12/29/2006

Speciale Previsioni 2007

Speciale Previsioni 2007

Non è per pigrizia, ma quest'anno il mio classico documento di previsioni per l'anno che viene, è un copia incolla di quello dell'anno scorso. Rileggendolo infatti l'ho trovato sottoscrivibile , non saprei che altro dire, resta tutto valido. Ed è interessante confrontare quanto prevedevo dodici mesi fa con quanto si è poi in realtà realizzato.
Mi limiterò pertanto ad aggiungere tra parentesi qualche variante relativa al 2007.

Come diceva Churchill, un economista deve essere in grado di fare delle previsioni e soprattutto deve essere in grado di spiegare perchè non si sono verificate.
Perfettamente in linea con questo assunto, nella conclusione delle previsioni ddel 2005, scrivevo:
"Se tutto questo non avviene, vorrà dire che prevale lo status quo e che si rimanda la sistemazione degli squilibri (essi però nel frattempo si saranno aggravati) al 2006. In tal caso la previsione è facile , avremo una replica nel 2005 del 2004, sia per la crescita mondiale che per l'andamento dei mercati finanziari, punto più punto meno.Io concedo al massimo il 25% di probabilità a questo scenario alternativo, che è poi quello della stragrande maggioranza dei previsori."
Ebbene il 2005 ha centrato quel 25% di probabilità che davo allo scenario della prosecuzione della Grande Bolla Mondiale, ed in effetti l'andamento del 2005 ha replicato grosso modo quello del 2004, con l'importante eccezione dello sganciamento dell'oro dal dollaro.
Per il 2006 , io continuo ad assegnare solo un 25% di probabilità allo scenario della prosecuzione della Grande Bolla (nel qual caso prevedo un andamento dei mercati sostanzialmente in linea con quello del 2005).
Confermo quindi che al 75% ritengo probabile lo scoppio della Grande Bolla (la maggiore della Storia valutabile in circa 15 trilioni di dollari) e dunque la crisi del dollaro, dei mercati azionari ed obbligazionari.
Se rileggo quanto scrissi in Speciale Previsioni 2005 , lo trovo perfettamente attuale, e confermo quelle previsioni nel caso di scoppio della Grande Bolla.

(si è dunque ancora verificato quel 25% di probabilità; vedremo se sarà lo stesso anche nel 2007)

Nel presente documento, descriverò il "pallone" che il 2005 ci consegna in eredità, ed analizzerò gli "spilloni" che possono bucarlo.

Il Pallone
IL 2005 termina con un largo consenso tra i partecipanti al mercato finanziario circa il fatto che si è raggiunto un "equilibrio di nash", una nuova simbiosi tra il deficit estero record e crescente degli USA e coloro i quali lo finanziano. La Cina è considerato il più volenteroso partecipante a questa simbiosi: gli americani comprano i prodotti fatti in Cina e in cambio la Cina compra i titoli del tesoro stampati a Washington.
Superficialmente, questo scambio sembra un grande affare per entrambi: fornisce ai consumatori americani il sussidio in tassi d'interesse necessario per sostenere la loro spesa crescente, ed aiuta la Cina a limitare un apprezzamento dello yaun che altrimenti danneggerebbe le sue esportazioni.
I mercati sono convinti che questa situazione non cambierà, e proseguirà ancora nel 2006, perchè fanno una pericolosa razionalizzazione ex-post degli squilibri globali. Naturalmente vi sono degli sprazzi di verità nella nozione di una nuova simbiosi internazionale: i crescenti flussi commerciali e di capitali che provengono dalla connettività interfrontaliera della globalizzazione, creano un crescente senso di codipendenza nell'economia globale. Il ruolo del dollaro come moneta di riserva aggiunge fiducia alla nozione di un blocco valutario in espansione.
Ma non credo che questa situazione sia desiderabile o sostenibile proprio dal punto di vista degli interessi di entrambi i due principali protagonisti di questa simbiosi, Cina ed USA, che peraltro dal punto di vista geopolitico restano in rotta di collisione verso l'inevitabile scontro militare (ma ci vorranno alcuni anni prima di arrivarci).

I problemi dei cinesi derivano in gran parte dall'eccesso di valuta estera accumulata: solo quest'anno vi è stato un incremento del 50% e il raggiungimento del livello assoluto giapponese, e ciò ha forzato i cinesi a massicci acquisti di assets denominati in dollari, per evitare una rivalutazione troppo rapida della propria moneta. Poichè in Cina manca un mercato interno obbligazionario ben sviluppato, la Cina può solo sterilizzare una piccola porzione di questi acquisti; il resto, cioè la gran parte, rifluisce nel suo sistema finanziario interno, portando ad eccessi di liquidità e alle conseguenti bolle sugli assets. La manifestazione più evidente di queste bolle è quella immobiliare sulla costa, con epicentro a Shangai. Inoltre , poichè il 70% delle riseve in valuta estrera è in dollari, una significativa svalutazione del biglietto verde rappresenterebbe una grande perdita per l'economia cinese. Infine, un altro risultato di questa simbiosi insana è che il crescente squilibrio bilaterale con gli USA aumenta le frizioni commerciali e protezionistiche tra le due nazioni.

Anche dal punto di vista americano vi sono problemi non da poco. Nella misura in cui gli acquisti esteri di assets denominati in dollari rapprensentano l'equivalente funzionale di un sussidio ai tassi d'interesse USA, i mercati beneficiano di un supporto artificiale. Il risultato è una crescita dei valori immobiliari che molti americani adesso percepiscono come una nuova e permanente fonte di guadagno. Il che, a sua volta, ha un profondo impatto nel rimodellare le strategie di risparmio e di consumo. In sintesi: i modelli di consumo basati sul reddito sono stati rimpiazzati da quelli basati sull'aumento di valore dei cespiti patrimoniali. Le ripercussioni di questa trasformazione sono profonde:
non si risparmia più niente dei propri redditi, ed anzi si spende in eccesso (il tasso di risparmio negativo ha un solo precedente storico, nell'anno 1933 quando si era nella Grande depressione). Nel contempo, gli americani possono usare nuovo potere d'acquisto , letteralmente "mangiandosi le case", cioè indebitandosi su di esse. Ed è qui che i debiti entrano nell'equazione: il debito complessivo del settore famiglie è arrivato a superare il 20% del PIL negli ultimi 5 anni, cifra pari a quanto fatto nei precedenti 20 anni; ne consegue che il costo degli interessi su tale debito crescente ha raggiunto il record storico, nonostante i tassi d'interesse tenuti ai minimi fino a pochi mesi fa.
Il risultato è una vulnerabilità dei consumatori americani, senza precedenti, sia sul fronte del risparmio che su quello del debito.

Nonostante la solare evidenza di questa analisi, i sostenitori della simbiosi non si preoccupano. Dopo tutto, sono precisamente gli eccessi - sia quelli della Cina che degli USA - che vengono ribilanciati dalla globalizzazione. Un anno fa, quando vi erano diffuse preoccupazioni su questi squilibri globali, il dollaro non è andato in crisi, anzi nel 2005 si è ripreso: per cui queste preoccupazioni sono scemate. Fin quando il mondo sostituirà con i propri risparmi la carenza di quelli americani, non c'è alcuna ragione per preoccuparsi.
Insomma il consensus si bea in un senso di falsa sicurezza, credendo che gli squilibri resteranno un no-problem per l'economia globale ed i mercati finanziari mondiali.

Io credo che questa opinione molto probabilmente sarà messa a dura prova già nel 2006, anche se - come la Storia delle bolle insegna- non ci si deve sorprendere nel caso in cui resista ancora. Le bolle scoppiano quando meno ce lo si aspetta. Nel 1990 le librerie erano piene di libri sul diverso modello giapponese e proprio allora iniziò lo scoppio della bolla nipponica, i cui effetti devstanti sono durati oltre 10 anni; nel 1996 la Banca Mondiale presentò uno studio sul miracolo delle cinque tigri del
sud est asiatico, le stesse che furono travolte dalla crisi l'anno successivo; nel 2000 era appena emerso il concetto del nuovo paradigma, quando il Nasdaq crollò da 5mila a meno di duemila. La Storia è piena di esempi di coloro che pensavano che le bolle non erano bolle, ma trasformazioni strutturali che sarebbero durate per sempre. L'attuale bolla, che in realtà è la madre di tutte le bolle per le dimensioni senza precedenti e per la sua estensione globale, scoppierà anch'essa quando meno ce lo si aspetta.
E per ora nessuno se lo aspetta. Fin quando l'inflazione resta bassa, le banche centrali non la faranno certo scoppiare; e considerando l'eccesso di capacità produttiva mondiale, particolarmente in Cina, è difficile che l'inflazione dei prezzi dei beni al consumo - senza petrolio ed alimentari- possa impennarsi. Pertanto, lo scoppio potrebbe essere innescato da uno shock, magari dovuto alle fragilità interne delle economie.Quella USA in testa, seguita a stretta distanza dalla Cina.

La previsione più facile è che gli squilibri globali peggioreranno nei prossimi 12 mesi, aumentando le tensioni tra USA e Cina.
(confermo per il 2007)
Nel caso americano, si intensificherà la pressione sul mercato immobiliare, cui tutto il sistema finanziario è pesantemente esposto. C'è chi sostiene che ancora non si è creata una vera e propria bolla. Fatto sta che a fine 2005 le 40 principali aree metropolitane stanno sperimentando un inflazione dei prezzi delle case di oltre il 20% annuo; a livello statale in ben 25 Stati l'inflazione supera il 10%; per cui anche se non ogni singola casa americana è in piena bolla, mi pare evidente che tale definizione sia appropriata. E poichè i consumi degli amerciani dipendono ormai dal valore delle loro case.....
Poi c'è il grande problema del risparmio negativo. In un clima di prezzi energetici alle stelle, è probabile che le famiglie difendano il proprio tenore di vita, indebitandosi ancora di più; inoltre le prospettive per il deficit federale sono al peggioramento. Il risultato è un ulteriore deterioramento del tasso di risparmio netto nazionale, attualmente al minimo storico dell'1,5% del PIL; il che significa che gli USA importeranno sempre di più risparmi dall'estero, ampliando il loro deficit che quest'anno ha già raggiunto quota 7% del PIL.
Questo trend americano metterà sempre più pressione sull'economia cinese, già squilibrata. Maggiore il buco nero del risparmio americano, maggiore la necessità che venga colmato con il risparmio cinese.Il che offrirà supporto alla crescita dell'export cinese, così come agli investimenti derivanti dal settore esportatore, ma così facendo si amplieranno ulteriormente proprio gli stessi due settori che sono già in situazione di eccesso.
Al contempo, vi sono buone ragioni per credere che la maggior parte dei creditori esteri degli USA, siano razionali alla fin fine; ed è dunque probabile che eserciteranno una crescente cautela nel gestire i loro già eccedenti portafogli in assets denominati in dollari. Il che metterà altra pressione sulla Cina affinchè compensi ogni eventuale deflusso dal dollaro, specialmente se vorrà continuare ad evitare la rivalutazione dello yaun.
Nel 2005 (e nel 2006) si è solo sprecata un occasione per iniziare la difficilissima opera di riequilbrio globale; e adesso il 2006 (2007) si trova davanti la stessa esigenza, solo ancora più grande. L'apprezzamento del dollaro ha portato molti a ritenere che i mercati finanziari sono perfettamente capaci di gestire gli squilibri: io credo che questo senso di falsa sicurezza verrà messo a dura prova nel 2006. Il risultato prima o poi sarà una brusca caduta del dollaro, e un aumento dei tassi di interesse reali americani, e questo sviluppo coglierà di sorpresa la maggioranza degli investitori, particolarmente quelli in valori azionari.


Gli spilloni
Gli spilloni che possono bucare il pallone, sono essenzialmente tre:
la caduta dei consumi americani (innescata a sua volta dallo scoppio della bolla immobiliare e/o dall'impennarsi del petrolio sopra i 100 dollari),
il rallentamento cinese, la crisi del dollaro e delle banche centrali.

I consumatori sono stati la spinta fondamentale di un decennio di crescita USA, ed il consensus ora crede che i consumi siano impermeabili agli shock esterni dopo le numerose prove passate. Nel 2006 però tale convinzione verrà sfidata. Poichè è privo di sostegno da parte del reddito da lavoro, il consumatore super indebitato e dipendente dai cespiti patrimoniali, potrebbe infatti venire messo in crisi dalla pressione gemella esercitata dal caro-petrolio e dalla frenata del mercato immobiliare. In effetti il 2005 si chiude già con dei segnali in tal senso: la crescita dei consumi al netto dell'inflazione (pur sottostimata) è stata pressocchè nulla nel quarto trimestre. E ora nel 2006 dovrebbe iniziare a sentire il morso del rialzo dei tassi a breve che impattano i costi pagati per interessi sul debito accumulato, in gran parte a tasso variabile.

Dopo anni di scetticismo, il mondo adesso considera la Cina come una storia di crescita permanente, in grado di andare al ritmo perpetuo del 9%. In realtà, sula base di informazioni attendibili provenienti da esperti della realtà cinese, risulta molto probabile una brusca franata dei prestiti bancari nel 2006, a seguito del passaggio da un sistema centralizzato ad uno più commerciale, voluto proprio per frenare gli eccessi creditizi. Inizia a emergere un sistema più orientato verso la redditività e gli azionisti, e dunque non più facilmente tollerante : ne dovrebbe conseguire un forte rallentamento nella crescita degli investimenti, non più finanziati a manetta; sviluppo del resto auspicato dallo stesso governo timoroso di un eccesso di capacità produttiva che possa un domani portare alla deflazione. Tutto questo avrebbe un impatto notevole sul mercato delle materie prime (come ad esempio nel caso del rame), e potrebbe avere effetti di contenimento anche sul prezzo del petrolio (ma questo è molto più incerto).

Con la fine del ciclo di rialzo dei tassi USA il tema del differenziale dei tassi scemerà di importanza nel guidare i tassi di cambio, e se persisterà giocherà a sfavore del dollaro. Ma soprattutto è probabile che l'attenzione torni a focalizzarsi sul deficit americano, e magari sulla ripresa giapponese. Se quest'ultima accelera, lo yen potrebbe divenire la moneta vincente del 2006; comunque il dollaro dovrebbe riprendere il suo trend svalutativo di lungo periodo, contro tutte le valute. L'effetto spillone però ci sarà qualora a questo sviluppo si accompagni una perdita di credibilità delle banche centrali.La grossa incognita è data dal cambio di guardia alla Fed: Bernanke è stato accolto molto bene a prima vista, ma è indubbio che di fronte a situazioni difficili gli mancherà il supporto della fiducia "cieca" che i mercati avevano in Greenspan. Tra l'altro vi è il precedente storico che ogni nuovo governatore all'inizio si trova investito da una crisi grave (a Greenspan toccò quella del 1987). La credibilità della BCE è inoltre traballante già da tempo, ed io sospetto che tra le troppe voci, tra la sottomissione ai politici, e tra le contraddizioni intrinseche del sistema europeo, non potrà che scendere ancora. Infine in Giappone si parla apertamente di un conflitto con il governo, che potrebbe per via legislativa, ridurre l'indipendenza della BOJ.

Il petrolio è lo spillone più pericoloso,per i suoi intrecci geopolitici e l'anno inizia con la mossa Russa sul gas naturale che non promette nulla di buono; il sorpasso durevole di quota 100 dollari (così come quest'anno è avvenuto con quota 50) impatterebbe direttamente i mercati finanziari, oltre ai consumatori americani. Solo quando prenderà piede uno scenario di rallentamento marcato in Cina e/o negli USA, il petrolio potrebbe anche scendere e dare una mano alla tenuta del quadro complessivo, e questo difficilmente avverrà nella prima parte dell'anno.


Le banche centrali
Nel 2006 vi saranno movimenti ad opera delle banche centrali.
Nel 2005 la Fed ha alzato i tassi dal 2,25% al 4,25%; invece la BCE ha tenuto i tassi ad un livello innaturalmente basso alzandoli dal 2 al 2,25% solo a inizio dicembre. Così facendo, la BCE è divenuta la fornitrice di liquidità eccedente, spingendo la quantità di moneta globale ad un record nei confronti del PIL.Naturalmente l'eccesso di liquidità ha mantenuto i rendimenti ai minimi, così come i premi al rischio, sostenendo le borse azionarie. Queste condizioni finanziarie lassiste hanno sostenuto anche l'economia globale, dal punto di vista congiunturale; ma l'hanno affossata da quello strutturale. Il differenziale nei tassi a breve tra dollaro ed euro è passato da 0,25 al 2%, ed ha consentito al dollaro di rivalutarsi di circa il 15%.
Per il 2006, i cambiamenti di prospettiva delle banche centrali altereranno di nuovo la composizione dell'eccesso di LIQUIDITà GLOBALE. E' probabile che la BCE continui ad alzare i tassi, seguendo con un anno di ritardo la Fed e scimmiottandone il processo di piccoli e continui rialzini. E' anche probabile che la BOJ dichiari terminato il periodo di emergenza deflazionistica: non è chiaro però se la fine del regime di pompaggio monetario, si accompagnerà anche ad un rialzo dei tassi, evento che potrebbe essere rimandato. La FED ha già segnalato con il cambio di comunicato a dicembre l'intenzione di fermarsi nel suo processo di rialzo dei tassi. I tassi a termine prevedono ancora uno-due aumenti di 0,25 quindi fino al 4,75%, ed addirittura l'inizio di un calo dei tassi verso la fine dell'anno, in ciò incoraggiati dall'inversione avvenuta sul fronte dei rendimenti obbligazionari dove il 2 anni ha superato il 5 anni ed è pari al 10 anni. Su questo fenomeno, che sempre storicamente ha anticipato una recessione, pesa però l'effetto anomalo degli acquisti cinesi per i motivi simbiotici sopra illustrati.

(in realtà la Fed è poi arrivata al 5,25% prima di fermarsi, la BCE è arrivata al 3,5%, la BOJ allo 0,25%; per il 2007 mi aspetto una Fed ferma,la BCE al 4% e la BOJ all'1%)

Profilo dei mercati
Prescindendo dall'eventuale scoppio della bolla, poichè l'inflazione ufficiale verrà mantenuta bassa, le banche centrali continueranno a drogare l'economia globale nello stallo degenrativo della simbiosi sopra illustrata, così consentendo ai propri governi di aumentare i deficit statali, a spese dei detentori di titoli pubblici.
In linea generale, per i tassi è prevedibile un andamento ancora al rialzo solo nel primo trimestre, seguito da una fase di stallo per quelli USA mentre dovrebbero proseguire stentatamente al rialzo quelli europei ed eventualmente iniziarlo quelli giapponesi; nel secondo semestre dell'anno, dovrebbe esserci l'inizio di attese al ribasso per i tassi USA, e conseguente stallo per quelli europei e giapponesi, in coerenza con il rallentamento dell'economia USA che dovrebbe passare dal 3,5-4% di crescita al 2,5-2% e con la tenuta di quella europea e giapponese che dovrebbero invece continuare a migliorare (rispettivamente intorno al 2 ed al 3%).
Il dollaro pertanto perderà la stampella del differenziale crescente, sia nei confronti dell'euro che dello yen. Per l'eurodollaro i rischi al ribasso saranno solo nella fase iniziale dell'anno, anche se è possibile che il minimo di questa fase di rimbalzo del dollaro si sia già visto; dopodichè dovrebbe riprendere la svalutazione di lungo periodo, e quantomeno tornare a gravitare in area 1,30 (con lo yen area 100).
Il differenziale tra bund e bond dovrebbe restringersi, tornando verso il mezzo punto percentuale dall'attuale 1%, a fronte di una curva europea che si appiattisce e di una americana che torna a irripidirsi man mano che prendono forza le attese di un calo dei tassi a breve.
In questo contesto il profilo delle borse, dovrebbe ricalcare quello degli ultimi due anni: un picco rialzista all'inizio, seguito da una fase di calo pronunciata e da una lateralizzazione, con possibile minimo dell'anno verso ottobre; infine la solita impennata dell'ultimo bimestre che nel 2006 festeggerebbe l'inizio del calo dei tassi americani.
Tra le materie prime, l'oro dovrebbe in ogni caso proseguire la sua ascesa in dollari, mentre in euro potrebbe rallentare qualora vi fosse un forte apprezzamento della valuta europea su quella americana; i metalli industriali, invece dovrebbero subire una fase di correzione dopo l'escalation dell'ultimo anno, in coerenza con il sopra citato rallentamento economico, soprattutto se avvenisse in Cina.

(per il 2007 il profilo che immagino, è sostanzialmente simile, sempre che non scoppi il caos che per me resta sempre molto probabile.
Dollaro in calo con un paio di scatti ogni sei mesi e poi lateralità ampia nell'intervallo, e per fine anno dovremmo ritrovarci in area 1,40
BUON ANNO