10/25/2012

Deficit e investimenti

Il deficit statale impedisce al settore privato di investire tutto il risparmio che fa. Lo si deduce dalla classica equazone contabile su cui si fonda la macroeconomia. Essa infatti recita che in un sistema economico (ipotizziamo sia il mondo intero, per semplificare , così senza bisogno di considerare i conti con l'estero) il PIL dal punto di vista delle fonti della spesa, si articoli in spesa totale dei consumi finali (C), negli investimenti privati totali (I), nella spesa pubblica totale (G):
PIL = C + I + G
mentre dal punto di vista degli usi delle entrate prodotte vada in consumi (C), risparmi (S), e tasse:
PIL = C + S + T
Algebricamente l'equivalenza sarà quindi:
C + I + G = C + S + T
pertanto si può elidere C da entrambi i lati, e scrivere l'equazione in questo modo
G-T = S-I
signfica che la differenza tra spesa pubblica e tasse (deficit/surplus) è pari alla differenza tra risparmio dei privati e loro investimenti (si noti come in assenza di Stato, il risparmio sarebbe pari all'investimento per definizione). Se ne deduce pertanto che se si aumenta il differnziale a destra dell'equazione (quindi se si aumenta il deficit statale), automaticamente aumenterà il differenziale a sinistra, cioè vi sarà maggior risparmio non investito dai privati. E viceversa se lo Stato crea un surplus ciò consentirà investimenti superiori al risparmio disponibile.

Cosa è auspicabile? qui ciascuno può sbizzarrirsi, chi desidera ridurre gli investimenti privati, preferendo quelli statali gestiti dai politici, si augurerà una situazione di deficit di bilancio. Viceversa chi considera negativo lo spiazzamento dell'economia privata ad opera dello Stato, in altre parole, il maggior peso dello Stato nell'economia, auspicherà una situazione di surplus, che tra l'altro consente facilmente di ridurre le tasse nei momenti in cui serve stimolare l'economia. Se poi si considerano anche i rapporti con l'estero è probabile che in una situazione di deficit del bilancio statale vi sia anche un deficit nella bilancia commerciale, con ciò che ne consegue.
Così stanno le cose, checchè ne dicano i "chartalisti": ripolverando una vecchia teoria del 1895 di Knapp, denominandola paradossalmente "moderna teoria monetaria", vanno leggendo l'equazione sopra esposta in mdo opposto, perchè dicono che il maggior deficit crea un maggior risparmio privato netto(dove netto sta evidentemente per "non investito" da loro), come se fosse positivo il fatto che non viene investito dai privati, ma dai politici. Inoltre non si pongono il problema del finanziamento del deficit, perchè per loro in un regime di moneta a corso forzoso disancorata dall'oro o da altri sottostanti reali, si può finanziare appunto stampando pezzi di carta a volontà. Come se la fiducia nei pezzi di carta da parte degli utenti non possa mai venire meno. la Storia insegna il contrario senza ombra di dubbio.