Speciale Guerre ed Imperi
Prendiamoci un break dai temi prettamente finanziari valutando un antica guerra, quella fra Atene e Sparta, usando Tucidide (il primo grande storico) come guida. Se ne ricavano indicazioni su come esista una stretta correlazione tra guerre sbagliate e fine degli imperi, interessanti per il futuro...
Nel 416 a.C. la democratica Atene e l'oligarchica Sparta stavano combattendo da 15 anni. La guerra era iniziata nel 431 a.C. quando gli spartani scesero in campo nel tentativo di bloccare l'espansione imperialistica di Atene. Ma 15 anni erano tanti, un periodo di sofferenza che non cessava. Certamente costò la vita di migliaia di uomini periti in battaglie marine e terrestri, e anche a causa della peste mortale che colpì Atene nel 429. Battaglia dopo battaglia, gli eserciti contavano i propri morti e li omaggiavano nelle tradizionali pire funebri; le ossa dei deceduti facevano ritorno a casa per essere interrati nelle cripte ed
onorati. Ma la fine non si vedeva. Il conflitto era diffuso in tutto il territorio che oggi si chiama Grecia; la vita era austera perfino per le famiglie più ricche, le norme sociali si stavano incrinando,nulla era sicuro e la gente si chiedeva cosa avesse fatto per meritare quell'inferno.
Pochi ricordavano gli avvertimenti di Archidamus leader di Sparta che aveva sconsigliato la spedizione iniziale contro la potente Atene, dicendo di temere che questa guerra sarebbe finita in eredità ai figli. Anticipando un aspetto della teoria sulle guerre di successo, che 22 secoli dopo Carl von Clausevitz avrebbe descritto nel suo grande trattato, Archidamus prevedeva che non ci sarebbe stata nessuna veloce vittoria decisiva. Ciò nonostante gli spartani attaccarono.
Sul fronte ateniese anche Pericle voleva evitare una guerra con Sparta. Ma qualora fosse stata inevitabile, Pericle consigliava prudenza ed una strategia difensiva. Spiegava che se gli ateniesi fossero rimasti calmi, prendendosi cura della propria flotta, astenendosi dal tentativo di estendere il loro impero in epoca di guerra e quindi evitando di mettere in pericolo le proprie città, avrebbero prevalso. Ma questa strategia contava sul fallimento del nemico spartano e non sulla capacità degli ateniesi di vincere. Probabilmente Pericle non conosceva quanto dall'altra parte del mondo teorizzava un altro grande studioso di arte militare, il cinese Sun Tzu; quest'ultimo nel capitolo 4 della sua Arte della Guerra scriveva che l'invincibilità sta nella difesa; la possibilità di vittoria nell'attacco. Pericle quindi commetteva l'errore strategico di pensare solo alla prima metà dell'equazione.
Così 15 anni dopo, la guerra aveva raggiunto costi altissimi e non aveva raggiunto nessun risultato; nè si profilava un punto che potesse segnare il termine reale dei combattimenti e delle ostilità. Tutto il sangue e le risorse che erano state versate nei combattimenti non erano serviti a un cambiamento fondamentale nelle rapporti di forza tra Atene e Sparta. La guerra continuava.
Come avrebbe detto von Clausevitz i centri di gravità di ogni stato restavano intatti. Sparta possedeva ancora la sua potente armata, ed Atene la sua flotta dominante. Non vi era stata nessuna battaglia decisiva, e nessuna delle due parti poteva dirsi in vantaggio rispetto all'altra. Qualcosa doveva cambiare. Gli Ateniesi erano, magari inconsciamente, pronti a cambiare strategia. E vi fu un uomo, Alcibiade, un giovane dinamico ufficiale, che venne fuori con un piano per espandere la guerra in maniera da favorire Atene e danneggiare Sparta. Alcibiade propose di invadere la Sicilia e assistere un gruppo di piccole città-stato aiutandole ad attaccare le colonie spartane, in primis Siracusa. Sebbene la Sicilia fosse mille miglia lontana da Atene, l'idea era che conquistare Siracusa avrebbe inferto un colpo decisivo al potere di Sparta.Il piano operativo di Alcibiade era quello di mandare un contingente di 60 navi, le triremi, e un modesto numero di soldati in Sicilia. Una volta arrivati avrebbro dovuto allearsi con gruppi di città siciliane amiche di Atene, con le quali conquistare Siracusa e prendere il controllo su una fonte principale di cibo e risorse che da lì venivano esportate a Sparta.
Avendo la Sicilia sotto il suo controllo, per Atene sarebbe stato possibile usare il suo potere navale per bloccare i rifornimenti a Sparta e così obbligarla alla sottomissione.
Un piano con pochi rischi diretti per Atene, ma potenzialmente con elevato ritorno strategico.
Uno dei leader greci, Nicia, si oppose al piano di Alcibiade ritenendolo un diversivo costoso; ma piuttosto che opporsi al piano direttamente , preferì supportarlo nonostante lo criticasse . Nel dibattito tumultuoso che ne seguì, gli Ateniesi alla fine votarono per mandare 100 triremi, quasi il doppio rispetto a quanto proposto da Alcibiade, per cui il rischio iniziò a diventare realmente elvato. Inoltre nominarono sia Nicia che Alcibiade, oltre al generale Lamaco, come capi della spedizione.
Oggi diremmo che si trattò di un fallimento intellettuale, perchè gli ateniesi sembrarono non comprendere che Siracusa era una potente città che era stata fondata come colonia da un alleato di Sparta, Corinto, già di per sè un probabile nemico di Atene. Non compresero la portata dello
sforzo che sarebbe stato necessario.
La notte prima della partenza, qualcuno (probabilmente sabotatori nemici) mutilò numerose statue di divinità in tutta Atene. Alcibiade fu accusato di profanare queste immagini divine, all'epoca un crimine contro la religione molto grave. Egli voleva replicare alle accuse, sottoponendosi al processo, ma un significativo numero di alleati atenesi e di ausiliari combattenti si erano accordati per unirsi alla spedizione in Sicilia solo a condizione che vi fosse Alcibiade. Atene non poteva perdere quest'uomo chiave, architetto della strategia, così il suo processo fu posposto.
Nell'inverno del 415 a.C. gli ateniesi sbarcarono in Sicilia su 134 triremi con oltre 5000 uomini dell'esercito terrestre, ed una forza totale di oltre 30 mila uomini. Dal punto di vista logistico si trattava di uno sforzo enorme. Inizialmente, in Sicilia, Nicia ed Alcibiade usarono la diplomazia e piccoli combattimenti per vincere alcune piccole città, al fine di poter costruire un campo base. Poi improvvisamente Alcibiade fu richiamato ad Atene per il processo, il che privò la spedizione del suo vero leader. Ad Atene si sottovalutorono le implicazioni di questo fatto. Alcibiade capì che vi era un intrigo politico dietro il suo richiamo in patria, così scappò mentre era sulla rotta per Atene, e per vendicarsi andò dagli spartani, cui raccontò nei dettagli il piano che lui stesso aveva elaborato.
Nel capitolo 13 del suo libro Sun Tzu scrive dell'uso delle spie nelle guerre, essenziale per comprendere cosa succede nel campo nemico. Lo spionaggio, oggi diremmo l'intelligence, era già per Sun Tzu un elemento basilare della guerra, da cui dipende ogni mossa dell'esercito.
Ma Alcbiade era più che una semplice spia. Egli fornì agli spartani istruzioni complete sulle debolezze ateniesi e aiutò Sparta ad elaborare una strategia per sconfiggere Atene. Tra le altre cose, li spinse a fortificare una regione strategica confinante con Atene, oltre che a rinforzare il più possibile Siracusa. Fece loro, in sostanza, una road map per ottenere il cuore del potere ateniese. Gli Ateniesi condannarono l'assente Alcibiade a morte, e confiscarono le sue proprietà, ma il danno era fatto.
Tra l'altro gli ateniesi continuarono ad eseguire il piano originario in Sicilia, una vera e propria follìa , sapendo che adesso gli spartani sapevano quali ne erano le finalità. Inizialmente Nicia vinse alcune piccole battaglie ma fallì nell'avvantaggiarsene. Inoltre le piccole città siciliane che inizialmente avevano promesso il loro aiuto, quando videro l'enorme dimensione delle forze inviate da Atene, ne ebbero paura e rifiutarono il loro appoggio. Iniziarono a chiedersi quali fossero i veri motivi di Atene, e accusarono gli ateniesi di volerli conquistare imperialisticamente; gli ateniesi risposero che non volevano schiavizzare nessuno, ma il massimo che ottennero fu la neutralità; in realtà poi le città siciliane appoggiarono Siracusa.
Pertanto, le cose girarono contro Atene, ma ciò nonostante gli ateniesi erano fiduciosi che il loro esercito fosse abbastanza potente da conquistare Siracusa anche senza l'appoggio dei locali, e così cominciarono la loro impresa. Lamaco e Nicia presero posizione vicino al porto di Siracusa e iniziarono ad attaccare le mura della città. Lamaco però fu ucciso durante i combattimenti.
Dopo una buona avanzata verso Siracusa, Nicia credette che la popolazione assediata fosse sul punto di arrendersi. Così ritardò i lavori per l'assedio e negoziò con le fazioni interne della città, mancando di focalizzarsi sul principio militare dello sfruttamento del vantaggio acquisito, e così il ritardo lavorò a suo sfavore. Nel frattempo infatti un generale spartano, Gilippo, sulle base delle informazioni di Alcibiade, arrivò in Sicilia per aiutare Siracusa. Dopo aver appreso che Siracusa non era ancora interamente isolata ,vi portò le sue truppe e quelle di alcuni alleati siciliani riuscendo a vincere alcune battaglie. Il suo arrivo immediatamente alzò il morale dei siracusani, e da questo momento le cose inizarono ad andare male per gli ateniesi, che dopo aver perso Lamaco, videro Nicia cadere malato; quest'ultimo scrisse ad Atene per avere rinforzi, chiedendo di venire rimpiazzato.
La spedizione siciliana che era partita come quello che von Clausevitz avrebbe definito un colpo audace, si stava rapidamente trasformando non soltanto in un errore, ma in un colossale autogol.
Non si sa se gli ateniesi fuorno incapci di valutare la situazione, o se semplicemente non ne ebbero voglia , ma certamente non considerarono la prospettiva di ammettere la sconfitta del loro piano siciliano, e dunque non si impegnarono a salvare il salvabile. Piuttosto, inviarono una seconda spedizione guidata da due generali, Eurimede e Demostene, con altre 73 triremi e 5000 soldati: a questo punto avevano impegnato in questa distante spedizione, più della metà della loro flotta e circa un terzo dei loro soldati, rischiando molto, ma per cosa?
Non riuscendo a capovolgere le sorti della battaglia, fallirono anche nel ritirarsi, a causa di una superstizione loro tipica circa l'eclisse di luna che capitò la notte prima della partenza. Il superstizioso Nicia rifiutò di farlo se non fossero prima passati i 27 giorni richiesti dalla credenza, infischiandosene delle necessità militari.
Questo ritardo fu fatale. Nello stretto porto di Siracusa gli ateniesi si trovavano in svantaggio e i soldati siracusani- come i greci contro i persiani a Salamina - stavano combattendo per la loro libertà contro invasori stranieri. Inoltre le forze siracusane ebbero un vantaggio tecnico, perchè le loro navi adottavano la procedura di rinforzare gli scafi, pertanto combattevano meglio a distanza ravvicinata contro i vascelli ateniesi. Per cui la più piccola flotta siracusana sconfisse quella ateniese uccidendo anche Eurimede, e riuscendo a intrappolare gli ateniesi. Demostene cercò di attaccare la barriera , contando sul maggior numero di navi che ancora aveva, ma il morale dei marinai ateniesi era per terra, e non vi riuscì. L'unica via di scampo restava la ritirata via terra, ma ancora una volta Nicia non ne comprese l'urgenza e diede un giorno di tempo alle sue truppe per imballare l'accampamento. Questo ritardo permise al generale spartano Gilippo di posizionare le troppe in punti strategici sulla via della ritirata ateniese. Così l'armata ateniese dopo 8 giorni di battaglia , pressata anche dalla cavalleria siracusana, fu costretta ad arrendersi. Demostene e Nicia fuorno giustiziati. La maggior parte dei sopravvissuti, morì durante la prigionìa. In uno dei più tristi racconti di tutta la letteratura militare, Tucidide definisce la spedizione siciliana il più grande avvenimento della storia greca, perchè comportò la totale distruzione della flotta e dell'armata ateniese, mettendo le basi per il declino della intera Atene.
Dato il risultato disastroso ci possiamo chiedere se la strategìa siciliana fosse una buona idea eseguita male, o semplicemente una sbagliata fin dall'inizio. Naturalmente è troppo facile giudicare solo in base al risultato finale. ma la prima regola per vincere una guerra è evitare l'autodistruzione. Così se pensiamo in termini di principi bellici, occorre distinguere tra l'dea originale di Alcibiade di mandare solo una forza leggera, e quella effettivamente eseguita di una spedizione molto pesante. Semplicità contro complessità, massa contro manovra, questo è il focus.
Il piano originario era di far leva sugli alleati siciliani, senza rischiare nè senza impressionare questi ultimi; invece fu fatto esattamente l'opposto, ottenendo il risultato di inimicarsi i siciliani.
Alla radice degli errori troviamo inoltre le convinzioni religiose che hanno il sopravvento. Cosa sarebbe successo se gli ateniesi non avessero incolpato Alcibiade e lo avessero mantenuto come capo? ecco il contrasto tra le questioni personali e le esigenze dell'impegno militare.
Si può ritenere che se Alcibiade non fosse andato dagli spartani, questi non avrebbero mai mandato l'esercito di Gilippo, risultato poi determinante. Infine, vi furono le esitazioni di Nicia, dovute sempre a credenze religiose.
Come diceva Sun Tzu, il guerriero abile può ottenre la propria invulnerabilità, ma non può mai ottenere la vulnerabilità del nemico.
La campagna siciliana, mette in luce gli errori tattici degli ateniesi che portarono alla loro vulnerabilità e alla fine alla loro totale distruzione.
Le notizie della distruzione della spedizione dsiciliana colsero di sorpresa Atene. All'inizio rifiutò semplicemente di credere che la propria potente forza fosse stata sconfitta in una terra lontana, da parte di popolazioni che gli ateniesi giudicavano primitivi, Nessuno lo aveva previsto, nè si era voluto diffondere le notizie parziali negative che arrivavano.
Il che solleva la questione sempiterna in epoca di guerra della corretta informazione: si tende sempre ad evitare di dire la verità se questa risulta sgradevole, per non turbare il morale della popolazione.
A titolo di esempio, durante la seconda guerra mondiale ci vollero molti mesi prima che i giapponesi fossero informati delle perdite che la loro marina stava subendo. E dopo Stalingrado, ai tedeschi non venne fatta sapere la realtà, e per molti mesi si veidero nuove persone che portavano il lutto: erano stati informati con grande ritardo, e a poco a poco, della perdita dei congiunti.
Con il disastro siciliano iniziò la fine dell'impero di Atene: con i forzieri svuotati, i suoi porti privi di navi, e migliaia di soldati mancanti, fu l'inizio della fine. Il disastro siciliano spinse a molte rivolte in tutto il territorio, e soprattuttò spronò gli spartani. Nel 413 a.C, Sparta invase le campagne ateniesi, per la prima volta dal 425 ma questa volta -seguendo i consigli di Alcibiade - essi costruirono fortezze man mano che conquistavano territori così controllarono le vie di accesso. Il morale degli ateniesi scemò sempre più, mentre migliaia di schiavi andarono a rinforzare Sparta, oltretutto danneggiando l'economia rurale ateniese.
Ciò nonostante gli ateniesi provarono a resistere, e come dice Tucidide "nel panico del momento furono capaci di essere il più priudenti possibile". Così la guerra continuò per altri 9 anni, ma alla fine Sparta ottenne la vittoria navale che si rivelò definitiva ad Egospotami: gli ateniesi persero 168 navi, cioè tutto quello che gli restava (solo 12 navi risucirono a scappare).
Ricapitolando.
Atene aveva un impero , e la sua continua espansione provocò il timore degli spartani che iniziarono la guerra: dopo lunghi combattimenti nelle proprie regioni, Atene tentò di trovare la soluzione invadendo la Sicilia e ciò si tramutò in un disastro, che forse poteva essere evitato come abbiamo visto, ma i fatti storici sono che la scomessa fu persa, e che dopo la disfatta siciliana, perse l'impero. Infatti dopo la spedizione siciliana gli ateniesi erano tornati al loro elemento strategico, il mare, su cui restarono vincenti per un pò, ma solo perchè stavano consumando le loro ultime riserve; non avrebbero più potuto permettersi errori: invece fecero quello finale di Egospotami. E finirono sotto il dominio degli spartani, cui si arresero nel 404 a. C. così come i suoi alleati. I termini del trattato privarono Atene delle sue mura, della sua flotta e di tutti i suoi possedimenti olttremare. La guerra finì, ma Atene fu rovinata.
Il mondo e il suo destino sarebbero appartenuti ad altri.
Il caso di Atene, mi sembra di attualità stringente a proposito delle guerre e dell'impero americano, e perciò l'ho richiamato.Voglio concludere con altre considerazioni che mi sono venute in mente, in seguito alla lettura della storia delle guerre.
Difficile trovare una guerra che non sia iniziata con il tradimento e la frode.Nè possiamo trovarne che non siano state piene di errori.
La storia militare mostra che generali e strateghi si sono spesso rivelati incompetenti quasi come i consulenti matrimoniali. Se non fosse per le disgrazie provocate, potremmo farci grasse risate sulle guerre.
Quasi ogni racconto, da quelli di Tucidide che ho riportato con l'esempio della guerra tra Atene e Sparta, a quelli di von Clausevitz, è farcito di occasioni mancate e cadute umilianti, combinate con pugnalate alle spalle e mancanza di visione. Le truppe non sembrano mai essere dove si suppone dovrebbero, cadono in trappole ovvie pur avendo gli occhi aperti. I generali restano oltre le loro linee di rifornimento ma spesso finiscono per trovarsi privi di munizioni o di cibo. Gli ordini sono confusi o persi o conosciuti dal nemico. Quando una vittoria viene ottenuta, risulta più il frutto della fortuna che della capacità.
La maggioranza delle guerre dell'umanità, ben lungi dall'essere storie di eroismo, sono farse assurde di cui perfino i cavalli dei cavalieri avrebbero potuto farsi quattro risate, prima di morire.
La Prima guerra mondiale ha avuto un pessimo copione. Se fosse stata un film, gli attori avrebbero avuto ben donde di rifutarsi di recitarla, e gli spettatori se ne sarebbero potuti andare disgustati. Ma metti gli attori in uniforme, e li trovi pronti a recitare qualsiasi ruolo, non importa quanto irrazionale. Richiesti di andare "over the top" e avanzare nella "no man's land" mentre i nemici sparano, i soldati agiscono come muli muti, che fanno tutto quello che gli viene detto. Fu una "guerra di leoni guidati da scimmie", scriveva la stampa popolare: i generali idioti, ma i nostri ragazzi magnifici. In realtà, se osservati freddamente, tutti somari.
Sul fronte est, l'armata russa era comandata in gran parte da ufficiali che parlavano tedesco.Spesso i loro ordini finivano nelle mani dei nemici, cioè dei tedeschi, che potevano leggerli senza neanche bisogno di traduttori.Se arrivavano alle proprie truppe russe, erano incomprensibili. L'armata russa nella WWI deve essere stata tra le più incompetenti mai viste all'opera. Ma almeno è stata migliore in molti aspetti dell'armata sovietica che Stalin impiegò contro i tedeschi 26 anni dopo. Stalin uccise la maggior parte degli ufficiali più decenti.Si potrebbe pensare che la classe ufficali poteva aver capito cosa stava succedendo e marciare sul Cremlino prima che Stalin agisse contro loro. Ma il top level non è mai capace di anticipare alcunchè. Quelli armati lasciarono che venissero colpiti. I loro rimpiazzi parlavano russo, ma non erano per niente preparati nell'arte militare, ed erano assassini oltre ogni limite. E' stato stimato che nei primi mesi della guerra metà di tutte le perdite sovietiche fuorono causate da loro stessi. I loro aerei erano così messi male che la maggioranza precipitava a causa dei difetti di costruzione, non per il fuoco nemico. Alle truppe fu ordinato di avanzare in massa contro il fuoco nemico, e se qualcuno si rifiutava di farlo i propri compagni gli sparavano.
C'è qualcosa circa il mestiere di soldato che sembra attrarre obbedienza cieca. Un soldato pensante potrebbe chiedersi cosa fa, e potrebbe impiegare un pò di tempo riflettendo sul perchè di ciò che fa. Per quale motivo dovrei fare una cosa così stupida, potrebbe infine chiedersi.
Ma se così facesse non servirebbe ai militari.
Il vero uomo militare- anche uno di grande genio- non si pone mai domande, neanche quelle critiche per la propria sopravvivenza.
Volta dopo volta, vediamo vasti movimenti di truppe ed armi che agiscono in totale ignoranza. La leggendaria "nebbia di guerra", si accumula nei cervelli di comandati e soldati.
Alessandro, forse il più grande generale di tutti i tempi, ha guidato le sue truppe nel deserto geodrosio, dove decine di migliaia sono morti per sete e fame. Forse gli scocciava informarsi sulla direzione esatta? sì. Apparentemente, volle vedere se ce la faceva.
I Romani, ritenuti i più grandi geni militari di tutti i tempi, furono colti completamente di sorpresa quando Annibale scese dalle Alpi. E i cartaginesi vagarono intorno all'italia per i successivi 10 anni prima che le truppe romane finalmente poterono sconfiggerle.
Napoleone attaccò la Russia, e lo stesso fece Hitler; entrambi inconsapevoli del tremendo clima russo! Nessuno di loro pensò di dotare appropriatamente le proprie truppe per resistere al freddo. E i generali tedeschi avevano in tasca le copie della storia della precedente guerra di napoleone!
Da una debacle al'altra, gli accecati di tutte le categorie sociali hanno marciato a testa bassa, avanti.
In Crimea, Lord Cardigan fu comandato ad attaccare una postazione armata russa con la sua brigata leggera di cavalleria, ma nessuno si prese la briga di vedere le linee del fronte(Cardigan se ne stava sul suo yacht privato ancorato sul mar nero, a gustare le prelibatezze del suo chef francese), nessuno conosceva il campo di battaglia. Naturalmente egli prese la direzione sbagliata e quasi tutti i suoi uomini furono uccisi, ma lui tornò in Inghilterra come un eroe nazionale. E poi lanciò il famoso pullover a V che da lui ha preso il nome.
Una altra famosa frase della Grande Guerra era che i generali stavano combattendo nè più nè meno l'ultima guerra precedente quella franco-prussiana. A londra e parigi pensarono che potevano vincere le battaglie con le tattiche della guerra franco-prussiana; giudizio che non era niente altro che adulazione per i generali; in realtà stavano combattendo una guerra che non era mai stata combattuta.
In precedenza nella guerra americana tra nordisti e sudisti, il generale Jackson notava che una buona posizione difensiva era praticamente impossibile da conquistare. I progressi tecnologici delle armi, mitragliatrici, etc. rendevano i difensori molto più letali da una grande distanza, per cui i soldati potevano resistere nelle loro trincee mentre i corpi degli attaccanti si acculavano davanti a loro."Ricordate il muro di pietra" diceva Jackson ai suoi ufficiali, spingendoli ad aspettare che gli yankees attaccassero. Ma Jackson fu colpito dai propri uomini, e il generale Lee dimenticò le sue parole. Ordinò un attacco napoleonico contro le posizioni nordiste a gettysburg anche se era ovvio che attaccare significava perdere. Ma attaccare inebria gli uomini.
Anche tedeschi, inglesi e francesi lo fecero, con gli inevitabili disastrosi risultati. In seguito,sarà il turno degli americani.
Prima che la guerra cominciasse, il colonnello francese Grandmaison aveva quasi un culto basato sulle cariche matte della cavalleria. Ciò che vince le battaglie, disse ai francesi, non è mai la tattica, nè la logistica, nè la potenza di fuoco, nè la strategia, bensì è il cuore! audacia, attacco! Grandmaison ebbe subito l'opportunità di mettere in atto il suo principio. Si può a stento immaginare quanto deve essere stato bello: un intero reggimento di cavalleria che scorrazzava sul campo di battaglia, spade ed elemetti luccicanti al sole, che cuote! che coraggio! che gloria!.... che imbecillità! in pochi minuti l'artiglieria tedesca aprì il fuoco e li fece a fettine incluso il colonnello. I commentatori glorificarono la morte romantica, il cuore è meraviglioso per i poeti, ma nella storia militare il cuore è la strada per la rovina.
Ciò che decise la WWI non fu il cuore, ma la combustione interna; fu decisiva non la poetica cavalleria ma l' arida meccanica.
L'introduzione dei carrarmati rese possibile avanzare contro il nemico nelle trincee senza farsi massacrare.
I francesi però non ne volevano sapere, e nonostante l'evidenza, anche nella successiva guerra mondiale gli uomini della terza repubblica non sapevano che farsene dei carrarmati. Piuttosto, costruirono fortificazioni che sarebbero state una delizia per Francescoi I ma fuorno invece di imbarazzo per Clemenceau. A costo di milioni di dollari dell'epoca, su e giù per la valle del Reno, per un periodo di anni costruirono bunker e fortificazioni in pietra. Questa famosa "linea Maginot" era già obsoleta quando fu finita. Ma i francesi lo capirono solo quando l'intera linea fu scansata da un "blitzkrieg" di carrarmati tedeschi. In poche ore, la linea difensiva francese si trovò dietro a quella tedesca! il generale Gamelin, arrivando al fronte, un pò dopo il fatto, si dice che abbia voluto mandare un messaggio di avviso a parigi, con un piccione viaggiatore!
La Wehrmacht aveva già dato una dimostrazione mesi prima dell'attacco sul reno, quando aveva invaso la Polonia. Lì i polacchi furono tragicamente assediati, ma non avevano imparato molto da quando nel medio evo erano stati battuti dal generale Subedei, tamerlano. Quando i panzer tedeschi attaccarono, i polacchi fuorno spazzati via e quegli ufficiali che provarono a scappare verso est fuorno catturati e uccisi dai russi.
Perfino quando la classe degli ufficiali è dolorosamente investita dai fatti, spesso non riesce a mettere due con due, nè a a prendere la decisione più ovvia. Ad inizio 1945 la germania era ormai battuta, ogni ufficiale lo sapeva; i russi stavano accerchiando Berlino da est, mentre ad ovest gli alleati avevano passato il Reno; e nel suo bunker Hitler stava dando di matto. Se fossero stati lucidi, potevano avere la chance di salvare qualcosa. Almeno avrebbero potuto organizzare una razionale difesa finale, spostando le truppe ad est per fermare i russi assetati, consentendo agli amerciani di avanzare verso Berlino. Ma gli stessi ufficiali che avevano ordinato la morte di milioni di persone nei 4 anni precedenti di guerra, che avevano visto i loro soldati ed amici morire in combattimento, nei campi di prigionia, ebbero solo e a stento la capacità di mettere un proiettile dentro le proprie teste.
Nella storia dell'umanità milioni e miloni di uomini in tutte le epoche sono morti senza testimoni, senza gloria, per i motivi più futili, combattendo guerre senza senso tattico e senza senso strategico, ieri come oggi, come domani.
Imperi ritenuti invincibili nella Storia, sono poi miseramente caduti anche a causa di guerre sbagliate in tutti i sensi.
Sembra incredibile, ma è vero, e soprattutto ripetibile.
(fine)