5/19/2006

Speciale Tigri

Speciale Tigri

Le borse dei paesi emergenti sono andate molto bene lo scorso anno, l'indice MS ha guadagnato il 30%, e del resto molte economie sono cresciute a tassi elevati. Le condizioni ricordano quelle degli anni 90 quando le cosiddette tigri asiatiche - Tailandia, Taiwan, Sud corea, Indonesia, Malesia, Singapore, le Filippine, Hong kong- erano il ritratto di una forte crescita economica, trainata dalle forniture di componenti elettronici a basso costo , ed altre esportazioni, all'Occidente.
Quando i mercati dei capitali furono aperti, gli investitori esteri investirono a piene mani per profittare della crescita, ma come spesso succede in questi casi, gran parte dei soldi fuorno mal spesi.
Il problema divenne chiaro con la crisi valutaria iniziata in tailandia nel 1997, quando cioè il bath venne svalutato e gli investitori risposero ritirando i soldi, così creando un circolo vizioso per cui la valuta si disintegrò. Oltre alla Tailandia, anche Sud corea e Malesia ebbero situazioni simili, con effetto domino in tutta l'area. Il che comportò una brusca frenata delle economie sottostanti e un crollo dei mercati azionari locali.
Nel giro di pochi mesi le tigri, fino a quel momento portate come fulgido esempio della crescita guidata dalle esportazioni, vennero additate al pubblico ludibrio per la mancanza di trasparenza, il mercato dei capitali sottosviluppato, le regole bancarie inadeguate, e i sistemi di corruzione vecchio stile.
Gli operosi asiatici, comunque, non restarono depressi per molto.
Certo, il nepotismo e altre pratiche all'italiana, fuorno eliminate più sulla carta che nei fatti, ma la crescita economica riprese risentendo in misura più contenuta della successiva crisi mondiale innescata dal collasso del nasdaq e dagli eventi del 2001.
L'inflazione è rimasta bassa in alcuni paesi, mentre in altri (Filippine, Tailandia ed Indonesia) è salita molto; non a caso queste tre nazioni hanno sofferto di situazioni politiche critiche negli ultimi anni ed in conseguenza esse hanno dovuto tenere tassi di interessi più alti rispetto a quelli praticati dalle altre consorelle della regione.
Le Tigri, essendo rimaste fortemente dipendenti dall'export, sono state aiutate dal collasso valutario del 1997-98; alcune valute hanno poi recuperato sul dollaro ma rimanendo ben sotto i livelli pre crisi.
Gli investimenti esteri sono tornati, anche se in misura ben inferiore a quella cinese, anche perchè vi è stata una riduzione delle sofferenze bancarie. Molte Tigri hanno capito che parte della loro vulnerabilità è data dall'eccessiva dipendenza dalle esportazioni. Il Sud corea e la Tailandia , pur senza molto successo, hanno provato a spingere la domanda interna per ridurre la dipendenza sopramenzionata.

Facendo un richiamo più generale, occorre tenere presente che il più importante risultato della rivoluzione industriale occidentale è stato lo sviluppo di un ampia classe media. Prima di allora, le società agricole concentravano la ricchezza e il reddito nelle fasce più elevate. Con la rivoluzione industriale invece anche la classe media ha avuto reddito da spendere, aumentando in un circolo virtuoso l'educazione delle generazioni successive, e creando sufficiente domanda interna da farle divenire economie autosufficienti (anche se in competizione tra loro, e grazie all'appropriazione delle risorse del resto del mondo).
Oggi le nazioni in via di sviluppo, inclusa la Cina, non hanno ancora creato una classe media sufficiente , per ripercorrere lo stesso tragitto dell'occidente ( e si accorgeranno che non potranno farlo perchè "non ce n'è per tutti" come ripeto sempre). Nonostante tutti i telefonini e i computer acquistati negli ultimi anni,gli asiatici continuano solo a spendere i soldi provenienti dalle esportazioni e dagli investimenti esteri.

Con la prossima recessione globale che sarà causata dalla crisi americana, Cina e tigri soffriranno pesantemente.Non può non essere così perchè la gran parte delle loro esportazioni sono dirette proprio ai famelici consumatori americani, che - come sappiamo- essendo indebitati ed essendosi mangiati le case pur di consumare, hanno in pratica drogato le esportazioni asiatiche. Lo scorso anno, tale forte crescita guidata dalle esportazioni, insieme con qualche riforma finanziaria, hanno nuovamente attratto una massa di denari esteri che hanno gonfiato le borse locali (anche nel primo trimestre 2006 ben 20 miliardi di dollari sono andati nei fondi comuni che investono in azioni degli emergenti e pure gli investitori istituzionali come i fondi pensione, hanno investito a piene mani).
Ne risulta che le azioni delle tigri sono divenute care, soprattutto se si considera la volatilità storica di questi mercati. E' facile prevedere che con la prossima recessione queste borse collasseranno.
Inoltre c'è la minaccia del protezionismo, che per ora è concentrata sui cinesi ma si applicherà a tutta l'area, e i tassi di interesse al rialzo.
Perchè non dovrebbe ripetersi una crisi tipo 1997-98? oggi sono più dipendenti ancora dalle esportazioni, ed oggi il peso degli hedge funds è molto superiore, per cui la caduta sarà esacerbata, esattamente come lo è stata la salita.
Infine c'è la correlazione tra mercati azionari; ho analizzato le correlazioni tra i principali mercati borsistici del mondo, e non vi è dubbio che di norma seguono quello americano; naturalmente non sono correlazioni perfette, ma l'evidenza mostra che il profilo è lo stesso in una economia crescentemente interconnessa.
Tutto questo per dire che - se si è convinti della crisi prossima ventura che attende gli USA e Wally- non ci si può illudere che le tigri ne saranno esenti, al massimo si può sostenere che se la crisi parte da loro, l'occidente potrebbe non risentirne, ma non viceversa.

Questo speciale è dunque dedicato a chi investe-credendo oltretutto di "diversificare"- nelle azioni dei paesi emergenti, contando sul margine di crescita delle economie locali.