati da qualche disastro a Wally cercheranno di non vendere fino a fine anno : in tal caso infatti non dovranno pagare subito le tasse sulle plusvalenze, mentre vendendo a gennaio ritarderanno di 12 mesi tale esborso. L'appuntamento con l'Orso è quindi rimandato ai primi del mese prossimo, su cui sono posizionato con il put spread gennaio.
L' sp500 scad. marzo è salito nella prima parte della settimana arrivando a toccare quota 1430; ha poi stornato giovedì e venerdì fin sotto 1420 per concludere a 1422.
Per la settimana concludono: il Dow a 12307(+0,6%) lo sp500 a 1409(+0,6%) il nasdaq a 2437(+1%), il nasdaq100 a 1808(+0,6%), il Russell2000 (+1,5%); tra i settori, trasporti(+0,3%) i semiconduttori (+0,7%) le biotech (+0,6%) i broker/dealer(+3,7%) le banche(+1,6%).
Tokyo sale a 16417 (+0,6%) di nikkey, in Europa dax tedesco a 6427(+3%) il footsie inglese a 6152(+2%), il cac francese a 5384(+2,7%) mentre nell'Italietta senza la benchè minima speranza, l'SPmib a 40660(+1,7%) ed il Mibtel a 31275(+1,5%).
Tra le borse mondiali: Brasile +4% India -0,3% Cina -0,4% Russia +3,9%.
Posizione di lungo termine: al ribasso
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: put scad. dicembre, put spread scad. gennaio sullo sp500

PREVISIONI: Fed scontata
L'evento della settimana è la riunione della Fed di martedì sera, anche se stavolta l'esito è ampiamente scontato: terrà i tassi fermi al 5,25% e si limiterà a sostituire solo qualche parola , al massimo, rispetto al precedente comunicato. Ribadirà cioè che si aspetta un rallentamento morbido dell'economia, e manterrà pertanto l'avviso di ordinanza circa possibili rischi inflazionistici. Non dovrebbero quindi esserci particolari turbative sul mercato.
Lunedì niente di particolare, mentre martedì usciranno l'indice zew tedesco di dicembre, ed il deficit estero degli USA ad ottobre, oltre al già citato comunicato Fed delle 20,15.
Mercoledì il dato americano delle vendite al dettaglio di novembre, particolarmente importante per verificare la tenuta dei consumi.
Giovedì dati minori, ed infine Venerdì il gran finale che inizierà fin dalla notte con il Tankan giapponese ed il discorso di Bernanke a Pechino, seguito dai dati sull'inflazione al consumo europea ed americana a novembre; dagli USA usciranno anche l'indice di new york,i flussi di capitale ad ottobre e la produzione industriale a novembre. Di questo pacchetto finale, il più importante in caso di sorprese è ovviamente il dato "core"sui prezzi al consumo USA, attesi restare al 2,7% annuo.

ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
- venduto un eurosvizzero scad. dicembre a 1,5906 comprato a 1,5866
(+500 fr.sv.)
-venduto un put eurodollaro 1,32 scad. dicembre a 0,0076 comprato a 0,0009(+837,5$)
-comprato un put eurodollaro 1,32 scad. gennaio a 0,0110 venduto a 0,0044(-825$)
-comprato un put eurodollaro 1,29 scad. dicembre a 0,0013
scaduto a 0(-162,5$)
-comprato un put eurodollaro1,27 scad. dicembre a 0,0011
scaduto a 0(-137,5$)

operazioni aperte:
-comprato un put sp500 1360 scad. dicembre a 4,4 chiude a 0,4(-200$)
-comprato un put sp500 1385 scad. gennaio a 12 chiude a 9,5 (-125$)
-venduto un put sp500 1365 scad. gennaio a 7,5 chiude a 6,5 (+50$)
-comprato 5 put 108 sul bond scad. dic. a 0,0625 chiude a 0,125
(+312,5$)

Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, dopo aver pagato le commissioni, è a +3800 euro (con 25 operazioni effettuate su eurodollaro+ 6 sul nasdaq+2 su gas naturale+2 su eurosvizzero+2 su oro+1 su argento+5 su bond+1 su euroyen+5 su petrolio+3 su s&p500+1 su dowjones+1 su cacao); il rendimento complessivo, tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato, è pari al
+5,6% ed equivalente al +5,9% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures e i premi su opzioni assorbono 0,5% ed il 99,5% è in conto corrente al 2,54% netto (3,50% tasso iwbank).

12/03/2006

La Nota sui mercati 3.12

La settimana 27 novembre - 1 dicembre 2006

ECONOMIA: il Filo Giallo
In Speciale Filo Rosso ho illustrato come la caduta del dollaro provocando una restrizione automatica della liquidità globale, di norma innesca anche un rialzo dei rendimenti ed un ribasso delle quotazioni azionarie, vale a dire uno sgonfiamento generale delle bolle.
Se intervengono manovre dirigistiche, ed è esattamente quello che sta avvenendo, il Filo Rosso si trasforma in Filo Giallo dove la caduta del dollaro è accompagnata addirittura da un ribasso dei rendimenti e da una tenuta se non rialzo delle Borse.
Vediamo perchè la causa di ciò è il "giallo".

Questa settimana Bernanke è stato oltremodo chiaro: per evitare che la crisi immobiliare si trasformi in una recessione globale occorre sostenere i consumi e le esportazioni; il che signifca far scendere il dollaro, abbassare i rendimenti, sostenere la borsa, ed evitare un nuovo rialzo dei costi energetici.( La logica è quella nota e qui più volte denunziata : sostituire una bolla che scoppia con nuove bolle.)
Ma se il dollaro scende e si innesca il filo rosso, il danno finanziario per i creditori americani è doppio: perdite sul cambio e sui titoli perchè i principali detentori di dollari, gli asiatici ( i Gialli) , li detengono principalmente sottoforma di titoli obbligazionari. Dunque è prevedibile che essi si oppongano alla discesa del dollaro.
Se viceversa si riesce a far scendere i rendimenti e dunque aumentare le quotazioni dei titoli, si compensa il danno che essi ottengono sul cambio:
ad esempio, -10% sul cambio +10% sui corsi dei titoli, significa per loro restare in pari. E possono dunque collaborare alla svalutazione del dollaro, diversificando le riserve.
Con questa manovra gli americani centrano due obiettivi:
tenere buoni gli asiatici e sostenere l'economia (evitando lo scenario drammatico di una recessione globale e di una fuga dal dollaro).
Al contempo anche i Gialli ottengono due risultati: si liberano di un pò di dollari, e tengono in vita il loro cliente preferito (il consumatore americano).

Come si fa ad ottenere questo nuovo equilibrio di Nash?
gli USA si mettono a stampare ancora più moneta, sopperendo alla restrizione di liquidità internazionale (derivante dalla discesa del dollaro) per via interna, agendo direttamente nell'acquisto di titoli obbligazionari ed azionari americani.
Non a caso, il terzo ministro del tesoro americano sotto Bush (che ha trattato questa figura come un cameriere di poca importanza, dapprima assumendo l'ex-contabile licenziato dopo tre anni, poi l'ex-ferroviere licenziato dopo altri tre anni) proviene direttamente dal braccio armato paragovernativo della finanza mondiale : la Goldman Sachs.
E non a caso questo signore ha innanzitutto convocato il PPT (protection plunge team), cui partecipano la Fed, il tesoro e le grandi banche americane.
Il PPT funziona così: il governo assicura alle banche linee di credito gratuite ed illlimitate (equivalenti alla stampa di moneta) affinchè loro intervengano sulle quotazioni dei principali mercati, in modo tecnicamente efficiente, per sostenerle e indirizzarle.
Questa settimana, il PPT ha agito in modo evidente sulla borsa e sulle quotazioni dei bond, con il risultato di evitare la caduta della prima e di far salire i secondi, NONOSTANTE la caduta del dollaro ed i dati macro: entrambi,razionalmente, avrebbero dovuto ottenere l'effetto opposto perchè di tipo stagflazionistico.

Ma qual'è il costo di questa panacea?
E' il potenziale inflazionistico futuro, che sarà sempre più devastante rispetto a quello già fin qui accumulato. E infatti financo Bernanke ha dovuto "avvisare" che potrebbero esserci problemi in materia; ma sa benissimo che per il momento il mercato se ne infischia dell'inflazione, così ha potuto recitare la "parte" istituzionale di guardiano dell'inflazione senza provocare alcuna reazione classica (rialzo dei rendimenti, calo della borsa, rialzo del dollaro) a questo tipo di "avvertimenti".
Ancora più interessante, nel profluvio di dichiarazioni della settimana spicca quella di un membro della Fed (Possler): ha ritenuto importante dire che "il rialzo dell'oro non indica futura inflazione"; excusatio non petita, accusatio manifesta - dicevano i romani: in realtà la Fed teme che prima o poi l'inevitabile rialzo dell'oro (ma anche dell'argento,del platino, del nickel, dell'alluminio, etc.) riporti sulla scena la -per ora - dimenticata paura dell'inflazione; e ciò perchè in quel momento sarebbe costretta a rialzare i tassi d'interesse, rovinando tutta la manovra sopramenzionata.

Vi è poi l'aspetto interno ai gialli del Filo Giallo.
I primi due creditori americani sono Giappone e Cina con cifrette nell'ordine del trilione di dollari cadauno, e che salgono di 200 miliardi all'anno. Giappone e Cina sono in una situazione reciproca particolarmente complessa. Storicamente si odiano e fino a poco tempo fa questo odio è riemerso anche in manifestazioni popolari, in contestazioni sulle acque internazionali, etc. Politicamente sono all'opposto: democrazia popolare e vassallo americano, il primo; dittatura comunista e principale antagonista sulla scena geopolitica mondiale, il secondo. Militarmente la Cina soverchia il Giappone, e non a caso quest'ultimo ha appena deciso di investire pesantemente sul militare pur contando sull'alleanza militare con gli USA (come taiwan).
Dal punto di vista economico invece, la Cina rappresenta per il Giappone un cliente oltremodo interessante, così come per i cinesi le forniture tecnologiche nipponiche. Dal punto di vista finanziario, mentre la Cina può diversificare dal dollaro anche comprando yen, per il Giappone l'unica alternativa al biglietto verde sono l'euro e la sterlina (se comprasse yen provocherebbe una restrizione della liquidità e un impennata dei tassi d'interesse, cosa che per ora non vuole fare avendo ancora paura della spirale deflazionistica in cui è precipitato da quindici anni, ed avendo il maggior deficit pubblico del mondo: oltre il 150% del PIL).
Tutto ciò premesso,
poichè si stanno verificando sia la caduta del dollaro sia la caduta dello yen nei confronti delle valute europee, e poichè il Giappone è un fedele alleato americano, se ne deduce che la manovra in atto abbia il Giappone come contropartita gialla agli USA , mentre i cinesi probabilmente stanno ancora in attesa dell'incontro con Paulson e Bernanke a dicembre, dove è chiaro che gli yankee spiegheranno la manovra e suoi relativi comnpensi finanziari.

E gli europei in tutto questo? L'apprezzamento dell'euro dà fastidio solo a qualche esportatore sul mercato nippo-americano ma in realtà è inevitabile, proprio per mancanza di alternative valutarie.
E se l'europa volesse fermarlo dovrebbe mettersi a comprare dollari, il che sarebbe folle, come un negoziante che facesse ancora più credito al suo cliente insolvente. Invece , poichè il rialzo dell'euro contiene i costi delle materie prime in dollari ed ha un effetto disinflazionistico, si avrà l'effetto di bloccare il rialzo dei tassi d'interesse avviato dalla BCE, e con questo quello di frenare la rivalutazione agendo sul differenziale dei tassi; d'altro canto eventuali acquisti di dollari, come vorrebbero i francesi, provocherebbero altra inflazione via l'aumento della liquidità interna che già viaggia ben oltre le due cifre (prestiti bancari +11%).

Staremo a vedere: non cè dubbio che è appena partita una manovra importante, e non c'è dubbio che alcuni importanti attori (Cina, Europa) devono ancora mettere a punto le loro risposte.
Se si trova la quadra, cioè l'accordo generale, la svalutazione del dollaro è appena all'inizio, e il Filo Giallo comporterà - a differenza del Filo Rosso- rendimenti bassi e borse "tenute", oltre che gran rialzo delle commodities.
Se la quadra non si trova? la manovra rientra e si continua l'esistente, che però diverrà sempre più ingestibile; allora ci vorrà qualcosa di traumatico (anche per non dover ammettere di avere sbagliato tutto), e guarda caso sono già spuntati "avvisi" di possibili attacchi terroristici al sistema informatico della finanza mondiale.....

MATERIE PRIME : petrolio in rialzo
Mi sbagliavo quindi quando ritenevo che finite le elezioni americane con la perdita dei repubblicani, sarebbe partita un azione ribassista sulla borsa e rialzista sul petrolio? Sì, in base a quanto sopra spiegato. Però sul petrolio la partita resta aperta e proprio questa settimana ci sono stati segnali in questo senso. Da un lato infatti per sostenere i consumi americani è necessario che i costi per la benzina ed il riscaldamento non tornino a salire; dall'altro però, la caduta del dollaro incide direttamente nelle tasche dei produttori, Arabi e Russi in primis, i quali spingono ovviamente perchè il prezzo del crudo e del gas naturale in dollari, almeno recuperi la perdita del cambio. Anche arabi e russi stanno riducendo le loro riserve in dollari (percentualmente) già da tempo; ma non c'è dubbio che per loro la compensazione - che con i gialli avviene tramite i rendimenti- deve avvenire con il prezzo delle loro materie prime.
Fatto sta, che questa settimana il petrolio ha fatto un balzo del 7% salendo continuamente e chiudendo ai massimi di 63,5 sulla scadenza gennaio (gas naturale in rialzo del 5% a 8,4 sulla scadenza marzo); tecnicamente quest'area rappresenta una resistenza molto importante, e se la passa in poco tempo potrebbe ritornare in area 70.
Prosegue nel frattempo la marcia dei preziosi guidati dall'ORO ed il rame sta difendendo area 310.
Si conclude con :
l'oro a 650(febbraio) il rame a 317 (marzo) l'argento a 14,2(marzo);
il platino a 1154(gennaio) il palladio a 332(dicembre).
L'indice generale CRB(dicembre) a 321 (+4%)
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: al rialzo
Posizione asset: nulla

CAMBI: la caduta continua
Sotto il profilo congiunturale la prosecuzione della caduta del dollaro è stata favorita soprattutto dagli indici del settore manifatturiero USA, per la prima volta scesi sotto quota 50, indicando contrazione in valore assoluto; male anche gli ordini di beni durevoli e - a sorpresa- in calo l'indice di fiducia dei consumatori; in caduta libera infine le vendite di nuove case. Così, nonostante il ritoccamento del PIL nel terzo trimestre al +2,2 , dovuto soprattutto alle maggiori scorte (che però segnalano problemi per il trimestre successivo), e nonostante l'ottimismo di Bernanke ribadito dal Beige Book, i mercati si sono sempre più convinti: la crescita zero è imminente e la Fed dovrà abbassare i tassi. L'eurodollaro ha fatto un altro balzo concludendo a 1,335 e l'euroyen idem arrivando quasi a 154.
Poichè vi era anche la possibilità tecnica di un ritracciamento vistoso, lunedì ho puntato sull'acquisto sia di call che di put; cui poi ho successivamente affiancato anche un operazione da range(calendar spread), per sfruttare l'imminente decadenza delle opzioni dicembre(scadono venerdì 8 alle 16). Ho pertanto guadagnato con la call 1,34 venduta quasi il triplo di quanto l'ho pagata, anche se la perdita ormai praticamente certa del premio sulla put riduce sensibilmente il guadagno netto dell'operazione; per il calendar spread invece una chiusura di fine settimana prossima a 1,325 massimizzerebbe l'utile, mentre il rischio è molto limitato(ed in ogni caso non può superare i 20 tiks circa).
Tecnicamente il dollaro potrebbe continuare ad avvitarsi al ribasso raggiungendo 1,35 ma l'ipervenduto di breve è notevole per cui crescono le probabilità che vi sia almeno una correzione momentanea in area 1,32.
Nei prossimi giorni saranno decisivi l'ISM dei servizi, la BCE e soprattutto i dati sul mercato del lavoro.
L'indice generale del dollaro a 82,4(dicembre) (-1,5%)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso
Posizione di medio termine: dollaro al ribasso
Posizione asset: calendar spread + varie put scad. dicembre

OBBLIGAZIONI: rottura clamorosa
Tra i dati usciti vi è stato il deflatore dei prezzi al netto di energia e alimentari sulla spesa per consumo di ottobre (citato da Bernanke) che invece di diminuire come atteso al 2,3 è restato al 2,4%. Questo elemento, unito alla caduta del dollaro che ha effetti inflazionistici sui beni importati, avrebbe dovuto contenere (se non impedire) il calo dei rendimenti. Invece sul decennale è stata addirittura bucata al ribasso l'importante soglia di supporto costituita dal 4,5% fino a toccare il
4,42% ; il PPT si è dunque fatto sentire ed i soliti meccanismi amplificatori legati alle stoploss e alle coperture sulle opzioni hanno fatto il resto.
Negli USA come saldo settimanale il future sul tasso a tre mesi scad.dicembre 2007 crolla di ben 23 cts. al 4,43% , il 2 anni di 21 cts. al 4,52% il quinquennale di 16 al 4,39% il decennale di 11 al 4,44% il trentennale di 8 al 4,55%. La curva si è appiattita di colpo, con le scadenze brevi che sono scese il doppio rispetto alle lunghe, a dimostrazione che ormai è prezzato un taglio dei tassi nel primo trimestre del 2007.
In Europa invece il Bund decennale scende solo di 3 cts. al 3,66% ed in Giappone il decennale scende di 6 cts. al 1,60%; il tasso sul debito dei paesi emergenti scende di 5 cts.
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla

BORSE: PPT
Come sopramenzionato, l'azione del PPT è stata evidentissima a Wally che infatti pur chiudendo in lieve perdita la settimana, sostanzialmente tiene le posizioni, nonostante fattori tecnici e soprattutto i dati avrebbero dovuto innescare quel crollo da tempo atteso, e che lunedì pareva avviato. Nel mio "Finalmente" avevo accennato alla possibilità di una tenuta nervosa, altro segnale comunque di formazione del Top e di possibile inversione del trend. Proprio per questo oltre al put spread scad. gennaio con rapporto di 1 a 3 tra rischio e guadagno netto che terrò in posizione fino a scadenza, ho comprato sia call che put scad. dicembre, e la call l'ho già venduta con un guadagno che in ogni caso quasi ripaga il put restante (scadenza 15 dicembre).
Dopo la caduta di lunedì fino a 1378 sullo sp500 scad. dicembre, il PPT è riuscito far ritoccare i massimi a 1408 e sulla successiva caduta di venerdì a 1388 è riuscito nel finale a riportarlo a 1400 dove chiude quindi con un minimo calo su base settimanale, come il Dow ; la manovra però non è riuscita a evitare che i tecnologici e le piccole capitalizzazioni accusassero il colpo (interessante anche il crollo del settore broker/dealer). Nel resto del mondo solo l'Europa perde.
Per la settimana concludono: il Dow a 12194(-0,7%) lo sp500 a 1396(-0,3%) il nasdaq a 2413(-2%), il nasdaq100 a 1782(-2,2%), il Russell2000 (-1,4%); tra i settori, trasporti(-2,9%) i semiconduttori (-3,1%) le biotech (-1,1%) i broker/dealer(-4,7%) le banche(-1%).
Tokyo sale a 15734 (+4%) di nikkey, in Europa dax tedesco a 6241(-3%) il footsie inglese a 6022(-1,8%), il cac francese a 5254(-2,7%) mentre nell'Italietta senza la benchè minima speranza, l'SPmib a 39949(-1,5%) ed il Mibtel a 30781(-1,5%).
Tra le borse mondiali: Brasile -1% India +1% Cina +2,5% Russia +3,4%.
Posizione di lungo termine: al ribasso
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: put scad. dicembre, put spread scad. gennaio sullo sp500

PREVISIONI: altra settimana cruciale
La nuova parola d'ordine della Fed è: a parte l'immobiliare e il settore auto, il resto dell'economia va bene e non ci saranno problemi.
Lo dicono per evitare che si inneschi una psicologia recessionista e per tenere in piedi la borsa. MA l'ISM manifatturiero sotto 50 ha sempre preceduto una recessione sin dagli anni 1960.
La settimana che viene il primo dato chiave è l'ISM dei servizi: se questo tiene (è atteso in lieve calo a 56 da 57), si dirà che essendo i servizi il 70% dell'economia, la Fed ha ragione; se però anch'esso scende più del previsto, la difesa d'ufficio della fed diverrà sempre più insostenibile. Finora gli indici americani sono in guadagno del 10% abbondante da inizio anno, ma ci vogliono pochi giorni per vedere svanire tali guadagni (vedasi maggio): il PPt dovrà impegnarsi a fondo se i dati non aiutano.
Altro dato cruciale, sul mercato del lavoro USA.
Bernanke ha appena finito di sostenere che il suo ottimismo sulla tenuta dell'economia nasce dal buon andamento dell'occupazione: anche qui se dovesse essere smentito....
Entrambi questi dati sono importanti per il dollaro: se ISM ed occupazione risultano "forti" potrebbe esserci una correzione significativa, altrimenti si vedrà 1,35 con l'euro; a meno che Trichet nella conferenza stampa di giovedì, quando comunicherà il rialzo dei tassi al 3,5% non dovesse esprimersi con decisione contro il recente rialzo dell'euro facendo capire che i tassi europei non saliranno più.
Lunedì parla Moskow della Fed ed escono i prezzi alla produzione europei. Martedì vendite al dettaglio europee, e dagli USA: produttività e costo del lavoro nel terzo trimestre, ordini alle fabbriche di ottobre e soprattutto l'ISM dei servizi a novembre.
Mercoledì molti dati nipponici ed europei ma niente dagli USA.
Giovedì giornata della BCE e della Banca d'Inghilterra, mentre una valanga di dati giapponesi usciranno in nottata.
Venerdì gran finale con la produzione industriale tedesca, e soprattutto con i dati sul mercato del lavoro USA a novembre seguiti dal preliminare indice del Michigan a dicembre. Le attese sulle nuove buste paga sono nell'ordine dei centomila, con salari orari in lieve delerazione, ma conteranno anche le revisioni dei mesi precedenti che non mancano mai.


ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
-comprato un call eurodollaro 1,34 scad. dicembre a 0,0013 venduto a 0,0032 (+237,5$)
-comprato un call sp500 1415 scad. dicembre a 3,3 venduto a 6(+135$)

operazioni aperte:
-comprato un put eurodollaro 1,29 scad. dicembre a 0,0013 chiude a 0(-162,5$)
-comprato un put eurodollaro1,27 scad. dicembre a 0,0011 chiude a 0(-137,5$)
-venduto un put eurodollaro 1,32 scad. dicembre a 0,0076 chiude a 0,0011(+812,5$)
-comprato un put eurodollaro 1,32 scad. gennaio a 0,0110 chiude a 0,0046(-800$)
-comprato un put sp500 1360 scad. dicembre a 4,4 chiude a 2,4(-100$)
-comprato un put sp500 1385 scad. gennaio a 12 chiude a 13,5 (+75$)
-venduto un put sp500 1365 scad. gennaio a 7,5 chiude a 9 (-75$)

Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, dopo aver pagato le commissioni, è a +3850 euro (con 23 operazioni effettuate su eurodollaro+ 6 sul nasdaq+2 su gas naturale+1 su eurosvizzero+2 su oro+1 su argento+5 su bond+1 su euroyen+5 su petrolio+3 su s&p500+1 su dowjones+1 su cacao); il rendimento complessivo, tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato, è pari al
+5,4% ed equivalente al +5,9% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures e i premi su opzioni assorbono 0,9% ed il 99,1% è in conto corrente al 2,37% netto (3,25% tasso iwbank).