9/21/2006

Speciale Comunicato

Speciale Comunicato

Alle 20,15 di ieri sera abbiamo potuto leggere il verbo della Fed.
Passiamolo dunque ai raggi X.
Delle 13 righe di cui è composto, ben 9 sono identiche al precedente comunicato dell'8 agosto.
Vediamo dunque i minimi ritocchi apportati.
1) la moderazione della crescita economica, è adesso imputata solo al mercato immobiliare, definito in raffreddamento e non più in "graduale" raffreddamento. Sono spariti i riferimenti all'azione ritardata dei tassi d'interesse ed al petrolio.
2) Sui prezzi dell'energia, non più dunque causa del rallentamento economico, si sostiene una cosa contraddittoria:
da un lato si sostiene che insieme all'alto livello di utilizzo delle risorse hanno il potenziale per sostenere le pressioni inflazionistiche;
dall'altro , esattamente alla riga successiva, si dice che il loro "ridotto impeto" potrebbe moderare la pressione inflazionistica, insieme agli elementi già citati nel comunicato precedente(aspettative contenute, il rialzo dei tassi effettuato in passato e "altri" - non ben specificati- fattori che restringono la domanda aggregata).
La clamorosa contraddizione del punto 2), potrebbe tentare di essere difesa in questo mdo: la fed distingue tra il livello dei prezzi (petrolio a 60 considerato sempre alto) e l'impeto del momento (recente calo del 20%); e dunque si potrebbe con fatica arguire che la spinta inflazionistica del petrolio a 60 resta, anche se potrebbe moderarsi nel tempo grazie al recente calo.

Dopo questa esegesi delle novità , andiamo al sodo.
La Fed in sostanza si è comportata come prevedevo nella Nota del 16:
ha cercato di minimizzare i timori di recessione che per ora imperversano su parte del mercato come dimostra il rendimento del decennale; per far ciò si è limitata a parlare di "moderazione" nella crescita, imputabile ad un mercato immobiliare il cui raffreddamento non viene più definito graduale. Il fatto che la fed abbia levato il riferimento ai suoi precedenti rialzi, come concausa del rallentamento, suona un pò come una specie di autodifesa preventiva (se si dovesse andare in recessione si dirà che è stata colpa dei troppi rialzi precedenti).
La fed ha poi voluto dare il solito colpo al cerchio e alla botte dell'inflazione: citarne il rischio anche per salvare la faccia in caso di impennate future, ma senza fare sul serio perchè non ha minimamente citato il costo del lavoro; ed affrettarsi a rassicurare, dicendo che la vede in probabile calo. Nel far ciò si è contraddetta sul petrolio, come sopra menzionato, ed anche volendo trovare la spiegazione sopracitata, non c'è dubbio che è -come minimo- risultata confusionaria.

Nel voler far vedere che tra i due rischi (recessione ed inflazione) lei propende per il secondo (in modo da non esacerbare un eventuale psicologia negativa sul primo), ha dunque mantenuto l'ipotesi di addizionali rialzi futuri dei tassi, coprendosi con il solito mantra per cui la misura ed il timing di questi ultimi dipenderanno dai dati futuri; e soprattutto ha mantenuto il dissenso di un membro della Fed, quello stesso Lacker che già voleva alzare l'8 agosto, e che dunque avrebbe voluto alzare i tassi anche ieri.

Sta di fatto che la reazione a caldo dei mercati è stata di ignorare l'ipotesi di un possibile ulteriore rialzo dei tassi: borsa e bond hanno concluso esattamente dove erano prima del comunicato; in precedenza però avevano anticipato un esito sostanzialmente neutrale, facendo salire Wally e scendere ulteriormente i rendimenti.

E qui resta in piedi la contraddizione, tra un obbligazionario che scommette sulla recessione, così come anche il comparto delle commodities, ed un azionario che invece scommette su un rallentamento morbido.
Tutti continuano ad ignorare l'inflazione, che resta invece l'unica cosa certa del futuro vicino e lontano, obiettivo prefissato della Cupola