9/04/2006

Speciale Neuroni e finanza

Speciale Neuroni e finanza

Cosa succede nelle nostre teste quando prendiamo decisioni?
Come potete immaginare, essendo una persona che deve prendere molte decisioni, e in tempi spesso rapidissimi, mentre bombardato da varie informazioni, sono particolarmente interessato all'argomento.
Capire come funziona il nostro cervello è essenziale per capire le decisioni che prendiamo. La Neuroeconomia è un campo nuovo che studia appunto cosa succede ai nostri neuroni quando prendiamo decisioni economiche e finanziarie. Ho fatto alcune letture sull'argomento di cui qui riferisco.

Uno dei più eccitanti sviluppi nella psicologia cognitiva degli ultimi anni è stato lo sviluppo delle teorie sul processo dualistico del pensiero.
Il processo dualistico è un modo per dire che noi tendiamo ad avere due diversi modi di pensare fusi nelle nostre teste.
Immaginiamo due soggetti, uno in preda solo alle proprie emozioni tutto il giorno; ed un altro capace di sopprimere qualsiasi emozione e capace di essere soltanto logico nelle sue decisioni. Ebbene, due soggetti così non esistono, quello che esiste è sempre un loro insieme.
La parte emotiva del cervello è automatica, non comporta sforzi nel modo in cui esamina le informazioni; prima che noi arriviamo ad essere consapevolmente coscienti del loro impatto nella nostra mente, il sistema emotivo pre-analizza le informazioni,e lo fa in modo associativo,e per questo può assorbire grandi ammontari di informazioni simultaneamente; inoltre, per credere che qualcosa sia valida, alla parte emotiva basta desiderare che sia così.
La parte razionale richiede invece uno sforzo deliberato; è logica e deduttiva nel suo modo di maneggiare l'informazione. Poichè è logica può solo seguire un passo alla volta, e per convincersi che qualcosa è vera ha bisogno di argomenti coerenti e di prove empiriche.

Questo approccio dualistico al modo in cui la nostra mente lavora, ha ricevuto supporto da molti recenti studi di neuroscienziati. Essi hanno iniziato ad attribuire a certe parti del cervello certe funzioni, facendo esperimenti monitorati con encefalogrammi, PET, risonanze magnetiche, per verificare quali parti del cervello vengono usate durante certe funzioni.Ve la faccio breve: al fine che ci interessa, il risultato principale è che il sistema emotivo è quello più antico in termini di sviluppo dell'uomo, ed ha la supremazia. In sostanza, noi abbiamo bisogno di emozioni ben prima della logica. Il che si può comprendere con un esempio circa la paura. La paura sembra sia generata tramite due percorsi neurali: uno veloce e uno riflessivo. Lo stesso avviene più in generale per tutto.Immaginiamo di stare di fronte a un contenitore in vetro con un serpente dentro; il serpente esce fuori, il pericolo è recepito, e i sensori nel Talamo analizzano l'informazione, producendo due segnali: quello veloce viene mandato alla amigdala, parte del sistema emotivo, e centro del cervello per paura e rischio; l'amigdala reagisce immediatamente e ci fa saltare lontani dal serpente. Il secondo segnale, manda le informazioni alla corteccia che è in grado di valutare consapevolmente la possibile minaccia. Questo è il sistema che riprende il controllo se, ad esempio, sappiamo che il serprente non è velenoso. Comunque dal punto di vista della sopravvivemnza un falso positivo è una risposta migliore che un falso negativo!

La maggior parte delle persone pensa che le emozioni siano la risposta cosciente agli eventi o alle azioni. Cioè, qualcosa succede e il ns. cervello lavora producendo risposte emotive, come la tristezza, la rabbia, la felicità, etc. Poi il cervello dice al corpo come reagire: piangere, aumentare il respiro, le pulsazioni, etc.
William James, il nonno della moderna psicologia, fu tra i primi a ipotizzare che la vera relazione di causa-effetto potesse essere inversa, cioè dal corpo al cervello. Mentre noi crediamo che il cervello valuta la situazione così velocemente che non c'è il tempo per noi di divenire consapevoli di come dovremmo sentirci, in realtà il cervello monitora il corpo, ne analizza i comportamenti(ad esempio le pulsazioni, etc,) e poi esprime l'emozione che corrisponde ai segnali fisici inviati dal corpo.
Un esperimento che tutti possiamo fare è quello di imporci l'atteggiamento correlato ad un emozione che vogliamo sentire: proviamo a ridere, e se stiamo con un sorriso concentrandoci sul ridere, abbastanza presto probabilmente iniziamo a sentire le emozioni positive che di norma associamo con il ridere.

Ma il concetto da mettere a fuoco è questo: le emozioni sono necessarie per prendere delle decisioni. Persone che per incidenti e operazioni chirurgiche hanno avuto le aree emozionali del cervello danneggiate, non sono diventate perfetti decisori solo razionali; al contrario in molti casi si sono rivelate incapaci di prendere decisioni: capaci magari di fare piani senza fine, ma senza mai arrivare a decidersi di metterli in opera.
Le emozioni possono aiutarci a prendere decisioni, ma anche danneggiarci. Senza emozioni non siamo capaci di decidere, con le emozioni non possiamo controllare il rischio delle decisioni prese. Benvenuti nella condizione umana!

Alcuni studiosi sostengono che l'influenza dell'emozione dipende dall'intensità della medesima.
Ad un livello basso di intensità, appare giocare soprattutto un ruolo di consigliere, ed un certo numero di teorie concorda sul fatto che le emozioni portano informazione che la gente usa come input nelle decisioni che affrontano.
Ad un livello intermedio di intensità, le persone cominciano a divenire coscienti dei conflitti tra input cognitivi ed emotivi, ed è a questo livello intermedio di intensità che si osservano gli sforzi di autocontrollo.
Infine al livello elevato di intensità, può essere così potente da precludere virtualmente la razionalità; sotto l'influenza dell'intensa emozione, le persone spesso si sentono esse stesse senza controllo.

Inoltre, laddove il pensiero confligge con l'emozione, quest'ultima è disegnata nei circuiti neurali del nostro cervello per vincere.
E' interessante anche notare che abbiamo difficoltà a proiettare come ci sentiremmo sotto influenza emotiva, una caratteristica che gli psicologi chiamano empatia caldo-freddo, il che vuol dire che quando siamo rilassati e senza emozione sottostimiamo come agiremmo sotto influenza dell'emozione.

Un ruolo importante nelle nostre vite ce lo ha la capacità di autocontrollo.
L'autocontrollo è come un muscolo, va allenato. Molte ricerche psicologiche mostrano però che la nostra capacità di usare l'autocontrollo per forzare il processo cognitivo a prevalere sulla reazione emotiva , è limitata, ed ogni sforzo di autocontrollo riduce l'ammontare disponibile per sucessivi sforzi.Questo è un punto molto importante e spiega perchè quando sottoposte a usura anche persone che fin lì avevano avuto ottime performance incominciano a sbarellare.L'autocontrollo pare cioè dipendere da risorse limitate che operano come fonte di energia, perciò la gente può solo regolare se stessa in misura limitata.Fare scelte e prendere decisioni attinge alla stessa risorsa interiore. Quando quest'ultima si consuma, come dopo aver fatto una serie di decisioni importanti, le decsioni successive possono risultare sub-ottimali o anche irrazionali.


Inoltre dagli studi che ho letto emergono i seguenti punti chiave:

1) sotto stress emotivo, la gente tende a prendere maggiori rischi, anche se vi sono poche probabilità effettive che risultino vincenti.

2) quando l'autostima viene minacciata (cioè dopo aver fatto errori) la gente tende a perdere la capacità di autoregolarsi.

3) l'autocontrollo è necessario per molti tipi di comportamenti nel proprio interesse, e quando si riduce la gente diviene autolesionistica in varie maniere.

4) la necessità di appartenere a una comunità è un fattore centrale della motivazione umana, e quando questa necessità è contrastata da un rigetto interpersonale, l'essere umano in qualche modo cessa di funzionare appropriatamente, e gli atti irrazionali e autolesivi diventano più frequenti.

Abbiamo così esplorato il ruolo delle emozioni e la nostra abilità a moderare la loro influenza. Adesso è giunto il momento di vedere alcuni esempi per capire come la neuroscienza può aiutarci nel capire il nostro comportamento come investitori.Leggendo questi concetti,infatti, capiamo subito quanto essi possano influenzare nell'attività economica e finanziaria.

Immaginiamo un gestore di fondi che ha appena avuto un periodo di notevole sotto performance. E' probabile si senta sotto pressione per ribaltare la situazione; è quindi probabile che si concentri su rischi maggiori per ottenere maggiori performance che lo facciano recuperare. E' anche probabile che la sua autostima sia minacciata, e che divenga crescentemente miopico, focalizzandosi sempre più sul breve termine, cioè su risultati immediati, che abbia quindi fretta di recuperare. Tutto ciò è probabile sia più pronunciato se la sua situazione deriva da scelte fatte contro tendenza (quando si sbaglia insieme alla maggioranza degli altri, l'autostima non scende, e la pressione è minima: per questo i gestori tendono a muoversi sempre in gruppo). Dunque il gestore del nostro esempio viene ad avere tutti gli elementi che portano alla psicologia dell'irrazionalità sopra descritta.
Gli economisti hanno costruito la loro scienza sul concetto di utilità, cioè la ricompensa mentale o fisica sperimentata dal consumatore. Tradizionalmente, per l'economista la moneta non ha una diretta utilità, piuttosto una indiretta perchè può essere usata per acquistare beni e servizi che poi generano utilità diretta. I neuroscienziati hanno trovato invece che la monetà ha una sua utlità diretta, o almeno che il cervello sperimenta l'atto di ricevere moneta nello stesso modo in cui sperimenta il consumo di cibo o qualsiasi altro piacere derivante dal consumo di beni. Il sistema di ricompensa nel cervello ha forti legami con quello emotivo. La percezione di un premio porta alla produzione di dopamina, che è quella sostanza chimica che ci fa sentire bene con noi stessi, fiduciosi e stimolati. Per intenderci, la cocaina tanto di moda, ha proprio l'effetto di bloccare i recettori di dopamina nel cervello, così quest'ultimo non la può asssorbire, e quindi annulla i suoi effetti. Poichè il cervello non può assorbire la dopamina, ne richiede disperatamente, e quando uno prende cocaina viene aumentata la produzione di dopamina provocando i noti effetti stimolanti.
Tornando a noi, i neuroscienziati hanno trovato che più grande è il premio che si percepisce o si pensa di percepire, maggiore è la dopamina che viene prodotta e la relativa sensazione di gratificazione agisce quindi un pò come la cocaina.
Sono stati investigati i sistemi neurali che sottostanno alle decisioni circa una gratificazione ritardata. Le ricerche mostrano che la gente tende ad agire impazientemente subito, anche se pianifica di agire pazientemente nel futuro. Ad esempio, se viene offerta la scelta tra 10 euro oggi e 11 domani, la maggioranza sceglie 10 subito; ma se gli si chiede oggi di scegliere tra 10 fra un anno e 11 fra un anno e un giorno, la maggioranza che sceglieva l'opzione immediata nel primo caso, in questo secondo sceglie la seconda opzione.
Per vedere cosa succede nel cervello quando affronta queste scelte, hanno misurato l'attività cerebrale dei partecipanti agli esperimenti ed hanno scoperto che quando la scelta comporta un guadagno immediato lo strato ventrale (parte del ganglio basale), la corteccia mediana frontale e la corteccia mediana pre-frontale, vengono tutte usate sproporzionatamente. Tali componenti del cervello hanno a che fare con il sistema emotivo, e sono tra le più irrorate dalla dopamina. Queste strutture sono quelle più coinvolte nei comportamenti impulsivi, e l'assunzione di droga è ritenuta comunemente provocare disturbi della neurotrasmissione dopaminica in questi sistemi.
Poichè la moneta è una ricompensa, l'offerta di moneta causa un innalzamento della dopamina, cui le persone trovano difficile resistere.
E' per questo motivo che in finanza si tende a preferire l'utile immediato.
Quando la scelta coinvolge invece due ricompense future, il conflitto è tra la corteccia pre-frontale e quella parietale. Più difficile la scelta, più sembra che queste aree vengano usate.
Dato quanto visto nelle parti precedenti circa i limiti dell'autocontrollo, forse non dovremmo avere troppa speranza circa la nostra capacità di correggere le ugenze sollecitate dal sistema emotivo.Sembra come se la natura ci avesse orientati per il breve termine.
Tornano in mente le parole di Keynes: " L'investimento basato sulle aspettative di lungo termine è così difficile nel giorno per giorno da essere raramente praticabile".
L' evidenza neuroscientifica inoltre suggerisce che il dolore reale e quello sociale sono sentiti negli stessi posti del cervello. Le strategie contro tendenza sono l'equivalente negli investimenti del dolore sociale (isolamento, etc.); per implemetare una simile strategia occorre comprare mentre tutti gli altri vendono, o vendere mentre tutti comprano, il che è un dolore sociale, non divertente!
Diceva Sir John Templeton:
Comprare quando gli altri vendono e viceversa, richiede la maggior forza d'animo.

Concludendo questo lungo, ma spero utile, Speciale.
Con le emozioni non possiamo controllarci, ma senza non possiamo prendere decisioni. Sembra siamo condannati a cercare ricompense veloci e scappare con la cassa. Quando proviamo a resistere a queste tentazioni soffriamo di un declino nella nostra capacità di esercitare autocontrollo. Non un bel quadro. Ma non tutto è perduto. Per molti anni si è pensato che le cellule cerebrali fossero fisse, e che morissero con il tempo. La buona notizia è che non è così: siamo capaci di generare nuove cellule per tutta la nostra vita. Inoltre il cervello non è fisso in un determinato formato, è plastico e modificabile, anche se ciò richiede impegno. Immaginiamo il cervello come una ragnatela in cui alcuni fili sono più spessi degli altri: più il cervello usa certi fili, più spessi questi diventano, e più essi sono spessi, più il cervello tenderà ad usarli. Così se noi prendiamo cattive abitudini mentali, esse divengono persistenti. Ma noi abbiamo anche la capacità di riorganizzare queste strade neurali, quando il cervello impara cose nuove, perchè tutto questo materiale è plastico.Quando esercitiamo l'autocontrollo non appena sentiamo il prevalere di un impulso emotivo, stiamo imparando un nuovo percorso.
Non siamo condannati, possiamo imparare, anche se non è facile!

Alla luce di questo retroterra scientifico, rileggetevi Speciale Regole e vedrete che hanno un fondamento ben preciso, quello di aiutarci nell'autocontrollo dell'emozione, e quello di sfuggire alle trappole emotive che si creano in caso di perdite, nonchè quello di farci resistere agli allettamenti della dopamina. L'idea di non mediare per principio, serve proprio a evitare che si aumenti una posizione perdente per contrastare la rabbia della medesima; diverso è il caso se- fin dall'inizio- si è stabilito un preordinato scaglionamento delll'importo utilizzato, ed allora si media perchè lo si era stabilito razionalmente prima.
Per me le cose importanti da fare sono:
- avere sempre un piano logico da seguire, quando opero, stabilito a freddo;
-iniziare l'oprazione anche sotto l'impulso emotivo di un dato o una notizia, ma controllandolo, e attenendomi alle regole e ai piani logici prestabiliti;
- in caso di guadagno, chiudere solo se vi sono elementi razionali per farlo, e non per dopaminarmi;
- in caso di perdita chiudere al punto prestabilito prima di iniziare l'operazione, e soprattutto aspettare prima di rioperare, evitando di farmi trascinare dalla voglia di recuperare tutto e subito che certamente toglierà lucidità nelle scelte.

Ci tornerò sopra.