2/24/2006

Speciale Segreti

Speciale Segreti

Da quando Greenspan è uscito di scena, sono iniziate ad uscire alcune prese di posizione che hanno evidenziato la sequela di problemi irrisolti dopo averli provocati, per cui la presunta abilità del Maestro inizia, pur timidamente, ad essere messa in discussione. L’errore principale addebitato è quello di aver immesso troppa moneta sui mercati finanziari.
Uno dei segreti politici meglio conservati della storia finanziaria, il famoso conundrum (enigma) concernente la fase attuale di bassissimo livello del costo del denaro, inizia ad essere spiegato come un grossolano sbaglio (pertanto intenzionale) di Greenspan che per quasi dieci anni ha inondato il mondo di una quantità di dollari priva di contatti con le necessità dei mercati reali, ma principalmente tesa a rendere favorevoli le condizioni sui mercati finanziari.
In conseguenza di questa condotta monetaria, qualsiasi attività patrimoniale è salita (azioni, obbligazioni, immobili), creando di volta in volta delle bolle che per non esplodere in modo dirompente dovevano venire assorbite con successive e massicce inondazioni di nuova valuta. Questo spaventoso eccesso di liquidità si è ripercosso in modo permanente sui tassi d’interesse a lungo termine in tutto il mondo ed è una forma di “populismo monetario” in quanto tutti sono stati accecati dal buon andamento delle Borse e dall’aumento dei valori immobiliari senza rendersi conto che si tratta solo di una nuova forma di illusionismo monetario e finanziario.
Naturalmente la Fed ha sempre dichiarato che ci si trova semplicemente di fronte ad un eccesso di risparmio in alcune parti del mondo che fatalmente fluisce verso gli Stati Uniti. Anche Bemanke ritiene che il disequilibrio nell’economia mondiale sia da attribuirsi più al super risparmio di cittadini di Paesi come Cina, Giappone ed Europa che al superconsumo degli Stati Uniti - e ciò fa presagire la perfetta continuità con Greenspan.
Comunque è interessante notare come l’assurda condotta dei banchieri centrali che hanno sostenuto il “gioco” inizia ora ad essere criticata, tanto che apertamente si asserisce come la spiegazione di Greenspan circa il risparmio mondiale di fatto non spiega un bel niente, non essendoci la prova statistica di un eccesso di risparmi nei paesi emergenti tale da superare il deserto dei risparmi americani .
In sostanza di inizia a capire come il “conundrum” sia una gigantesca mistificazione necessaria per nascondere la verità, cioè che il livello dei tassi d’interesse alla fine dipende dall’eccesso di moneta artatamente creata; l' eccesso di liquidità iniettato dalle Banche centrali dovendo restare un "segreto" si è finto di crederlo un "enigma", un conundrum per l’appunto. Ora che Greenspan non c’è più (sarà uno dei prossimi capri espiatori?), la situazione inizia a venire ritenuta potenzialmente destabilizzante dal punto di vista economico, per cui occorrerebbe cominciare a drenare liquidità in modo contrario a quanto fatto negli ultimi dieci anni: operazione quasi impossibile in quanto comporterebbe una rinuncia di tanto da parte di tanti, Stati Uniti in testa. Questa non risulta una strada concretamente percorribile , per cui l’unica alternativa possibile rimane l’implosione del sistema con tutti i problemi conseguenti, anche di natura sociale e politica.
Quanto sta emergendo conferma inoltre il tema che vado sostenendo e cioè che non ci troviamo di fronte a persone “minus habens”, incompetenti ed arroganti che si sono solo preoccupate di procacciare di volta in volta in modo disorganico ed occasionale - le risorse finanziarie necessarie agli Stati Uniti per continuare a rimanere l’unica potenza imperiale. Un simile comportamento sarebbe solo servito a procastinare per qualche tempo la resa dei conti, alla fine comunque micidiale anche per la posizione dominante dell’America.
Una risposta credibile al comportamento apparentemente scriteriato della Fed potrebbe quindi essere quella di un disegno molto sottile tendente a modificare la situazione attuale per ampliare successivamente l’influenza degli USA in un mondo impoverito, approfittando di un evento esterno destabilizzante, sicuro nel suo prossimo apparire anche se incerto circa l’esatto momento.
Il mosaico di questo disegno globale vedrebbe il petrolio quale chiave di volta per la sua attuazione , mentre l’oro sornionarnente sembra voler ripercorrere scenari già visti nel 1979 ( oggetto dei soliti saliscendi che rendono molto ai fondi che li provocano). A loro volta i tassi si stanno scaldando, mentre il $ resta in attesa dell’avverarsi di eventi traumatici necessari per liberarlo dalle aberrazioni finanziarie(differenziale tassi) che lo hanno fin qui sostenuto.
Poichè in più occasioni pubbliche autorevoli economisti hanno dichiarato di non riuscire a comprendere quale sia la strategia che sta dietro al rialzo del greggio in atto dalla primavera del 2004 , a parte addebitarne le colpe alla Cina ma la cui reale incidenza sul mercato energetico è per ora inferiore a quella del Giappone (opinione tra l’altro condivisa dalla Commissione Ue) , c’è da chiedersi se il tutto stia allora avvenendo solo per effetto di una casuale speculazione o invece sia frutto di una concreta mano invisibile avente finalità molto complesse, come quella di creare le condizioni di pathos necessarie per generare un panico dirompente al verificarsi di scenari sconvolgenti e psicologicamente non accettati ( come veder letteralmente svanire i propri patrimoni finanziari ). Sul mercato fisico, ci ricordano gli esperti, il petrolio infatti non manca, anzi abbonda.
Normalmente la grande speculazione si muove con lo scopo prioritario di ottimizzare i profitti, senza voler debilitare “la mucca da mungere”, cioè l’economia reale. Agire invece sul settore molto delicato delle materie prime ed in particolare sul petrolio finisce per agevolare solo i Paesi produttori di questi beni, che in genere non fanno parte del G 7 e caricare di costi non programmabili l’economia occidentale, minandone lo sviluppo.
L’azione della grande speculazione, sempre in linea con quella del duo Fed/Ppt, avrebbe pertanto un senso se non si occupasse delle commodity più delicate per lo sviluppo economico, mentre toccando solo Borse ed immobili renderebbe anche soddisfatte molte persone a causa dell’effetto ricchezza che ne consegue. Se questo ragionamento ha senso, perchè metalli industriali e petrolio, soprattutto, sono ai massimi livelli, con l’oro che, pur in assenza d’inflazione perniciosa, dal primo settembre si è messo pure lui a salire ( al momento soprattutto grazie all’opera di certi fondi che probabilmente stanno “scaldando” la situazione in attesa di attrarre il grande pubblico, manovrando il mercato in modo da massimizzare i propri profitti con i vari saliscendi)? Forse per avvalorare l’ipotesi che il tutto faccia parte non del caso ma di una sapiente regia e comprendere meglio il senso dello strano momento che il sistema economico-finanziario globale sta attraversando nel contesto di uno sfondo geopolitico molto inquietante non è male ripensare alla genesi della situazione finanziaria odierna divenuta molto precaria già a partire dal secolo scorso quando furono create le premesse delle forzature attuate poi dalla Fed durante tutta la gestione Greenspan. Decisioni che ora vengono stigmatizzate da autorevoli fonti in quanto pare proprio che abbiano ricalcato errori già commessi negli Anni Venti e che furono a suo tempo criticati da valenti economisti in quanto la crisi di quel periodo fu soprattutto la conseguenza del denaro a basso prezzo, da cui derivarono eccessi di capacità produttiva, di prestiti e di speculazioni . La crisi, per inciso, divampò quando l’espansione del credito facile ad un certo punto finì , per cui anche il Keynes nel ‘37 si preoccupò di sottolineare a Roosvelt, quale monito per i futuri inquilini della Casa Bianca, che al fine di frenare future euforie, servivano precisi interventi sulle banche per costringerle ad adottare criteri più selettivi in merito alla concessione dei crediti, nonchè maggiori discriminanti e limiti per le operazioni speculative.

Al fine di trovare il filo conduttore che lega il passato al presente e che ha costretto la politica monetaria americana degli ultimi decenni ad agire spinta soprattutto dalla necessità di reperire sempre maggiori risorse finanziarie, di qualunque tipo, per alimentare la politica di grande potenza - e a cui in varia misura erano costretti a contribuire anche molti Paesi che fruivano dei benefici di un simile contesto - cercherò di sintetizzare quei passaggi che di fatto hanno condizionato pesantemente quelle scelte che ora fanno temere grandi incognite per l’economia globale.
Poichè furono gli Stati Uniti a sostenere il peso fìnanziario principale della Prima Guerra Mondiale e del periodo postbellico, furono loro ad incrementare la circolazione del $, grazie all’abbondanza monetaria-creditizia di quel Paese saturo d’oro (gli europei ne avevano depositato ingenti quantitativi quale garanzia per i loro debiti), con la speranza di utili sempre crescenti e l’illusione di poter eliminare gli effetti della disoccupazione post bellica, creata dalle razionalizzazioni che accrebbero enormemente la capacità produttiva. In buona sostanza l’effetto leva del ‘gold exchange standard” permise sia la grandiosa inflazione creditizia interna americana che quella internazionale, grazie al fatto che sullo stesso oro si erano fondate le espansioni monetarie degli Stati Uniti e le ricostruzioni monetarie dell’Europa. Tutto ciò fu la causa sostanziale del 1929 che azzerò gli eccessi e molti patrimoni finanziari (ciò che sta per ripetersi).
La Grande Depressione che ne seguì pose a sua volta le premesse per la successiva situazione bellica, a sua volta rimedio alla crisi fìnanziaria degli Anni Trenta. L’America arrivò infatti alla vigilia della guerra del 1941 con una situazione economica, finanziaria ed industriale che era ancora ai livelli antecedenti il 1929, mentre solo i preparativi militari e gli aiuti materiali alla Gran Bretagna avevano permesso di recuperare almeno il livello pre-crisi. Pertanto il finanziamento dello spaventoso sforzo bellico non potè essere sostenuto se non ricorrendo massicciamente all’abuso del credito, che si tradusse in una grande immissione di dollari sul mercato, dollari che materialmente non esistevano (non essendo il frutto del risparmio, o il risultato della vendita d’oro o di qualsiasi altra attività produttiva).
Mentre la Guerra Mondiale era ancora in corso, ecco che gli Stati Uniti portarono gli alleati a siglare gli accordi di Bretton Woods, dove sancirono le regole che avrebbero governato il sistema monetario internazionale una volta cessate le ostilità e da quel momento il $ divenne la moneta dominante (sostituendo la sterlina,) a livello mondiale e così l’America risolse strategicamente il suo problema finanziario, grazie al signoraggio sul $.
Una delle principali conseguenze delle regole del gioco imposte dall’America a Bretton Woods fu quella di fornirle una posizione di favore rispetto alle altre Nazioni, grazie alla possibilità di finanziare gli squilibri della propria bilancia dei pagamenti (già evidenti alla fine degli Anni Cinquanta e facilmente prevedibili dieci anni prima,) mediante l’emissione di dollari che contribuivano ad esportare inflazione nel sistema finanziario internazionale.
In pratica, fin dal momento in cui furono introdotte queste regole, risultò evidente che il mondo avrebbe sostenuto gli Stati Uniti, permettendo loro di divenire una potenza egemone: da allora si è sempre sottaciuto sul fatto che una continua inflazione del $, sostenuta da tutti, prima o poi avrebbe comportato “una resa dei conti “.
Quando la spinta della ricostruzione post-bellica cominciò a rallentare, a tenere in piedi il sistema finanziario già “taroccato” ci pensò la guerra del Vietnam, che esportò l’inflazione in tutto il mondo, e soprattutto nel 1971 l'abolizione della convertibilità in oro. Ciò provocò anche i vari shock petroliferi degli Anni Settanta. L ‘aumento del prezzo del petrolio creò infatti in tutti i Paesi una maggiore richiesta di dollari - i cosiddetti petrodollari - che, provenienti da tutto il mondo, finirono soprattutto nel sistema finanziario americano.
Nel frattempo i problemi causati dai vari shock petroliferi diedero il via al primo G 6 di Rambouillet, nel 1975 , ufficializzando la moderna globalizzazione , sponsorizzata da Kissinger. Di fatto l’incontro sancì la necessità del coordinamento internazionale nel governo dell’economia, dando il via alla nascita della fìnanziarizzazione del sistema che a sua volta provocò una sfrenata liberalizzazione dei capitali tanto che in pochi anni (1980-2 000) si ebbe un aumento- non giustificato dal livello di crescita dell’economia- degli stock finanziari, che passarono da 10 a 100 trilioni di $. Con la quasi contemporanea fine delle parità fisse tra le varie valute venne poi meno uno strumento di disciplina che permise così a molti Paesi una rapida espansione monetaria, facilitata anche dall’innovazione tecnico-finanziaria rappresentata dall’incremento incontrollato dei derivati. Ora che il livello di questi strumenti finanziari sembra abbia superato i 300 trilioni di $ (dieci volte il Pil mondiale!), appare quanto mai emblematica la rilettura delle conclusioni alle quali era giunta negli Anni ‘70 la Banca dei Regolamenti internazionali sulla base dello studio di un apposito comitato di sorveglianza. Questo studio,infatti, dimostrò la possibilità di porre sotto controllo la quantità di moneta internazionale in quanto c’erano gli strumenti, ma l'idea venne respinta dalle autorità americane perchè ciò avrebbe significato organizzare un governo mondiale della moneta, che avrebbe però causato la fine del loro signoraggio sul dollaro.
Per inciso, che la precarietà del sistema finanziario americano fosse ben presente nelle sue dimensioni alle “alte sfere”, lo testimonia l’iniziativa che nel corso degli Anni ‘80 prese l’allora Vice Presidente Bush senior, riguardante la costituzione di una commissione di studio avente lo scopo di ipotizzare quale sistema monetario sarebbe occorso per supportare l’economia mondiale dopo la fine di quello allora basato sul dollaro. Volendo gli Stati Uniti assicurarsi la leadership mondiale, era per loro determinante continuare a controllare i flussi finanziari globali, operazione che si rese possibile grazie anche ad una Borsa che, governata dalla Ppt(Plunge protection team, in pratica un comitato di intervento formato dalle tesorerie delle principali banche) sarebbe diventata il centro di raccolta degli stessi.Con l’aiuto dei nuovi parametri della spesa pubblica che il Fmi aveva “suggerito” al mondo (ma non all’America), avvenne lo spostamento degli stock finanziari dai titoli di Stato alle azioni. Il vero boom iniziò lentamente nel 1982 e provocò un impennata del $, cui si mise rimedio con gli accordi del Plaza del 1985 (si indebolì il $ per frenare il deficit estero USA); con il successo dei fondi pensione e dei fondi comuni di investimento a fine degli Anni 80 che s’imposero definitivamente , si ebbe l'ulteriore spinta sistemica.
Successivamente ci furono una serie di crisi (Messico, Giappone.Sudest asiatico, Russia,fondo Ltcm.2001, ecc.) che furono fronteggiate dalla Fed e dalle altre principali banche centrali con un ‘immissione imponente di liquidità, spinta al massimo a partire dall’estate 2003 quando la banca centrale americana cominciò a paventare lo spauracchio della deflazione rivelatasi poi nei fatti un bluff. Ma intanto i deficit statunitensi si erano assicurati il loro finanziamento Nel corso del periodo della Presidenza Greenspan ci furono molti comportamenti che, dietro alla facciata di una politica tesa alla salvaguardia del sistema finanziario americano, in effetti ne minarono ancor più la già pericolosa precarietà, ampliando le distorsioni del sistema stesso. Per esempio la crisi del Nasdaq del 2000 - come è ormai noto - fu amplifìcata dalla vicenda del “baco del 2000”, che si rivelò anche lei un un bluff ma spinse le autorità monetarie americane ad immettere nel secondo semestre del 1999 ben due trilioni di dollari per evitare un eventuale tilt del sistema bancario (per inciso, chiunque all’epoca avesse parlato con esperti del settore avrebbe capito che il rischio era quasi inesistente,), dollari che dopo aver spinto al massimo i listini tecnologici a marzo del 2000 vennero poi ritirati dal mercato, favorendo così la caduta del listino tecnologico. Sempre la Fed nel ‘99 aumentò improvvisamente i tassi per prevenire un fantomatico rischio inflattivo, favorendo lo scoppio della bolla speculativa ma causando pure un rallentamento troppo severo dell’economia in quanto oltre allo sgonfiamento delle quotazioni fu bloccata la crescita economica.
Grazie poi all’11 settembre l’espansione monetaria a costi risibili attuata dalla Fed non ha avuto praticamente pausa fino alla metà del 2004, quando si cominciarono ad aumentare lentamente i tassi a breve in un contesto di pesanti bolle, con in testa quella immobiliare. Bolle che insieme ai deficit USA, agli abusi ed agli eccessi insiti nel sistema finanziario attendono ora una soluzione.
A questo proposito è istruttivo meditare sulla lettera che il Keynes scrisse nel ‘37 al Presidente Roosvelt , in quanto dà la possibilità di riscontrare come Greenspan abbia paradossalmente fatto il contrario di quanto consigliato, allargando prima credito e moneta a dismisura ed a costi irrisori, manovrando poi da metà 2004 con una serie di aumenti dei tassi a breve singolarmente minimi ma complessivamente significativi, per cui ora gli effetti degli stessi forse cominciano a farsi percepire lentamente già dal mercato immobiliare, proprio quello che ultimamente ha permesso il sostentamento dei consumi e quindi del PiI americano.
Un rischio concreto ed attuale è che l’economia USA veleggi verso un ridimensionamento a causa della fine della politica monetaria molto drogata, situazione per certi versi normale, gestibile e tranquillizzante circa un futuro prossimo dei mercati, ma certamente non in linea con il mantenimento del “mantello imperiale” fin qui adottato dalla politica USA, per cui c’è da chiedersi se questo sia un passo possibile e voluto pur in un contesto geopolitico in fibrillazione, oppure se lo scenario complessivo non stia nascondendo un’ opzione in grado di destabilizzare il sistema globale e di cancellare le prove delle colpe commesse principalmente dalla Fed, pur nell’interesse del suo Paese.
Oltre al Keynes, Greenspan e la “sua’ Fed hanno pure disatteso le raccomandazioni di Milton Friedman l’ideatore di quella politica detta “monetarista” che era stata presa come guida per attuare la globalizzazione finanziaria, che a sua volta generò il trattato di Maastricht ed il Patto di stabilità. Questa teoria sostiene che il controllo della quantità di moneta in circolazione è essenziale per garantire la stabilità monetaria e porre le condizioni per lo sviluppo, per cui la Fed, evidentemente per evitare critiche sacrosante da parte di terzi, dopo aver disatteso per anni i dettati consigliati da Friedman, recentemente ha addirittura annunciato che non publicherà più i dati relativi al valore dello M3 (massa monetaria in essere) in quanto non ritenuti più utili alla luce dei nuovi “paradigmi” che finora hanno evitato l’avverarsi di crisi più volte annunciate ma mai concretizzatesi in modo devastante.M3 diventa dunque un altro dei segreti di Stato. I nuovi “paradigmi” farebbero ritenere che ci siano delle regole nuove per quanto concerne la teoria economica e finanziaria, ma poichè ciò non risulta al mondo accademico, molto probabilmente questi altro non sono che un ulteriore e pericoloso bluff, necessario solo per trascinare nel tempo la pericolosa soluzione degli eccessi compiuti, nell’attesa di eventi esterni risolutori.
Poiché non è pensabile che le autorità politiche, economiche e finanziarie americane non conoscano le raccomandazioni che il Keynes ed altri illustri economisti nel tempo hanno lanciato al fine di non ripetere sconquassi come negli Anni 30 (per inciso il nuovo Governatore Bernanke è uno studioso proprio della crisi del ‘29), è evidente che la mossa di Greenspan di aumentare i tassi molto lentamente deve aver avuto lo scopo non tanto di evitare o limitare gli effetti negativi di una simile manovra (che peraltro sono universalmente conosciuti), ma quello di procastinarne nel tempo gli effetti; il lento e preannunciato aumento dei tassi a piccoli passi serve ad illudere i più che in questo modo la situazione sarebbe rimasta sotto controllo, essendo i rialzi finalizzati al reperimento di risorse finanziarie dal resto del mondo. L’illusione giocava sulla presunta abilità del Maestro di risolvere benignamente ogni tipo di crisi, mentre in realtà solo qualche evento esterno e traumatico avrebbe potuto sistemare le manipolazioni del sistema finanziario mediante un’implosione dello stesso, permettendo nel contempo al Paese egemone di aumentare il controllo della situazione, ottenendone inoltre il vantaggio di far pagare il costo del risanamento generale soprattutto agli altri (tutti quelli che hanno investimenti in dollari),a cominciare dagli asiatici, indebolendoli; e di scaricare le colpe del disastro sull’azione criminale di qualche gruppo terroristico, tipo il mitico Bin Laden che infatti non viene catturato da ben 5 anni perchè risulta convieniente così, esattamente come saddam era stato lasciato al suo posto per oltre 10 anni dopo la prima guerra del golfo.
Il messaggio dello scorso gennaio del capo di al-Qaida, inerente nuovi attacchi terroristici in preparazione (nel precedente messaggio Bin Laden preconizzava, tra l’altro, la distruzione delle installazioni petrolifere mediorientali per abbattere l’economia occidentale), subito ben pubblicizzato dai media occidentali, pare proprio indicare l’approssimarsi di eventi utili a liberare l’America dall'obbligo di pagare i debiti accumulati grazie a un sistema finanziario che, con le sue aberrazioni,le ha permesso di risultare sempre più dominante a partire dalla Prima Guerra Mondiale.

Per superare la solita critica che viene elevata di fronte ad una proiezione degli eventi come dianzi proposta, spesso definita pura dietrologia, basta riflettere su alcuni eventi del xx secolo, avendo come chiave di lettura la necessità per gli Stati Uniti di mantenere il loro stato “imperiale” pur senza avere le risorse finanziarie adeguate; nella stessa situazione l’ URSS collassò,perchè era priva del signoraggio sulla moneta mondiale(se fosse stato il rublo e non il $ avremmo avuto l'opposto). A questo punto il dubbio che a partire almeno dalla Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti abbiano perseguito una politica imperiale tendente a massimizzare i propri interessi ( almeno quelli di una certa classe dominante) dovrebbe sorgere. E se aggiungiamo un pò di studio di macroeconornia e dei sistemi finanziari diventa più comprensibile il perchè la politica monetaria americana a partire dall’agosto del 1971 (non convertibilità del $ in oro) abbia imposto al mondo il dollar standard, nel quale questa moneta divenne strumento di riserve in sè e per sè e non in quanto convertibile in oro, stante il fatto che dietro al $ c’era solo il debito USA. Inoltre, questo sistema non aveva strumenti di governo della liquidità americana da parte degli altri Paesi, anche se gli stessi di quella liquidità erano in vario modo partecipi.
Il risultato finale della lunga serie di eccessi sono ora i rischi derivanti da una serie di problematiche, che vanno dal livello toccato dai derivati - usati principalmente per una gestione dei rischi che non risulta però adeguata a causa di una continua immissione di prodotti d’investimento non adeguatamente testati in termini di reazione del mercato in caso di panico - all’operatività degli hedge fund, alla bolla immobiliare ecc.
Quando le Borse entreranno anche loro in fibrillazione ( fino a quando permetteranno guadagni, i timori rimarranno sopiti ), guardando il quadro complessivo da una certa distanza, come occorre fare quando si deve osservare bene un bel mosaico, il segreto dei segreti diverrà di più facile comprensione: e cioè che tutto questo procedere altro non sia servito che a facilitare l’avverarsi di un piano strategico tendente a conferire agli Stati Uniti un ulteriore e prolungato periodo di primato mondiale. La falla del piano concerne l'asse Cino-indiano, con i suoi tre miliardi di abitanti, che non sarà facile continuare a tenere sotto al tacco.
Ma non è più un segreto che a questo scopo è prevista la Terza Guerra Mondiale (non c'è due senza tre), che si pensa di vincere grazie alla superiorità tecnologica (ma il tempo gioca contro, perchè soprattutto i cinesi ogni giorno che passa riducono il gap).Probabilmente, vi sarà l'ironia storica e la Terza scoppierà esattamente cento anni dopo la Prima, a conclusione di quello che gli storici chiameranno il secolo americano
(1914-2014).