Pur essendo un teorico del futuro ribassista delle borse, non sono convinto che la caduta - pur da record- avvenuta ieri 27 febbraio sia la volta buona. C'è una differenza basilare con la caduta del maggio 2006 che fu innescata dal pasticcio di Bernanke sui tassi d'interesse, che si unì al movimento di chiusura sui carry trade in yen; all'epoca si temette una resrizione monetaria su scala mondiale, e ciò si riflesse anche nei rendimenti obbligazionari che già da tempo salivano. Quindi rendimenti al rialzo, attese di rialzo dei tassi, provocarono la caduta di circa il 10% delle borse, insieme alle commodities, e durò circa un mese, poi tra giugno-luglio maturò la convinzione che non era vero, e con la conferma della fed ad agosto in cui si fermò sui tassi, le borse ripresero la loro corsa.
La caduta di ieri invece non avviene in un contesto di timori sui tassi, tanto è vero che i rendimenti sono scesi ai recenti minimi; anzi è probabile che nel giro di poco, nel contesto di un rallentamento economico sempre più probabile, si torni a parlare di calo dei tassi, e che le borse facciano leva su questo per continuare a tenere. Il problema di fondo resta l'enorme liquidità che non accenna a diminuire, e la certezza degli operatori che in caso di difficoltà le banche centrali li proteggano. Inoltre anche la chiusura dei carry trade in yen difficilmente durerà a lungo, ed in misura tale da ridurre la liquidità esistente in modo signifcativo. Questo è comunque l'indicatore cui guardare nel breve periodo: se si vede lo yen salire contro tutti, borse giù e viceversa.