Risparmio e sviluppo (da IL Re è nudo)
Durante il medioevo il progresso economico subì
una pesante involuzione. Il commercio attraverso l’Europa, così come
le infrastrutture e la crescita economica, crollarono rispetto
all’epoca dei Romani.
Perché, date le conoscenze acquisite, l’Europa
medioevale non migliorò rispetto al commercio dell’epoca romana?
Una ragione primaria era la mancanza di capitale e una mancanza di
volontà nell’intraprendere. La classe dominante (re, duchi,
cavalieri, baroni) prendeva quello che poteva dai contadini
sudditi, lasciando loro il minimo per la sopravvivenza. In pochi
posti costruiva ponti o strade, e non si impegnava mai in
investimenti duraturi, come invece avevano fatto i romani. Ciò che
non era usato per guerre, crociate, o per il mantenimento delle
corti, era consumato in acquisti di cose lussuriose, dando feste, e
spendendo in altri modi più vari per essere stimati e impressionare i
sudditi e gli altri della classe signorile. Il consumo era la regola
del giorno tra la classe dominante.L’aspettativa di vita era di 30 anni,a 40 un uomo era considerato vecchio, i bambini non risultano menzionati nella letteratura
dell’epoca; carestìe, alluvioni, guerre, malattie e altro
contribuirono a creare un mondo di grande incertezza. In questo
clima, perché preoccuparsi di altro che non fosse l’immediato futuro?
Ora, pur riconoscendo che vi era una grande sfiducia e che la voglia
di lavorare oltre la sussistenza era stata congelata dalla società e
dalla Chiesa dell’epoca, l’assenza di risparmio fu
la causa fondamentale; senza risparmio non potevano esserci
investimenti capaci di assicurare flussi di reddito futuri, e dunque
crescita economica come dimostra anche l’osservazione delle società tribali.
William Defoe, con il suo impareggiabile Robinson Crusuoe scritto nel
diciottesimo secolo, ha rappresentato l’etica protestante del
risparmio e del consumo morigerato che sta alla base dell’eccezionale
sviluppo capitalistico moderno: chi non ricorda come il suo naufrago
comincia ad accumulare tutto ciò che può nell’isola deserta, e
quando trova la possibilità di iniziare a coltivare dei chicchi di
grano se ne guarda bene dal mangiarsi subito il raccolto; bensì lo
risparmia e lo ricoltiva, e solo dopo averne accumulato a sufficienza
inizia – sempre morigeratamente –a consumarlo; alla fine la sua
piantagione sarà in grado di sfamare molte persone .
Oggi, anche se vi è certamente un clima economico e sociale diverso
da quello medioevale, gli USA, hanno creato una società dove il
consumo sfrenato è la regola di vita. Gli americani vivono come dei
Re finchè possono, perché come ha spiegato magnificamente Erich Fromm
dal punto di vista del “carattere sociale” , l’oralità insita nell’atto del consumo li fa sentire vivi: consumo dunque sono , e sono quello che consumo, perciò voglio
consumare sempre di più e sempre meglio. Tutto ciò è
negli interessi dell’apparato industriale, che per produrre ha
bisogno di chi consumi i suoi prodotti,ed in un sistema politico plutocratico, quale quello attuale, prevalgono tali interessi.
Ma – esattamente come nel
medioevo- anche oggi ciò che viene consumato non può essere
investito. Se il seme viene mangiato, non ci sarà mai la pianta.
Comprando una macchina nuova, una casa più grande, un nuovo vestito o
iscrivendosi al club del golf, mangiando in modo sempre più ricercato
o bevendo vini pregiati, non si migliora la propria salute; questi
consumi sono parte della qualità della vita e hanno il loro posto,
ma alla fine risulteranno fonti di maggiore incertezza, sia a livello
personale che nazionale, se vengono effettuati a scapito del
risparmio o, ancora peggio, indebitandosi oltremisura. Infatti è
sempre e solo una questione di msura: il debito non è un male in sé,
lo diviene sopra un certo limite al di sotto del quale può essere positivo;
idem per il consumo e dunque per il
risparmio: se per assurdo si risparmiasse solo e sempre, senza mai
consumare, avremmo stagnazione. Ma non c’è dubbio che
nella giusta misura, il risparmio, e dunque l’accumulazione di
capitale, aiuta invece a creare un futuro più certo. Come per quelli
che vissero mille anni fa, non risparmiare conduce a grandi
difficoltà: gli USA hanno superato il limite dei
debiti e dei consumi.Sono l’eccesso fatto nazione. Riescono a proseguire perché importano il risparmio del resto del mondo, che a sua volta si gode le molliche che arrivano da questi eccessi. Peccato, poi sarà costretto a pagare anche il conto.
Con l’inizio del terzo millennio d.C., per la prima volta in più di 50 anni dalla fine della seconda guerra
mondiale, il mondo è stato nelle grinfie di un rallentamento economico
globale sincronizzato.
Questa situazione ha un precedente nella storia del secolo scorso: la Grande
Depressione degli anni 30. Il più evidente fattore, comune ad
entrambi i periodi, è il ruolo dominante dell’economia USA nell’espansione
che li ha preceduti così come nella susseguente contrazione.
Ma esiste una cospicua differenza tra i due casi di predominio
economico globale americano: negli anni 20 gli USA facevano credito
al resto del mondo, agendo come prestatore di ultima istanza, mentre
negli anni 90 è stato il resto del mondo a fare credito agli USA,
divenuti per contro il consumatore di ultima istanza con un eccesso
di consumi senza precedenti. I due episodi di boom sono stati simili
nella loro predisposizione verso la spesa in consumi, ma gli eccessi
di indebitamento e di spesa degli anni 90 hanno superato grandemente
quelli degli anni 20.
Un altra differenza di importanza cruciale è lo stato della bilancia
dei pagamenti: negli anni 20 gli USA avevano un avanzo dei conti
correnti, un surplus della bilancia commerciale; oggi, sono il più
grande debitore del mondo, con un mostruoso deficit di conto corrente
che provoca l’accumulo di trilioni di debiti verso l’estero.
Un vecchio argomento di discussione tra economisti americani ed
europei concerne il momento in cui la banca centrale americana dell’epoca fece i suoi
errori decisivi di politica che causarono la prolungata depressione
degli anni 30.
Fu l’eccesso di espansione monetaria prima del crack
di Wally? Questa è l’opinione europea, fortemente influenzata dalla
scuola austriaca. O fu l’eccessiva rigidità monetaria dopo il crack,
durante gli anni 30? Questa è l’opinione americana, influenzata sin
dagli anni 60 dalle teorie monetariste di Milton Friedman .
La scuola austriaca , spiega come la severità e la lunghezza delle
depressioni dipende in modo
cruciale dal tipo di ampiezza degli squilibri e delle cattive
allocazioni che si sono sviluppate nell’economia e nel sistema
finanziario durante il precedente boom. Si tratta di una teoria
estremamente logica che ha dalla sua l’esperienza storica. Chi valuta
la situazione economica attuale negli USA osserverà che per anni è
stata esposta al maggior eccesso creditizio , disordinato per giunta,
della storia. Per un lungo periodo di tempo
gli USA sono stati la classica economia-bolla, definita come un
economia dove inusuali rapidi incrementi dei prezzi delle attività
provocano indebitamento e spese straordinarie o delle imprese
o dei consumatori .
La scuola austriaca ha una misura precisa per il credito eccessivo:
tutto quello che eccede i risparmi disponibili dal reddito
corrente. L’effetto economico essenziale di questi risparmi è
rendere disponibili risorse produttive ai debitori che possono usarle
per gli investimenti, e dunque il credito proporzionato al volume dei
risparmi è la misura giusta. Infatti, tradizionalmente, il ciclo del
credito è stato sempre associato con il ciclo degli investimenti.
L’espansione del credito negli ultimi tre anni negli USA ha marciato
al ritmo annuo di circa 2 trilioni di dollari, arrivando al 20% del
PIL, anche se invece – dall’altra parte- il volume dei risparmi
disponibili è crollato ad un misero 2% del PIL. La discrepanza tra
queste due grandezze sfida la più audace immaginazione di un
economista ragionevole.
Ebbene, oggi, i politici e gli economisti americani apparentemente
non trovano nulla di sbagliato in questa situazione. Meno che mai
pensano che una simile espansione del credito possa danneggiare
l’economia e il sistema finanziario.
L’ assenza di inflazione negli ultimi anni testimonia ai loro occhi l’eccellente
stato di salute dell’economia: l’ implicita convinzione è che
essa giustifichi un espansione del credito virtualmente illimitata.
Purtroppo però la creazione di
credito in eccesso al risparmio disponibile tende a danneggiare l’economia molto di più che l’inflazione perché incoraggia spese che essenzialmente distorcono l’allocazione
delle risorse. Naturalmente il boom dei consumi degli ultimi anni
negli USA ha sostenuto la crescita; come quota del PIL è arrivato
all’82,6% tra il 1995 e il 2001, contro un livello storico di circa
il 66%. Ma ciò è avvenuto a scapito del risparmio, e della bilancia
dei pagamenti. Infatti quando la domanda interna cresce costantemente
in eccesso alla produzione interna, si forma il deficit con l’estero
che è passato dai 139 miliardi del 98 ai 417 del 2001 e adesso è
lanciato verso i 550. Questi deficit annui si cumulano e formano il
debito estero del paese che è passato da una posizione attiva nel
1980 pari al 13% del PIL ad una passiva attualmente pari al 25% del
PIL, il che significa un peggioramento pari al 38% del PIL in meno di 25 anni.
L’inevitabile risultato per gli USA è un economia malamente
divisa in due: la parte al servizio del consumatore e protetta
dalla competizione estera (i servizi) ha avuto il boom con forte
crescita dei profitti, mentre i settori che servono agli investimenti
capitali e sono anche esposti alla competizione estera sono stati
messi in crisi e hanno visto i profitti collassare. Lo testimonia la
divergenza estrema nella performance dei due settori(manifatturiero e
servizi): ancora nel 1997, l’industria manifatturiera aveva utili per 195
miliardi contro i 64 dei servizi; dopo 5 anni la situazione è
completamente ribaltata.
Ecco un esempio da manuale delle distorsioni strutturali che la scuola austriaca enfatizza come le conseguenze negative di un eccesso creditizio.
Valutando le prospettive dell’economia americana, questa schizofrenia
è certamente di grande importanza. Considerando che si è formata
durante anni, non può essere etichettata come “ciclica”. E’ chiaro
che è un guasto strutturale e con il rallentamento economico si
aggrava drammaticamente. L’attuale ripresa economica.
può venire solo dai consumatori, i quali però devono
fare i conti con i debiti che hanno accumulato e con il risparmio
previdenziale che- ancora non hanno capito- dovranno creare,
risparmiando. Prima o poi i consumatori tireranno la cinghia.