2/27/2006
Speciale Coincidenze
Speciale CoincidenzeVi sono una serie di coincidenze degne di nota, proprio mentre i mass media sono pieni di previsioni radiose per i mercati azionari.Innanzitutto vala la pena osservare quello che sta succedendo alla Fed, dove vi è una vera e propria fuga di uomini della vecchia guardia, sostituiti da Bush con giovani trentottenni, privi di credenziali. Ciò avviene mentre si evidenzia sempre più il bisogno disperato degli USA di poter continuare il signoraggio sul dollaro, senza il quale sarebbero rovinati, perchè non potrebbero finanziarsi semplicemente stampando biglietti. Tra le defezioni dalla fed colpisce quella di Ferguson, e ciò avviene in contemporanea con la scelta annunciata di non pubblicare più i dati su M3, e con il prossimo inizio da parte degli iraniani di quotare il petrolio in euro (non più in dollari). La fed quindi cambia di colpo vari uomini, con le dimissioni di Santomero e Fergusson che si aggiungono ai 6 dei 12 memebri del comitato centrale Fed sostituiti nei precedenti due anni. Occorre tenere presente che negli USA essere membro della fed è uno degi incarichi di maggior prestigio, perchè dunque queste dimissioni all'ingrosso? Non c'è dubbio: la mossa dell'Iran di sostituire l'euro al dollaro è malvista negli USA. Vi sono stati due precedenti: quello di Saddam Hussein e guarda caso vi è stata l'invasione dell'Iraq; e quello di Chavez in Venezuela che -sempre guarda caso- subì attentati e tentativi di rovesciamento, anche se è riuscito a resistervi. La retorica anti iraniana è partita dopo l'annuncio della quotazione del petrolio in euro, ed ovviamente è incentrata sulle armi nucleari (ma anche per Saddam si disse lo stesso) e anche se in questo caso non è una menzogna, per gli USA non vi sono pericoli diretti, semmai per Israele che però è in grado di difendersi benissimo da solo. Invece con la mossa iraniana sul petrolio verrà meno una quota di petrodollari che attualmente servono a finanziare l'emissione di nuovi debiti a getto continuo degli americani; poichè pare difficile che con gli asiatici e l'OPEC già stracolmi di dollari si possa trovare qualcuno che sostituisca la quota iraniana, questo qualcuno potrebbe benissimo essere la Fed, che può stampare dollari come sappiamo. Naturalmente questa manovra si vedrebbe dai dati su M3 e guarda caso non si vuole più pubblicarli. Ricordo che M3 a differenza di M2 è quella definizione della moneta che include le riserve in dollari detenuti dagli stranieri e dalle principali istituzioni, nonchè i famosi pronti contro termine fatti dalla fed sul mercato aperto che sono lo strumento più semplice per creare moneta dal nulla (comprano titoli detenuti dal sistema appunto stampando dollari- tra l'altro ormai elettronici- che i venditori reimmettono nel sistema comprando altri titoli o azioni, etc.).Sorge il dubbio che qualcuno degli anziani della fed non abbia lo stomaco per accettare questa manipolazione monetaria, che siano cioè in disaccordo, considerato che nella costituzione della Fed svetta il principio di mantenere stabile il valore del dollaro; e che non siano d'accordo con l'occultamento dei dati su M3.Fin qui tre "coincidenze": drastico rinnovo fed-occultamento M3 a partire dal prossimo 23 marzo - mossa iraniana sul petrolio in euro a partire dal prossimo 20 marzo.Ma ce n'e' ancora un altra molto interessante. In questi giorni è scoppiato il caso della vendita della gestione di sei porti marini americani a una società degli Emirati Arabi, voluta dall'amministrazione, che ha fatto insorgere il Congresso, compresi molti repubblicani. Ebbene Bush ha subito detto che userà il suo potere presidenziale per far andare avanti questa operazione, piaccia o non piaccia. Bush in 6 anni non si era mai spinto così avanti su una questione apparentemente economica. Come mai? Sorge il sospetto che Bush abbia bisogno di questo accordo (che tra l'altro si chiuderà nell'ultima settimana di marzo) perchè gli Emirati Arabi si trovano proprio di fronte il sud dell'Iran e sono essenziali per il controllo dello stretto di Hormuz. Che dunque vi sia uno scambio tra la cessione dei porti a questi ultimi e la possibilità che truppe e navi americane possano spadroneggiare nello stretto, critico nel caso di guerra con l'Iran, per consentire che il petrolio possa continuare a passare e raggiungere le destinanzioni occidentali? Una cosa è certa: se l'Iran bloccasse questo passaggio, acquisirebbe un vantaggio strategico fondamentale, perchè senza petrolio gli aerei non volano e navi e carri si fermano, ed inoltre metterebbe in ginocchio l'Occidente.Concludendo: occhio alle Idi di marzo.
2/26/2006
La nota sui mercati 26.2
La settimana 20-24 febbraio 2006
ECONOMIA: Disunione Europea e marciume italiano
Iniziando dalla fine, venerdì il dato sui beni durevoli USA può aver tratto in inganno con il suo macroscopico -10% : esso è stato dovuto infatti interamente allo sciopero della Boeing ed al netto dei trasporti è invece risultato anzi lievemente superiore alle attese(+0,6). La settimana non ha offerto molte informazioni macro, quella importante sui prezzi al consumo americani ha mostrato una stabilità dell'indice al netto dell'energia e degli alimentari, ma la vera inflazione quella che riguarda le tasche dei cittadini è balzata sopra al 4% (pur nell'indice ufficiale). Le attese sui tassi non si sono dunque modificate, negli USA si va verso il 5% , in Europa restano invece i dubbi sulla capacità politica della BCE di andare oltre il 2,5% (per cui nelle attese il differenziale aumenta a favore del dollaro), in Giappone pare maturare l'inversione anche se non è affatto detto.
Ma l'evento principale della settimana riguarda l''Europa dove le contraddizioni si moltiplicano: il neo ministro delle finanze tedesco ha ripreso a criticare il patto di stabilità; nel frattempo il protezionismo intra europeo tocca nuove vette dopo il massacro della direttiva Bolkestein, con la Francia che pur di impedire un OPA all'italiana Enel su Suez vara in fretta e furia una megafusione tra Suez e Gaz de france - che per farsi comporta addirittura il varo di una legge apposita- con un intervento sciovinistico che nega la reciprocità a pochi giorni dall'OPA sulla BNL da parte della BNP, e dopo una lunga serie di suoi acquisti in Italia; certo l'italietta confusa e frammentata è facile da prendere a schiaffi, per un paese come la francia; ma il vero danno lo subiscono gli azionisti di suez e i consumatori francesi, e soprattutto gli europei perchè è chiaro
che l'ideale dell'europa unita va a farsi strabenedire.Tutti vogliono un mercato unico solo per vendere le proprie merci, nessuno vuole un mercato unico nel vero senso della parola, dove possano trionfare la concorrenza e la libera circolazione di imprese e lavoratori; è un NO nei fatti al vero senso dell'Unione ben più grave di quello alla Costituzione. La Disunione Europea trova poi massima evidenza nel ruolo ormai del tutto secondario della Commissione Europea da quando è andato via Prodi (e Mario Monti), e nelle contraddizioni derivanti dall' aver invece unificato solo la politica monetaria. Un tasso di cambio e d'interesse unico per un entità divisa e diversa è un boomerang, perchè contrariamente all'ipotesi originaria non si sta verificando alcuna convergenza tra le varie economie ed oggi ci troviamo con paesi dove l'inflazione ufficiale supera il 4% (Spagna) per i quali i tassi anche al 2,5% non possono che creare altra inflazione futura, e con paesi dove il deficit estero è a livelli record(Italia) per i quali non può che creare altro deficit futuro.
Nel frattempo una classe politica penosa, corrotta e disonesta, mostra ogni giorno che passa la propria inadeguatezza ad affrontare lo scenario globale sempre più difficile, ed in cui è facile prevedere che il vaso di coccio europeo -disunito e contraddittorio- finirà stritolato.
Non meraviglia che in una situazione di questo genere possa sudamericanizzarsi sempre più la mela marcia per eccellenza, l'Italia, dove il banditismo assurge ai massimi livelli, e dove quale che sia l'esito elettorale, non ci sono speranze di nessun genere, a maggior ragione dopo una riforma disastrosa; nessun paese ha il record italiano di decine di partiti malamente coalizzati per fini puramente di poltrona ma pronti a scannarsi tra loro e a distruggere le istituzioni e via dicendo.
Soprattutto nessun paese è passato in appena mezzo secolo dal fascismo allo sfascismo sistemico, come quest'italia marcia di cui non resta che vergognarsi profondamente.
MATERIE PRIME : attentato
Inizia a fare capolino uno dei cavalieri della petropocalisse: il fallito attentato al più importante impianto petrolifero saudita, nonostante sia fallito e non abbia fatto danni, ha avuto la capacità di far balzare il petrolio da 59,5 dove era sceso in seguito all'ennesimo incremento delle scorte USA, fino a 63 dove conclude (aprile) mentre il gas naturale resta depresso a 7,3(aprile).
Risentono dell'attentato anche i metalli nonostante lo yen forte, con l'oro a 561(aprile); l'argento a 9,8(marzo) il rame a 221(maggio) il platino a 1036(aprile) il palladio a 292(marzo).
L'indice generale CRB(marzo) a 329,5 (+1%).
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: al rialzo
Posizione asset: nulla
CAMBI: riparte lo yen
L'eurodollaro scad. marzo dopo il rialzo del venerdì precedente ha deluso dimostrandosi incapace di andare oltre 1,1990 (domenica notte)e ritornando in area 1,19 dove ha stazionato tutta la settimana, concludendo infine nel peggiore dei modi cioè sui minimi appena sopra il supporto chiave di 1,1870 livello che aveva testato mercoledì consentendo all'operazione di acquisto posizionata a 1,1875 di scattare, e di avere successo perchè sui prezzi al consumo USA vi è stato un ritorno prima in area 1,193 (dove ho incassato i 625$ di utile a contratto), e poi giovedì -grazie all'IFO tedesco ai massimi da 14 anni- ha avuto un altra impennata che si è però fermata a 1,1980; qui si è avuta la conferma definitiva perchè è nuovamente e velocemente ripiombato sui minimi e venerdì non è stato in grado di beneficiare nè del rialzo del petrolio nè dei timori per l'attentato saudita, mentre dalla Germania sono tornate le critiche al patto di Stabilità.
A questo punto il quadro prospettico di breve cambia, e vi sono forti probabilità che 1,187 ceda e che si vada fino a circa 1,175 scendendo un altro gradino. Naturalmente dipenderà dai dati, ma questa settimana è successo quello che paventavo qualche tempo fa e cioè che il recupero dello yen si scaricasse sull'euro, e quando questa tendenza emerge per la valuta europea le difficoltà aumentano.
Lo yen infatti è stato la star, essendo ritornati i timori di un cambio di poltica monetaria a cui si sono aggiunte attese circa una nuova rivalutazione dello yaun cinese; così da 119 con dollaro ha improvvisamente guadagnato il 2% chiudendo sotto a 117 ma ancor meglio ha fatto appunto contro euro passando da oltre 141 a quasi 138.
L'indice generale del dollaro fermo a 90,5 (marzo)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso contro tutti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
OBBLIGAZIONI: salgono i giapponesi
Lo yen ha già avuto delle false partenze, ma che questa volta possa essere diverso lo confermano i rendimenti obbligazionari nipponici che sono per la prima volta da tempo saliti con decisione (+7,5 cts. il decennale).
Negli USA , come saldo settimanale, il 2 anni sale di 6 cts. al 4,72
il quinquennale di 8 cts. al 4,63; il decennale di 3 cts. al 4,57; il trentennale di 1 cts. al 4,52 .L'inversione della curva aumenta.
In Europa Bund decennale in lieve calo al 3,47% ( il differenziale a 110 cts.).
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
BORSE: Wally incerta
Come da attese il Nasdaq100 scad. marzo è restato in range scendendo nella prima parte della settimana fino in area 1650 dove ha stazionato mercoledì, e poi risalendo nel finale a 1690 per concludere a 1680. Terza settimana consecutiva passata tra 1645 e 1695.Tutta wally è rimasta poco variata nei saldi settimanali, a fronte di un incertezza generale , per cui se da un lato non si vuole ancora vendere dall'altro non si compra, resta solo il trading quotidiano.
Il saldo settimanale a WALLY è stato di: -0,5% per il Dow a 11060
+0,2% per lo sp500 a 1289 + 0,1% per il nasdaq100 a 1680 e +0,2% per il nasdaq a 2287. Tra i settori, positivi i trasporti (+0,7%) le banche(+1,8%) le piccole capitalizzazioni (Russell +0,8%) e le biotech (+2,2%) ma i semiconduttori continuano a scendere (-2,1%) .
A Tokyo settimana di recupero + 2% a 16100 di nikkey; in Europa prosegue il rialzo per il dax tedesco a 5870(+1,5%) si ferma il footsie inglese a 5860(+0,2%), sale il cac francese a 5074(+1,5%) e l'Italietta del banditismo finanziario fa meglio di tutti: l'SPmib a 38120(+2%) ed il Mibtel a 29040(+2%).
Posizione di lungo termine: al ribasso generale
Posizione di medio termine: al ribasso generale
Posizione asset: venduto nasdaq100
PREVISIONI: tocca alla BCE
Lunedì si inizia con l'M3 europea mentre dagli USA alle 16 si conoscerà l'andamento delle vendite di nuove case a gennaio. Martedì un ampio pacco di dati nipponici, cui seguiranno quelli sulla disoccupazione , sui prezzi al consumo e sulla fiducia in Europa; dagli USA arrivano la seconda stima del PIL nel quarto trimestre, l'indice di Chicago e la fiducia dei consumatori entrambi per febbraio.Mercoledì sarà il giorno dei sondaggi sul manifatturiero a febbraio, sia in Europa che negli USA dove usciranno anche redditi e spese delle famiglie a gennaio, la spesa per costruzioni e le vendite di veicoli. Giovedì Europa sotto ai riflettori, prima con i dati sulle vendite al dettaglio tedesche e sui prezzi alla produzione, poi con la decisione della BCE sui tassi e successiva conferenza stampa: il mercato sconta ormai un aumento al 2,5% dei tassi ufficiali, ma soprattutto cercherà di capire dalle parole di trichet se vi è l'intenzione di prendersi un altra pausa di riflessione ( magari di 3 mesi come la precedente), oppure se si è pronti a proseguire. Infine venerdì si chiuderà la settimana con i prezzi al consumo giapponesi e con i sondaggi sui servizi sia in europa sia negli USA dove uscirà anche l'indice finale del michigan per febbraio.
Settimanella bella piena dunque, con possibilità che la serie americana spinga ancor più le attese verso il 5% a maggio, il che potrebbe affossare l'eurodollaro soprattutto se al contempo dal lato europeo si creano attese di fine corsa (sui tassi) e se dal lato giapponese crescono quelle per un rialzo dei tassi, che schiaccerebbe euroyen amplificando quindi le perdite dell'euro sul dollaro.
ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
- venduto un mini-nasdaq a 1663, chiude a 1683= minus di 330 eu.
Tra le 3 operazioni del giorno proposte, ne è scattata una positiva con 625$ di utile.
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, comm.ni incluse, sale così a +2400 euro (con 12 operazioni effettuate); il rendimento complessivo , tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato, è pari al 2,34% ed equivalente al 15,5% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 3% , il 97% è in conto corrente al 2,25% lordo (tasso iwbank).
Visto che si è quasi concluso il secondo mese di operatività, vediamone le statistiche:
- le operazioni scattate sono state il 28% di quelle proposte(4 su 14)
- le operazioni in perdita sono state il 25% (1 su 4)
- le perdite totali sono state (375$) il 30% dei guadagni (1250$)
Rispetto a gennaio scende quindi la percentuale di operazioni scattate mentre si mantiene costante il rapporto tra perdite e guadagni.
Nel complesso dei due mesi :
- le operazioni scattate sono state il 40% di quelle proposte(12 su 30)
- le operazioni in perdita sono state il 28% (4 su 14)
- le perdite totali sono state(1125$) il 28% dei guadagni totali(4000$)
La proiezione annua del rendimento delle sole operazioni del giorno è di circa il 16% e considerando la fase di staticità del mercato su cui si è operato, mi sembra abbastanza realistica.
ECONOMIA: Disunione Europea e marciume italiano
Iniziando dalla fine, venerdì il dato sui beni durevoli USA può aver tratto in inganno con il suo macroscopico -10% : esso è stato dovuto infatti interamente allo sciopero della Boeing ed al netto dei trasporti è invece risultato anzi lievemente superiore alle attese(+0,6). La settimana non ha offerto molte informazioni macro, quella importante sui prezzi al consumo americani ha mostrato una stabilità dell'indice al netto dell'energia e degli alimentari, ma la vera inflazione quella che riguarda le tasche dei cittadini è balzata sopra al 4% (pur nell'indice ufficiale). Le attese sui tassi non si sono dunque modificate, negli USA si va verso il 5% , in Europa restano invece i dubbi sulla capacità politica della BCE di andare oltre il 2,5% (per cui nelle attese il differenziale aumenta a favore del dollaro), in Giappone pare maturare l'inversione anche se non è affatto detto.
Ma l'evento principale della settimana riguarda l''Europa dove le contraddizioni si moltiplicano: il neo ministro delle finanze tedesco ha ripreso a criticare il patto di stabilità; nel frattempo il protezionismo intra europeo tocca nuove vette dopo il massacro della direttiva Bolkestein, con la Francia che pur di impedire un OPA all'italiana Enel su Suez vara in fretta e furia una megafusione tra Suez e Gaz de france - che per farsi comporta addirittura il varo di una legge apposita- con un intervento sciovinistico che nega la reciprocità a pochi giorni dall'OPA sulla BNL da parte della BNP, e dopo una lunga serie di suoi acquisti in Italia; certo l'italietta confusa e frammentata è facile da prendere a schiaffi, per un paese come la francia; ma il vero danno lo subiscono gli azionisti di suez e i consumatori francesi, e soprattutto gli europei perchè è chiaro
che l'ideale dell'europa unita va a farsi strabenedire.Tutti vogliono un mercato unico solo per vendere le proprie merci, nessuno vuole un mercato unico nel vero senso della parola, dove possano trionfare la concorrenza e la libera circolazione di imprese e lavoratori; è un NO nei fatti al vero senso dell'Unione ben più grave di quello alla Costituzione. La Disunione Europea trova poi massima evidenza nel ruolo ormai del tutto secondario della Commissione Europea da quando è andato via Prodi (e Mario Monti), e nelle contraddizioni derivanti dall' aver invece unificato solo la politica monetaria. Un tasso di cambio e d'interesse unico per un entità divisa e diversa è un boomerang, perchè contrariamente all'ipotesi originaria non si sta verificando alcuna convergenza tra le varie economie ed oggi ci troviamo con paesi dove l'inflazione ufficiale supera il 4% (Spagna) per i quali i tassi anche al 2,5% non possono che creare altra inflazione futura, e con paesi dove il deficit estero è a livelli record(Italia) per i quali non può che creare altro deficit futuro.
Nel frattempo una classe politica penosa, corrotta e disonesta, mostra ogni giorno che passa la propria inadeguatezza ad affrontare lo scenario globale sempre più difficile, ed in cui è facile prevedere che il vaso di coccio europeo -disunito e contraddittorio- finirà stritolato.
Non meraviglia che in una situazione di questo genere possa sudamericanizzarsi sempre più la mela marcia per eccellenza, l'Italia, dove il banditismo assurge ai massimi livelli, e dove quale che sia l'esito elettorale, non ci sono speranze di nessun genere, a maggior ragione dopo una riforma disastrosa; nessun paese ha il record italiano di decine di partiti malamente coalizzati per fini puramente di poltrona ma pronti a scannarsi tra loro e a distruggere le istituzioni e via dicendo.
Soprattutto nessun paese è passato in appena mezzo secolo dal fascismo allo sfascismo sistemico, come quest'italia marcia di cui non resta che vergognarsi profondamente.
MATERIE PRIME : attentato
Inizia a fare capolino uno dei cavalieri della petropocalisse: il fallito attentato al più importante impianto petrolifero saudita, nonostante sia fallito e non abbia fatto danni, ha avuto la capacità di far balzare il petrolio da 59,5 dove era sceso in seguito all'ennesimo incremento delle scorte USA, fino a 63 dove conclude (aprile) mentre il gas naturale resta depresso a 7,3(aprile).
Risentono dell'attentato anche i metalli nonostante lo yen forte, con l'oro a 561(aprile); l'argento a 9,8(marzo) il rame a 221(maggio) il platino a 1036(aprile) il palladio a 292(marzo).
L'indice generale CRB(marzo) a 329,5 (+1%).
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: al rialzo
Posizione asset: nulla
CAMBI: riparte lo yen
L'eurodollaro scad. marzo dopo il rialzo del venerdì precedente ha deluso dimostrandosi incapace di andare oltre 1,1990 (domenica notte)e ritornando in area 1,19 dove ha stazionato tutta la settimana, concludendo infine nel peggiore dei modi cioè sui minimi appena sopra il supporto chiave di 1,1870 livello che aveva testato mercoledì consentendo all'operazione di acquisto posizionata a 1,1875 di scattare, e di avere successo perchè sui prezzi al consumo USA vi è stato un ritorno prima in area 1,193 (dove ho incassato i 625$ di utile a contratto), e poi giovedì -grazie all'IFO tedesco ai massimi da 14 anni- ha avuto un altra impennata che si è però fermata a 1,1980; qui si è avuta la conferma definitiva perchè è nuovamente e velocemente ripiombato sui minimi e venerdì non è stato in grado di beneficiare nè del rialzo del petrolio nè dei timori per l'attentato saudita, mentre dalla Germania sono tornate le critiche al patto di Stabilità.
A questo punto il quadro prospettico di breve cambia, e vi sono forti probabilità che 1,187 ceda e che si vada fino a circa 1,175 scendendo un altro gradino. Naturalmente dipenderà dai dati, ma questa settimana è successo quello che paventavo qualche tempo fa e cioè che il recupero dello yen si scaricasse sull'euro, e quando questa tendenza emerge per la valuta europea le difficoltà aumentano.
Lo yen infatti è stato la star, essendo ritornati i timori di un cambio di poltica monetaria a cui si sono aggiunte attese circa una nuova rivalutazione dello yaun cinese; così da 119 con dollaro ha improvvisamente guadagnato il 2% chiudendo sotto a 117 ma ancor meglio ha fatto appunto contro euro passando da oltre 141 a quasi 138.
L'indice generale del dollaro fermo a 90,5 (marzo)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso contro tutti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
OBBLIGAZIONI: salgono i giapponesi
Lo yen ha già avuto delle false partenze, ma che questa volta possa essere diverso lo confermano i rendimenti obbligazionari nipponici che sono per la prima volta da tempo saliti con decisione (+7,5 cts. il decennale).
Negli USA , come saldo settimanale, il 2 anni sale di 6 cts. al 4,72
il quinquennale di 8 cts. al 4,63; il decennale di 3 cts. al 4,57; il trentennale di 1 cts. al 4,52 .L'inversione della curva aumenta.
In Europa Bund decennale in lieve calo al 3,47% ( il differenziale a 110 cts.).
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
BORSE: Wally incerta
Come da attese il Nasdaq100 scad. marzo è restato in range scendendo nella prima parte della settimana fino in area 1650 dove ha stazionato mercoledì, e poi risalendo nel finale a 1690 per concludere a 1680. Terza settimana consecutiva passata tra 1645 e 1695.Tutta wally è rimasta poco variata nei saldi settimanali, a fronte di un incertezza generale , per cui se da un lato non si vuole ancora vendere dall'altro non si compra, resta solo il trading quotidiano.
Il saldo settimanale a WALLY è stato di: -0,5% per il Dow a 11060
+0,2% per lo sp500 a 1289 + 0,1% per il nasdaq100 a 1680 e +0,2% per il nasdaq a 2287. Tra i settori, positivi i trasporti (+0,7%) le banche(+1,8%) le piccole capitalizzazioni (Russell +0,8%) e le biotech (+2,2%) ma i semiconduttori continuano a scendere (-2,1%) .
A Tokyo settimana di recupero + 2% a 16100 di nikkey; in Europa prosegue il rialzo per il dax tedesco a 5870(+1,5%) si ferma il footsie inglese a 5860(+0,2%), sale il cac francese a 5074(+1,5%) e l'Italietta del banditismo finanziario fa meglio di tutti: l'SPmib a 38120(+2%) ed il Mibtel a 29040(+2%).
Posizione di lungo termine: al ribasso generale
Posizione di medio termine: al ribasso generale
Posizione asset: venduto nasdaq100
PREVISIONI: tocca alla BCE
Lunedì si inizia con l'M3 europea mentre dagli USA alle 16 si conoscerà l'andamento delle vendite di nuove case a gennaio. Martedì un ampio pacco di dati nipponici, cui seguiranno quelli sulla disoccupazione , sui prezzi al consumo e sulla fiducia in Europa; dagli USA arrivano la seconda stima del PIL nel quarto trimestre, l'indice di Chicago e la fiducia dei consumatori entrambi per febbraio.Mercoledì sarà il giorno dei sondaggi sul manifatturiero a febbraio, sia in Europa che negli USA dove usciranno anche redditi e spese delle famiglie a gennaio, la spesa per costruzioni e le vendite di veicoli. Giovedì Europa sotto ai riflettori, prima con i dati sulle vendite al dettaglio tedesche e sui prezzi alla produzione, poi con la decisione della BCE sui tassi e successiva conferenza stampa: il mercato sconta ormai un aumento al 2,5% dei tassi ufficiali, ma soprattutto cercherà di capire dalle parole di trichet se vi è l'intenzione di prendersi un altra pausa di riflessione ( magari di 3 mesi come la precedente), oppure se si è pronti a proseguire. Infine venerdì si chiuderà la settimana con i prezzi al consumo giapponesi e con i sondaggi sui servizi sia in europa sia negli USA dove uscirà anche l'indice finale del michigan per febbraio.
Settimanella bella piena dunque, con possibilità che la serie americana spinga ancor più le attese verso il 5% a maggio, il che potrebbe affossare l'eurodollaro soprattutto se al contempo dal lato europeo si creano attese di fine corsa (sui tassi) e se dal lato giapponese crescono quelle per un rialzo dei tassi, che schiaccerebbe euroyen amplificando quindi le perdite dell'euro sul dollaro.
ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
- venduto un mini-nasdaq a 1663, chiude a 1683= minus di 330 eu.
Tra le 3 operazioni del giorno proposte, ne è scattata una positiva con 625$ di utile.
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, comm.ni incluse, sale così a +2400 euro (con 12 operazioni effettuate); il rendimento complessivo , tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, e del rateo di interessi maturato, è pari al 2,34% ed equivalente al 15,5% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 3% , il 97% è in conto corrente al 2,25% lordo (tasso iwbank).
Visto che si è quasi concluso il secondo mese di operatività, vediamone le statistiche:
- le operazioni scattate sono state il 28% di quelle proposte(4 su 14)
- le operazioni in perdita sono state il 25% (1 su 4)
- le perdite totali sono state (375$) il 30% dei guadagni (1250$)
Rispetto a gennaio scende quindi la percentuale di operazioni scattate mentre si mantiene costante il rapporto tra perdite e guadagni.
Nel complesso dei due mesi :
- le operazioni scattate sono state il 40% di quelle proposte(12 su 30)
- le operazioni in perdita sono state il 28% (4 su 14)
- le perdite totali sono state(1125$) il 28% dei guadagni totali(4000$)
La proiezione annua del rendimento delle sole operazioni del giorno è di circa il 16% e considerando la fase di staticità del mercato su cui si è operato, mi sembra abbastanza realistica.
2/24/2006
Speciale Segreti
Speciale Segreti
Da quando Greenspan è uscito di scena, sono iniziate ad uscire alcune prese di posizione che hanno evidenziato la sequela di problemi irrisolti dopo averli provocati, per cui la presunta abilità del Maestro inizia, pur timidamente, ad essere messa in discussione. L’errore principale addebitato è quello di aver immesso troppa moneta sui mercati finanziari.
Uno dei segreti politici meglio conservati della storia finanziaria, il famoso conundrum (enigma) concernente la fase attuale di bassissimo livello del costo del denaro, inizia ad essere spiegato come un grossolano sbaglio (pertanto intenzionale) di Greenspan che per quasi dieci anni ha inondato il mondo di una quantità di dollari priva di contatti con le necessità dei mercati reali, ma principalmente tesa a rendere favorevoli le condizioni sui mercati finanziari.
In conseguenza di questa condotta monetaria, qualsiasi attività patrimoniale è salita (azioni, obbligazioni, immobili), creando di volta in volta delle bolle che per non esplodere in modo dirompente dovevano venire assorbite con successive e massicce inondazioni di nuova valuta. Questo spaventoso eccesso di liquidità si è ripercosso in modo permanente sui tassi d’interesse a lungo termine in tutto il mondo ed è una forma di “populismo monetario” in quanto tutti sono stati accecati dal buon andamento delle Borse e dall’aumento dei valori immobiliari senza rendersi conto che si tratta solo di una nuova forma di illusionismo monetario e finanziario.
Naturalmente la Fed ha sempre dichiarato che ci si trova semplicemente di fronte ad un eccesso di risparmio in alcune parti del mondo che fatalmente fluisce verso gli Stati Uniti. Anche Bemanke ritiene che il disequilibrio nell’economia mondiale sia da attribuirsi più al super risparmio di cittadini di Paesi come Cina, Giappone ed Europa che al superconsumo degli Stati Uniti - e ciò fa presagire la perfetta continuità con Greenspan.
Comunque è interessante notare come l’assurda condotta dei banchieri centrali che hanno sostenuto il “gioco” inizia ora ad essere criticata, tanto che apertamente si asserisce come la spiegazione di Greenspan circa il risparmio mondiale di fatto non spiega un bel niente, non essendoci la prova statistica di un eccesso di risparmi nei paesi emergenti tale da superare il deserto dei risparmi americani .
In sostanza di inizia a capire come il “conundrum” sia una gigantesca mistificazione necessaria per nascondere la verità, cioè che il livello dei tassi d’interesse alla fine dipende dall’eccesso di moneta artatamente creata; l' eccesso di liquidità iniettato dalle Banche centrali dovendo restare un "segreto" si è finto di crederlo un "enigma", un conundrum per l’appunto. Ora che Greenspan non c’è più (sarà uno dei prossimi capri espiatori?), la situazione inizia a venire ritenuta potenzialmente destabilizzante dal punto di vista economico, per cui occorrerebbe cominciare a drenare liquidità in modo contrario a quanto fatto negli ultimi dieci anni: operazione quasi impossibile in quanto comporterebbe una rinuncia di tanto da parte di tanti, Stati Uniti in testa. Questa non risulta una strada concretamente percorribile , per cui l’unica alternativa possibile rimane l’implosione del sistema con tutti i problemi conseguenti, anche di natura sociale e politica.
Quanto sta emergendo conferma inoltre il tema che vado sostenendo e cioè che non ci troviamo di fronte a persone “minus habens”, incompetenti ed arroganti che si sono solo preoccupate di procacciare di volta in volta in modo disorganico ed occasionale - le risorse finanziarie necessarie agli Stati Uniti per continuare a rimanere l’unica potenza imperiale. Un simile comportamento sarebbe solo servito a procastinare per qualche tempo la resa dei conti, alla fine comunque micidiale anche per la posizione dominante dell’America.
Una risposta credibile al comportamento apparentemente scriteriato della Fed potrebbe quindi essere quella di un disegno molto sottile tendente a modificare la situazione attuale per ampliare successivamente l’influenza degli USA in un mondo impoverito, approfittando di un evento esterno destabilizzante, sicuro nel suo prossimo apparire anche se incerto circa l’esatto momento.
Il mosaico di questo disegno globale vedrebbe il petrolio quale chiave di volta per la sua attuazione , mentre l’oro sornionarnente sembra voler ripercorrere scenari già visti nel 1979 ( oggetto dei soliti saliscendi che rendono molto ai fondi che li provocano). A loro volta i tassi si stanno scaldando, mentre il $ resta in attesa dell’avverarsi di eventi traumatici necessari per liberarlo dalle aberrazioni finanziarie(differenziale tassi) che lo hanno fin qui sostenuto.
Poichè in più occasioni pubbliche autorevoli economisti hanno dichiarato di non riuscire a comprendere quale sia la strategia che sta dietro al rialzo del greggio in atto dalla primavera del 2004 , a parte addebitarne le colpe alla Cina ma la cui reale incidenza sul mercato energetico è per ora inferiore a quella del Giappone (opinione tra l’altro condivisa dalla Commissione Ue) , c’è da chiedersi se il tutto stia allora avvenendo solo per effetto di una casuale speculazione o invece sia frutto di una concreta mano invisibile avente finalità molto complesse, come quella di creare le condizioni di pathos necessarie per generare un panico dirompente al verificarsi di scenari sconvolgenti e psicologicamente non accettati ( come veder letteralmente svanire i propri patrimoni finanziari ). Sul mercato fisico, ci ricordano gli esperti, il petrolio infatti non manca, anzi abbonda.
Normalmente la grande speculazione si muove con lo scopo prioritario di ottimizzare i profitti, senza voler debilitare “la mucca da mungere”, cioè l’economia reale. Agire invece sul settore molto delicato delle materie prime ed in particolare sul petrolio finisce per agevolare solo i Paesi produttori di questi beni, che in genere non fanno parte del G 7 e caricare di costi non programmabili l’economia occidentale, minandone lo sviluppo.
L’azione della grande speculazione, sempre in linea con quella del duo Fed/Ppt, avrebbe pertanto un senso se non si occupasse delle commodity più delicate per lo sviluppo economico, mentre toccando solo Borse ed immobili renderebbe anche soddisfatte molte persone a causa dell’effetto ricchezza che ne consegue. Se questo ragionamento ha senso, perchè metalli industriali e petrolio, soprattutto, sono ai massimi livelli, con l’oro che, pur in assenza d’inflazione perniciosa, dal primo settembre si è messo pure lui a salire ( al momento soprattutto grazie all’opera di certi fondi che probabilmente stanno “scaldando” la situazione in attesa di attrarre il grande pubblico, manovrando il mercato in modo da massimizzare i propri profitti con i vari saliscendi)? Forse per avvalorare l’ipotesi che il tutto faccia parte non del caso ma di una sapiente regia e comprendere meglio il senso dello strano momento che il sistema economico-finanziario globale sta attraversando nel contesto di uno sfondo geopolitico molto inquietante non è male ripensare alla genesi della situazione finanziaria odierna divenuta molto precaria già a partire dal secolo scorso quando furono create le premesse delle forzature attuate poi dalla Fed durante tutta la gestione Greenspan. Decisioni che ora vengono stigmatizzate da autorevoli fonti in quanto pare proprio che abbiano ricalcato errori già commessi negli Anni Venti e che furono a suo tempo criticati da valenti economisti in quanto la crisi di quel periodo fu soprattutto la conseguenza del denaro a basso prezzo, da cui derivarono eccessi di capacità produttiva, di prestiti e di speculazioni . La crisi, per inciso, divampò quando l’espansione del credito facile ad un certo punto finì , per cui anche il Keynes nel ‘37 si preoccupò di sottolineare a Roosvelt, quale monito per i futuri inquilini della Casa Bianca, che al fine di frenare future euforie, servivano precisi interventi sulle banche per costringerle ad adottare criteri più selettivi in merito alla concessione dei crediti, nonchè maggiori discriminanti e limiti per le operazioni speculative.
Al fine di trovare il filo conduttore che lega il passato al presente e che ha costretto la politica monetaria americana degli ultimi decenni ad agire spinta soprattutto dalla necessità di reperire sempre maggiori risorse finanziarie, di qualunque tipo, per alimentare la politica di grande potenza - e a cui in varia misura erano costretti a contribuire anche molti Paesi che fruivano dei benefici di un simile contesto - cercherò di sintetizzare quei passaggi che di fatto hanno condizionato pesantemente quelle scelte che ora fanno temere grandi incognite per l’economia globale.
Poichè furono gli Stati Uniti a sostenere il peso fìnanziario principale della Prima Guerra Mondiale e del periodo postbellico, furono loro ad incrementare la circolazione del $, grazie all’abbondanza monetaria-creditizia di quel Paese saturo d’oro (gli europei ne avevano depositato ingenti quantitativi quale garanzia per i loro debiti), con la speranza di utili sempre crescenti e l’illusione di poter eliminare gli effetti della disoccupazione post bellica, creata dalle razionalizzazioni che accrebbero enormemente la capacità produttiva. In buona sostanza l’effetto leva del ‘gold exchange standard” permise sia la grandiosa inflazione creditizia interna americana che quella internazionale, grazie al fatto che sullo stesso oro si erano fondate le espansioni monetarie degli Stati Uniti e le ricostruzioni monetarie dell’Europa. Tutto ciò fu la causa sostanziale del 1929 che azzerò gli eccessi e molti patrimoni finanziari (ciò che sta per ripetersi).
La Grande Depressione che ne seguì pose a sua volta le premesse per la successiva situazione bellica, a sua volta rimedio alla crisi fìnanziaria degli Anni Trenta. L’America arrivò infatti alla vigilia della guerra del 1941 con una situazione economica, finanziaria ed industriale che era ancora ai livelli antecedenti il 1929, mentre solo i preparativi militari e gli aiuti materiali alla Gran Bretagna avevano permesso di recuperare almeno il livello pre-crisi. Pertanto il finanziamento dello spaventoso sforzo bellico non potè essere sostenuto se non ricorrendo massicciamente all’abuso del credito, che si tradusse in una grande immissione di dollari sul mercato, dollari che materialmente non esistevano (non essendo il frutto del risparmio, o il risultato della vendita d’oro o di qualsiasi altra attività produttiva).
Mentre la Guerra Mondiale era ancora in corso, ecco che gli Stati Uniti portarono gli alleati a siglare gli accordi di Bretton Woods, dove sancirono le regole che avrebbero governato il sistema monetario internazionale una volta cessate le ostilità e da quel momento il $ divenne la moneta dominante (sostituendo la sterlina,) a livello mondiale e così l’America risolse strategicamente il suo problema finanziario, grazie al signoraggio sul $.
Una delle principali conseguenze delle regole del gioco imposte dall’America a Bretton Woods fu quella di fornirle una posizione di favore rispetto alle altre Nazioni, grazie alla possibilità di finanziare gli squilibri della propria bilancia dei pagamenti (già evidenti alla fine degli Anni Cinquanta e facilmente prevedibili dieci anni prima,) mediante l’emissione di dollari che contribuivano ad esportare inflazione nel sistema finanziario internazionale.
In pratica, fin dal momento in cui furono introdotte queste regole, risultò evidente che il mondo avrebbe sostenuto gli Stati Uniti, permettendo loro di divenire una potenza egemone: da allora si è sempre sottaciuto sul fatto che una continua inflazione del $, sostenuta da tutti, prima o poi avrebbe comportato “una resa dei conti “.
Quando la spinta della ricostruzione post-bellica cominciò a rallentare, a tenere in piedi il sistema finanziario già “taroccato” ci pensò la guerra del Vietnam, che esportò l’inflazione in tutto il mondo, e soprattutto nel 1971 l'abolizione della convertibilità in oro. Ciò provocò anche i vari shock petroliferi degli Anni Settanta. L ‘aumento del prezzo del petrolio creò infatti in tutti i Paesi una maggiore richiesta di dollari - i cosiddetti petrodollari - che, provenienti da tutto il mondo, finirono soprattutto nel sistema finanziario americano.
Nel frattempo i problemi causati dai vari shock petroliferi diedero il via al primo G 6 di Rambouillet, nel 1975 , ufficializzando la moderna globalizzazione , sponsorizzata da Kissinger. Di fatto l’incontro sancì la necessità del coordinamento internazionale nel governo dell’economia, dando il via alla nascita della fìnanziarizzazione del sistema che a sua volta provocò una sfrenata liberalizzazione dei capitali tanto che in pochi anni (1980-2 000) si ebbe un aumento- non giustificato dal livello di crescita dell’economia- degli stock finanziari, che passarono da 10 a 100 trilioni di $. Con la quasi contemporanea fine delle parità fisse tra le varie valute venne poi meno uno strumento di disciplina che permise così a molti Paesi una rapida espansione monetaria, facilitata anche dall’innovazione tecnico-finanziaria rappresentata dall’incremento incontrollato dei derivati. Ora che il livello di questi strumenti finanziari sembra abbia superato i 300 trilioni di $ (dieci volte il Pil mondiale!), appare quanto mai emblematica la rilettura delle conclusioni alle quali era giunta negli Anni ‘70 la Banca dei Regolamenti internazionali sulla base dello studio di un apposito comitato di sorveglianza. Questo studio,infatti, dimostrò la possibilità di porre sotto controllo la quantità di moneta internazionale in quanto c’erano gli strumenti, ma l'idea venne respinta dalle autorità americane perchè ciò avrebbe significato organizzare un governo mondiale della moneta, che avrebbe però causato la fine del loro signoraggio sul dollaro.
Per inciso, che la precarietà del sistema finanziario americano fosse ben presente nelle sue dimensioni alle “alte sfere”, lo testimonia l’iniziativa che nel corso degli Anni ‘80 prese l’allora Vice Presidente Bush senior, riguardante la costituzione di una commissione di studio avente lo scopo di ipotizzare quale sistema monetario sarebbe occorso per supportare l’economia mondiale dopo la fine di quello allora basato sul dollaro. Volendo gli Stati Uniti assicurarsi la leadership mondiale, era per loro determinante continuare a controllare i flussi finanziari globali, operazione che si rese possibile grazie anche ad una Borsa che, governata dalla Ppt(Plunge protection team, in pratica un comitato di intervento formato dalle tesorerie delle principali banche) sarebbe diventata il centro di raccolta degli stessi.Con l’aiuto dei nuovi parametri della spesa pubblica che il Fmi aveva “suggerito” al mondo (ma non all’America), avvenne lo spostamento degli stock finanziari dai titoli di Stato alle azioni. Il vero boom iniziò lentamente nel 1982 e provocò un impennata del $, cui si mise rimedio con gli accordi del Plaza del 1985 (si indebolì il $ per frenare il deficit estero USA); con il successo dei fondi pensione e dei fondi comuni di investimento a fine degli Anni 80 che s’imposero definitivamente , si ebbe l'ulteriore spinta sistemica.
Successivamente ci furono una serie di crisi (Messico, Giappone.Sudest asiatico, Russia,fondo Ltcm.2001, ecc.) che furono fronteggiate dalla Fed e dalle altre principali banche centrali con un ‘immissione imponente di liquidità, spinta al massimo a partire dall’estate 2003 quando la banca centrale americana cominciò a paventare lo spauracchio della deflazione rivelatasi poi nei fatti un bluff. Ma intanto i deficit statunitensi si erano assicurati il loro finanziamento Nel corso del periodo della Presidenza Greenspan ci furono molti comportamenti che, dietro alla facciata di una politica tesa alla salvaguardia del sistema finanziario americano, in effetti ne minarono ancor più la già pericolosa precarietà, ampliando le distorsioni del sistema stesso. Per esempio la crisi del Nasdaq del 2000 - come è ormai noto - fu amplifìcata dalla vicenda del “baco del 2000”, che si rivelò anche lei un un bluff ma spinse le autorità monetarie americane ad immettere nel secondo semestre del 1999 ben due trilioni di dollari per evitare un eventuale tilt del sistema bancario (per inciso, chiunque all’epoca avesse parlato con esperti del settore avrebbe capito che il rischio era quasi inesistente,), dollari che dopo aver spinto al massimo i listini tecnologici a marzo del 2000 vennero poi ritirati dal mercato, favorendo così la caduta del listino tecnologico. Sempre la Fed nel ‘99 aumentò improvvisamente i tassi per prevenire un fantomatico rischio inflattivo, favorendo lo scoppio della bolla speculativa ma causando pure un rallentamento troppo severo dell’economia in quanto oltre allo sgonfiamento delle quotazioni fu bloccata la crescita economica.
Grazie poi all’11 settembre l’espansione monetaria a costi risibili attuata dalla Fed non ha avuto praticamente pausa fino alla metà del 2004, quando si cominciarono ad aumentare lentamente i tassi a breve in un contesto di pesanti bolle, con in testa quella immobiliare. Bolle che insieme ai deficit USA, agli abusi ed agli eccessi insiti nel sistema finanziario attendono ora una soluzione.
A questo proposito è istruttivo meditare sulla lettera che il Keynes scrisse nel ‘37 al Presidente Roosvelt , in quanto dà la possibilità di riscontrare come Greenspan abbia paradossalmente fatto il contrario di quanto consigliato, allargando prima credito e moneta a dismisura ed a costi irrisori, manovrando poi da metà 2004 con una serie di aumenti dei tassi a breve singolarmente minimi ma complessivamente significativi, per cui ora gli effetti degli stessi forse cominciano a farsi percepire lentamente già dal mercato immobiliare, proprio quello che ultimamente ha permesso il sostentamento dei consumi e quindi del PiI americano.
Un rischio concreto ed attuale è che l’economia USA veleggi verso un ridimensionamento a causa della fine della politica monetaria molto drogata, situazione per certi versi normale, gestibile e tranquillizzante circa un futuro prossimo dei mercati, ma certamente non in linea con il mantenimento del “mantello imperiale” fin qui adottato dalla politica USA, per cui c’è da chiedersi se questo sia un passo possibile e voluto pur in un contesto geopolitico in fibrillazione, oppure se lo scenario complessivo non stia nascondendo un’ opzione in grado di destabilizzare il sistema globale e di cancellare le prove delle colpe commesse principalmente dalla Fed, pur nell’interesse del suo Paese.
Oltre al Keynes, Greenspan e la “sua’ Fed hanno pure disatteso le raccomandazioni di Milton Friedman l’ideatore di quella politica detta “monetarista” che era stata presa come guida per attuare la globalizzazione finanziaria, che a sua volta generò il trattato di Maastricht ed il Patto di stabilità. Questa teoria sostiene che il controllo della quantità di moneta in circolazione è essenziale per garantire la stabilità monetaria e porre le condizioni per lo sviluppo, per cui la Fed, evidentemente per evitare critiche sacrosante da parte di terzi, dopo aver disatteso per anni i dettati consigliati da Friedman, recentemente ha addirittura annunciato che non publicherà più i dati relativi al valore dello M3 (massa monetaria in essere) in quanto non ritenuti più utili alla luce dei nuovi “paradigmi” che finora hanno evitato l’avverarsi di crisi più volte annunciate ma mai concretizzatesi in modo devastante.M3 diventa dunque un altro dei segreti di Stato. I nuovi “paradigmi” farebbero ritenere che ci siano delle regole nuove per quanto concerne la teoria economica e finanziaria, ma poichè ciò non risulta al mondo accademico, molto probabilmente questi altro non sono che un ulteriore e pericoloso bluff, necessario solo per trascinare nel tempo la pericolosa soluzione degli eccessi compiuti, nell’attesa di eventi esterni risolutori.
Poiché non è pensabile che le autorità politiche, economiche e finanziarie americane non conoscano le raccomandazioni che il Keynes ed altri illustri economisti nel tempo hanno lanciato al fine di non ripetere sconquassi come negli Anni 30 (per inciso il nuovo Governatore Bernanke è uno studioso proprio della crisi del ‘29), è evidente che la mossa di Greenspan di aumentare i tassi molto lentamente deve aver avuto lo scopo non tanto di evitare o limitare gli effetti negativi di una simile manovra (che peraltro sono universalmente conosciuti), ma quello di procastinarne nel tempo gli effetti; il lento e preannunciato aumento dei tassi a piccoli passi serve ad illudere i più che in questo modo la situazione sarebbe rimasta sotto controllo, essendo i rialzi finalizzati al reperimento di risorse finanziarie dal resto del mondo. L’illusione giocava sulla presunta abilità del Maestro di risolvere benignamente ogni tipo di crisi, mentre in realtà solo qualche evento esterno e traumatico avrebbe potuto sistemare le manipolazioni del sistema finanziario mediante un’implosione dello stesso, permettendo nel contempo al Paese egemone di aumentare il controllo della situazione, ottenendone inoltre il vantaggio di far pagare il costo del risanamento generale soprattutto agli altri (tutti quelli che hanno investimenti in dollari),a cominciare dagli asiatici, indebolendoli; e di scaricare le colpe del disastro sull’azione criminale di qualche gruppo terroristico, tipo il mitico Bin Laden che infatti non viene catturato da ben 5 anni perchè risulta convieniente così, esattamente come saddam era stato lasciato al suo posto per oltre 10 anni dopo la prima guerra del golfo.
Il messaggio dello scorso gennaio del capo di al-Qaida, inerente nuovi attacchi terroristici in preparazione (nel precedente messaggio Bin Laden preconizzava, tra l’altro, la distruzione delle installazioni petrolifere mediorientali per abbattere l’economia occidentale), subito ben pubblicizzato dai media occidentali, pare proprio indicare l’approssimarsi di eventi utili a liberare l’America dall'obbligo di pagare i debiti accumulati grazie a un sistema finanziario che, con le sue aberrazioni,le ha permesso di risultare sempre più dominante a partire dalla Prima Guerra Mondiale.
Per superare la solita critica che viene elevata di fronte ad una proiezione degli eventi come dianzi proposta, spesso definita pura dietrologia, basta riflettere su alcuni eventi del xx secolo, avendo come chiave di lettura la necessità per gli Stati Uniti di mantenere il loro stato “imperiale” pur senza avere le risorse finanziarie adeguate; nella stessa situazione l’ URSS collassò,perchè era priva del signoraggio sulla moneta mondiale(se fosse stato il rublo e non il $ avremmo avuto l'opposto). A questo punto il dubbio che a partire almeno dalla Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti abbiano perseguito una politica imperiale tendente a massimizzare i propri interessi ( almeno quelli di una certa classe dominante) dovrebbe sorgere. E se aggiungiamo un pò di studio di macroeconornia e dei sistemi finanziari diventa più comprensibile il perchè la politica monetaria americana a partire dall’agosto del 1971 (non convertibilità del $ in oro) abbia imposto al mondo il dollar standard, nel quale questa moneta divenne strumento di riserve in sè e per sè e non in quanto convertibile in oro, stante il fatto che dietro al $ c’era solo il debito USA. Inoltre, questo sistema non aveva strumenti di governo della liquidità americana da parte degli altri Paesi, anche se gli stessi di quella liquidità erano in vario modo partecipi.
Il risultato finale della lunga serie di eccessi sono ora i rischi derivanti da una serie di problematiche, che vanno dal livello toccato dai derivati - usati principalmente per una gestione dei rischi che non risulta però adeguata a causa di una continua immissione di prodotti d’investimento non adeguatamente testati in termini di reazione del mercato in caso di panico - all’operatività degli hedge fund, alla bolla immobiliare ecc.
Quando le Borse entreranno anche loro in fibrillazione ( fino a quando permetteranno guadagni, i timori rimarranno sopiti ), guardando il quadro complessivo da una certa distanza, come occorre fare quando si deve osservare bene un bel mosaico, il segreto dei segreti diverrà di più facile comprensione: e cioè che tutto questo procedere altro non sia servito che a facilitare l’avverarsi di un piano strategico tendente a conferire agli Stati Uniti un ulteriore e prolungato periodo di primato mondiale. La falla del piano concerne l'asse Cino-indiano, con i suoi tre miliardi di abitanti, che non sarà facile continuare a tenere sotto al tacco.
Ma non è più un segreto che a questo scopo è prevista la Terza Guerra Mondiale (non c'è due senza tre), che si pensa di vincere grazie alla superiorità tecnologica (ma il tempo gioca contro, perchè soprattutto i cinesi ogni giorno che passa riducono il gap).Probabilmente, vi sarà l'ironia storica e la Terza scoppierà esattamente cento anni dopo la Prima, a conclusione di quello che gli storici chiameranno il secolo americano
(1914-2014).
Da quando Greenspan è uscito di scena, sono iniziate ad uscire alcune prese di posizione che hanno evidenziato la sequela di problemi irrisolti dopo averli provocati, per cui la presunta abilità del Maestro inizia, pur timidamente, ad essere messa in discussione. L’errore principale addebitato è quello di aver immesso troppa moneta sui mercati finanziari.
Uno dei segreti politici meglio conservati della storia finanziaria, il famoso conundrum (enigma) concernente la fase attuale di bassissimo livello del costo del denaro, inizia ad essere spiegato come un grossolano sbaglio (pertanto intenzionale) di Greenspan che per quasi dieci anni ha inondato il mondo di una quantità di dollari priva di contatti con le necessità dei mercati reali, ma principalmente tesa a rendere favorevoli le condizioni sui mercati finanziari.
In conseguenza di questa condotta monetaria, qualsiasi attività patrimoniale è salita (azioni, obbligazioni, immobili), creando di volta in volta delle bolle che per non esplodere in modo dirompente dovevano venire assorbite con successive e massicce inondazioni di nuova valuta. Questo spaventoso eccesso di liquidità si è ripercosso in modo permanente sui tassi d’interesse a lungo termine in tutto il mondo ed è una forma di “populismo monetario” in quanto tutti sono stati accecati dal buon andamento delle Borse e dall’aumento dei valori immobiliari senza rendersi conto che si tratta solo di una nuova forma di illusionismo monetario e finanziario.
Naturalmente la Fed ha sempre dichiarato che ci si trova semplicemente di fronte ad un eccesso di risparmio in alcune parti del mondo che fatalmente fluisce verso gli Stati Uniti. Anche Bemanke ritiene che il disequilibrio nell’economia mondiale sia da attribuirsi più al super risparmio di cittadini di Paesi come Cina, Giappone ed Europa che al superconsumo degli Stati Uniti - e ciò fa presagire la perfetta continuità con Greenspan.
Comunque è interessante notare come l’assurda condotta dei banchieri centrali che hanno sostenuto il “gioco” inizia ora ad essere criticata, tanto che apertamente si asserisce come la spiegazione di Greenspan circa il risparmio mondiale di fatto non spiega un bel niente, non essendoci la prova statistica di un eccesso di risparmi nei paesi emergenti tale da superare il deserto dei risparmi americani .
In sostanza di inizia a capire come il “conundrum” sia una gigantesca mistificazione necessaria per nascondere la verità, cioè che il livello dei tassi d’interesse alla fine dipende dall’eccesso di moneta artatamente creata; l' eccesso di liquidità iniettato dalle Banche centrali dovendo restare un "segreto" si è finto di crederlo un "enigma", un conundrum per l’appunto. Ora che Greenspan non c’è più (sarà uno dei prossimi capri espiatori?), la situazione inizia a venire ritenuta potenzialmente destabilizzante dal punto di vista economico, per cui occorrerebbe cominciare a drenare liquidità in modo contrario a quanto fatto negli ultimi dieci anni: operazione quasi impossibile in quanto comporterebbe una rinuncia di tanto da parte di tanti, Stati Uniti in testa. Questa non risulta una strada concretamente percorribile , per cui l’unica alternativa possibile rimane l’implosione del sistema con tutti i problemi conseguenti, anche di natura sociale e politica.
Quanto sta emergendo conferma inoltre il tema che vado sostenendo e cioè che non ci troviamo di fronte a persone “minus habens”, incompetenti ed arroganti che si sono solo preoccupate di procacciare di volta in volta in modo disorganico ed occasionale - le risorse finanziarie necessarie agli Stati Uniti per continuare a rimanere l’unica potenza imperiale. Un simile comportamento sarebbe solo servito a procastinare per qualche tempo la resa dei conti, alla fine comunque micidiale anche per la posizione dominante dell’America.
Una risposta credibile al comportamento apparentemente scriteriato della Fed potrebbe quindi essere quella di un disegno molto sottile tendente a modificare la situazione attuale per ampliare successivamente l’influenza degli USA in un mondo impoverito, approfittando di un evento esterno destabilizzante, sicuro nel suo prossimo apparire anche se incerto circa l’esatto momento.
Il mosaico di questo disegno globale vedrebbe il petrolio quale chiave di volta per la sua attuazione , mentre l’oro sornionarnente sembra voler ripercorrere scenari già visti nel 1979 ( oggetto dei soliti saliscendi che rendono molto ai fondi che li provocano). A loro volta i tassi si stanno scaldando, mentre il $ resta in attesa dell’avverarsi di eventi traumatici necessari per liberarlo dalle aberrazioni finanziarie(differenziale tassi) che lo hanno fin qui sostenuto.
Poichè in più occasioni pubbliche autorevoli economisti hanno dichiarato di non riuscire a comprendere quale sia la strategia che sta dietro al rialzo del greggio in atto dalla primavera del 2004 , a parte addebitarne le colpe alla Cina ma la cui reale incidenza sul mercato energetico è per ora inferiore a quella del Giappone (opinione tra l’altro condivisa dalla Commissione Ue) , c’è da chiedersi se il tutto stia allora avvenendo solo per effetto di una casuale speculazione o invece sia frutto di una concreta mano invisibile avente finalità molto complesse, come quella di creare le condizioni di pathos necessarie per generare un panico dirompente al verificarsi di scenari sconvolgenti e psicologicamente non accettati ( come veder letteralmente svanire i propri patrimoni finanziari ). Sul mercato fisico, ci ricordano gli esperti, il petrolio infatti non manca, anzi abbonda.
Normalmente la grande speculazione si muove con lo scopo prioritario di ottimizzare i profitti, senza voler debilitare “la mucca da mungere”, cioè l’economia reale. Agire invece sul settore molto delicato delle materie prime ed in particolare sul petrolio finisce per agevolare solo i Paesi produttori di questi beni, che in genere non fanno parte del G 7 e caricare di costi non programmabili l’economia occidentale, minandone lo sviluppo.
L’azione della grande speculazione, sempre in linea con quella del duo Fed/Ppt, avrebbe pertanto un senso se non si occupasse delle commodity più delicate per lo sviluppo economico, mentre toccando solo Borse ed immobili renderebbe anche soddisfatte molte persone a causa dell’effetto ricchezza che ne consegue. Se questo ragionamento ha senso, perchè metalli industriali e petrolio, soprattutto, sono ai massimi livelli, con l’oro che, pur in assenza d’inflazione perniciosa, dal primo settembre si è messo pure lui a salire ( al momento soprattutto grazie all’opera di certi fondi che probabilmente stanno “scaldando” la situazione in attesa di attrarre il grande pubblico, manovrando il mercato in modo da massimizzare i propri profitti con i vari saliscendi)? Forse per avvalorare l’ipotesi che il tutto faccia parte non del caso ma di una sapiente regia e comprendere meglio il senso dello strano momento che il sistema economico-finanziario globale sta attraversando nel contesto di uno sfondo geopolitico molto inquietante non è male ripensare alla genesi della situazione finanziaria odierna divenuta molto precaria già a partire dal secolo scorso quando furono create le premesse delle forzature attuate poi dalla Fed durante tutta la gestione Greenspan. Decisioni che ora vengono stigmatizzate da autorevoli fonti in quanto pare proprio che abbiano ricalcato errori già commessi negli Anni Venti e che furono a suo tempo criticati da valenti economisti in quanto la crisi di quel periodo fu soprattutto la conseguenza del denaro a basso prezzo, da cui derivarono eccessi di capacità produttiva, di prestiti e di speculazioni . La crisi, per inciso, divampò quando l’espansione del credito facile ad un certo punto finì , per cui anche il Keynes nel ‘37 si preoccupò di sottolineare a Roosvelt, quale monito per i futuri inquilini della Casa Bianca, che al fine di frenare future euforie, servivano precisi interventi sulle banche per costringerle ad adottare criteri più selettivi in merito alla concessione dei crediti, nonchè maggiori discriminanti e limiti per le operazioni speculative.
Al fine di trovare il filo conduttore che lega il passato al presente e che ha costretto la politica monetaria americana degli ultimi decenni ad agire spinta soprattutto dalla necessità di reperire sempre maggiori risorse finanziarie, di qualunque tipo, per alimentare la politica di grande potenza - e a cui in varia misura erano costretti a contribuire anche molti Paesi che fruivano dei benefici di un simile contesto - cercherò di sintetizzare quei passaggi che di fatto hanno condizionato pesantemente quelle scelte che ora fanno temere grandi incognite per l’economia globale.
Poichè furono gli Stati Uniti a sostenere il peso fìnanziario principale della Prima Guerra Mondiale e del periodo postbellico, furono loro ad incrementare la circolazione del $, grazie all’abbondanza monetaria-creditizia di quel Paese saturo d’oro (gli europei ne avevano depositato ingenti quantitativi quale garanzia per i loro debiti), con la speranza di utili sempre crescenti e l’illusione di poter eliminare gli effetti della disoccupazione post bellica, creata dalle razionalizzazioni che accrebbero enormemente la capacità produttiva. In buona sostanza l’effetto leva del ‘gold exchange standard” permise sia la grandiosa inflazione creditizia interna americana che quella internazionale, grazie al fatto che sullo stesso oro si erano fondate le espansioni monetarie degli Stati Uniti e le ricostruzioni monetarie dell’Europa. Tutto ciò fu la causa sostanziale del 1929 che azzerò gli eccessi e molti patrimoni finanziari (ciò che sta per ripetersi).
La Grande Depressione che ne seguì pose a sua volta le premesse per la successiva situazione bellica, a sua volta rimedio alla crisi fìnanziaria degli Anni Trenta. L’America arrivò infatti alla vigilia della guerra del 1941 con una situazione economica, finanziaria ed industriale che era ancora ai livelli antecedenti il 1929, mentre solo i preparativi militari e gli aiuti materiali alla Gran Bretagna avevano permesso di recuperare almeno il livello pre-crisi. Pertanto il finanziamento dello spaventoso sforzo bellico non potè essere sostenuto se non ricorrendo massicciamente all’abuso del credito, che si tradusse in una grande immissione di dollari sul mercato, dollari che materialmente non esistevano (non essendo il frutto del risparmio, o il risultato della vendita d’oro o di qualsiasi altra attività produttiva).
Mentre la Guerra Mondiale era ancora in corso, ecco che gli Stati Uniti portarono gli alleati a siglare gli accordi di Bretton Woods, dove sancirono le regole che avrebbero governato il sistema monetario internazionale una volta cessate le ostilità e da quel momento il $ divenne la moneta dominante (sostituendo la sterlina,) a livello mondiale e così l’America risolse strategicamente il suo problema finanziario, grazie al signoraggio sul $.
Una delle principali conseguenze delle regole del gioco imposte dall’America a Bretton Woods fu quella di fornirle una posizione di favore rispetto alle altre Nazioni, grazie alla possibilità di finanziare gli squilibri della propria bilancia dei pagamenti (già evidenti alla fine degli Anni Cinquanta e facilmente prevedibili dieci anni prima,) mediante l’emissione di dollari che contribuivano ad esportare inflazione nel sistema finanziario internazionale.
In pratica, fin dal momento in cui furono introdotte queste regole, risultò evidente che il mondo avrebbe sostenuto gli Stati Uniti, permettendo loro di divenire una potenza egemone: da allora si è sempre sottaciuto sul fatto che una continua inflazione del $, sostenuta da tutti, prima o poi avrebbe comportato “una resa dei conti “.
Quando la spinta della ricostruzione post-bellica cominciò a rallentare, a tenere in piedi il sistema finanziario già “taroccato” ci pensò la guerra del Vietnam, che esportò l’inflazione in tutto il mondo, e soprattutto nel 1971 l'abolizione della convertibilità in oro. Ciò provocò anche i vari shock petroliferi degli Anni Settanta. L ‘aumento del prezzo del petrolio creò infatti in tutti i Paesi una maggiore richiesta di dollari - i cosiddetti petrodollari - che, provenienti da tutto il mondo, finirono soprattutto nel sistema finanziario americano.
Nel frattempo i problemi causati dai vari shock petroliferi diedero il via al primo G 6 di Rambouillet, nel 1975 , ufficializzando la moderna globalizzazione , sponsorizzata da Kissinger. Di fatto l’incontro sancì la necessità del coordinamento internazionale nel governo dell’economia, dando il via alla nascita della fìnanziarizzazione del sistema che a sua volta provocò una sfrenata liberalizzazione dei capitali tanto che in pochi anni (1980-2 000) si ebbe un aumento- non giustificato dal livello di crescita dell’economia- degli stock finanziari, che passarono da 10 a 100 trilioni di $. Con la quasi contemporanea fine delle parità fisse tra le varie valute venne poi meno uno strumento di disciplina che permise così a molti Paesi una rapida espansione monetaria, facilitata anche dall’innovazione tecnico-finanziaria rappresentata dall’incremento incontrollato dei derivati. Ora che il livello di questi strumenti finanziari sembra abbia superato i 300 trilioni di $ (dieci volte il Pil mondiale!), appare quanto mai emblematica la rilettura delle conclusioni alle quali era giunta negli Anni ‘70 la Banca dei Regolamenti internazionali sulla base dello studio di un apposito comitato di sorveglianza. Questo studio,infatti, dimostrò la possibilità di porre sotto controllo la quantità di moneta internazionale in quanto c’erano gli strumenti, ma l'idea venne respinta dalle autorità americane perchè ciò avrebbe significato organizzare un governo mondiale della moneta, che avrebbe però causato la fine del loro signoraggio sul dollaro.
Per inciso, che la precarietà del sistema finanziario americano fosse ben presente nelle sue dimensioni alle “alte sfere”, lo testimonia l’iniziativa che nel corso degli Anni ‘80 prese l’allora Vice Presidente Bush senior, riguardante la costituzione di una commissione di studio avente lo scopo di ipotizzare quale sistema monetario sarebbe occorso per supportare l’economia mondiale dopo la fine di quello allora basato sul dollaro. Volendo gli Stati Uniti assicurarsi la leadership mondiale, era per loro determinante continuare a controllare i flussi finanziari globali, operazione che si rese possibile grazie anche ad una Borsa che, governata dalla Ppt(Plunge protection team, in pratica un comitato di intervento formato dalle tesorerie delle principali banche) sarebbe diventata il centro di raccolta degli stessi.Con l’aiuto dei nuovi parametri della spesa pubblica che il Fmi aveva “suggerito” al mondo (ma non all’America), avvenne lo spostamento degli stock finanziari dai titoli di Stato alle azioni. Il vero boom iniziò lentamente nel 1982 e provocò un impennata del $, cui si mise rimedio con gli accordi del Plaza del 1985 (si indebolì il $ per frenare il deficit estero USA); con il successo dei fondi pensione e dei fondi comuni di investimento a fine degli Anni 80 che s’imposero definitivamente , si ebbe l'ulteriore spinta sistemica.
Successivamente ci furono una serie di crisi (Messico, Giappone.Sudest asiatico, Russia,fondo Ltcm.2001, ecc.) che furono fronteggiate dalla Fed e dalle altre principali banche centrali con un ‘immissione imponente di liquidità, spinta al massimo a partire dall’estate 2003 quando la banca centrale americana cominciò a paventare lo spauracchio della deflazione rivelatasi poi nei fatti un bluff. Ma intanto i deficit statunitensi si erano assicurati il loro finanziamento Nel corso del periodo della Presidenza Greenspan ci furono molti comportamenti che, dietro alla facciata di una politica tesa alla salvaguardia del sistema finanziario americano, in effetti ne minarono ancor più la già pericolosa precarietà, ampliando le distorsioni del sistema stesso. Per esempio la crisi del Nasdaq del 2000 - come è ormai noto - fu amplifìcata dalla vicenda del “baco del 2000”, che si rivelò anche lei un un bluff ma spinse le autorità monetarie americane ad immettere nel secondo semestre del 1999 ben due trilioni di dollari per evitare un eventuale tilt del sistema bancario (per inciso, chiunque all’epoca avesse parlato con esperti del settore avrebbe capito che il rischio era quasi inesistente,), dollari che dopo aver spinto al massimo i listini tecnologici a marzo del 2000 vennero poi ritirati dal mercato, favorendo così la caduta del listino tecnologico. Sempre la Fed nel ‘99 aumentò improvvisamente i tassi per prevenire un fantomatico rischio inflattivo, favorendo lo scoppio della bolla speculativa ma causando pure un rallentamento troppo severo dell’economia in quanto oltre allo sgonfiamento delle quotazioni fu bloccata la crescita economica.
Grazie poi all’11 settembre l’espansione monetaria a costi risibili attuata dalla Fed non ha avuto praticamente pausa fino alla metà del 2004, quando si cominciarono ad aumentare lentamente i tassi a breve in un contesto di pesanti bolle, con in testa quella immobiliare. Bolle che insieme ai deficit USA, agli abusi ed agli eccessi insiti nel sistema finanziario attendono ora una soluzione.
A questo proposito è istruttivo meditare sulla lettera che il Keynes scrisse nel ‘37 al Presidente Roosvelt , in quanto dà la possibilità di riscontrare come Greenspan abbia paradossalmente fatto il contrario di quanto consigliato, allargando prima credito e moneta a dismisura ed a costi irrisori, manovrando poi da metà 2004 con una serie di aumenti dei tassi a breve singolarmente minimi ma complessivamente significativi, per cui ora gli effetti degli stessi forse cominciano a farsi percepire lentamente già dal mercato immobiliare, proprio quello che ultimamente ha permesso il sostentamento dei consumi e quindi del PiI americano.
Un rischio concreto ed attuale è che l’economia USA veleggi verso un ridimensionamento a causa della fine della politica monetaria molto drogata, situazione per certi versi normale, gestibile e tranquillizzante circa un futuro prossimo dei mercati, ma certamente non in linea con il mantenimento del “mantello imperiale” fin qui adottato dalla politica USA, per cui c’è da chiedersi se questo sia un passo possibile e voluto pur in un contesto geopolitico in fibrillazione, oppure se lo scenario complessivo non stia nascondendo un’ opzione in grado di destabilizzare il sistema globale e di cancellare le prove delle colpe commesse principalmente dalla Fed, pur nell’interesse del suo Paese.
Oltre al Keynes, Greenspan e la “sua’ Fed hanno pure disatteso le raccomandazioni di Milton Friedman l’ideatore di quella politica detta “monetarista” che era stata presa come guida per attuare la globalizzazione finanziaria, che a sua volta generò il trattato di Maastricht ed il Patto di stabilità. Questa teoria sostiene che il controllo della quantità di moneta in circolazione è essenziale per garantire la stabilità monetaria e porre le condizioni per lo sviluppo, per cui la Fed, evidentemente per evitare critiche sacrosante da parte di terzi, dopo aver disatteso per anni i dettati consigliati da Friedman, recentemente ha addirittura annunciato che non publicherà più i dati relativi al valore dello M3 (massa monetaria in essere) in quanto non ritenuti più utili alla luce dei nuovi “paradigmi” che finora hanno evitato l’avverarsi di crisi più volte annunciate ma mai concretizzatesi in modo devastante.M3 diventa dunque un altro dei segreti di Stato. I nuovi “paradigmi” farebbero ritenere che ci siano delle regole nuove per quanto concerne la teoria economica e finanziaria, ma poichè ciò non risulta al mondo accademico, molto probabilmente questi altro non sono che un ulteriore e pericoloso bluff, necessario solo per trascinare nel tempo la pericolosa soluzione degli eccessi compiuti, nell’attesa di eventi esterni risolutori.
Poiché non è pensabile che le autorità politiche, economiche e finanziarie americane non conoscano le raccomandazioni che il Keynes ed altri illustri economisti nel tempo hanno lanciato al fine di non ripetere sconquassi come negli Anni 30 (per inciso il nuovo Governatore Bernanke è uno studioso proprio della crisi del ‘29), è evidente che la mossa di Greenspan di aumentare i tassi molto lentamente deve aver avuto lo scopo non tanto di evitare o limitare gli effetti negativi di una simile manovra (che peraltro sono universalmente conosciuti), ma quello di procastinarne nel tempo gli effetti; il lento e preannunciato aumento dei tassi a piccoli passi serve ad illudere i più che in questo modo la situazione sarebbe rimasta sotto controllo, essendo i rialzi finalizzati al reperimento di risorse finanziarie dal resto del mondo. L’illusione giocava sulla presunta abilità del Maestro di risolvere benignamente ogni tipo di crisi, mentre in realtà solo qualche evento esterno e traumatico avrebbe potuto sistemare le manipolazioni del sistema finanziario mediante un’implosione dello stesso, permettendo nel contempo al Paese egemone di aumentare il controllo della situazione, ottenendone inoltre il vantaggio di far pagare il costo del risanamento generale soprattutto agli altri (tutti quelli che hanno investimenti in dollari),a cominciare dagli asiatici, indebolendoli; e di scaricare le colpe del disastro sull’azione criminale di qualche gruppo terroristico, tipo il mitico Bin Laden che infatti non viene catturato da ben 5 anni perchè risulta convieniente così, esattamente come saddam era stato lasciato al suo posto per oltre 10 anni dopo la prima guerra del golfo.
Il messaggio dello scorso gennaio del capo di al-Qaida, inerente nuovi attacchi terroristici in preparazione (nel precedente messaggio Bin Laden preconizzava, tra l’altro, la distruzione delle installazioni petrolifere mediorientali per abbattere l’economia occidentale), subito ben pubblicizzato dai media occidentali, pare proprio indicare l’approssimarsi di eventi utili a liberare l’America dall'obbligo di pagare i debiti accumulati grazie a un sistema finanziario che, con le sue aberrazioni,le ha permesso di risultare sempre più dominante a partire dalla Prima Guerra Mondiale.
Per superare la solita critica che viene elevata di fronte ad una proiezione degli eventi come dianzi proposta, spesso definita pura dietrologia, basta riflettere su alcuni eventi del xx secolo, avendo come chiave di lettura la necessità per gli Stati Uniti di mantenere il loro stato “imperiale” pur senza avere le risorse finanziarie adeguate; nella stessa situazione l’ URSS collassò,perchè era priva del signoraggio sulla moneta mondiale(se fosse stato il rublo e non il $ avremmo avuto l'opposto). A questo punto il dubbio che a partire almeno dalla Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti abbiano perseguito una politica imperiale tendente a massimizzare i propri interessi ( almeno quelli di una certa classe dominante) dovrebbe sorgere. E se aggiungiamo un pò di studio di macroeconornia e dei sistemi finanziari diventa più comprensibile il perchè la politica monetaria americana a partire dall’agosto del 1971 (non convertibilità del $ in oro) abbia imposto al mondo il dollar standard, nel quale questa moneta divenne strumento di riserve in sè e per sè e non in quanto convertibile in oro, stante il fatto che dietro al $ c’era solo il debito USA. Inoltre, questo sistema non aveva strumenti di governo della liquidità americana da parte degli altri Paesi, anche se gli stessi di quella liquidità erano in vario modo partecipi.
Il risultato finale della lunga serie di eccessi sono ora i rischi derivanti da una serie di problematiche, che vanno dal livello toccato dai derivati - usati principalmente per una gestione dei rischi che non risulta però adeguata a causa di una continua immissione di prodotti d’investimento non adeguatamente testati in termini di reazione del mercato in caso di panico - all’operatività degli hedge fund, alla bolla immobiliare ecc.
Quando le Borse entreranno anche loro in fibrillazione ( fino a quando permetteranno guadagni, i timori rimarranno sopiti ), guardando il quadro complessivo da una certa distanza, come occorre fare quando si deve osservare bene un bel mosaico, il segreto dei segreti diverrà di più facile comprensione: e cioè che tutto questo procedere altro non sia servito che a facilitare l’avverarsi di un piano strategico tendente a conferire agli Stati Uniti un ulteriore e prolungato periodo di primato mondiale. La falla del piano concerne l'asse Cino-indiano, con i suoi tre miliardi di abitanti, che non sarà facile continuare a tenere sotto al tacco.
Ma non è più un segreto che a questo scopo è prevista la Terza Guerra Mondiale (non c'è due senza tre), che si pensa di vincere grazie alla superiorità tecnologica (ma il tempo gioca contro, perchè soprattutto i cinesi ogni giorno che passa riducono il gap).Probabilmente, vi sarà l'ironia storica e la Terza scoppierà esattamente cento anni dopo la Prima, a conclusione di quello che gli storici chiameranno il secolo americano
(1914-2014).
2/18/2006
La nota sui mercati 18.2
La settimana 13-17 febbraio 2006
ECONOMIA: gennaio forte
Si conclude una settimana piena di eventi e di dati, che sul fronte americano si sono saldati nel senso di far ormai dare per scontato che si arriverà al 5% di tassi ufficiali. Da un lato infatti tutti i dati usciti sono risultati congiunturalmente forti, dalle vendite al dettaglio agli indici manifatturieri regionali, all'edilizia(solo la produzione industriale ha rallentato, ma la capacità produttiva usata resta ai massimi); dall'altro i dati sui prezzi sono stati preoccupanti, essendo cresciuti oltre le previsioni sia quelli all'import che quelli alla produzione(anche se il "core" su base annua ha consolato). Insomma a gennaio l'economia USA pare abbia rimbalzato vedremo se anche a febbraio continuerà ( le domande di mutui continuano a scendere); inoltre dai dati pervenuti adesso possiamo dedurrre che il forte calo del dollaro di inizio anno è stato probabilmente dovuto ad un aumento del deficit estero (vendite al dettaglio in aumento+ petrolio al rialzo in quel periodo) coevo ad una probabile riduzione dei flussi di capitale(perchè si pensava che la fed si fermasse sui tassi); così analogamente, il recupero del dollaro di febbraio induce a ipotizzare una riduzione del deficit (almeno per la parte petrolio, il cui prezzo è sicuramente sceso, e probabilmente anche per un rallentamento dei consumi che però vedremo solo nel dato pubblicato a marzo) coevo ad una probabile ripresa degli afflussi(perchè si è tornati a pensare che la fed aumenterà i tassi). A cosa servono queste osservazioni? servono a prevedere alcuni dati macro prima della loro pubblicazione,e ciò può essere utile per il trading sui dati. Ricapitolando, mi aspetto che il deficit USA e i flussi di capitale di gennaio (che sapremo a metà marzo) risultino il primo ben superiore ai 65 mld. di dicembre; e il secondo inferiore ai 56 mld. di dicembre: nei giorni di queste statistiche ci sarà probabilmente un indebolimento del dollaro. Il quale potrebbe poi invece avere analoga fase di rafforzamento a metà aprile quando i medesimi dati relativi a febbraio mostreranno un miglioramento (che deduco dalle quotazioni di dollaro e petrolio durante il periodo di riferimento, in questo caso febbraio).
Tornando ora ai dati usciti questa settimana, si sposano con quanto Bernanke ha dichiarato (ottimismo sulla crescita e preoccupazione sull'inflazione di breve) pur reiterando l'atto di fede sull'inflazione a medio termine, ma ciò proprio perchè ha assicurato che la Fed interverrà tempestivamente. Nel complesso Bernanke se l'è cavata alla Greenspan, piacendo ai mercati, cioè ha evitato platealmente qualsiasi risposta impegnativa, si è trincerato dietro alla linea precedente della fed "dipenderà dai dati" (che è però in contraddizione con il da lui affermato ritardo temporale di circa un anno con cui i rialzi di tassi si fanno sentire), ed è riuscito ad essere quasi ininfluente sulle quotazioni di mercato. I mercati del resto hanno ignorato i pur velati accenni che Bernanke ha fatto agli squilibri strutturali insostenibili, sia del deficit estero che interno, il reiterato allarme sulla situazione di Fannie e Freddie, ed anche alcune contraddizioni (dedicherò uno Speciale apposito).
Quello che però ha forse acceso qualche campanello di allarme, è stata la caduta degli afflussi di capitale netti a dicembre; si tratta di un singolo mese, ed ancora non preoccupa, ma tutti sanno che se dovesse divenire un trend, metterebbe in crisi il sistema americano.Tanto più che la guerra con la Cina(che negli ultimi anni ha comprato il 40% delle nuove emissioni di bond USA) avanza: gli americani minacciano la qualifica di "manipolatore dei cambi", i cinesi rispondono facendo un accordo energetico con l'Iran (cui partecipa anche l'India) che assume un valore politico particolare in questa fase, e ne ha uno strategico fondamentale a lungo termine.
Proprio per questo il dollaro - da cui, visti i dati su inflazione/crescita e sentito l'atteggiamento di bernanke sui tassi, ci si sarebbe potuto aspettare un impennata - ha invece sorpreso per l'incapacità di proseguire nel suo recente rialzo; ed è parso plausibile che vi siano entità importanti (banche centrali asiatiche?) che sui rialzi lo abbiano sistematicamente venduto.
D'altro canto proprio l'aumento continuato dei tassi, nell'ipotesi che si vada anche oltre il 5%, tende a perdere d'importanza ai fini del dollaro, perchè ormai chi punta sul differenziale l'ha già comprato; piuttosto si può iniziare a temere che ciò porti a una recessione futura e dunque che si inizi a scontare - in coerenza con l'inversione della curva dei rendimenti- tale eventualità, vendendolo nelle fasi di forza.
In sostanza mi sto formando il convincimento che il dollaro sia a fine corsa, almeno per ora, anche se occorre sempre confrontarlo con quanto succede ad Europa e Giappone . Da quest'ultimo è venuto un dato sul PIL 2005 al 2,8% ma anche un livello dei prezzi al consumo che resta ancora negativo (-1,6%); pertanto la BOJ ed il governo, vogliono mantenere la politica dei tassi a zero. Lo yen dunque non riesce a decollare, ma è difficile che possa scendere significativamente dai livelli attuali, per i motivi sopraesposti, mentre il potenziale di rialzo è molto elevato. La BCE , nonostante i dati europei siano modesti (ma in Spagna l'inflazione ha superato il 4% ufficiale), ha comunque telegrafato un prossimo rialzo dei tassi, favorito anche dall'attuale basso livello dell'euro, ed anche se non dovesse proseguire, certamente non li diminuirà.
Le borse hanno ancora una volta tentato di salire, ma mostrano varie pecche, classiche di fine corsa. Il Nikkey fatica a difendere quota 16 mila, ed a Wally il mercato globale non mostra forza intrinseca anche nei rialzi. Solo in Europa si continua a comprare a testa bassa, ma anche questo è tipico perchè è sempre stata in ritardo sia all'inizio che alla fine dei grandi cicli. Del resto i rendimenti obbligazionari sono molto contenuti, e la liquidità abbondante.
MATERIE PRIME : stabilizzazione
Il petrolio si è inizialmente avvitato al ribasso arrivando a sfiorare quell'
importante area di supporto da me più volte citata, e su cui alla fine è riuscito a reagire, mostrando i primi segni di stabilizzazione, che dovranno però essere confermati nei prossimi giorni. Vista la picchiata ho preferito sospendere l'ordine di acquisto,che avevo già
abbassato a 58,5 di aprile, livello che è stato avvicinato mercoledì (minimo a 59,15) dopo l'ennesimo aumento delle scorte americane; la dinamica diveniva troppo pericolosa (alla rottura di area 56, molto probabile una veloce discesa a 50 e sul petrolio non è facile gestire la stoploss perchè non è possibile inserire ordini di questo tipo come sull'eurodollaro o sul nasdaq), e dunque c'è un rischio eccessivo per chi non può seguire in tempo reale i miei messaggi; del resto non c'è alcuna fretta. Preferisco cioè avere le conferme del sostegno su questi livelli, vederlo stabilizzare, per poi entrare in una fase laterale, da cui anticipare il rialzo prossimo venturo che continuo ad aspettarmi. Per ora conclude a 61,2 (aprile) mentre il gas naturale crolla a 7,4(aprile).
Stabili anche i metalli appresso allo yen, con l'oro a 555(aprile); l'argento a 9,43(marzo) il rame a 218(maggio) il platino a 1011(aprile) il palladio a 288(marzo).
L'indice generale CRB(marzo) a 327 (-1,5%).
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: al rialzo
Posizione asset: nulla
CAMBI: dollaro arrivato?
L'eurodollaro scad. marzo dopo la caduta del venerdì precedente ha iniziato in apnea appena sopra 1,19 in attesa dei numerosi dati ed eventi; martedì sulle vendite al dettaglio forti ha fatto una prima estensione al ribasso che però non è andata oltre 1,1877 per poi riprendersi fino a 1,195 mercoledì sui deboli flussi di capitale, con un picco a 1,197 quando sono state rese note le previsioni di crescita FED, da cui poi
è velocemente crollato sulle dichiarazioni di Bernanke tornando a 1,188; giovedì nonostante i dati forti non è riuscito a scendere oltre 1,1864 ed anzi si è ripreso fino a 1,192, da dove poi venerdì è ridisceso ancora una volta fermandosi sempre sopra a 1,1870 nonostante l'impennata dei prezzi alla produzione, ed anzi nel finale - spinto dal deludente indice del michigan- è ripartito al rialzo fino a 1,197, per poi chiudere a 1,195. Per tutta la settimana l'ho aspettato con ordini di acquisto in area 1,185 sbagliando pertanto di una ventina di tiks, così nessuna operazione è scattata. Mi ha sorpreso la tenuta in area 1,187 nonostante i dati forti, e mi sono convinto che vi siano stati degli interventi di sostegno in qull'area, che dunque si è rivelata un formidabile supporto. La cosa è importante perchè rende molto probabile adesso una gamba rialzista che al superamento di 1,197 avrà come primo obiettivo 1,2045 e come secondo 1,2140 dove potremmo rivederlo già la prossima settimana. Dopo tre venerdì di caduta consecutivi, abbiamo infatti avuto un venerdì al rialzo, con uscita dal canale ribassista in essere da quasi in mese, e con altri segnali tecnici favorevoli. Inoltre 1,187 ha ora buone probabilità di diventare un pavimento fondamentale, mentre al momento non credo si possa andare oltre 1,214 al rialzo, quindi questo è il range che si profila ed all'interno del quale operare nel prossimo periodo.
Lo yen, essendo rientrati i timori di un cambio di poltica monetaria, ha lievemente perso chiudendo a 118,2 con dollaro e a 141 con euro.
L'indice generale del dollaro fermo a 90,5 (marzo)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso contro tutti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
OBBLIGAZIONI: si fermano i tassi
Nonostante i dati forti, anche il comparto obbligazionario non ha registrato un ulteriore impennata dei rendimenti, che anzi sono lievemente scesi.
Negli USA , come saldo settimanale, il 2 anni scende di 2 cts. al 4,66
il quinquennale di 3 cts. al 4,55; il decennale di 4 cts. al 4,54; il trentennale di 4 cts. al 4,51 .L'inversione della curva resta intatta.
In Europa Bund decennale fermo al 3,49% ( il differenziale a 105 cts.).
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
BORSE: non hano capito
L'acquirente medio di azioni, soprattutto europeo, è ben lungi dall'aver capito cosa rischia a comprare a questi prezzi e in questa fase, per cui le borse provano ancora a salire, anche se si osservano situazioni diversificate. In particolare il Nasdaq100 scad. marzo che era partito ancora al ribasso ritestando il supporto in area 1640 lunedì, da lì ha riprovato a salire fino a 1695 giovedì sera, per poi ridiscendere venerdì e concludere a 1678. In praticata ha replicato la settimana precedente ed ha creato un range tra 1645 e 1695. L'importante è che in questa fase laterale, rispetti la resistenza che si trova tra 1700 e 1720; dopodichè si può aspettare: alla rottura di 1640 il primo obiettivo di breve si trova a 1540, cioè ai minimi dello scorso ottobre.
Il saldo settimanale a WALLY è stato di: +1,8% per il Dow a 11115
+1,6% per lo sp500 a 1287 + 0,7% per il nasdaq100 a 1677 e +1% per il nasdaq a 2282. Tra i settori, positivi i trasporti (+1,9%) le banche(+2,2%) le piccole capitalizzazioni (Russell +1,9%) e le biotech (+4%) ma i semiconduttori scendono del 1% .
A Tokyo altro tonfo di - 3,5% a 15710 di nikkey; in Europa invece rialzo deciso per il dax tedesco a 5795(+2%) il footsie inglese a 5850(+2%), il cac francese a 5000(+2%) e per l'Italietta ora salita in testa tra i paesi odiati dai fanatici grazie a calderoli: l'SPmib a 37400(+2%) ed il Mibtel a 28490(+1,5%).
Posizione di lungo termine: al ribasso generale
Posizione di medio termine: al ribasso generale
Posizione asset: venduto nasdaq100
PREVISIONI: settimana light
Lunedì si parte pianissimo, perchè gli USA sono in festa, parlerà nel pomeriggio Trichet, mentre in mattinata escono i prezzi alla produzione tedeschi. Martedì alle ore 20 saranno pubblicati i verbali della Fed dell'ultima riunione del 31 gennaio con Greenspan: non dovrebbero esserci novità rispetto al quadro che appare ben chiaro, ma in genere su questo evento si registra sempre una certa volatilità; per il resto solo qualche dato europeo, e l'indicatore anticipatore americano.Mercoledì tanti dati europei, soprattutto dagli USA i prezzi al consumo di gennaio, particolarmente attesi dopo l'impennata registrata dai prezzi alla produzione nello stesso mese. Giovedì l'indice IFO per la Germania, mentre dagli USA solo i sussidi ai disoccupati e il discorso di un membro della Fed. Infine venerdì si chiuderà la settimana con i prezzi al consumo tedeschi, il PIL inglese, e soprattutto gli ordini di beni durevoli di gennaio negli USA. Sulla carta quindi non c'è nulla che possa realmente modificare il quadro attuale in modo decisivo, anche se gli spunti di volatitlità non mancano.
Per l'eurodollaro sarà importante vedere che fa domenica notte; considerata la festività USA, mi auguro che ci sia l'occasione di rivederlo lunedì dalle parti di 1,19 dove penso di entrare in acquisto in vista della gamba rialzista di cui sopra, e comunque un eventuale strappo all'insù già domenica notte sarebbe un altra conferma positiva.
Per il petrolio , penso sia meglio stare ad osservarlo ancora; l'ideale sarebbe un secondo tentativo sui recenti minimi, ma con una dinamica più tranquilla.
Per il nasdaq100, infine è probabile che si resti ancora nel recente range, anche se una rottura al ribasso può avvenire in qualsiasi momento e sarebbe la benevenuta.
ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
- venduto un mini-nasdaq a 1663, chiude a 1677= minus di 230 eu.
Nessuna tra le 4 operazioni del giorno proposte è scattata.
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, comm.ni incluse,resta così a +1900 euro (con 11 operazioni effettuate); il rendimento complessivo , tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, è pari allo 1,67% ed equivalente al 12% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 3% , il 97% è in conto corrente al 2,25% lordo (tasso iwbank).
ECONOMIA: gennaio forte
Si conclude una settimana piena di eventi e di dati, che sul fronte americano si sono saldati nel senso di far ormai dare per scontato che si arriverà al 5% di tassi ufficiali. Da un lato infatti tutti i dati usciti sono risultati congiunturalmente forti, dalle vendite al dettaglio agli indici manifatturieri regionali, all'edilizia(solo la produzione industriale ha rallentato, ma la capacità produttiva usata resta ai massimi); dall'altro i dati sui prezzi sono stati preoccupanti, essendo cresciuti oltre le previsioni sia quelli all'import che quelli alla produzione(anche se il "core" su base annua ha consolato). Insomma a gennaio l'economia USA pare abbia rimbalzato vedremo se anche a febbraio continuerà ( le domande di mutui continuano a scendere); inoltre dai dati pervenuti adesso possiamo dedurrre che il forte calo del dollaro di inizio anno è stato probabilmente dovuto ad un aumento del deficit estero (vendite al dettaglio in aumento+ petrolio al rialzo in quel periodo) coevo ad una probabile riduzione dei flussi di capitale(perchè si pensava che la fed si fermasse sui tassi); così analogamente, il recupero del dollaro di febbraio induce a ipotizzare una riduzione del deficit (almeno per la parte petrolio, il cui prezzo è sicuramente sceso, e probabilmente anche per un rallentamento dei consumi che però vedremo solo nel dato pubblicato a marzo) coevo ad una probabile ripresa degli afflussi(perchè si è tornati a pensare che la fed aumenterà i tassi). A cosa servono queste osservazioni? servono a prevedere alcuni dati macro prima della loro pubblicazione,e ciò può essere utile per il trading sui dati. Ricapitolando, mi aspetto che il deficit USA e i flussi di capitale di gennaio (che sapremo a metà marzo) risultino il primo ben superiore ai 65 mld. di dicembre; e il secondo inferiore ai 56 mld. di dicembre: nei giorni di queste statistiche ci sarà probabilmente un indebolimento del dollaro. Il quale potrebbe poi invece avere analoga fase di rafforzamento a metà aprile quando i medesimi dati relativi a febbraio mostreranno un miglioramento (che deduco dalle quotazioni di dollaro e petrolio durante il periodo di riferimento, in questo caso febbraio).
Tornando ora ai dati usciti questa settimana, si sposano con quanto Bernanke ha dichiarato (ottimismo sulla crescita e preoccupazione sull'inflazione di breve) pur reiterando l'atto di fede sull'inflazione a medio termine, ma ciò proprio perchè ha assicurato che la Fed interverrà tempestivamente. Nel complesso Bernanke se l'è cavata alla Greenspan, piacendo ai mercati, cioè ha evitato platealmente qualsiasi risposta impegnativa, si è trincerato dietro alla linea precedente della fed "dipenderà dai dati" (che è però in contraddizione con il da lui affermato ritardo temporale di circa un anno con cui i rialzi di tassi si fanno sentire), ed è riuscito ad essere quasi ininfluente sulle quotazioni di mercato. I mercati del resto hanno ignorato i pur velati accenni che Bernanke ha fatto agli squilibri strutturali insostenibili, sia del deficit estero che interno, il reiterato allarme sulla situazione di Fannie e Freddie, ed anche alcune contraddizioni (dedicherò uno Speciale apposito).
Quello che però ha forse acceso qualche campanello di allarme, è stata la caduta degli afflussi di capitale netti a dicembre; si tratta di un singolo mese, ed ancora non preoccupa, ma tutti sanno che se dovesse divenire un trend, metterebbe in crisi il sistema americano.Tanto più che la guerra con la Cina(che negli ultimi anni ha comprato il 40% delle nuove emissioni di bond USA) avanza: gli americani minacciano la qualifica di "manipolatore dei cambi", i cinesi rispondono facendo un accordo energetico con l'Iran (cui partecipa anche l'India) che assume un valore politico particolare in questa fase, e ne ha uno strategico fondamentale a lungo termine.
Proprio per questo il dollaro - da cui, visti i dati su inflazione/crescita e sentito l'atteggiamento di bernanke sui tassi, ci si sarebbe potuto aspettare un impennata - ha invece sorpreso per l'incapacità di proseguire nel suo recente rialzo; ed è parso plausibile che vi siano entità importanti (banche centrali asiatiche?) che sui rialzi lo abbiano sistematicamente venduto.
D'altro canto proprio l'aumento continuato dei tassi, nell'ipotesi che si vada anche oltre il 5%, tende a perdere d'importanza ai fini del dollaro, perchè ormai chi punta sul differenziale l'ha già comprato; piuttosto si può iniziare a temere che ciò porti a una recessione futura e dunque che si inizi a scontare - in coerenza con l'inversione della curva dei rendimenti- tale eventualità, vendendolo nelle fasi di forza.
In sostanza mi sto formando il convincimento che il dollaro sia a fine corsa, almeno per ora, anche se occorre sempre confrontarlo con quanto succede ad Europa e Giappone . Da quest'ultimo è venuto un dato sul PIL 2005 al 2,8% ma anche un livello dei prezzi al consumo che resta ancora negativo (-1,6%); pertanto la BOJ ed il governo, vogliono mantenere la politica dei tassi a zero. Lo yen dunque non riesce a decollare, ma è difficile che possa scendere significativamente dai livelli attuali, per i motivi sopraesposti, mentre il potenziale di rialzo è molto elevato. La BCE , nonostante i dati europei siano modesti (ma in Spagna l'inflazione ha superato il 4% ufficiale), ha comunque telegrafato un prossimo rialzo dei tassi, favorito anche dall'attuale basso livello dell'euro, ed anche se non dovesse proseguire, certamente non li diminuirà.
Le borse hanno ancora una volta tentato di salire, ma mostrano varie pecche, classiche di fine corsa. Il Nikkey fatica a difendere quota 16 mila, ed a Wally il mercato globale non mostra forza intrinseca anche nei rialzi. Solo in Europa si continua a comprare a testa bassa, ma anche questo è tipico perchè è sempre stata in ritardo sia all'inizio che alla fine dei grandi cicli. Del resto i rendimenti obbligazionari sono molto contenuti, e la liquidità abbondante.
MATERIE PRIME : stabilizzazione
Il petrolio si è inizialmente avvitato al ribasso arrivando a sfiorare quell'
importante area di supporto da me più volte citata, e su cui alla fine è riuscito a reagire, mostrando i primi segni di stabilizzazione, che dovranno però essere confermati nei prossimi giorni. Vista la picchiata ho preferito sospendere l'ordine di acquisto,che avevo già
abbassato a 58,5 di aprile, livello che è stato avvicinato mercoledì (minimo a 59,15) dopo l'ennesimo aumento delle scorte americane; la dinamica diveniva troppo pericolosa (alla rottura di area 56, molto probabile una veloce discesa a 50 e sul petrolio non è facile gestire la stoploss perchè non è possibile inserire ordini di questo tipo come sull'eurodollaro o sul nasdaq), e dunque c'è un rischio eccessivo per chi non può seguire in tempo reale i miei messaggi; del resto non c'è alcuna fretta. Preferisco cioè avere le conferme del sostegno su questi livelli, vederlo stabilizzare, per poi entrare in una fase laterale, da cui anticipare il rialzo prossimo venturo che continuo ad aspettarmi. Per ora conclude a 61,2 (aprile) mentre il gas naturale crolla a 7,4(aprile).
Stabili anche i metalli appresso allo yen, con l'oro a 555(aprile); l'argento a 9,43(marzo) il rame a 218(maggio) il platino a 1011(aprile) il palladio a 288(marzo).
L'indice generale CRB(marzo) a 327 (-1,5%).
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: al rialzo
Posizione asset: nulla
CAMBI: dollaro arrivato?
L'eurodollaro scad. marzo dopo la caduta del venerdì precedente ha iniziato in apnea appena sopra 1,19 in attesa dei numerosi dati ed eventi; martedì sulle vendite al dettaglio forti ha fatto una prima estensione al ribasso che però non è andata oltre 1,1877 per poi riprendersi fino a 1,195 mercoledì sui deboli flussi di capitale, con un picco a 1,197 quando sono state rese note le previsioni di crescita FED, da cui poi
è velocemente crollato sulle dichiarazioni di Bernanke tornando a 1,188; giovedì nonostante i dati forti non è riuscito a scendere oltre 1,1864 ed anzi si è ripreso fino a 1,192, da dove poi venerdì è ridisceso ancora una volta fermandosi sempre sopra a 1,1870 nonostante l'impennata dei prezzi alla produzione, ed anzi nel finale - spinto dal deludente indice del michigan- è ripartito al rialzo fino a 1,197, per poi chiudere a 1,195. Per tutta la settimana l'ho aspettato con ordini di acquisto in area 1,185 sbagliando pertanto di una ventina di tiks, così nessuna operazione è scattata. Mi ha sorpreso la tenuta in area 1,187 nonostante i dati forti, e mi sono convinto che vi siano stati degli interventi di sostegno in qull'area, che dunque si è rivelata un formidabile supporto. La cosa è importante perchè rende molto probabile adesso una gamba rialzista che al superamento di 1,197 avrà come primo obiettivo 1,2045 e come secondo 1,2140 dove potremmo rivederlo già la prossima settimana. Dopo tre venerdì di caduta consecutivi, abbiamo infatti avuto un venerdì al rialzo, con uscita dal canale ribassista in essere da quasi in mese, e con altri segnali tecnici favorevoli. Inoltre 1,187 ha ora buone probabilità di diventare un pavimento fondamentale, mentre al momento non credo si possa andare oltre 1,214 al rialzo, quindi questo è il range che si profila ed all'interno del quale operare nel prossimo periodo.
Lo yen, essendo rientrati i timori di un cambio di poltica monetaria, ha lievemente perso chiudendo a 118,2 con dollaro e a 141 con euro.
L'indice generale del dollaro fermo a 90,5 (marzo)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso contro tutti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
OBBLIGAZIONI: si fermano i tassi
Nonostante i dati forti, anche il comparto obbligazionario non ha registrato un ulteriore impennata dei rendimenti, che anzi sono lievemente scesi.
Negli USA , come saldo settimanale, il 2 anni scende di 2 cts. al 4,66
il quinquennale di 3 cts. al 4,55; il decennale di 4 cts. al 4,54; il trentennale di 4 cts. al 4,51 .L'inversione della curva resta intatta.
In Europa Bund decennale fermo al 3,49% ( il differenziale a 105 cts.).
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
BORSE: non hano capito
L'acquirente medio di azioni, soprattutto europeo, è ben lungi dall'aver capito cosa rischia a comprare a questi prezzi e in questa fase, per cui le borse provano ancora a salire, anche se si osservano situazioni diversificate. In particolare il Nasdaq100 scad. marzo che era partito ancora al ribasso ritestando il supporto in area 1640 lunedì, da lì ha riprovato a salire fino a 1695 giovedì sera, per poi ridiscendere venerdì e concludere a 1678. In praticata ha replicato la settimana precedente ed ha creato un range tra 1645 e 1695. L'importante è che in questa fase laterale, rispetti la resistenza che si trova tra 1700 e 1720; dopodichè si può aspettare: alla rottura di 1640 il primo obiettivo di breve si trova a 1540, cioè ai minimi dello scorso ottobre.
Il saldo settimanale a WALLY è stato di: +1,8% per il Dow a 11115
+1,6% per lo sp500 a 1287 + 0,7% per il nasdaq100 a 1677 e +1% per il nasdaq a 2282. Tra i settori, positivi i trasporti (+1,9%) le banche(+2,2%) le piccole capitalizzazioni (Russell +1,9%) e le biotech (+4%) ma i semiconduttori scendono del 1% .
A Tokyo altro tonfo di - 3,5% a 15710 di nikkey; in Europa invece rialzo deciso per il dax tedesco a 5795(+2%) il footsie inglese a 5850(+2%), il cac francese a 5000(+2%) e per l'Italietta ora salita in testa tra i paesi odiati dai fanatici grazie a calderoli: l'SPmib a 37400(+2%) ed il Mibtel a 28490(+1,5%).
Posizione di lungo termine: al ribasso generale
Posizione di medio termine: al ribasso generale
Posizione asset: venduto nasdaq100
PREVISIONI: settimana light
Lunedì si parte pianissimo, perchè gli USA sono in festa, parlerà nel pomeriggio Trichet, mentre in mattinata escono i prezzi alla produzione tedeschi. Martedì alle ore 20 saranno pubblicati i verbali della Fed dell'ultima riunione del 31 gennaio con Greenspan: non dovrebbero esserci novità rispetto al quadro che appare ben chiaro, ma in genere su questo evento si registra sempre una certa volatilità; per il resto solo qualche dato europeo, e l'indicatore anticipatore americano.Mercoledì tanti dati europei, soprattutto dagli USA i prezzi al consumo di gennaio, particolarmente attesi dopo l'impennata registrata dai prezzi alla produzione nello stesso mese. Giovedì l'indice IFO per la Germania, mentre dagli USA solo i sussidi ai disoccupati e il discorso di un membro della Fed. Infine venerdì si chiuderà la settimana con i prezzi al consumo tedeschi, il PIL inglese, e soprattutto gli ordini di beni durevoli di gennaio negli USA. Sulla carta quindi non c'è nulla che possa realmente modificare il quadro attuale in modo decisivo, anche se gli spunti di volatitlità non mancano.
Per l'eurodollaro sarà importante vedere che fa domenica notte; considerata la festività USA, mi auguro che ci sia l'occasione di rivederlo lunedì dalle parti di 1,19 dove penso di entrare in acquisto in vista della gamba rialzista di cui sopra, e comunque un eventuale strappo all'insù già domenica notte sarebbe un altra conferma positiva.
Per il petrolio , penso sia meglio stare ad osservarlo ancora; l'ideale sarebbe un secondo tentativo sui recenti minimi, ma con una dinamica più tranquilla.
Per il nasdaq100, infine è probabile che si resti ancora nel recente range, anche se una rottura al ribasso può avvenire in qualsiasi momento e sarebbe la benevenuta.
ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
- venduto un mini-nasdaq a 1663, chiude a 1677= minus di 230 eu.
Nessuna tra le 4 operazioni del giorno proposte è scattata.
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, comm.ni incluse,resta così a +1900 euro (con 11 operazioni effettuate); il rendimento complessivo , tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, è pari allo 1,67% ed equivalente al 12% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 3% , il 97% è in conto corrente al 2,25% lordo (tasso iwbank).
2/16/2006
La nota sui mercati
La settimana 6- 10 febbraio 2006
ECONOMIA: panoramica integrata
Si conclude una settimana scarsa di eventi e di dati, se si esclude il deficit commerciale americano di venerdì uscito in linea con le attese a quota 65 mld. il che porta a concludere l'intero 2005 con il record assoluto di 725 mld. di dollari di cui 200 solo con la Cina. Proprio quest'ultima considerazione ha inizialmente provocato qualche vendita di dollari, ma in realtà i mercati continuano a non dar peso a questo squilibrio strutturale fin tanto che vedono arrivare copioso il riciclaggio dei medesimi dollari in asset a stelle e strisce, per cui hanno concluso riprendendo a comprare dollari, essendo l'attenzione tutta per le prospettive dei tassi.
E questa settimana si è esteso il sentiment rialzista che era stato innescato dal timore di inflazione da costi americana con cui si era chiusa quella precedente. Del resto conferme sono arrivate da tutte le aree: il bollettino bce ha ribadito che un altro rialzo è imminente, quello giapponese ha preso ancora tempo ma neanche tanto ( ci si aspetta novità entro aprile), e gli esponenti fed intervenuti hanno fatto capire che ancora non è finita. Poichè però i dati macro sono stati deludenti sull'europa, ma positivi per il giappone, vi è stato un aggiustamento dell'euroyen a favore di quest'ultimo che è riuscito nella settimana anche a guadagnare sul dollaro, il quale a sua volta si è rifatto sull'euro ma appunto solo nel finale di venerdì, dopo il deficit.
Un incidenza pro dollaro l'ha avuta il petrolio che chiude la peggior settimana dell'anno con quasi il 10% di perdita. Per una scuola di pensiero al momento in voga, un petrolio in calo significa un freno in meno alla crescita e quindi maggiori probabilità che la fed rialzi i tassi; questa scuola di pensiero trascura però l'effetto sull'inflazione, che invece preso di per sè porta a minori probabilità di rialzo tassi.
Sta di fatto che il rendimento sul due anni americano è salito al nuovo massimo di 4,7% con un incremento di oltre mezzo punto in appena 3 settimane, così come il tasso a tre mesi scadenza giugno salito nel periodo di 35 cts. al 4,9%; e infatti sono tre settimane che il dollaro si rafforza. Anche Wally ha risentito negativamente delle maggiori probabilità di rialzo assegnate dai mercati ai tassi USA, ed il nasdaq 100 nel periodo citato ha perso il 6% circa passando dai massimi di 1760 ai 1660 attuali.
Più in generale, sulle previsioni macroeconomiche USA, al momento si scontrano due teorie:
La prima ritiene che l'economia è forte, essendo stato il rallentamento del quarto trimestre del tutto occasionale; pertanto ritiene che i tassi tenderanno a salire anche oltre il 5% (attualmente prezzato solo al 20% di probabilità).
La seconda invece ritiene che una frenata dei consumi sia imminente, e che i tassi siano già saliti pure troppo, per cui pensa che la Fed non andrà oltre il 4,75% (attualmente al 90% di probabilità), e che se lo farà vi sarà una recessione a fine 2006-2007 come profetizzato dalla curva dei rendimenti.
In base ai dati e alle dichiarazioni ufficiali che arrivano, il pendolo si sposta a favore dell'una o dell'altra. Le ultime tre settimane sono state il trionfo della prima, dopo che le prime tre del 2006 erano state un trionfo per la seconda. La prossima settimana, tra numerosi dati in arrivo e soprattutto con il primo importante intervento ufficiale del neo governatore Fed, può nuovamente cambiare tutto.
Per quanto mi concerne, nella prima fase dell'anno scrivevo che il consensus aveva sposato troppo in fretta l'ipotesi di una fine imminente del ciclo di rialzo dei tassi, ed infatti vi è stato il ribaltone sopraillustrato;
ciò soprattuto perchè considero il rischio inflazione molto di più del consensus. Però al contempo sono anche convinto che una crisi dei consumi americani sia prossima, ed infatti profetizzo la stagflazione (ma sono in assoluta solitudine) che comporterebbe tassi al rialzo causati dall'inflazione nonostante la coeva frenata economica; profetizzo cioè il peggiore dei mondi possbili per Wally.
Il dubbio che mi assilla riguarda, ovviamente, la tempistica:
per gli inevitabili ritardi tra eventi e pubblicazione delle statistiche, le prime evidenze stagflattive arriveranno nel più veloce dei casi a metà marzo, e ci vorrà fino a metà maggio prima che i mercati se ne convincano, per cui magari occorrerà aspettare - per una vera e propria crisi- l'estate. Questi ritardi significano per me probabile che nel frattempo si arrivi al 5% di tassi al 10 maggio (e pertanto non mi meraviglierei di vedere il dollaro salire ancora, nè la curva dei rendimenti invertirsi ancor più).
Il risultato dovrebbe però essere disastroso per la borsa, perchè a quel punto si troverebbe di fronte a dati inaspettatamente deboli, utili aziendali che certamente deluderebbero, proprio mentre la Fed alza e la curva indica recessione; inizierebbero le critiche a Bernanke, che si troverebbe così ad affrontare la tradizionale crisi di inizio mandato, e sarà da vedere se e come riuscirà a conquistarsi la fiducia dei mercati.
Il tutto, mentre la struttura del titanic americano schiricchiolerà sempre più; ed anche senza prendere in considerazione eventuali crisi geopolitiche, ce ne sarà abbastanza per far tremare i polsi dei drogati più incalliti.
MATERIE PRIME : -5%
Questo è il numerino che contraddistingue un pò tutto il comparto, e che ha trovato il suo acuto nel crudo che ha perso oltre il 10% dai massimi di metà settimana scorsa.Adesso, in base ad un sondaggio di Bloomberg 24 su 56 analisti-trader-brokers, cioè il 43%, prevede ulteriori perdite consistenti, mentre la scorsa settimana il 40% prevedeva un aumento del prezzo. Come afferma Bloomberg è la prima volta quest'anno che più analisti prevedono un calo invece che un rialzo, e se il prezzo continua a scendere tale numero aumenterà. L'aumento dell'offerta, insieme alla riduzione del premio sul rischio Iran, stanno iniziando a comprimere gli utili delle raffinerie. La speculazione a leva ha iniziato a uscire precipitosamente dalle posizioni rialziste, ed ora potrebbe cavalcare l'onda ribassista. Durante questa settimana ho iniziato a posizionare ordini di acquisto a 60,5, ma probabilmente si potrà spuntare meglio, per cui aggiusterò il tiro in area 58, rispettando i conteggi temporali; non credo che si sfonderà l'importante supporto che transita a 56 ma stagionalmente i minimi si vedono a maggio, per cui potrà occorrere pazienza (virtù primaria sui mercati). Per ora conclude a 62,8 (aprile) mentre il gas naturale crolla a 7,3(marzo).
Nel frattempo è arrivato anche il primo storno di una certa consistenza per i metalli, che hanno seguito l'evoluzione soprattutto dello yen (veicolo di funding privilegiato per gli acquisti dagli hedge funds), con l'oro che lascia circa il 5% nel saldo settimanale ritornando proprio ai livelli di 3 settimane fa, e conclude a 554(aprile); l'argento a 9,38(marzo) il rame a 223(marzo) il platino a 1040(aprile); e questa settimana -10% il palladio a 284(marzo).
L'indice generale CRB(marzo) a 332 (-5%).
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: al rialzo
Posizione asset: nulla
CAMBI: perde l'euro
L'eurodollaro scad. marzo ha iniziato debole testando la fascia di supporto a 1,197 lunedì (è scattata l'operazione di acquisto a 1,20); dopodichè ha iniziato a recuperare senza forza (per cui ho preferito chiudere in pari) ed infatti martedì è restato in stretto range; mercoledì ha approfondito i minimi fino a 1,1945 (facendo scattare un altra operazione d'acquisto a 1,1955 per poi ritornare in area 1,20 giovedì(dove ho incassato i 625$ a contratto); nuovo test al ribasso fino a 1,197 e poi altro recupero in attesa dei dati di venerdì che sul momento lo hanno spinto fino a 1,2045 ma dopo che l'effetto si era esaurito sulla prima resistenza, sono scattate le classiche vendite impulsive delle ultime ore di settimana (favorite anche da petrolio in calo, tassi a breve in salita e Wally in recupero)che lo hanno portato fino a 1,191 facendolo chiudere appena sopra a 1,1925.
Adesso dal punto di vista tecnico, la situazione è ulteriormente peggiorata e fa prevedere un estensione in area 1,18; come sopra illustrato, sul piano dei fondamentali la situazione resta aperta: se il combinato disposto dati-bernanke dovesse far recedere le attese sui tassi USA, potremmo facilmente tornare ben sopra quota 1,20; viceversa, se aggiungessero benzina sul fuoco, potremmo anche rivedere i minimi assoluti in area 1,17. La cosa più probabile, dato il contesto, è che vi siano spinte contrastanti, con la definizione di un range nervoso che potrebbe posizionarsi tra 1,18 e 1,205.
Dello yen ho già parlato, chiude a 117,9 con dollaro e con euro guadagna il 2% a 140 (uno dei rischi prospettici dell'euro è che venga sostituito come mezzo di funding allo yen, con il quale potrebbe scendere rapidamente anche in area 130, il che implicherebbe una pressione ribassista molto forte sull'eurodollaro in grado- pur con dollaro debole- di bloccarlo poco sopra 1,20, oppure in caso di dollaro forte di spingerlo a 1,15).
L'indice generale del dollaro +1% a 90,5 (marzo)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso contro tutti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
OBBLIGAZIONI: aumenta l'inversione
E' proseguito il rialzo dei tassi a breve con accelerazione nel finale, favorito anche dal recupero di Wally e dal calo del petrolio.
Negli USA , come saldo settimanale, il 2 anni sale di 11 cts. al 4,68 (con 53 cts. di incremento nelle ultime tre settimane); il quinquennale di 9 cts. al 4,58; il decennale di 6 cts. al 4,58; il trentennale invece scende di 8 cts. al 4,55 . L'asta del trentennale è andata bene , quella del dieci è stata neutra risentendo della concorrenza del trentennale, mentre quelle dei titoli brevi sono andate male. Per cui l'inversione della curva aumenta ancora, e adesso tra il tasso a 3 mesi scad. giugno e il trentennale vi sono ben 35 cts. di inversione.
In Europa Bund decennale in lieve calo al 3,47% (per cui si allarga il differenziale a 110 cts.).
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
BORSE: volatilità in aumento
I movimenti isterici intraday sono un classico segnale che si registra in genere quando il trend si sta per invertire. Questa settimana i saldi a Wally non rendono l'idea di tale situazione. In particolare il Nasdaq100 scad. marzo che era partito da 1667 ha prima testato il supporto in area 1640, da lì ha riprovato a salire fino a quasi 1690 (mio ordine di vendita a 1695) per poi ricrollare a 1660, dove ho deciso comunque di entrare (a 1663), e nella seduta finale dopo un altro test di area 1640 ha fatto un altro rimbalzo fino a quasi 1680 per poi concludere praticamente invariato nella settimana. Pur avendo cercato la mosconata di entrare su un rimbalzo, alla fine sono entrato a metà strada tra i massimi e i minimi di questa settimana, perchè mentre sono cosciente che - come sopra illustrato- può volerci ancora tempo prima del crash che aspetto, i segnali tecnici sono numerosi e una prima gamba ribassista seria può partire in qualsiasi momento; non ha senso stare fuori, nè pensare a qualche decina di punti più o meno. La stop loss per questa operazione scatterà solo al superamento dei massimi dell'anno (un eventuale doppio massimo glielo concedo, ma non oltre) ed equivale quindi a un centinaio di punti; l'obiettivo di profit finale è invece quattro volte superiore, ma mi auguro di poterlo aumentare cavalcando le macro-onde.
Il saldo settimanale a WALLY è stato di: +1,2% per il Dow a 10920
+0,2% per lo sp500 a 1267 0% per il nasdaq100 a 1666,5 e +0,1% per il nasdaq a 2262. Tra i settori, positivi i trasporti (+1,4%), e le utilities(+0,3%) le banche(+1,4%); scendono però le piccole capitalizzazioni (Russell -1%) e le biotech (-1%) ma i semiconduttori salgono del 2% .
A Tokyo tonfo di - 3% a 16260 di nikkey; in Europa in lieve rialzo il dax tedesco a 5700(+1%) fermo il footsie inglese a 5760(-0%),in lieve calo il cac francese a 4910(-0,5%); caso a parte quello dell' Italietta furbetta che si butta sulle inefficienti banche nostrane, appetite dall'estero perchè solo in Italia si può rubare impunemente ai clienti: l'SPmib a 36720(+0,9%) ed il Mibtel a 28060(+1,4%).
Posizione di lungo termine: al ribasso generale
Posizione di medio termine: al ribasso generale
Posizione asset: venduto nasdaq100
PREVISIONI: settimana hard
Lunedì si parte piano, con le produzioni industriali di giappone ed italia, non c'è nulla dagli USA, parlerà solo un esponente fed; poi già da martedì un dato chiave americano , quello sulle vendite al dettaglio di gennaio, preceduto in mattinata dal PIL 4° trim. e dall'indice ZEW, sia per la Germania che per L'Euro zona.
Mercoledì una giornata cruciale: tanti dati, soprattutto dagli USA dove usciranno mutui, indice di new york, flussi di capitale e produzione industriale; ma soprattutto alle ns. 16 inizierà la testimonianza di Bernanke di fronte al Congresso, in cui oltre al discorso già preparato che si potrà leggere in tempo reale il nuovo governatore dovrà rispondere alle domande dei parlamentari fino alle 18 circa, ed infine alle ns. 20 dovrebbe avvenire la testimonianza di Snow che fu saltata la settimana scorsa. Giovedì si replica con Bernanke al Senato, stesso discorso, ma risposte alle domande che potranno essere diverse, magari per correggere eventuali reazioni di mercato al giorno prima ritenute inidonee; nel frattempo come dati avremo i prezzi all'importazione e l'edilizia a gennaio, nonchè il PhillY Fed di febbraio. Infine venerdì si chiuderà la settimana con produzione industriale europea, prezzi alla produzione USA di gennaio e il preliminare dell'indice di fiducia del michigan su febbraio; sarà anche giorno di scadenza delle opzioni.
Come già accennato, la prima uscita ufficiale di bernanke è particolarmente importante: i mercati non hanno precedenti (dopo ben 18 anni di greenspan, noto per la sua ambiguità, ma ormai ben conosciuto) e cercheranno subito di capire da che parte tira (a proposito del rialzo dei tassi). Io penso che reciterà il solito mantra ottimistico sull'economia USA, confermando quanto già scontato di un ulteriore rialzo al 4,75, ma tenendosi molto più vago circa un prosieguo; comunque anche se pensasse di fermarsi non credo che telegraferà un chiaro messaggio, il cui esito sui rendimenti a lunga (quelli che stanno più a cuore alla Fed)potrebbe essere negativo, sia per il rischio di alimentare la bolla immobiliare, sia per quello di mostrare troppa sicurezza circa l'inflazione, che potrebbe smentirlo già nel giro di pochi mesi, mettendone in crisi la credibilità ancora tutta da creare. In sostanza penso che farà di tutto per mantenersi sul vago, e rimanderà come al solito ai dati economici futuri.
Ma non è detto che ci riesca, soprattutto nelle risposte a braccio.
ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
- venduto un mini-nasdaq a 1663, chiude a 1666,5= minus di 58 eu.
Tra le 4 operazioni del giorno proposte ne sono scattate due, una chiusa in pari ed un altra positiva (+625$).
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, comm.ni incluse,sale così a +1900 euro (con 11 operazioni effettuate); il rendimento complessivo , tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, è pari allo 1,84% ed equivalente al 16% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 3% , il 97% è in conto corrente al 2,25% lordo (tasso iwbank).
ECONOMIA: panoramica integrata
Si conclude una settimana scarsa di eventi e di dati, se si esclude il deficit commerciale americano di venerdì uscito in linea con le attese a quota 65 mld. il che porta a concludere l'intero 2005 con il record assoluto di 725 mld. di dollari di cui 200 solo con la Cina. Proprio quest'ultima considerazione ha inizialmente provocato qualche vendita di dollari, ma in realtà i mercati continuano a non dar peso a questo squilibrio strutturale fin tanto che vedono arrivare copioso il riciclaggio dei medesimi dollari in asset a stelle e strisce, per cui hanno concluso riprendendo a comprare dollari, essendo l'attenzione tutta per le prospettive dei tassi.
E questa settimana si è esteso il sentiment rialzista che era stato innescato dal timore di inflazione da costi americana con cui si era chiusa quella precedente. Del resto conferme sono arrivate da tutte le aree: il bollettino bce ha ribadito che un altro rialzo è imminente, quello giapponese ha preso ancora tempo ma neanche tanto ( ci si aspetta novità entro aprile), e gli esponenti fed intervenuti hanno fatto capire che ancora non è finita. Poichè però i dati macro sono stati deludenti sull'europa, ma positivi per il giappone, vi è stato un aggiustamento dell'euroyen a favore di quest'ultimo che è riuscito nella settimana anche a guadagnare sul dollaro, il quale a sua volta si è rifatto sull'euro ma appunto solo nel finale di venerdì, dopo il deficit.
Un incidenza pro dollaro l'ha avuta il petrolio che chiude la peggior settimana dell'anno con quasi il 10% di perdita. Per una scuola di pensiero al momento in voga, un petrolio in calo significa un freno in meno alla crescita e quindi maggiori probabilità che la fed rialzi i tassi; questa scuola di pensiero trascura però l'effetto sull'inflazione, che invece preso di per sè porta a minori probabilità di rialzo tassi.
Sta di fatto che il rendimento sul due anni americano è salito al nuovo massimo di 4,7% con un incremento di oltre mezzo punto in appena 3 settimane, così come il tasso a tre mesi scadenza giugno salito nel periodo di 35 cts. al 4,9%; e infatti sono tre settimane che il dollaro si rafforza. Anche Wally ha risentito negativamente delle maggiori probabilità di rialzo assegnate dai mercati ai tassi USA, ed il nasdaq 100 nel periodo citato ha perso il 6% circa passando dai massimi di 1760 ai 1660 attuali.
Più in generale, sulle previsioni macroeconomiche USA, al momento si scontrano due teorie:
La prima ritiene che l'economia è forte, essendo stato il rallentamento del quarto trimestre del tutto occasionale; pertanto ritiene che i tassi tenderanno a salire anche oltre il 5% (attualmente prezzato solo al 20% di probabilità).
La seconda invece ritiene che una frenata dei consumi sia imminente, e che i tassi siano già saliti pure troppo, per cui pensa che la Fed non andrà oltre il 4,75% (attualmente al 90% di probabilità), e che se lo farà vi sarà una recessione a fine 2006-2007 come profetizzato dalla curva dei rendimenti.
In base ai dati e alle dichiarazioni ufficiali che arrivano, il pendolo si sposta a favore dell'una o dell'altra. Le ultime tre settimane sono state il trionfo della prima, dopo che le prime tre del 2006 erano state un trionfo per la seconda. La prossima settimana, tra numerosi dati in arrivo e soprattutto con il primo importante intervento ufficiale del neo governatore Fed, può nuovamente cambiare tutto.
Per quanto mi concerne, nella prima fase dell'anno scrivevo che il consensus aveva sposato troppo in fretta l'ipotesi di una fine imminente del ciclo di rialzo dei tassi, ed infatti vi è stato il ribaltone sopraillustrato;
ciò soprattuto perchè considero il rischio inflazione molto di più del consensus. Però al contempo sono anche convinto che una crisi dei consumi americani sia prossima, ed infatti profetizzo la stagflazione (ma sono in assoluta solitudine) che comporterebbe tassi al rialzo causati dall'inflazione nonostante la coeva frenata economica; profetizzo cioè il peggiore dei mondi possbili per Wally.
Il dubbio che mi assilla riguarda, ovviamente, la tempistica:
per gli inevitabili ritardi tra eventi e pubblicazione delle statistiche, le prime evidenze stagflattive arriveranno nel più veloce dei casi a metà marzo, e ci vorrà fino a metà maggio prima che i mercati se ne convincano, per cui magari occorrerà aspettare - per una vera e propria crisi- l'estate. Questi ritardi significano per me probabile che nel frattempo si arrivi al 5% di tassi al 10 maggio (e pertanto non mi meraviglierei di vedere il dollaro salire ancora, nè la curva dei rendimenti invertirsi ancor più).
Il risultato dovrebbe però essere disastroso per la borsa, perchè a quel punto si troverebbe di fronte a dati inaspettatamente deboli, utili aziendali che certamente deluderebbero, proprio mentre la Fed alza e la curva indica recessione; inizierebbero le critiche a Bernanke, che si troverebbe così ad affrontare la tradizionale crisi di inizio mandato, e sarà da vedere se e come riuscirà a conquistarsi la fiducia dei mercati.
Il tutto, mentre la struttura del titanic americano schiricchiolerà sempre più; ed anche senza prendere in considerazione eventuali crisi geopolitiche, ce ne sarà abbastanza per far tremare i polsi dei drogati più incalliti.
MATERIE PRIME : -5%
Questo è il numerino che contraddistingue un pò tutto il comparto, e che ha trovato il suo acuto nel crudo che ha perso oltre il 10% dai massimi di metà settimana scorsa.Adesso, in base ad un sondaggio di Bloomberg 24 su 56 analisti-trader-brokers, cioè il 43%, prevede ulteriori perdite consistenti, mentre la scorsa settimana il 40% prevedeva un aumento del prezzo. Come afferma Bloomberg è la prima volta quest'anno che più analisti prevedono un calo invece che un rialzo, e se il prezzo continua a scendere tale numero aumenterà. L'aumento dell'offerta, insieme alla riduzione del premio sul rischio Iran, stanno iniziando a comprimere gli utili delle raffinerie. La speculazione a leva ha iniziato a uscire precipitosamente dalle posizioni rialziste, ed ora potrebbe cavalcare l'onda ribassista. Durante questa settimana ho iniziato a posizionare ordini di acquisto a 60,5, ma probabilmente si potrà spuntare meglio, per cui aggiusterò il tiro in area 58, rispettando i conteggi temporali; non credo che si sfonderà l'importante supporto che transita a 56 ma stagionalmente i minimi si vedono a maggio, per cui potrà occorrere pazienza (virtù primaria sui mercati). Per ora conclude a 62,8 (aprile) mentre il gas naturale crolla a 7,3(marzo).
Nel frattempo è arrivato anche il primo storno di una certa consistenza per i metalli, che hanno seguito l'evoluzione soprattutto dello yen (veicolo di funding privilegiato per gli acquisti dagli hedge funds), con l'oro che lascia circa il 5% nel saldo settimanale ritornando proprio ai livelli di 3 settimane fa, e conclude a 554(aprile); l'argento a 9,38(marzo) il rame a 223(marzo) il platino a 1040(aprile); e questa settimana -10% il palladio a 284(marzo).
L'indice generale CRB(marzo) a 332 (-5%).
Posizione di lungo termine: al rialzo
Posizione di medio termine: al rialzo
Posizione asset: nulla
CAMBI: perde l'euro
L'eurodollaro scad. marzo ha iniziato debole testando la fascia di supporto a 1,197 lunedì (è scattata l'operazione di acquisto a 1,20); dopodichè ha iniziato a recuperare senza forza (per cui ho preferito chiudere in pari) ed infatti martedì è restato in stretto range; mercoledì ha approfondito i minimi fino a 1,1945 (facendo scattare un altra operazione d'acquisto a 1,1955 per poi ritornare in area 1,20 giovedì(dove ho incassato i 625$ a contratto); nuovo test al ribasso fino a 1,197 e poi altro recupero in attesa dei dati di venerdì che sul momento lo hanno spinto fino a 1,2045 ma dopo che l'effetto si era esaurito sulla prima resistenza, sono scattate le classiche vendite impulsive delle ultime ore di settimana (favorite anche da petrolio in calo, tassi a breve in salita e Wally in recupero)che lo hanno portato fino a 1,191 facendolo chiudere appena sopra a 1,1925.
Adesso dal punto di vista tecnico, la situazione è ulteriormente peggiorata e fa prevedere un estensione in area 1,18; come sopra illustrato, sul piano dei fondamentali la situazione resta aperta: se il combinato disposto dati-bernanke dovesse far recedere le attese sui tassi USA, potremmo facilmente tornare ben sopra quota 1,20; viceversa, se aggiungessero benzina sul fuoco, potremmo anche rivedere i minimi assoluti in area 1,17. La cosa più probabile, dato il contesto, è che vi siano spinte contrastanti, con la definizione di un range nervoso che potrebbe posizionarsi tra 1,18 e 1,205.
Dello yen ho già parlato, chiude a 117,9 con dollaro e con euro guadagna il 2% a 140 (uno dei rischi prospettici dell'euro è che venga sostituito come mezzo di funding allo yen, con il quale potrebbe scendere rapidamente anche in area 130, il che implicherebbe una pressione ribassista molto forte sull'eurodollaro in grado- pur con dollaro debole- di bloccarlo poco sopra 1,20, oppure in caso di dollaro forte di spingerlo a 1,15).
L'indice generale del dollaro +1% a 90,5 (marzo)
Posizione di lungo termine: dollaro al ribasso contro tutti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
OBBLIGAZIONI: aumenta l'inversione
E' proseguito il rialzo dei tassi a breve con accelerazione nel finale, favorito anche dal recupero di Wally e dal calo del petrolio.
Negli USA , come saldo settimanale, il 2 anni sale di 11 cts. al 4,68 (con 53 cts. di incremento nelle ultime tre settimane); il quinquennale di 9 cts. al 4,58; il decennale di 6 cts. al 4,58; il trentennale invece scende di 8 cts. al 4,55 . L'asta del trentennale è andata bene , quella del dieci è stata neutra risentendo della concorrenza del trentennale, mentre quelle dei titoli brevi sono andate male. Per cui l'inversione della curva aumenta ancora, e adesso tra il tasso a 3 mesi scad. giugno e il trentennale vi sono ben 35 cts. di inversione.
In Europa Bund decennale in lieve calo al 3,47% (per cui si allarga il differenziale a 110 cts.).
Posizione di lungo termine: al rialzo dei rendimenti
Posizione di medio termine: neutrale
Posizione asset: nulla
BORSE: volatilità in aumento
I movimenti isterici intraday sono un classico segnale che si registra in genere quando il trend si sta per invertire. Questa settimana i saldi a Wally non rendono l'idea di tale situazione. In particolare il Nasdaq100 scad. marzo che era partito da 1667 ha prima testato il supporto in area 1640, da lì ha riprovato a salire fino a quasi 1690 (mio ordine di vendita a 1695) per poi ricrollare a 1660, dove ho deciso comunque di entrare (a 1663), e nella seduta finale dopo un altro test di area 1640 ha fatto un altro rimbalzo fino a quasi 1680 per poi concludere praticamente invariato nella settimana. Pur avendo cercato la mosconata di entrare su un rimbalzo, alla fine sono entrato a metà strada tra i massimi e i minimi di questa settimana, perchè mentre sono cosciente che - come sopra illustrato- può volerci ancora tempo prima del crash che aspetto, i segnali tecnici sono numerosi e una prima gamba ribassista seria può partire in qualsiasi momento; non ha senso stare fuori, nè pensare a qualche decina di punti più o meno. La stop loss per questa operazione scatterà solo al superamento dei massimi dell'anno (un eventuale doppio massimo glielo concedo, ma non oltre) ed equivale quindi a un centinaio di punti; l'obiettivo di profit finale è invece quattro volte superiore, ma mi auguro di poterlo aumentare cavalcando le macro-onde.
Il saldo settimanale a WALLY è stato di: +1,2% per il Dow a 10920
+0,2% per lo sp500 a 1267 0% per il nasdaq100 a 1666,5 e +0,1% per il nasdaq a 2262. Tra i settori, positivi i trasporti (+1,4%), e le utilities(+0,3%) le banche(+1,4%); scendono però le piccole capitalizzazioni (Russell -1%) e le biotech (-1%) ma i semiconduttori salgono del 2% .
A Tokyo tonfo di - 3% a 16260 di nikkey; in Europa in lieve rialzo il dax tedesco a 5700(+1%) fermo il footsie inglese a 5760(-0%),in lieve calo il cac francese a 4910(-0,5%); caso a parte quello dell' Italietta furbetta che si butta sulle inefficienti banche nostrane, appetite dall'estero perchè solo in Italia si può rubare impunemente ai clienti: l'SPmib a 36720(+0,9%) ed il Mibtel a 28060(+1,4%).
Posizione di lungo termine: al ribasso generale
Posizione di medio termine: al ribasso generale
Posizione asset: venduto nasdaq100
PREVISIONI: settimana hard
Lunedì si parte piano, con le produzioni industriali di giappone ed italia, non c'è nulla dagli USA, parlerà solo un esponente fed; poi già da martedì un dato chiave americano , quello sulle vendite al dettaglio di gennaio, preceduto in mattinata dal PIL 4° trim. e dall'indice ZEW, sia per la Germania che per L'Euro zona.
Mercoledì una giornata cruciale: tanti dati, soprattutto dagli USA dove usciranno mutui, indice di new york, flussi di capitale e produzione industriale; ma soprattutto alle ns. 16 inizierà la testimonianza di Bernanke di fronte al Congresso, in cui oltre al discorso già preparato che si potrà leggere in tempo reale il nuovo governatore dovrà rispondere alle domande dei parlamentari fino alle 18 circa, ed infine alle ns. 20 dovrebbe avvenire la testimonianza di Snow che fu saltata la settimana scorsa. Giovedì si replica con Bernanke al Senato, stesso discorso, ma risposte alle domande che potranno essere diverse, magari per correggere eventuali reazioni di mercato al giorno prima ritenute inidonee; nel frattempo come dati avremo i prezzi all'importazione e l'edilizia a gennaio, nonchè il PhillY Fed di febbraio. Infine venerdì si chiuderà la settimana con produzione industriale europea, prezzi alla produzione USA di gennaio e il preliminare dell'indice di fiducia del michigan su febbraio; sarà anche giorno di scadenza delle opzioni.
Come già accennato, la prima uscita ufficiale di bernanke è particolarmente importante: i mercati non hanno precedenti (dopo ben 18 anni di greenspan, noto per la sua ambiguità, ma ormai ben conosciuto) e cercheranno subito di capire da che parte tira (a proposito del rialzo dei tassi). Io penso che reciterà il solito mantra ottimistico sull'economia USA, confermando quanto già scontato di un ulteriore rialzo al 4,75, ma tenendosi molto più vago circa un prosieguo; comunque anche se pensasse di fermarsi non credo che telegraferà un chiaro messaggio, il cui esito sui rendimenti a lunga (quelli che stanno più a cuore alla Fed)potrebbe essere negativo, sia per il rischio di alimentare la bolla immobiliare, sia per quello di mostrare troppa sicurezza circa l'inflazione, che potrebbe smentirlo già nel giro di pochi mesi, mettendone in crisi la credibilità ancora tutta da creare. In sostanza penso che farà di tutto per mantenersi sul vago, e rimanderà come al solito ai dati economici futuri.
Ma non è detto che ci riesca, soprattutto nelle risposte a braccio.
ASSET: riepilogo (cifre per asset da centomila)
- venduto un mini-nasdaq a 1663, chiude a 1666,5= minus di 58 eu.
Tra le 4 operazioni del giorno proposte ne sono scattate due, una chiusa in pari ed un altra positiva (+625$).
Il saldo delle operazioni chiuse da inzio anno, comm.ni incluse,sale così a +1900 euro (con 11 operazioni effettuate); il rendimento complessivo , tenuto conto delle minus/plus in portafoglio, è pari allo 1,84% ed equivalente al 16% su base annua se si mantiene questo ritmo; come liquidità impegnata, i margini sui futures assorbono 3% , il 97% è in conto corrente al 2,25% lordo (tasso iwbank).
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