La settimana 16 - 20 ottobre 2006
ECONOMIA: sulla riva del fiume
Dati misti, con l'inflazione USA al netto dell'energia e degli alimentari che continua a crescere su base annuale fino a +2,9%, ma adesso non viene più considerata: l'inflazione globale scende a poco più del 2% per effetto della benzina e tanto basta. Nel fratttempo l'edilizia rimbalza a sorpresa, mentre gli indici manifatturieri restano contrastati, e soprattutto riprendono copiosi gli afflussi netti di capitale. Ed infatti qui sta il nocciolo del vero problema su cui conviene tornare, per non restare in balìa dei singoli dati congiunturali e capire quello che succede.
L'economia più grande del mondo, emittente della moneta di riserva internazionale, appartenente al leader politico globale, consuma continuamente da anni più di quanto produce; il resto del mondo (Asia)
invece produce più di quanto consuma. Da questo squilibrio fondamentale deriva tutto il resto. SE vivessimo in un economia capitalistica a libera concorrenza , funzionerebbe la tendenza al riequilibrio. Vale a dire, il titolare della ditta asiatica che incassa i dollari a fronte delle sue esportazioni negli USA, va in banca a cambiarli, perchè lui ha bisogno di yen,yaun, etc. per vivere nel suo paese, pagare i salari, etc. e la banca vende i dollari ricevuti per ricostituire il suo stock di moneta locale. In questo schema normale, il dollaro pertanto verrebbe costantemente venduto , e si svaluterebbe finchè c'è uno squilibrio commerciale; la sua svalutazione provocherebbe un rialzo dei tassi d'interesse americani perchè il governo dovrebbe pagare di più per procurarsi i soldi necessari. Gli asset americani scenderebbero pertanto di valore, e il consumatore si troverebbe indotto a ridurre il suo tenore di vita e comunque ridurrebbe l'acquisto di merci importate, più care a causa della svalutazione del dollaro, mentre al contempo le esportazioni USA conquisterebbero quote di mercato. Esistono certamente un livello di svalutazione (30-50%) e di tassi reali (5-10%) a cui il deficit si annullerebbe, e la situazione di partenza tornerebbe in equilibrio.
POICHE' però vivamo in un economia capitalistica oligopolistica, la tendenza al riequilibrio non funziona perchè gli oligopolisti scelgono deliberatamente di mantenere in essere lo squilibrio.
Vediamo i comportamenti di entrambi gli attori, gli asiatici e gli americani. I primi hanno scelto da anni di non vendere i dollari che i loro esportatori riversano in cassa; bensì di stampare moneta locale creando inflazione interna, pur di mantenere i dollari che acquisiscono giorno dopo giorno. In questo modo impediscono la svalutazione del dollaro, e mantengono in essere lo squilibrio commerciale a loro favore. Ciò avviene anche per effetto dell'azione che ne consegue sui tassi d'interesse: i dollari acquisiti infatti vengono usati per comprare titoli americani (di Stato, delle agenzie governative, delle aziende, etc.) al fine di ricavarne un rendimento. Ciò di per sè esercita quindi un azione al ribasso sui rendimenti perchè comporta un flusso crescente ed imponente di acquisto dei suddetti titoli. Il che provoca una costante crescita della liquidità internazionale, che si riversa su beni mobili ed immobili, facendone lievitare i prezzi globalmente (anche se poi ci possono essere travasi temporanei da un comparto all'altro, a seconda delle situazioni specifiche).
Dunque i gli asiatici, così comportandosi, ottengono una crescita economica inflazionistica trainata dalle esportazioni; ottengono però anche un accumulo di debiti americani continuamente crescente, che fornisce loro un flusso addizionale di dollari in cedole,dividendi etc.
provocando una dipendenza finanziaria dal valore del dollaro e dei titoli americani: già oggi, ad esempio, perderebbero centinaia di miliardi per un 10% di svalutazione del biglietto verde e conseguente rialzo di un 2% dei rendimenti. Quella che sembrerebbe dunque una situazione estremamente conveniente, presenta un forte azzardo sottostante anche perchè si deve dare per scontato che il debitore continui a pagare per sempre gli interessi su tali titoli.
Sarà così? per vederlo analizziamo la situazione dal punto di vista americano, non senza aver prima ricordato che nell'agosto del 1971 - pressati dal debito provocato dalla guerra in Vietnam- gli USA un bel giorno annunziarono a tutti d'imperio il ripudio della convertibilità del dollaro in oro. Possono dunque anche in futuro annunziare a tutti d'imperio il ripudio del servizio del debito. Che faranno allora gli asiatici? la guerra?
Anche dal punto di vista americano questa situazione presenta una serie di vantaggi: il resto del mondo finanzia le spese militari in eccesso, ed i consumi in eccesso; gli consente così di crescere più di quanto potrebbero permettersi, anche se in modo inflazionistico; e l'inflazione degli asset fa felice una delle industrie americane di maggior peso, quella finanziaria. MA, ogni anno che passa il cittadino americano deve lavorare sempre di più per pagare gli interessi sui debiti USA al resto del mondo. In Speciale Bancarotta ho riportato le cifre attuali; qui basti ricordare che un terzo di tutta la pressione fiscale subìta dal popolo se ne va già oggi a questo scopo. Così proseguendo le cose, tale quota diventerà della metà e poi dei due terzi, etc. Può dunque salire senza problemi? o si arriverà al punto in cui dichiareranno il ripudio sopramenzionato?
Come la si rivolti, non vi è dubbio che si è creata una situazione paradossale, che al momento viene facilmente ignorata perchè produce crescita inflazionistica di tutto e di tutti, e dunque appare una specie di paradiso in terra; ma che si basa su un evidente insostenibilità disastrosa.
Come mai si è arrivati a tanto?
Può darsi che gli asiatici, per ora siedano sulla riva del fiume in attesa che gli americani si impicchino con la corda che loro stessi gli forniscono, nel frattempo approfittando per crescere quanto più possibile prima dell'ora X.
Se è così, non sono esenti da critiche. Da un lato infatti con quella corda che loro forniscono per ora gli americani si sviluppano sempre più sul piano tecnologico-militare; dall'altro , come sopra ricordato, possono ripudiare i debiti in qualsiasi momento. E questi due aspetti possono essere i cardini del piano americano di conservazione della propria leadership mondiale.
Se ne potrebbe uscire in modo civile da questa situazione?
Per gli USA, a parte il ripudio del debito, l'unico modo sarebbe provocare una fortissima recessione interna, alzando i tassi a breve di 10-15 punti percentuali, fino ad azzerare il deficit estero. Ma questo non è pensabile, per un sistema economico-politico (elezioni ogni due anni) come quello americano.
Per gli asiatici, l'unico modo sarebbe ridurre in modo consistente i dollari accumulati, ma ciò provocherebbe una perdita finanziaria enorme, e un arresto prolungato della crescita interna con il rischio di sollevamenti popolari, che anche una ferrea dittatura come quella cinese probabilmente teme.
Dunque la previsione più probabile è che l'andazzo in essere continui, almeno fino al 2008 : olimpiadi cinesi, ed elezione del nuovo presidente USA. Nel frattempo si saranno accumulati altri due trilioni di dollari circa di debito USA all'estero, e le tasse pagate dagli americani per gli interessi si avvicineranno al 50% del totale. Ma nel frattempo anche la crescita mondiale sarà proseguita a tutta birra, e con essa quella dell'inflazione, sia dei beni di consumo che di quelli mobiliari ed immobiliari. Le mille bolle blu continueranno: borse, materie prime, obbligazioni, dollaro. Certo vi saranno temporanee fasi
di correzione anche corpose, in funzione dei vari eventi, come quella in atto sul petrolio o quella attesa sulla borsa.
Ma la resa dei conti , quella drammatica, non potrà avvenire finchè Qualcuno non spezzerà l'insana simbiosi sopra ilustrata, che del resto NON può costituire un modello di sviluppo planetario permanente.
MATERIE PRIME : dubbi sull'OPEC
Riparte il gas naturale guadagnando il 6% su timori di un inverno freddo, chiudendo a 8,3 (scad. marzo 07).
Il crudo dal canto suo ha vissuto in funzione della decisione OPEC di giovedì sera da cui è emerso un taglio alla produzione di 1,2 milioni di barili, e che ha consentito alla scadenza dicembre di arrivare in area 61; nel finale però sono prevalsi i dubbi sulla capacità dei membri OPEc di tenere fede alla decisione, in presenza dell'annuncio che la Russia invece non avrebbe tagliato la produzione: conclude a 59,33. Tecnicamente una chiusura venerdì a 59,30 (o meno) avrebbe validato una sequenza demark da manuale sul grafico giornaliero, ed infatti ho inserito un ordine di acquisto a 59 non andato in porto (minimo a 59,1); la sequenza dovrebbe quindi completarsi lunedì (se chiusura inferiore a 60,5) e lì conto di rientrare. Giovedì sull'OPEC ho effettuato una compravendita di giornata sulla scadenza novembre - contando anche sulle ricoperture specifiche visto che era l'ultimo gionro di negoziazione di tale scadenza- che non ha fruttato granchè (+350$ a contratto).
Il settore dei metalli ha concluso in prevalenza con modesti guadagni a causa di un venerdì negativo, appresso al petrolio: l'oro a 596(dicembre) il rame a 346 (dicembre) l'argento a 11,97(dicembre); il platino a 1082(gennaio) fa eccezione il palladio a 330(dicembre)+ 5%.
L'indice generale CRB(dicembre) a 307
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: al rialzo
Posizione asset: nulla
CAMBI: il dollaro si ferma
Il dollaro è stato respinto dalle resistenze chiave, ed è tornato in range.L'indice generale non ha superato quota 87 per cui resta valido quanto scrivevo nelle precedenti note.
L'eurodollaro scad. dicembre dopo aver cominciato testando la famosa area di 1,25 (minimo a 1,2517), è rimbalzato con convinzione sfruttando la scusa del Philly Fed americano debole cui si è contrapposto un pacchetto di dati macro positivi per l'area europea: è arrivato quasi a 1,27 per poi concludere a 1,266. Il primo a partire contro dollaro è stato però lo yen che era tornato in area 148 con euro, grazie al venir meno delle tensioni coreane, ma nel finale ritorna verso 150 chiudendo però a 118,6 con dollaro.
L'indice generale del dollaro a 86(dicembre) -1%
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso
Posizione di medio termine: dollaro laterale
Posizione asset: nulla
OBBLIGAZIONI: rendimenti stazionari
Si è fermata l'ondata di vendite sull'obbligazionario delle ultime due settimane.
Negli USA come saldo settimanale il future sul tasso a tre mesi scad.dicembre 2007scende di 1 cts. al 4,99% , il 2 anni sale di 1 cts. al 4,87% il quinquennale fermo al 4,76 il decennale scende di 1 cts. al 4,79 il trentennale scende di 3 cts. al 4,91.
In Europa il Bund decennale sale di 1 cts. al 3,84% ed in Giappone il decennale sale di 3 cts. al 1,79%; il tasso sul debito dei paesi emergenti resta stabile, mentre si riducono i differenziali tra i corporate bonds (specialmente quelli spazzatura) e i titoli di stato; continuano a correre i vari aggregati creditizi: sono solo alcune delle mille bolle blu.
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla
BORSE: prendono una pausa
Wally termina con una flessione supportata da volumi superiori a quelli registrati durante le sedute rialziste, ed è chiaramente in ipercomprato: dovrebbe pertanto fare una correzione da un momento all'altro.
Il catalizzatore potrebbe essere il comunicato fed di mercoledì prossimo.
Per la settimana concludono: il Dow a 12002(+0,4%) lo sp500 a 1368(+0,2%) il nasdaq a 2342(-0,7%), il nasdaq100 a 1739(-1%), il Russell2000 (+0%); tra i settori, trasporti(+1%) i semiconduttori(-5%) le biotech (+3,2%) i broker/dealer(-2%) le banche(-1,3%).
Tokyo sale a 16651(+0,8%) di nikkey, in Europa dax tedesco a 6202(+0,5%) il footsie inglese a 6155(+0%), il cac francese a 5375(+0,5%) e l'Italietta senza la benchè minima speranza, con il debito pubblico considerato affidabile come quello del Botswana: l'SPmib a 39470(-0,3%) ed il Mibtel a 30250(+0,2%).
Tra le borse mondiali stazionarie Brasile, India e Cina, mentre sale dell'1,2% quella Russa (giunta al +45% da inizio anno).
Posizione di lungo termine: al ribasso
Posizione di medio termine: laterale
Posizione asset: nulla
PREVISIONI: arriva la Fed
Lunedì giornata vuota. Martedì vi saranno alcuni dati europei, e nient'altro.Mercoledì l'IFO tedesco e alle 20,15 l'evento della settimana: il comunicato della Fed sui tassi (che saranno mantenuti fermi).Considerato che il pendolo delle attese si è recentemente spostato verso un minor timore sulla crescita, pur continuando a ignorare i rischi di inflazione, SE il comunicato verrà interpretato come maggiormente preoccupato dall'inflazione, potrebbe innescarsi l'attesa correzione della borsa a seguito di un ulteriore rialzo dei rendimenti.
Giovedì ben 3 membri fed avranno modo di dire la loro, mentre sul fronte dei dati macro usciranno gli ordini di beni durevoli e le vendite di nuove case, entrambi per settembre.
Infine Venerdì si inizia con l'inflazione nipponica , si prosegue con M3 europea, e si conclude con la prima stima del PIL USA nel terzo trimestre. Quest'ultimo dato, pur soggetto come noto a revisioni successive anche corpose, sarà particolarmente importante: le attese sono per un ulteriore calo rispetto al secondo trimestre dal 2,6% al 2,1% ma vi sono opinioni molto diverse, e si va da chi prevede l'1,5% a chi invece stima il 2,5%. Poichè la Fed continuerà a far riferimento ai dati futuri, eventuali sorprese in un senso o nell'altro avrano particolare impatto.
ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
Chiuso il mini crudo scad. novembre venduto a 58,55 e comprato a
57,85(+350$).
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, dopo aver pagato le commissioni, è a +3450 euro (con 19 operazioni effettuate su eurodollaro+ 5 sul nasdaq+2 su gas naturale+1 su eurosvizzero+2 su oro+1 su argento+4 su bond+1 su euroyen+2 su petrolio+1 su s&p500+1 su dowjones); il rendimento complessivo, tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato, è pari al +5,2% ed equivalente al +6% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 0% ed il 100% è in conto corrente al 2,37% netto (3,25% tasso iwbank).