ECONOMIA: Capitalcomunismo e pluteodemocrazia
(dalla Nota sui mercati del 6.4)
Le recenti misure straordinarie, prese dalle autorità monetarie e politiche per evitare l’implosione immediata del sistema finanziario, riusciranno a ritardare la Grande Depressione, ma al caro prezzo di un danno ancora maggiore al sistema monetario e all’economia reale. Sono un disastro nel disastro. Invece di riconoscere gli errori che hanno portato al disastro attuale, continuando a ripeterli con forza addirittura maggiore, si assicura matematicamente il disastro futuro, enorme perchè si cumulerà a quello attuale.
Il focus infatti alla Fed e a Washington resta sostenere ad ogni costo, l’immobiliare, la borsa azionaria, e in genere i prezzi inflazionati degli assets, allo scopo di mantenere l’eccesso di consumi di un economia basata sui servizi, chiaramente in bolla. Si crede che salvando scandalosamente (ed illegalmente) la finanza screditata, si genererà sufficiente nuovo credito per evitare la Grande Depressione. A tal fine si produce Iperinflazione e non solo si mettono in azione le tipografie della Fed, ma anche si subappalta la stampa alle varie Fannie, Freddie, FHLB, al sistema bancario in generale : tutti costoro possono oggi emettere “moneta”, cioè debiti con l’implicita garanzia dello Stato.
La strategia scelta, ormai chiaramente emersa, è infatti nazionalizzare la screditata finanza di Wall Street: disperata ed illegale, probabilmente fermerà nel breve termine l’implosione finanziaria. Ma il problema con questo tipo di strategia, è che si riverserà un ancora più grande ammontare di debito, sponsorizzato dal governo, sulle spalle di fragili strutture creditizie largamente dipendenti dai mutui ipotecari.Il disastro che abbiamo visto di recente si è verificato perchè era insostenibile una struttura debitoria basata sullo schema Ponzi (I debiti si ripagano facendo nuovi debiti), che richiede per definizione una continua e crescente quantità di credito speculativo: il giorno in cui quest’ultima è appena decelerata, il crollo è stato inevitabile. E tale giorno non poteva non arrivare perché le sottostanti proprietà immobiliari non hanno la capacità di generare il rimborso dei debiti, all’infinito; si è potuto andare avanti finchè vi è stata la disponibilità ad accollarsi nuovi mutui per ammontari tali da ripagare la montagna pre-esistente, che si è andata accumulando fino al punto di rottura; tale disponibilità non poteva che basarsi sul miraggio di prezzi delle case continuamente crescenti. MA era evidente già da tempo agli osservatori razionali : poiché i prezzi non possono salire all’infinito, appena avessero iniziato a scendere si sarebbero trascinati tutta la finanza sopra costruitavi.
Ebbene le autorità cercano adesso a tutti i costi di far ripartire quel meccanismo. Invece, l’ultima cosa di cui il sistema abbisogna ora, sono nuovi trilioni di debiti ipotecari, anche se ovviamente per un po’ sosterranno il consumo e l’economia dei servizi in bolla (perché consuma più di quanto produce). E’ sconfortante non sentire una sola parola, nella massa di dichiarazioni ed analisi ruotanti attorno alla crisi, che metta a fuoco il vero grande problema dell’economia a stelle e strisce, che è anche IL problema per tutto il mondo:quello intrinseco ad una struttura economica basata su servizi, con eccesso di consumi, e tenuta in piedi da immobili e finanza; e cioè che genera per forza debito eccessivo rispetto alle garanzie reali disponibili e alla capacità di creare ricchezza economica. Per un po’ sembra un “miracolo economico”, poi inevitabilmente si rivela per quello che è: vivere al di sopra dei propri mezzi, lasciandosi alle spalle una struttura estremamente fragile, sia economicamente che finanziariamente.
Ricordo che la teoria economica, in un contesto di libero mercato (quindi concorrenza perfetta e assenza di vincoli politici alla domanda e all’offerta di tutti i beni e servizi a cominciare dalla moneta), prevedeva che in casi del genere, cioè di eccesso di consumi e quindi di deficit estero, si sarebbe generato un riequilibrio automatico, via svalutazione del cambio e rialzo dei tassi di interesse e calo della borsa, i quali avrebbero frenato i consumi ed aumentato le esportazioni. Invece in un contesto di mercato non libero, a pianificazione centralizzata (in cui i tassi di cambio e i tassi d’interesse sono fissati a tavolino senza tenere conto della domanda e dell’offerta) non solo non si può verificare il riequilibrio, bensì si produce uno squilibrio crescente e duraturo. Ciò perché il riciclaggio dei dollari da parte dei creditori esteri, impedisce la svalutazione necessaria e soprattutto provoca tassi di interesse anormalmente bassi (il famoso “conundrum”), che alimentano l’inflazione della borsa e degli assets, sostenendo un livello di consumi eccessivo.
E’ qui il cuore del disastro, MA fin quando l’alchimia finanziaria è capace di creare sufficiente “moneta” per sostenere lo squilibrio, ed il resto del mondo accetta di accumulare crediti in dollari , si può far finta di niente, come si è fatto finora, e come si tenta di fare anche per il prossimo futuro. Onestà e razionalità imporrebbero invece -adesso che non si dovrebbe più far finta di niente-, di riconoscere il cuore del problema e accettare l’inevitabile cura , ridimensionando il tenore di vita, per evitare un disastro di dimensioni sempre maggiori in futuro.Invece con la scandalosa copertura dello Stato ai debiti in essere, sia ipotecari che finanziari in genere, si sceglie di continuare a rimandare il problema; ma così si infierisce un colpo mortale alla fiducia nel dollaro, già fortemente incrinata. La realtà, infatti, è che la massiccia portata di nuovo credito necessario a sostenere l’attuale deficit con l’estero, e i deflussi di dollari che ne scaturiscono, si dimostrerà (come già si è dimostrato) solo ancora più destabilizzante per i mercati e per l’economia reale di tutto il globo terracqueo.Mettere una garanzia statale (per giunta di uno Stato già proiettato alla bancarotta) dietro ai debiti privati, non può sostituire una sana struttura economica. E l’attuale struttura economica USA non riesce a produrre quanto necessario per soddisfare i bisogni interni e generare esportazioni sufficienti a compensare i beni importati e le risorse energetiche a loro volta generati dall’ eccesso di consumi. L’attuale economia “dei servizi” non basta allo scopo. Come si è visto dai dati occupazionali di venerdì, i posti di lavoro manifatturieri persi a marzo sono stati 93 mila che si sommano ai 92 mila di febbraio e ai 69 mila di gennaio, per un totale di 254 mila nel primo trimestre del 2008; nel frattempo , scuola, sanità, ristoranti e bar, hanno aumentato i loro addetti di 178 mila unità (nel primo trimestre): è più che evidente che gli USA hanno bisogno di consumare meno e produrre di più. Nello specifico, hanno bisogno di creare molto meno credito improduttivo (specialmente ipotecario e “asset- based”), e di allocare risorse, a cominciare dai lavoratori, dai bar alle fabbriche. Di questo si dovrebbe dibattere, sotto la sferza della crisi finanziaria. Invece, con il compiacimento generale, si discute solo di trucchi (come quello contabile rilanciato questa settimana, di valorizzare ai costi di carico gli assets in sofferenza nei bilanci delle banche), di farraginose nuove regolamentazioni, e di come far pagare i costi ai cittadini senza che se ne accorgano.
Gli alchimisti continuano dunque ad andare per la maggiore. E la più grande alchimia è quella di trasformare a poco a poco l’Occidente da un sistema economicamente capitalista e politicamente democratico, in un sistema economicamente capitalcomunista e politicamente pluteodemocratico. Ricordo infatti che il capitalismo è basato sulla proprietà privata dei profitti e delle perdite rivenienti dall’attività economica, con la finanza a supporto di quest’ultima; mentre il comunismo è basato sulla proprietà comune dei profitti e delle perdite rivenienti dall’attività economica e finanziaria.Ebbene oggi abbiamo sotto gli occhi un sistema misto, basato sulla PROPRIETA’ PRIVATA DEI PROFITTI e sulla PROPRIETA’ COMUNE DELLE PERDITE rivenienti dall’attività finanziaria nel frattempo divenuta prevalente rispetto a quella economica. E’ il CAPITALCOMUNISMO, cui fa da contraltare un sistema politico in cui comandano Dio e mammona, soldi e religione (pluteocrazia), dando al popolo l’illusione di “decidere”, tramite elezioni formali (democrazia); illusione, perché la scelta è sempre tra possibilità preconfezionate dai pluteocrati (non può concorrere realisticamente alle elezioni chi non disponga di ingenti capitali o di potenti movimenti religiosi).E’ la PLUTEODEMOCRAZIA.Potrebbe non esserci nulla di male. Peccato però che sia ormai evidente: Capitalcomunismo + pluteodemocrazia= distruzione del pianeta. E questo per un motivo ben preciso: perché in un sistema del genere l’avidità di chi comanda non ha contrappesi, e diviene schiavo della crescita continua ed illimitata, in palese contraddizione con l’ambiente, il globo terracqueo, purtroppo limitato.