ABILITAZIONE AL VOTO E PATENTE DI CANDIDABILITA’
Il suffragio universale è il principio secondo il quale tutti i cittadini, di norma al raggiungimento della maggiore età, possono esercitare il diritto di voto e partecipare alle elezioni politiche e amministrative o ad altre consultazioni pubbliche (come i referendum), senza alcuna restrizione di natura culturale, socioeconomica o psicologica. In base a esso viene garantito il diritto di voto come fondamentale espressione di democrazia diretta dal basso (si ammette tuttavia che in caso di condanna per determinati reati, al condannato si possa sospendere il diritto di voto, temporaneamente o permanentemente). I cittadini, nei moderni stati democratici, sono alla base del sistema politico e col suffragio universale viene eletto l'organo legislativo di uno Stato; nelle repubbliche presidenziali, ciò avviene anche per l'elezione del capo dello Stato.
Ma tale principio non è esistito
per la gran parte della storia dell’umanità, e dunque non è inemendabile; infatti,
nel corso dell’Ottocento vi era solo un suffragio ristretto - per la maggior
parte dei casi attribuito a una porzione della popolazione in base a criteri
censitari o relativi all'istruzione – e solo nel Novecento si passò via via al
suffragio universale. In Italia venne introdotto, e applicato per la prima
volta, nel 1945: neanche
80 anni fa.
I risultati dell’applicazione
di tale principio, dopo meno di un secolo, sono sotto gli occhi di tutti, e si
possono riassumere con un semplice concetto: ha provocato una progressiva
perdita di competenza sistemica proprio mentre il grado di complessità da
gestire si è andato via via elevando. Di fronte alla galoppante crisi di
sostenibilità planetaria, con il rischio crescente di conflitti nucleari e di
distruzione dell’ecosistema, il suffragio universale è diventato un ostacolo a
una gestione efficiente ed efficace, mettendo in crisi le democrazie, che non
sono eterne come non lo sono mai stati i grandi imperi a cominciare da quello
romano.
Ciò nonostante, si può
tentare di mantenerlo in vita. Come? Cercando di attenuare il tasso di
incompetenza dell’elettorato attivo e passivo.
ELETTORATO ATTIVO
1)
Premessa. La
proposta che segue non ha la presunzione di ritenersi la soluzione perfetta,
bensì vuole solo essere un esempio di come si può procedere nella direzione
auspicata. I particolari tecnici, ovvio, sono perfettibili; l’importante è evitare
che elettori palesemente ignoranti delle questioni su cui vogliono esprimersi,
possano farlo. Essa non ha uno spirito punitivo nei confronti degli “ignoranti”
bensì uno spirito stimolativo affinché tutti studino e si informino prima di
partecipare al voto, che resta un diritto sacrosanto ma diviene anche un
dovere, appunto quello di informarsi, altrimenti si resta liberissimi di non votare.
E nessuno può ritenere negativo avere degli elettori più informati su ciò per
cui vanno a votare. Aumenterebbe il tasso di non partecipazione alle elezioni?
Non è affatto detto, ma se anche fosse, ai fini dell’efficienza della
democrazia, sarebbe un bene non un male.
2) Proposta. Al
fine di incrementare il tasso di competenza dell’attuale sistema a suffragio
universale si introduce un certificato di abilitazione al voto.
Il cittadino dovrà presentarsi al seggio non
soltanto con la propria tessera elettorale, bensì anche con apposito certificato
di abilitazione che sarà emesso per via telematica dopo aver superato la seguente
procedura:
-il cittadino con il proprio SPID o CIE o CNS entra
nell’apposito sito del ministero degli interni;
-vi trova dieci domande a risposta multipla
concernenti la specifica consultazione elettorale su cui andrà a votare;
-mette una croce sulle risposte che ritiene giuste;
-il sistema informatico verifica che almeno 6
risposte su 10 siano esatte: in tal caso gli verrà emesso il certificato di
abilitazione elettorale, che il cittadino, insieme alla tessera, e al documento
d’identità, presenterà quando si recherà al seggio di competenza.
Qualora le risposte esatte sul foglio
precompilato risultino inferiori a 6, il cittadino non riceverà l’abilitazione.
Egli però potrà ripetere il tentativo di abilitarsi per un totale di tre volte.
Cosa comporta dal punto di vista organizzativo
tale modifica?
Il ministero degli interni dovrà elaborare con
l’ausilio dei sistemi di intelligenza artificiale oggi disponibili, alcune
migliaia di quesiti a risposta multipla (da tre a cinque), che verranno poi
suddivisi in gruppi di dieci. I quesiti,
il cui livello di difficoltà potrà essere tarato come si decide in sede parlamentare,
saranno finalizzati a testare quanto il cittadino elettore conosce della
competizione elettorale cui vuole partecipare (candidati, partiti o liste,
programmi e proposte). Se il potenziale elettore non è in grado di scegliere
tra le risposte quella esatta, e ciò per almeno il 60% dei quesiti, il suo voto
non è ritenuto ammissibile. Tale sistema si applica dal livello comunale fino a
quello europeo o referendario se del caso. Per evitare imbrogli e altri
possibili illeciti si studieranno misure apposite.
A esempio, immaginiamo che vi sia un
referendum sulle centrali nucleari, e che di fronte al quesito “a cosa serve
una centrale nucleare” il potenziale elettore scelga la risposta “a migliorare
le nostre capacità di cuocere le uova”, e inoltre scelga altre quattro
corbellerie simili, per un totale di cinque risposte sbagliate, appare evidente
che la sua partecipazione al voto sia da interdire nell’interesse della
collettività. Esattamente come si interdice il permesso di guidare a chi
non supera gli esami per la patente, perché viene ritenuto un pericolo per la
salute pubblica.
Da notare che la soglia del 60% è molto
generosa, e serve a tutelare da eventuali sviste, o altre incongruenze
momentanee, e consente anche che qualche fortunato azzecchi a caso una o più
risposte esatte. Inoltre, essendo lo spirito stimolativo e non punitivo, egli
potrà accedere ancora altre due volte; dunque, una volta compreso durante il
primo tentativo quale tipo di domande vengono poste, potrà informarsi meglio e
riprovare.
Non dovrebbero esserci dubbi: rispetto
all’attuale sistema vigente, che consente in modo indiscriminato l’accesso al
voto, così si verrebbe a realizzare una riduzione del “tasso d’inquinamento
da ignoranza” del risultato elettorale.
ELETTORATO PASSIVO
Per tentare di curare
la democrazia malata occorre intervenire anche sull’elettorato passivo.
Pertanto, occorre stabilire delle soglie
minime di competenza per chi si candida a essere eletto, e dunque:
- introdurre l’obbligo di una “patente”: se non
si è in possesso di tale patente non ci si può candidare;
- per ottenerla occorre superare un esame
di cultura generale, non si chiede che si dimostrino competenze eccezionali, ma
che si dimostrino le conoscenze di base richieste per superare la maturità
prevista nella scuola dell’obbligo, ivi incluso il saper leggere e scrivere
almeno un’altra lingua oltre quella della propria nazionalità.
- per essere candidabili occorre avere
superato l’esame da almeno sei mesi.
Questa modifica consentirebbe di
assicurare che i candidati sottoposti alla scelta degli elettori abbiano un
minimo di competenze; e, soprattutto, impedirebbe che dall’oggi al domani si
possano candidare i personaggi più vari per sfruttare ondate di popolarità che
nulla hanno a che fare con l’effettivo esercizio della delicata funzione di
legislatore e amministratore della cosa pubblica.
D’altronde, ci sembra
normale che occorra superare esami appositi e ottenere una certificazione
d’idoneità per esercitare l’attività di medico, ingegnere, magistrato, dottore
commercialista e per qualsiasi altra professione o mestiere che comporti un
rischio per la comunità, giusto? Bene, allora come sopportare che per
esercitare l’attività più importante e delicata, la legislazione e l’amministrazione
della cosa pubblica, a tutti i livelli dal comunale, al nazionale,
all’europeo, invece non si debba passare nessun esame? Oggi basta essere inseriti
in una lista e si può essere votati! Ma da chi? E qui torniamo all’elettorato attivo: spesso da persone che non conoscono né i programmi e le idee, né i
candidati.
Occorre quindi intervenire sugli attori e sui risultati, con opportuni
rimedi.
Demos (popolo): oggi esercita la sua sovranità fidandosi di chi
manovra, cioè di chi confeziona le liste e di chi le finanzia; e sceglie in
base alla quantità di propaganda che i candidati ricevono nelle varie forme, quindi
in base alla simpatia e alla popolarità, raramente per la competenza. A esempio,
se un personaggio di moda si presenta alle elezioni, non importa con chi,
stravince. È successo tante volte, da noi un comico ha creato un partito dal
nulla ed è arrivato ad avere la maggioranza relativa dei voti (oltre un terzo,
elezioni 2018). È un sistema spettacolo, divertente magari, purtroppo
autolesionistico: equivale a scegliere il primario di cardiochirurgia in base a
elezioni, e non alle competenze certificate. Per cui l’ultimo arrivato (pur palesemente
incapace) se ben sponsorizzato può prendere più voti e ottenere il posto. Ma
chi si farebbe operare?
Potere: Ce l’ha chi manovra la pubblicità e più in
generale chi ha i soldi per orchestrare il consenso. Alla fine, quindi, è un
sistema "democratico” solo se ci si riferisce ai “pupi”; mentre
invece è “plutocratico”, riferendosi ai “pupari”. Molto furbo dal punto
di vista di questi ultimi, ma demenziale dal punto di vista dell’interesse
collettivo.
Risultati? Dopo meno di un secolo, sono sotto gli occhi di
tutti, e ciò vale per gli USA come per i principali paesi europei ormai in
decadenza avanzata (Germania, Francia, Italia, per non parlare degli inglesi
con la loro autolesionistica Brexit che, se fosse stato vigente il certificato
di abilitazione, non sarebbe certamente passata). Purtroppo, è facile prevedere
come nel giro di qualche ulteriore decennio, se non prima, ciò porti
all’implosione delle società occidentali a cominciare dagli USA. Infatti, l'accesso
indiscriminato alle candidature è un sistema adottato solo dall'Occidente, i
cinesi e gli arabi se ne guardano bene, i russi come tanti altri lo fanno solo
per finta.
Rimedi? C’è chi parla di democrazia qualificata,
chi di Epistocrazia. Tale definizione, coniata da David Estlund, è stata
poi teorizzata da Jason Brennan ed è propugnata anche da Nassim
Nicholas Taleb. Un’alternativa alla democrazia come la interpretiamo oggi, e
che è da loro considerata ormai compromessa dalla indiscriminata estensione dei
diritti di voto, attivo e passivo. È anche in netta contrapposizione
con i concetti di aristocrazia e tecnocrazia. Difatti l'epistemocrazia
– è la definizione estesa, che viene dal greco episteme, cioè conoscenza,
dunque potere alla competenza- non condivide né la natura oligarchica del
potere nelle mani di pochi né tanto meno quella elitaria, dettata nel caso
dell’aristocrazia da un diritto di nascita e nel caso
della tecnocrazia dall’esperienza comprovata nella scienza e nella
tecnica.
Come fare concretamente?
Con l’introduzione dei due correttivi
sopra illustrati, non vi è alcuna garanzia di riuscire a salvare le democrazie
malate, ma certamente aumenterebbero le probabilità di una loro sopravvivenza. A
questo scopo:
-tenuto conto che il più feroce nemico
delle proposte qui avanzate sarà la partitocrazia che non vorrà mai perdere
alcun potere, specie quello di candidare chi le pare all’ultimo momento;
-considerato, inoltre, che il problema di
curare le democrazie malate è comune a tutti i paesi democratici del mondo;
le riforme proposte andrebbero discusse,
e poi eventualmente adottate, in tutto l’Occidente democratico. Anacronistico
chiudersi nel proprio provincialismo. È invece necessario non solo che esse
emergano dalla società civile internazionale, ma anche che siano propugnate
attraverso la creazione del WEP (World Epistocracy Party) che dovrà
presentare apposite liste alle varie elezioni in tutti i paesi aderenti. Sarà
fondamentale il contributo USA, e si può pensare di proporre al prof. Brennan
la presidenza di tale organizzazione, in Italia si può proporre al prof. Cassese,
e così via nei vari paesi. Ciò per rendere visibile presso l’opinione pubblica
tali riforme, e assicurarsi una audience sufficiente, considerato che le
vigenti partitocrazie, i loro organi mediatici e i loro sponsor plutocratici
remeranno contro senza pietà.