L'Oro ha superato quota 1200 dollari per oncia sul finire del 2009, tra voci di investimenti in oro da parte di varie banche centrali asiatiche, a cominciare dalla Banca del Popolo cinese. Il dollaro, l'euro, la sterlina e lo yen hanno tutte buone ragioni per indebolirsi, ma nell'attuale sistema monetario, ciò non è possibile perchè l'indebolimento di una moneta significa il rinforzo di un altra. Le riserve di valuta estera sono a massimi record, e le banche centrali con disponibilità non hanno niente di solido da comprare. Il che solleva la domanda: stiamo forse per vedere l'inizio della fine del sistema basato su tassi di cambio flessibili non convertibili, prevalso dal 1973? Potrebbe esseci un ritorno all'oro, o almeno ad una specie di gold standard?
sorpresa cinese
E' molto improbabile nel prossimo futuro un ritorno al gold standard vero e proprio, cioè ad un sistema in cui le monete , tramite quella principale, siano pienamente convertibili in oro ad un prezzo fisso predeterminato, così come avveniva fino al 1971 quando le varie valute erano legate al dollaro con un sistema di cambi fissi, mentre il dollaro era convertibile in oro al prezzo fisso di 35 dollari per oncia. Peccato. Comunque potrebbe succedere ci si avvicini ad un sistema simile anche senza raggiungere la destinazione finale. I segnali non mancano, e potrebbe esserci una "sorpresa cinese".Vediamo perchè.
l'esplosione
L'esplosione della liquidità globale nell'ultimo decennio ha portato le riserve delle banche centrali a crescere del 414% tra il 1998 e fine 2009 quando hanno raggiunto quota 7,5 trilioni; sono cresciute ad un tasso annuo del 14,5% più del triplo della crescita registrata dal PIL mondiale, in media del 4,6% annuo. La maggior crescita delle riserve rispetto al PIL ha provocato il passaggio da un incidenza percentuale delle medesime su quest'ultimo pari al 4,2% durante il 1998, ad una dell' 11,1% durante il 2008.Il mondo pertanto è stato inondato di liquidità: Alan Greenspan, Ben Bernanke e in misura lievemente inferiore le loro controparti alla BCE, alla Bank of England, alla Bank of Japan e alla People's Bank of China, ne hanno la piena responsabilità; il risultato è che detenere moneta è diventato sempre meno conveniente. Pertanto non ci si può stupire se gli investitori privati (e perfino le banche centrali stesse) oggi cerchino qualcosa di più solido su cui investire: ad ottobre l'India ha comprato 200 tonnellate di oro dal Fondo Monetario Internazionale, investendo 6,7 miliardi di dollari.
il valore dell'oro
L'oro ha pochi usi pratici, per cui teoricamente potrebbe perdere valore quasi del tutto se nel mondo detenere oro non avesse più senso del detenere vecchi biglietti del bus. Comunque , perfino nel periodo di grande disinflazionamento durante gli anni 90, il prezzo dell'oro non è andato al di sotto di 250 dollari l'oncia, esattamente il costo di estrazione dalle miniere più efficienti. Oggi, esso è salito a 400 dollari per oncia, per cui : è questo livello di prezzo minimo possibile anche in caso di abbandono della funzione monetaria? in realtà, se gli investitori decidessero che l'oro non è interessante, ci sono 50 anni di produzione in giro per il mondo, così non ci sarebbe alcuna necessità di produrne di più, e nessun pavimento di costi estrattivi proteggerebbe il prezzo dell'oro; in questo caso si potrebbe scendere anche a 50 dollari l'oncia (non di meno perchè a quel punto diverrebbe un sostituto di altri metalli per usi industriali), ma è molto diffficile che il mondo sposi la teoria Keynesiana in base alla quale l'oro è una "reliquia barbarica", e l'abbandoni. Come sopra ricordato, anche negli anni 90, gli investitori – incluse le banche centrali – hanno mantenuto una certa porzione delle proprie riserve in oro. E decisioni ideologiche come quella presa dall'allora ministro del tesoro,Gordon Brown, di vendere la metà delle riserve auree inglesi nel 1999-2002, si è velocemente rivelata un fiasco clamoroso, perchè proprio da allora il mondo si è rimesso a comprare oro e non solo contro dollari.
tre modi
Poichè oggi ci si trova in piena deriva monetaria, con indebitamenti fuori controllo e presse di stampa (figurativamente) in piena azione, l'idea che si possa ritornare verso un ancoraggio all'oro, non è peregrina come può sembrare; anzi sarebbe l'unico modo per evitare il futuro iperinflazionistico in agguato.
Ci sono tre modi in cui si potrebbe realizzare un simile ritorno.
Innazitutto, le banche centrali del mondo, particolarmente quelle con le maggiori riserve valutarie come Cina e Giappone, potrebbero aumentare la loro quota di oro. In base ai dati ufficiali del FMI tale quota è scesa dal 13,9% al 9,8% durante il grande incremento di riserve sopracitato avvenuto nel decennio 1998 - 2008, nonostante il prezzo dell'oro si sia più che triplicato nel frattempo. Anche solo il ritorno alla quota (modesta) del 1998 significherebbe acquisti per 8.ooo tonnellate (320 miliardi in dollari), abbastanza da spingere ulteriormente al rialzo il prezzo dell'oro; se poi si andasse a quota 20% (la quota in essere nel 1994) ci vorrebbero acquisti di oro per oltre 20.000 tonnellate, cioè circa 7 anni di produzione ai prezzi atttuali, e quasi il 15% di tutto l'oro esistente(150 mila tonnellate). Questo significherebbe ridurre in misura proporzionale la continua creazione di liquidità addizionale che il deficit USA produce nei paesi in avanzo con cambio fisso(o quasi) al dollaro.
Inoltre, le autorità monetarie mondiali potrebbero iniziare a considerare il prezzo dell'oro un obiettivo della propria gestione monetaria, mantendolo in un range, quindi prevenendo un eccessiva espansione monetaria,ed impedendo un eccessiva fluttuazione dei tassi di cambio. In pratica, stabilito ad esempio un range 900-1100 dollari l'oncia, quando il prezzo si avvicina alla parte alta del range, le banche centrali iniziano a venderlo (drenando così dollari), e viceversa quando il prezzo si avvicina alla parte bassa, iniziano a comprarlo (creando così dollari).Una smile politica avrebbe il vantaggio di non far manipolare direttamente le altre valute (come avviene oggi quando le banche centrali le comprano o vendono per aggiustare il proprio tasso di cambio), e pertanto si minimizzerebbe il rischio di ritorsioni protezionistiche (vantaggio non trascurabile, in fasi di crisi). Naturalmente quando gli USA vendono oro, il dollaro potrebbe anche scendere nei confronti delle altre valute, cioè questa politica non impedirebbe le svalutazioni, ma certamente ne attenuerebbe le conseguenze.
Infine, i popoli potrebbero decidere che creare moneta senza limiti è una cosa completamente sbagliata, e potrebbero quindi imporre restrizioni alle banche centrali, imponendo loro una creazione di tipo meccanica, proprio collegata all'oro, come succedeva con il gold standard. Ai tempi del Gold standard l'aumento della moneta dipendeva dal tasso di estrazione e scoperta dell'oro,e fluttuava lentamente , ad eccezione del periodo della corsa all'oro in California nel 1849 e nello Yukon nel 1896. Oggi l'offerta di oro cresce del 2% all'anno(3 mila tonnellate), e quindi gli inflazionisti che infestano le università, i media e le istituzioni ufficiali, griderebbero alla deflazione; ma un tasso del 4% in linea con una normale crescita del PIL mondiale, potrebbe difficilmente essere tacciato di deflazionismo.
la Cupola non vuole
Naturalmente la gestione di un range di prezzo dell'oro, ed uno standard di crescita della moneta sulla falsariga di quanto succedeva con il Gold standard, sono un utopìa, perchè la Cupola vuole la grande inflazione, e con un ritorno all'oro del tipo qui sopra delineato, applicare la tassa che non perdona, non sarebbe possibile. Ma ci sono i cinesi, i quali si trovano in un grande dilemma, e (forse) hanno ancora l'autonomìa per muoversi a prescindere dalla Cupola.
il dilemma cinese
Il loro dilemma è il seguente:
- se vogliono mantenere il modello di sviluppo basato sui consumi degli altri, in un sistema monetario basato sul dollaro, devono continuare per forza ad accumulare crediti in dollari, mantenendo artificialmente bassi i tassi d'interesse globali, sostenendo il dollaro, importando inflazione, drogando la crescita globale ed acuendo gli squilibri già esistenti. Una strada insostenibile a lungo termine.
- se invece (sempre in un sistema monetario basato sul dollaro) vogliono smettere di accumulare dollari, ed anzi ridurne gradualmente la detenzione, devono rivalutare la propria moneta, provocando la svalutazione del verdone ed il rialzo dei tassi d'interesse globali, e dunque perdendo soldi, esportazioni, e creando crisi economica. Una strada improponibile a breve termine.
lo yaun standard
Ci si può chiedere però se sia proprio inevitabile- a seguito di una eventuale transizione dal modello di sviluppo cinese basato sui consumi degli altri, ad uno basato sui consumi propri - la rivalutazione del renminbi , ed una corrispondente svalutazione del dollaro, una volta mollato l'ancoraggio. Se si passasse dal "dollar standard" allo "yaun standard", vale a dire se il sistema monetario internazionale si basasse sullo yaun invece che sul dollaro, non sarebbero più gli esportatori cinesi a portare alla banca centrale i dollari ricevuti dai loro clienti, per farseli cambiare in yaun, bensì sarebbero i clienti a portare i dollari alle proprie banche centrali per farseli cambiare in yaun da consegnare agli esportatori cinesi. E queste ultime - non avendo yaun tra le proprie riserve valutarie - si rivolgerebbero alla Banca centrale cinese, offrendo le proprie valute. Dunque non cambierebbe nulla ai fini del tasso di cambio: la Banca del Popolo potrebbe scegliere di farlo fluttuare in base alla domanda ed offerta , oppure tenerlo fisso come oggi.
Ma sarebbe diverso se lo yaun fosse anche convertibile in oro?
Sì, perchè si tornerebbe al gold standard, ed in pratica le merci sarebbero quotate in oro tramite lo yaun; chi compra prodotti dai cinesi dovrebbe procurarsi oro oppure yaun, e consegnarlo direttamente agli esportatori, i quali possono poi trasformare l'oro in yaun al tasso di convertibilità. Il surplus commerciale cinese agirebbe sul prezzo dell'oro rispetto alle altre valute (ad esempio salirebbe in dollari), così come un deficit -ad esempio- nella bilancia cina-giappone provocherebbe un aumento dell'oro in yaun ed un calo in yen.
Il punto centrale è che la banca centrale cinese non accumulerebbe più dollari a fronte del suo avanzo netto complessivo, bensì oro, che non è il debito di nessuno. E l'oro non andrebbe riciclato, dunque non altererebbe i tassi d'interesse e la politica economica degli USA nè della Cina. Analogamente gli USA, persistendo nel loro deficit netto complessivo, vedrebbero assottigliarsi le loro riserve auree, e quando le finissero, sarebbero costretti a comprarlo sul mercato, facendo salire il prezzo in dollari e dunque disincentivando le proprie importazioni. Coevamente l'oro accumulato dai cinesi, comprerebbe più dollari, e renderebbe meno costose le importazioni dagli USA. Insomma il meccanismo spingerebbe verso un riequilibrio delle bilance commerciali.
quanto oro
La situazione di partenza è la seguente: nel mondo ci sono circa 150 mila tonnellate di oro, al prezzo attuale pari a circa 6 trilioni di dollari, di cui solo 30 mila detenute da banche centrali (1,2 triloni di dollari) a fronte di riserve valutarie internazionali complessive per 7,5 trilioni. Dunque il combinato disposto di un aumento della quantità dell'oro detenuto, nonchè del suo prezzo (salirebbe per effetto automatico se si mettono a comprarlo) sarebbe sufficiente ad azzerare questo differenziale di 6,3 trilioni , e trasformare tutte le riserve valutarie cartacee esistenti in oro. Si può pensare alla necessità di un accordo generale, dunque non praticabile se la Cupola non vuole.
Invece sarebbe sufficiente i cinesi decidessero da soli di annunciare la convertibilità dello yaun in oro, agendo per realizzarla, per ottenere quanto sopra.
La parte in oro delle riserve cinesi oggi arriva solamente a 1.054 tonnellate, cioè circa 40 miliardi di dollari al prezzo attuale, pari al 2% delle sue riserve valutarie, e soprattutto pari ad appena il 2,5% della base monetaria cinese. Si può iniziare a parlare di convertibilità solo quando questo valore raggiunge il 100% della base monetaria. Occorrerebbe quindi che la banca centrale cinese incrementasse le proprie disponibilità d’oro da 1.000 tonnellate a 40.000. Ai prezzi correnti 39.000 tonnellate d’oro corrispondono a 1.560 miliardi di dollari (a fronte di una disponibilità di 800 miliardi di dollari di titoli del Tesoro americano, e di un totale di riserve valutarie cinesi di 2.300 miliardi di dollari, ed un PIl di 4.500 miliardi di dollari). La Cina quindi se lo potrebbe anche permettere ma non è facile trovare 39.000 tonnellate di oro da comprare(quasi il 26% di tutto l'oro esistente, e 13 anni di nuova produzione). Però se la Cina intendesse comprare tutto questo oro, il prezzo del metallo giallo schizzerebbe alle stelle, e già raddoppiando (quindi a 2200 dollari l'oncia), basterebbero 20 mila tonnellate d'oro per coprire la sua base monetaria, ma è probabile basti comprare solo 9 mila tonnellate (3 anni di produzione nuova, ed il 6% di tutto l'oro esistente), ed il prezzo quadruplicherebbe, arrivando in area 5000 dollari l'oncia, e così già con 10 mila tonnellate la Cina diverrebbe la nazione con più oro al mondo (superando gli USA) e sarebbe in grado di coprire la sua base monetaria.
Certo, il benessere della sua popolazione rurale e dei lavoratori migranti non ne guadagnerebbe molto, nell'evidenza immediata. Senza la trasformazione da un modello di crescita trainato dalle esportazioni ad uno basato sul fabbisogno interno, la Cina non potrebbe risolvere i problemi causati da un eccessivo consumo di risorse naturali o dall’inquinamento ambientale o dai troppi investimenti (in capitale fisso, impianti e macchinari) ed insufficienti consumi interni o dal problema nel settore finanziario (le banche cinesi). Ma proprio il raggiungimento di questi obiettivi sarebbe reso ben più possibile dalla creazione di un sistema monetario in cui gli avanzi/disavanzi commerciali vengono regolati in oro (o in moneta in esso convertibile).Che i mandarini arrivino a pensarlo?
p.s.
Invece gli U.S.A. non potrebbero neanche volendo: possiedono 8.300 tonnellate, cioè 320 miliardi di dollari al prezzo attuale, pari al 15% circa della base monetaria. Per tornare alla convertibilità, occorrerebbe che la FED incrementasse le proprie disponibilità d'oro da 8300 a 55 mila tonnellate; ai prezzi correnti 47 mila tonnellate corrispondono a 1.880 miliardi di dollari, che gli USA non potrebbero trovare non stampando altra base monetaria, ed essendo indebitati fino al collo. In alternativa potrebbero però pensare di fissare il prezzo dell'oro a 7300 dollari l'oncia: automaticamente le 8300 tonnellate giacenti a fort knox equivarrebbero alla base monetaria esistente.Ma essendo un paese in deficit, in pochi anni le azzererebbe, quindi gli USA non possono pensare di tornare alla convertibilità, a meno che al contempo non svalutino il dollaro in un modo così massiccio da azzerare il deficit, ma ciò signficherebbe ridurre il tenore di vita del paese di oltre un terzo, ed è dunque impossibile politicamente, a meno non avvenga in concomitanza con eventi geopolitici disastrosi.