Speciale Yaun-Yen
I mercanti di Hong Kong che erano abituati da una vita ad evitare gli yaun portati dai turisti cinesi, adesso non vedono l'ora di accaparrarseli, mentre i loro omologhi a Shangai sono ben poco contenti di incassare dollari di Hong Kong, da sempre desiderati.
Per la prima volta in 13 anni il cambio dello yaun ha sorpassato quello del dollaro di hong kong: la Banca centrale cinese ha fissato il più recente cambio con il dollaro USA a 7,79 superando il cambio fisso tra dollaro HK e dollaro USA fissato a 7,8.
Per Hong Kong l'effetto di uno yaun forte è l'aumento del costo delle importazioni (Hong kong finora era il primo punto di contatto tra le merci cinesi e il resto del mondo) e la riduzione del ruolo nell'intermediazione finanziaria verso la Cina, perchè i flussi di capitali vi arrivano in misura sempre maggiore, direttamente.
La salita dello yaun simbolizza la nuova statura raggiunta dalla nazione come potenza economica mondiale. La borsa cinese superando quota 1 trilione di dollari in capitalizzazione diviene la terza asiatica dopo Giappone ed Hong Kong. La crescita del mercato azionario cinese è stata così forte che le autorità hanno temporaneamente bloccato la nascita di nuovi fondi comuni d'investimento per paura che il loro semplice ingresso amplifichi la bolla, alimentata dalla continua nuova creazione di yaun derivante proprio dal mantenimento di un cambio che si rivaluta in misura solo molto lenta rispetto al dollaro USA.
Da quando Pechino ha reso più flessibile il cambio con il dollaro, nel luglio del 2005, lo yaun si è apprezzato solo del 4%, perchè la dirigenza cinese ritiene che lo sviluppo interno sarebbe a rischio in presenza di un maggiore e più veloce apprezzamento del cambio. Nel contempo però i cinesi hanno alzato le riserve bancarie e i coefficienti di capitale richiesti alle banche a fronte dei prestiti. Girano voci di un possibile rialzo anche dei tassi d'interesse ufficiali perchè pare che l'inflazione stia salendo troppo (la si conoscerà il 25 gennaio). Anche se il rialzo non si concretizzerà subito, la tendenza della banca centrale resterà quella di adottare misure restrittive se il tasso di crescita del PIL continua a superare il 10% annuo, senza però consentire un rapido e consistente apprezzamento dello yaun. Questo perchè i cinesi continuano a voler tenere in piedi il consumatore americano, il loro principale cliente, ritenendo che gli USA continueranno a onorare i debiti che nel frattempo accumulano verso di loro, e i relativi oneri di servizio(gli interessi pagati ai cinesi rappresentano ormai un terzo di tutte le tasse pagate dai contribuenti americani). Invece la cosa più semplice sarebbe , per la Cina, consentire una forte rivalutazione dello yaun, che implicherebbe automaticamente il raffreddamento delle bolle interne.
Ma c'è un altra variabile: mentre lo yaun comunque si rafforza, pur a piccoli passi, lo yen giapponese per contro si indebolisce ed è ai minimi di tutti i tempi con l'euro, ai minimi decennali con la sterlina, e oltre 120 con dollaro.
Il contrastante andamento tra le due valute principali dell'Asia è sostenibile nel lungo termine?
Il Giappone certamente ne beneficia essendo il principale esportatore in Cina; però quest'ultima difficilmente può accettare un ulteriore apprezzamento della propria valuta mentre lo yen continua a indebolirsi, per timore di accumulare un deficit commerciale eccessivo sul versante nipponico, che ha una storia geopolitica molto delicata (da me trattata altre volte, vedasi la nota sui mercati del 3.12 e lo Speciale Oro segreto).
Nel frattempo gli USA chiedono (almeno a parole) un continuo apprezzamento dello yaun e questa dinamica va accoppiata all'attuale svantaggio competitivo accumulato dall'euro con lo yen (e con lo stesso yaun ogni volta che l'euro guadagna sul dollaro), per cui è chiaro che siamo ben lontani da una situazione sostenibile a lungo andare.
Lo yen è per ora molto debole perchè la BOJ, pressata dal governo, mantiene i tassi d'interesse ufficiali allo 0,25% ed anche se dovesse portarli allo 0,5% questi ultimi resteranno di gran lunga i più bassi sul pianeta. Dopo la grande crisi deflazionistica in cui il Giappone è precipitato a partire dal 1990, in seguito allo scoppio della megabolla azionaria ed immobiliare degli anni 80, la paura che un rialzo dei tassi possa frenare la ripresa in atto, è ormai profondamente radicata nella psiche dei nipponici, ed in ogni caso fornisce loro un ottimo alibi. Inoltre c'è il rischio che l'enorme quantità di indebitamenti in yen accumulatasi nel frattempo, se dovesse venire drasticamente ridotta in tempi rapidi, provochi una rivalutazione fortissima dello yen. I Giapponesi quindi sono incentivati anche da questo a restare fermi.
Così l'impasse globale continua, e con essa però si accrescono i nodi irrisolti e le contraddizioni evidenti.
Il cambio dollaro-yen mostra nei grafici la rottura di un importante trendline di lungo periodo che lo proietterebbe verso 130-140. D'altro canto gli stessi grafici,sul breve termine, mostrano la formazione di un doppio massimo che potrebbe costituire la base per un ritorno verso 110.
Tecnicamente dunque la partita è aperta più che mai, anche se le sopramenzionate considerazioni di natura generale legate alla recente forza dello yaun cinese rendono difficile che lo yen possa continuare a indebolirsi ulteriormente. Per i prossimi mesi quindi lo scenario più probabile è che si resti in un range più o meno ampio, in attesa che si sciolga il nodo di fondo dell'economia mondiale: quando i cinesi dovessero mandare a fondo il dollaro, e saranno incoraggiati a farlo se anche i giapponesi accetteranno la rivalutazione dello yen.