10/20/2006

Speciale Cartesio vs. Spinosa

Speciale Cartesio vs. Spinoza

Tempo fa feci uno Speciale sui Miti nei mercati, come quello del tenere le azioni per il lungo periodo, dei dividendi che non contano, e così via. Il che mi ha spinto ad indagare sul perchè tanta gente, anche professionale, finisce per credere in false credenze. E sono andato, come altre volte a rivedere un pò di studi di psicologia in materia.
Proverò adesso a sintetizzare il frutto di queste letture, che portano sostanzialmente a una conclusione interessante: quando si è sottoposti a distrazioni (o si è bombardati da tante informazioni diverse) è più facile che si acquisiscano false credenze.
Questo è un meccanismo ben noto ai pubblicitari e ai politici, che lo sfruttano costantemente. Ed anche in economia e finanza regna sovrano.

Daniel Gilbert , professore di psicologia ad harvard, ha esplorato come si arrivi a credere e a capire le informazioni(Unbelieving the unbelievable,1990). In una serie di lavori Gilbert e altri autori hanno esplorato tale processo usando due punti di vista filosofici alternativi.
Il primo viene associato con il lavoro di Cartesio. Quest'ultimo, parlando del credere, ipotizzò che la mente performa due atti mentali separati. Prima, essa capisce l'idea. Poi, valuta la validità della medesima.
Questo processo a due stadi sembra intuitivamente corretto. Possiamo facilmente immaginare, quando ci viene presentata qualche nuova idea, di tenerla in mente e poi ponderarne la verità. L'approccio cartesiano funziona bene con la psicologia di massa. Cartesio fu educato dai gesuiti e come molti filosofi del 17° secolo studiò psicologia e filosofia per la teologia. Cartesio era ben consapevole che la gente è capace di credere cose non vere, ma per proteggere la Chiesa, sostenne che Dio ha dato all'uomo il potere di valutare le idee, così chiaramente non è colpa di Dio se la gente crede in cose non vere.
Gilbert osserva che l'approccio cartesiano si basa su due assiomi. Innanzitutto, la separazione mentale e la sequenzialità del comprendere-credere; ed in secondo luogo, che le persone non hanno controllo su come o cosa capiscono, ma al contempo sono totalmente libere di credere o non credere ciò che gli piace.

Alle idee di Cartesio si contrapposero quelle di Spinoza. Nato ebreo, Spinoza oltraggiò la sua comunità e la sinagoga, fu scomunicato, accusato di eresie abominevoli e altre mostruosità; l'ordine di scomunica proibiva agli altri membri della sinagoga di avere alcun contatto con lui. Liberato dalla necessità di conformarsi al suo passato, Spinoza fu capace di esplorare ogni cosa lo interessasse. E una delle aree cui dedicò la sua considerevole capacità di pensiero fu la fallacìa contenuta nell'approccio cartesiano. Spinoza sostenne che tutte le idee erano prima rappresentate come vere e solo dopo (con sforzo) valutate nella loro veracia.
Spinoza negò l'analisi che Cartesio metteva al centro del suo approccio a due stadi. Per lui comprensione e credenza erano uno stadio unico, vale a dire, affinchè qualcuno capisca qualcosa, deve crederci: credere è una precondizione necessaria. Tutte le informazioni o idee sono prima accettate come vere, e solo poi (qualche volta) rivalutate per la loro veridicità, ed una volta che questo processo è completato, se necessario, viene costruita una "credenza corretta".
Cartesio sosteneva le differenze tra cervello e mente; Spinoza invece vedeva come inscindibili le due entità.

Gilbert usa l'esempio di una libreria per evidenziare le differenze tra questi due approcci. Immaginiamo una libreria con diversi milioni di libri, di cui una parte sono romanzi. L'approccio cartesiano di schedare i libri sarebbe mettervi un etichetta rossa su ogni romanzo ed una blu su ogni altro. Ogni nuovo libro che appare nella libreria viene letto e poi etichettato in un modo o nell'altro. Ogni libro non letto resta semplicemente presente finchè non viene letto.
Per contro, una libreria spinoziana funzionerebbe in modo diverso. Un etichetta verrebbe messa solo ai romanzi, gli altri sarebbero lasciati senza. La facilità di questo sistema è chiara: richiede molto meno sforzo di quello cartesiano, ma il rischio è che quando arriva un nuovo libro sarebbe considerato come non romanzo, fino a quando non viene letto.
Gilbert osserva che in condizioni ideali entrambi i sistemi producono lo stesso risultato se viene loro consentito di ultimarsi. Così se prendiamo un libro di Darwin e chiediamo al libraio cartesiano cosa ne sa del libro, lui guarderebbe l'etichetta e risponderebbe che non è un romanzo. Il libraio spinoziano farebbe la stessa cosa, rispondendo nello stesso modo perchè vedrebbe che non c'è l'etichetta. Ma immaginiamo che arrivi un nuovo libro, ad esempio l'ultimo thriller di Patricia Cornwell. Se prendiamo il libro e chiediamo ad entrambi i librai cosa ne sanno, la loro risposta rivelerebbe molto sul processo sottostante al modo di schedare i libri. Il cartesiano direbbe che non sa che tipo di libro è, e ci chiederebbe di tornare in seguito per dargli il tempo di leggerlo ed etichettarlo; lo spjnoziano ,vedendo l'assenza di etichetta direbbe che non è un romanzo, commettendo un errore.

Ora ipotizziamo che un idea venga presentata al cervello, e che la persona che la sta considerando venga interrotta in qualche modo. In un sistema cartesiano, la persona è lasciata con la mancata comprensione, ma senza la perdita di alcuna credenza. Invece in un sistema spinoziano l'interruzione del processo potrebbe portare a credere in un idea falsa. Così, fornire idee alle persone e poi interromperle con altri compiti può aiutare a capire se la gente usa un approccio cartesiano o spinoziano quando arriva a credere.
Sono stati fatti numerosi esperimenti, e si è visto che distrarre le persone impatta la loro capacità di credere in determinati argomenti. Ad esempio, ne è stato fatto uno con degli studenti a cui veniva detto che sarebbero state dimezzate le loro borse di studio. Ad alcuni è stato detto con argomenti convincenti, ad altri in modo molto meno credibile. Nel contempo gli studenti venivano distratti, anche qui con distrazioni forti per un gruppo e con distrazioni deboli per un altro. Ebbene si è visto che in presenza di argomenti poco convincenti le persone distratte con forza mostravano di credere molto più di quanto facevano quelli distratti solo lievemente. Invece nel gruppo sottoposto ad argomenti convincenti, in presenza di forte distrazione, gli studenti erano meno propensi a credere di quelli per cui la distrazione era di bassa intensità.
Insomma, la distrazione ha lavorato esattamente nel senso della medesima parola, cioè impedire alle persone di concentrarsi.

La distrazione è una tecnica specialmente utile quando gli argomenti di una persona sono deboli perchè anche se la gente si rende conto che le viene presentato qualcosa, può non rendersi conto che gli argomenti non sono molto convincenti.
La pubblicità ne ha fatto un arte, subliminale: si manda un messaggio di reclàme mentre contemporaneamente si distrae - con un meccanismo di associazione piacevole, in genere. Meccanismo da tenere in mente anche nel confronto con il complesso politico-mediatico, mentre siamo bombardati da informazioni e "verità" varie.

Con altri esperimenti, si è osservato che le persone che seguono un approccio spinoziano scambiano proposizioni false per vere più spesso quando vengono interrotte che il resto del tempo.
Più in generale se ne ricava che il bisogno di credere per capire, come sostenuto da Spinoza, può avere conseguenze negative. Ci rende privi di controllo sulle nostre credenze, anche se l'assenza di controllo diretto non implica necessariamente che siamo alla mercè delle credenze.

Si possono immaginare due strategìe per contrastare la tendenza alla credulonità. La prima è quella che Gilbert definisce "incredulità". Cioè noi possiamo provare a compiere il lavoro analitico necessario per valutare realmente la veridicità di un idea, il che certamente attira gli empiristi. In generale, noi dovremmo per principio accettare con grande diffidenza qualsiasi informazione e usare l'evidenza per valutare quanto sia effettivamente reale. Per esempio, ci viene spesso detto che gli utili delle aziende quotate in borsa possono crescere molto più rapidamente del PIL per periodi lunghi. Naturalmente, su base annua non c'è un legame stretto tra le due grandezze. Ma, nel lungo periodo, si può verificare empiricamente come gli utili (e i dividendi) sono cresciuti sostanzialmetne al di sotto del tasso di crescita nominale del PIL(mediamente 1-2% in meno).Un altro esempio è la credenza che convenga investire nelle azioni cosiddette a crescita elevata. Non c'è dubbio che in alcuni casi, ciò si sia rivelato soddisfacente. Ma l'evidenza empirica mostra che cogliere i vincenti è eccezionalmente difficile e pieno di pericoli (nel senso che comprare azioni sopravvalutate che incorporano aspettative molto ottimistiche ovviamente comporta un enorme rischio se poi la realtà delude le attese), mentre comprare azioni sottovalutate offre almeno una maggiore protezione.
Così confrontare sistematicamente le credenze con la realtà empirica è un modo di provare a battere il sistema spinoziano. Ma, "l'incredulità" è una strategia rischiosa dal momento che si affida sull'avere il patrimonio cognitivo, che consente le verifiche empiriche, a propria disposizione. Sempre gli studi di Gilbert inoltre mostrano come il carico cognitivo, la pressione e i limiti temporali indeboliscono la nostra capacità di rigettare le false credenze.
La seconda strategia è chiamata "controllo dell'esposizione". E' un approccio più draconiano: le false credenze possono essere evitate evitando tutte le credenze. Proprio come una persona che fa la dieta e che ama le noccioline sceglie di di evitare i negozi che vendono noccioline, così possiamo provare ad evitare le fonti di informazione che ci portano a credere in cose false. E' una strategia conservativa che pecca dal lato dell'esclusione, consente di escludere le false credenze ma impedisce anche di accettare quelle vere; però, non soffre del problema dell'eccesso di pressione e degli altri fattori che gravano sulla strategia dell'incredulità.

In conclusione, la cosa ottimale pare essere una combinazione di queste strategìe. Quando stiamo relamente provando a valutare la validità di un argomento, per prima cosa dobbiamo fare del nostro meglio per evitare ogni forma di distrazione(spegnere gli schermi, staccare il telefono, insomma isolarsi da da ogni fonte di disturbo). Se invece lo stesso finiamo per essere distratti da qualcosa, allora aspettiamo un momento successivo più favorevole, quando possiamo dedicare alla valutazione il tempo e lo sforzo che ciò richiede; oppure seguiamo semplicemente una strategia di esclusione.